Un’analisi di una poesia postmoderna
“Sono – suppongono”.
Dall’opera poetica SOTTO SPECIE UMANA
Di Mario Luzi.
I
Testo della poesia.
Titolo.
(Parla la specie umana).
Sono – suppongono
chi? gli angeli – una frase,
poche sillabe, dette
o scritte, chi sa dove
e quando in una lingua
verosimilmente umana,
mi sono ritrovata
sola a volteggiare
nel vento delle ere
smemorata di me
e del mio autore, ignara
del significato avuto
e di quello preparato
per quale mai remota
opera avvenire,
se avvenire, luogo
e tempo ci sarà e non esilio
sempiterno.
Oh vorrei finire
essere cancellata
dal detto e dal dicibile
giacché non fui pregiata
per utilità o per grazia,
non ritenuta, scartata
per improprietà o inconvenienza,
gettata via, orfana, superflua:
altro senso se ce l’ho
lo ignoro e lo porto su di me
come soma o come scorno.
Dicono, però, loro –
gli angeli, suppongo – che non c’è
al non essere ritorno,
non c’è revoca al nulla
per quanto effato e pronunciato,
ma sarà
tutto perdonato, tutto santificato.
II
Analisi del contenuto.
Introduzione e presentazione della poesia.
La poesia “Sono – suppongono” è la poesia n. 55, scritta nelle pagine 110 e 111, della quinta parte “Promenade humaine I” dell’opera poetica SOTTO SPECIE UMANA del poeta toscano Mario Luzi. La poesia fa parte del volume LUZI. POESIE ULTIME E RITROVATE. Garzanti editore 2014. Secondo me, Biagio Carrubba, la poesia è stata composta, presumibilmente, o nel 1998 o nel 1999.
Chi parla, in prima persona, è, sicuramente, la specie umana, considerata dal poeta nella sua totalità come la specie di tutta l’umanità esistente sulla Terra dalla sua origine – e tramite la sua evoluzione – è arrivata fino ai nostri giorni. Chi parla è la personificazione del genere umano nello sviluppo e nell’evoluzione della specie homo sapiens – sapiens. Questa personificazione “femminile” si rivolge agli angeli, come rappresentanti di Dio e del Padre Eterno secondo la teologia, la religione e l’immagine che ce ne offre la chiesa cattolica e apostolica romana. Tra la figura femminile della specie umana e gli angeli nasce un dialogo, raccontato dalla voce narrante e descrivente del poeta che fa parlare i due interlocutori in prima persona. Per prima, parla la figura femminile della specie umana che, disperandosi e lamentandosi, dice agli angeli che lei si sente una frase di poco conto, formata da poche sillabe lette e scritte chissà dove e chissà quando. “Poche sillabe” pronunciate e dettate da una lingua umana. Quindi, la specie umana non è stata creata direttamente dalla voce viva e vivificante di Dio creatore in prima persona, ma la specie umana si è auto-generata da sé stessa e quindi è nata per partenogenesi, cioè la specie umana si è data la vita e la voce da sé stessa. La figura femminile della specie umana continua il suo lamento e afferma che si sente di essere abbandonata da Dio, dal suo “autore”. Si sente di essere rimasta “sola” nel susseguirsi “delle ere” nell’evoluzione della specie umana sulla Terra. La voce umana afferma, inoltre, che ora si ritrova sola a superare e “a volteggiare” sui tempi storici e sul tempo geologico. Poi la voce umana afferma che ha perso la memoria di sé stessa e non si ricorda più chi è stato il suo creatore. La voce umana è, anche, ignara di quale sia il significato della sua esistenza e della sua storia e non sa nemmeno dire quale sia il significato di ciò che si sta preparando per essa e non ha la minima idea di ciò che il futuro, vicino e lontano, sta elaborando e costruendo per la specie umana. Infine, la voce umana, non sa quale fine potrebbe toccargli e ignora di quale “opera avvenire” si sta costituendo per essa. E non sa, neppure addirittura, se e quale “esilio sempiterno” le spetterà così come è stato ideato, voluto e imposto da Dio, che guarda, impassibile, dall’alto, senza profferire parola. Questi versi sono in aperto contrasto con la genesi della Bibbia dove Dio creò il mondo con la sua viva e creatrice voce e con il Vangelo di san Giovanni Apostolo dove Dio, attraverso il figlio Gesù Cristo, si è fatto verbo e carne dando la parola al figlio e alla Chiesa di san Pietro e Paolo. Invece i versi della poesia mettono in dubbio la voce di Dio trasferendola “in una lingua/ verosimilmente umana”. Insomma, la voce femminile della specie umana non sa in quale esilio sempiterno andrà a finire; forse, in quello ideato, pensato e immaginato dal sommo poeta Dante Alighieri quando nella porta dell’inferno ha scritto:
PER ME SI VA NE LA CITTA’ DOLENTE,
PER ME SI VA NE L’ETTERNO DOLORE,
PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.
GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE;
FECEMI LA DIVINA PODESTATE,
LA SOMMA SAPIENZA E ‘L PRIMO AMORE.
DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATE
SE NON ETTERNE, E IO ETTERNA DURO.
LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH’INTRATE.
Poi la voce umana della specie umana continua il suo lamento, dicendo: “Oh vorrei finire” cioè come vorrei conoscere la fine della mia storia e sapere la fine della mia esistenza. Vorrei essere cancellata da ciò che è stato detto e da ciò che si potrà dire in futuro, perché non fui creata né nobile né d’oro, ma fui creata con un prodotto di bassa lega (la creta). Non fui pregiata, né per l’utilità né per la grazia. Inoltre non fui ritenuta adatta alla natura e fui scartata dalla evoluzione perché non possiedo né le proprietà necessarie alla sopravvivenza e né le convenienze all’evoluzione umana e naturale. Sono stata gettata sulla Terra; sono diventata orfana del padre e sono considerata superflua da Dio. Non trovo un altro fine alla mia esistenza e alla mia evoluzione terrestre e se un altro scopo è stato dato, io, specie umana, non lo conosco; e se c’è un altro fine, naturale o sovrannaturale, io, specie umana, lo porto su di me come un carico pesante e ingombrante e come un’umiliazione e come un fardello. A questo punto il poeta fa intervenire gli angeli che rispondono alle lamentele e alla disperazione della voce umana. Essi le dicono che non c’è ritorno alla vita perché essa è unica ed irripetibile perché “non c’è/ al non essere ritorno” e che non c’è nessuna salvezza al nulla, cioè non ci si può sottrarre alla morte, cioè “non c’è revoca al nulla/ per quanto effato e pronunciato”. Ma lo spaventoso Nulla non le deve far paura perché, alla fine, Dio perdonerà tutto e santificherà tutti. Nell’ultima parte della poesia entra in gioco la teologia razionale del poeta, secondo la quale, Dio alla fine dei secoli concilierà il male con il bene. Ogni cosa buona sarà in armonia con il male. Mi sembra di rileggere, con personaggi diversi, il dialogo dell’islandese con la natura di Giacomo Leopardi. Mentre nel dialogo leopardiano, però, la natura divora l’islandese e tutti gli esseri viventi, in questa poesia Luzi fa trionfare gli angeli, ricordando e riprendendo l’apocalisse di san Giovanni. Infatti in quest’opera profetica gli angeli, suonando le trombe, chiameranno Dio che, alla fine dei tempi, scenderà trionfalmente e interverrà per salvare i buoni e i cattivi. Invece in questa poesia, i personaggi creati da Luzi sono: da una parte, la voce umana della specie umana e, dall’altra parte, gli angeli di Dio che riferiscono la voce e la volontà salvifica di Dio. Infine, io, Biagio Carrubba, mi chiedo per quale motivo e per quale bontà, Dio dovrebbe perdonare tutti i cattivi del mondo e santificare il male della Terra?
III
Sintesi della poesia.
La poesia espone e condensa la trasposizione del dialogo tra la voce umana della specie umana e gli angeli di Dio. La voce umana si lamenta perché si sente abbandonata da Dio e si dispera di essere sola nel tempo e nella storia e perché è ignara di quale sia il suo significato e di ciò che si sta preparando per essa ed è anche ignara di quale esilio sempiterno avrà in seguito. Non conosce la sua fine e si sente di essere spregiata, orfana e superflua. Non sa il valore della sua esistenza ed è ignara della fine e dello scopo che avrà, che le sono stati assegnati da Dio secondo la visione cattolica della Chiesa di Roma. Gli angeli le rispondono che non c’è ritorno alla morte e che non c’è salvezza dal nulla, anche se questo potrà essere sacralizzato o esorcizzato. Ma la specie umana non deve temere il Nulla perché Dio interverrà e perdonerà tutto e tutti. “ma sarà/ tutto perdonato, tutto santificato”.
IV
Il messaggio della poesia.
Il messaggio della poesia viene svelato e rivelato soltanto negli ultimi due versi “Ma sarà/ tutto perdonato, tutto santificato”. Il poeta Mario Luzi fa trionfare il suo messaggio religioso e salvifico della religione cattolica apostolica di Roma. Il poeta non cita nella poesia, né Cristo né la Chiesa né san Giovanni Apostolo, ma è evidente, per chi conosce la fede del poeta, per il quale Dio salverà tutta la specie umana, così come è stato preannunciato da san Giovanni Apostolo nel suo libro L’apocalisse e nei vangeli con la promessa da parte di Gesù Cristo della sua Parusia. Secondo me, solo chi ha una fede immensa e incrollabile, come il poeta, può credere alla salvezza finale di tutti. L’uomo comune, come me, non ci crede perché, in natura, tutto nasce, cresce e muore e, secondo me, non rinasce niente e nessuno.
V
La tesi della poesia.
La tesi della poesia è, manifestamente, una tesi metafisica, profetica, teologica e religiosa. Anzi tutto lo svolgimento della poesia è un dialogo meta letterario e metastorico, inventato di sana pianta dal poeta. Da una parte parla la voce umana, portavoce della specie umana, dall’altra parte gli rispondono gli angeli portavoce di Dio. La poesia finisce con la salvezza di tutti, così come è previsto dalla teologia razionale e dalla fede del poeta. Alla fine la poesia si conclude con la salvezza di tutti senza, però, darne una spiegazione plausibile e razionale di questa scelta divina. L’unica risposta che può spiegare la fede del poeta è un versetto contenuto nel Vangelo di san Marco quando afferma: La fede smuove le montagne.
VI
Analisi della forma.
Genere e metrica.
Il genere della poesia presenta la forma postmoderna, perché esibisce delle strofe, allungate e mobili, e dei versi ad incastro e a gradini.
Il linguaggio poetico.
Il linguaggio della poesia è, assolutamente, ricercato, raffinato, eccellente, eccelso, pieno di parole difficili e rare come: improprietà, inconvenienza ed effato.
La lexis della poesia.
La lexis della poesia è composta da un periodare contorto e complesso, pieno di figure retoriche e di trapassi luziani che rendono il componimento poetico di difficile lettura ma che gli conferiscono, anche, un affascinante svolgimento poetico e un magico alone di profezia.
La stimmung della poesia.
I sentimenti della poesia sono essenzialmente due: le lamentele della voce umana per il suo passato e la sua disperazione per il futuro. L’altro sentimento è quello degli angeli che danno conforto e speranza alla voce umana perché la rassicurano che Dio un giorno salverà tutto e tutti.
Lo stile della poesia.
Lo stile della poesia esibisce una struttura sintattica: articolata, meditativa, limata e postmoderna.
La bellezza della poesia.
La bellezza della poesia è dovuta, secondo me, ai seguenti motivi. Uno perché è una poesia postmoderna, con le sue strofe frastagliate e mobili. Due perché esibisce un linguaggio poetico alto, raffinato ed aulico. Tre perché presenta uno stile personale e originale. Quattro perché è una poesia che riesce a sintetizzare in un modo unico e irripetibile molta cultura della società occidentale: da san Giovanni Apostolo con la sua apocalisse a Giacomo Leopardi con le sue Operette Morali.
Finale.
Io, Biagio Carrubba, ritengo questa poesia postmoderna di Mario Luzi, un componimento poetico bello e interessante perché ha un fascino tutto particolare sia sul piano della lexis sia sul piano dello stile. Anche se non condivido per niente il ragionamento e lo svolgimento della poesia sul piano del contenuto, voluto e dispiegato dalla fede salvifica e cristica di Mario Luzi, io ne condivido, però, la forma, la bellezza e il fascino che derivano da tutta la composizione poetica. Reputo, quindi, questa composizione luziana un bell’esempio di poesia postmoderna e un buon esempio di poesia profetica.
Modica. 09 marzo 2019 Prof. Biagio Carrubba
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