IL TERZO COMPONIMENTO POETICO POSTCONTEMPORANEO, POSTCLIMATICO E POSTAPOCALITTICO.

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IL TERZO COMPONIMENTO POETICO
POSTCONTEMPORANEO,
POSTCLIMATICO E
POSTAPOCALITTICO.

Terza parte. (3/5)

1

Dio non gioca ai dadi.
A. Einstein

Suppongo che A. Einstein con questo giudizio
volesse intendere che Dio non è il creatore
del creato, ma penso che intendesse dire che
l’universo sia nato insieme alle leggi e alle forze
che giacciono e predispongono le leggi della natura.

Mi pare che A. Einstein abbia voluto asserire
che le leggi dell’universo sono talmente perfette
che non hanno bisogno di nessun creatore divino,
così che la natura, integra e intatta, non è soggetta
a nessuna alea né creazionista né naturalista.

A. Einstein era un agnostico, come si sa,
credeva nell’infinito ordine della natura,
ma studiava e scrutava il disordine naturale che
appare in tutto il creato, osservabile, e
desiderava e seguiva l’armonia universale.

Io, B. C., penso e suppongo che con quel giudizio,
scientifico, personale, ludico e un po’ umoristico,
A. Einstein intendesse dire e affermare che:
“Dio non gioca ai dadi, ma gioca agli scacchi”
dove le regole del gioco sono inamovibili e intoccabili.

Dove ogni giocatore non si sogna di poterle
cambiare nel corso della partita, così come
un altro creatore, o fattore, non si illude di poterle
cambiare dopo la post creazione dell’universo.
Nessun Dio, insomma, può modificare il creato.

Come chi, a scacchi, dopo avere fatto la propria mossa
piange e si dispera perché non può più salvare il Re,
così Dio, o il primo fattore, come vogliamo chiamarlo,
non può più ristabilire le leggi ferree prestabilite
e finalizzate al primo muover delle stelle nuove.

A. Einstein credeva, soltanto, nella scienza esatta
della matematica e della fisica teoretica
e nella realizzazione dell’uomo su questa Terra.
Anch’io, B. C., penso e reputo che la scienza
sia l’unica forma di intelligenza di pensiero,
che possa salvare l’umanità e il pianeta Terra.

Io, B. C., penso e affermo che, solo, la scienza,
nel suo complesso, articolato e variegato,
possa salvare la post umanità dalla pandemia
del coronavirus e possa prevenire l’apocalisse
che ci aspetta nei prossimi due cupi decenni.

Sono sicuro che nei prossimi due decenni
la scienza intenderà, sicuramente, per certo,
quale sia stata l’origine dell’universo,
quale sarà la fine dell’universo e scoprirà
dove siano finite la materia e l’energia oscura.

Già, ora, sappiamo molto su tutto l’universo
così che, ormai, siamo in procinto di capire
e di scoprire le ultime conoscenze che mancano e
che ci servono per assemblare in un quadro
d’insieme l’origine, la fine dell’universo e a che pro!

Io, B. C., non ho nessuna paura di morire
perché ho vissuto la mia vita per quella che è
e che è stata. L’unico rammarico, che mi
porto addosso, e il dispiacere, che giace
con me, sono il fatto che non riuscirò,

a sapere mai, per l’appunto, quale sia stata
l’origine dell’universo e verso dove esso
andrà e quando finirà, definitivamente.
Inoltre non saprò mai quali saranno i risultati
finali della scienza fino al suo esistere.

L’universo nacque, esplose, si dilatò, si raffreddò,
accelerò; poi giacque, risorse, riesplose,
si espanse; ora giace nel suo ordine estensivo,
così, io, B.C., nacqui, crebbi, studiai, maturai,
invecchiai e ora giaccio nel mio essere espansivo.

La scienza fa ipotesi, teorizza, crea, cura,
prevede, spiega, realizza, proietta, progetta,
scopre, rivela, va in su e in giù nel tempo
e nello spazio e così intravede la fine, ma
non conosce la finalità della creazione stessa.

Tutta la scienza tenterà di risparmiare
e salvare l’umanità, ma ogni impresa e
scoperta sarà vana ed inane, perché
l’apocalisse devasta, distrugge e vince
ogni cosa e reca la morte ovunque sulla Terra.

Non ci saranno né angeli né arcangeli
che risuoneranno le trombe del giudizio
universale e non ci sarà, secondo me,
nemmeno la resurrezione dei corpi umani,
né, tantomeno, ci sarà la gioiosa vita eterna.

Nota finale.

I

Io, B. C., penso, suppongo e reputo che l’evoluzione materiale e culturale degli esseri viventi è cominciata dalla nascita delle cellule primordiali fino alla organizzazione del sistema nervoso centrale e periferico, che, come è noto, funziona con l’energia elettrica. Quando i neuroni sono stimolati e accesi dall’energia elettrica diventano vivi e vigili, mettendo in moto il meccanismo delle sinapsi e creando, così, la coscienza e tutte le altre facoltà mentali superiori. Invece, quando i neuroni non sono stimolati e non sono accesi, essi rimangono sopiti e spenti. Quindi, io, B. C., deduco che, prima, c’è la materia e poi la coscienza, cioè quel complesso di neuroni che genera l’Io e le forme alte della ragione, dell’arte, della scienza e tutto il resto simbolico e metafisico. Dunque, secondo me, questo processo evolutivo porta all’affermazione uguale e contraria a ciò che aveva pensato, scritto e asserito Cartesio. Io penso, dunque sono. Io, B. C., invece, penso che la formula giusta e vera sia l’esatto contrario. Io sono, dunque penso. Prima vengono i neuroni che accendono la coscienza e poi la scienza. Ancora oggi la scienza non sa spiegare come dai neuroni si passi al simbolico e al linguaggio, ma, ben presto, la scienza scoprirà gli elementi di questo passaggio: dal sistema nervoso al sistema linguistico e simbolico. Quando la scienza riuscirà a spiegare questa trasformazione si capirà la meravigliosa metamorfosi: dall’apparato neuronale all’apparato simbolico. Allora tutti possiamo diventare geni e creativi dal momento che possiamo manipolare i neuroni e trasformarli in linguaggio, in numeri, in arte, in teoria, in scienza, in musica e in tanto altro.

II

La poesia postcontemporanea, secondo me, non deve guardare al passato, non deve avere un rimpianto per tutte le poetiche, che fino adesso, hanno avuto vita e successo nelle epoche trascorse, ma che non possono dirci nulla di nuovo sul nostro presente. Proprio per questo motivo, la poesia postcontemporanea deve, soprattutto, osservare e scrutare il nostro presente e analizzare tutti i problemi che affliggono la vita postcontemporanea di oggi. Inoltre la poesia postcontemporanea deve proiettarsi nel prossimo futuro per capire i problemi di oggi e di domani per alleviare ed evitare, così, le sofferenze che già incombono oggi e che già sono sulle nostre spalle. Il poeta postcontemporaneo deve, quindi, confrontarsi e, magari, scontrarsi con tutti i problemi che vede e scruta davanti a sé stesso, nello sviluppo e nel progresso delle nostre società postcontemporanee. E poiché nel momento attuale il problema maggiore e più gravoso è la pandemia da coronavirus, allora il poeta postcontemporaneo deve avere la forza e il coraggio di analizzare, rappresentare e interpretare quali sono gli effetti negativi che il contagio ha avuto in questi mesi, in moltissime comunità e, nello stesso tempo, deve trovare le parole adatte per lenire e rincuorare i timori e le paure del singolo individuo. Il poeta postcontemporaneo non può più rifugiarsi, secondo me, nel proprio passato o nel proprio privato o nel proprio piccolo mondo antico; deve, invece, affrontare e trovare soluzioni per destare un sorriso e un incoraggiamento nei lettori di poesie postcontemporanee. Il poeta postcontemporaneo, dunque, è quasi costretto a rivolgersi alla scienza medica e capire quali sono i vaccini in laboratorio. Il poeta deve, quindi, manifestare la speranza di un nuovo vaccino; deve rincuorare, portare sollievo e conforto a tutti i cittadini della nostra Italia postcontemporanea. Il poeta postcontemporaneo, deve sollecitare, la formula del nuovo vaccino per debellare e sconfiggere, definitivamente, il covid-19. Infine, il poeta postcontemporaneo deve proporre, sollecitare e rafforzare la resilienza che è attiva in tutti i lettori di poesia postcontemporanea. Io, B. C., auspico che la capacità della poesia postcontemporanea sia quella di suscitare una emozione e un sentimento di coraggio pieno di fiducia nel presente e nel prossimo futuro, nei lettori postcontemporanei. Io, B. C., intento dare alla poesia postcontemporanea lo scopo di far sorgere, nei lettori di poesia postcontemporanea, la resilienza forte e attiva che ogni lettore di poesia ha per fronteggiare la pandemia da coronavirus che sta imperversando in tutto il mondo. Insomma, io, B. C., definisco la capacità e la funzione della poesia postcontemporanea come poesia sociale di utilità positiva e pragmatica verso tutti i cittadini della società postcontemporanea. Poi ci sono, anche, gli altri problemi e attese sociali e culturali che il poeta postcontemporaneo deve tener conto e analizzare. Il poeta postcontemporaneo può affrontare tutte le tematiche delle società postcontemporanee, lanciando il suo messaggio positivo e propositivo con il suo moralismo e con il suo umorismo. In questo lavoro persuasivo e poetico, il poeta postcontemporaneo può usare tutta la sua verve e il suo brio per rafforzare la sua poesia con una lexis ricca e piena di pensieri e di figure retoriche personali. Inoltre, il contenuto, il messaggio, la lexis e lo stile dell’opera poetica postcontemporanea del poeta devono corrispondere e adattarsi alle attuali condizioni e attese delle nostre attuali società postcontemporanee. Infine, io, B. C., penso che il poeta postcontemporaneo deve comporre una poesia e una poetica che si adattino e si adeguino all’oggi. Se il poeta vuole influenzare e comunicare qualcosa di positivo e corroborativo per tutti i lettori postcontemporanei che vivono nelle attuali, complesse, mediatiche, telematiche e tecnologiche società postcontemporanee, la sua poesia non deve essere avulsa dal contesto economico, politico, sociale e culturale, in cui vive il poeta e comunicare, così, il suo messaggio poetico e personale.

III

Io, B. C., definisco “regressione poetica” chi, ancora oggi, compone poesie che hanno, come temi, contenuti e argomenti che esprimono, soltanto, il loro mondo interiore e le loro impressioni personali e solipsistiche. A questo proposito, io, B. C., liquido le ultime opere poetiche della collana “Bianca”, per l’appunto, come opere regressive, impressionistiche, personali e solipsistiche. Queste opere poetiche non raggiungono e non aggiungono nessuna bellezza all’attuale poetica ed epoca postcontemporanea. Anzi, secondo me, questi autori esprimono soltanto la loro regressione ad un mondo primordiale e ad una età infantile senza aggiungere niente di nuovo all’epoca in cui viviamo. Queste opere poetiche, che ho letto in questi giorni, ovvero gli ultimi numeri della “Bianca”, aumentano la penuria poetica che, ormai, impera da 5 anni in Italia. Secondo me queste opere poetiche sono composte da parole che si susseguono senza senso, che non hanno né capo né coda, e quindi sono soltanto degli accumuli di parole che formano mucchi di versi e di strofe che generano noia e fastidio e non destano nessun piacere estetico ed estatico, ad eccezione di qualche poetessa che io, B. C., già, ho analizzato e recensito precedentemente. Infine io, B. C., definisco questi poeti, come “poeti impressionisti e regressivi allo stato puro” ormai in declino e fuori tempo, anacronistici.

IV

Io, B. C., penso e affermo che le nostre società postcontemporanee non sono, per niente, aperte e libere, come sosteneva 20 anni fa il filosofo Popper, ma, anzi, reputo che le nostre società postcontemporanee siano sempre più ristrette e diventano, con il passare del tempo, sempre più chiuse alla comune maggioranza della popolazione che, in larga parte, rimane tagliata fuori dal sistema produttivo, economico e culturale delle società postcontemporanee. Infatti, per entrare in esse, ci vogliono nuove capacità, conoscenze e competenze sempre più difficili e sofisticate che, soltanto, una minoranza di giovani riescono a procurarsi e quindi ad inserirsi nel processo produttivo, lavorativo e culturale delle società postcontemporanee. Infine io, B. C., penso che un buon 50 per cento dei giovani di oggi rimane fuori dal sistema produttivo e culturale, a cui bisogna aggiungere tutti i disoccupati che la pandemia da coronavirus, in questi mesi, ha prodotto e sta producendo in moltissime aziende e industrie di tutto il mondo.

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Modica 19/06/2020                                                                                                                    Prof. Biagio Carrubba

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