
Sintesi del testo autobiografico
“Lettera al padre” di Franz Kafka.
I
Introduzione e presentazione dell’opera “Lettera al padre”.
La “Lettera al padre” è un lungo testo autobiografico con il quale Franz Kafka analizza, ricostruisce e rielabora il suo lungo, laborioso e travagliato rapporto, affettivo ed educativo, con il padre Hermann. Il testo biografico “Lettera al padre” è una chiara ed articolata disamina piena di considerazioni e di riflessioni che Franz Kafka scrive e nella quale elabora, ripensa e rivive il suo rapporto, personale ed intimo, con il padre. La lettera coinvolge, anche, tutti i familiari dello scrittore compresa la madre, le sorelle e altri parenti. La “Lettera al padre” è una summa di pensieri, di sentimenti, di riflessioni e di ricordi di Franz Kafka che lo collegano direttamente alla educazione impartitagli dal padre Hermann. La “Lettera al padre” è anche il tentativo, da parte di Franz Kafka, di volere chiarire a sé stesso cos’è stato e come è stato il lungo apprendistato, educativo e sociale, che il giovane Kafka apprese dal padre. Ma la “Lettera al padre” è soprattutto la ricostruzione, personale e intima, di tutti i problemi, i contrasti e i conflitti che il padre Hermann causò e provocò al giovane Kafka che crebbe, così, con carattere insicuro, incerto e timido. Nella “Lettera al padre”, Franz Kafka ha messo in rilievo tutte le influenze negative che il padre Hermann ha trasmesso, incusso e inculcato al figlio considerandolo una nullità e facendolo così crescere con una personalità paurosa, timida e titubante verso sé stesso e verso gli altri. La genesi della “Lettera al padre” è dovuta alla circostanza del suo secondo fidanzamento, avvenuto nel 1918, con la giovane Julie Wohryzek. Franz Kafka incontrò la giovane Julie nella cittadina di Schelesen dove lo scrittore era andato per curarsi. Julie Wohryzek era figlia di un calzolaio e custode di una sinagoga di Praga. Per questo motivo il padre Hermann osteggiò fortemente il fidanzamento del figlio Franz il quale nell’aprile del 1920 interruppe definitivamente il fidanzamento con Julie. Proprio in questa circostanza Franz ritornò a Schelesen, da dove scrisse la “Lettera al padre”. Franz Kafka non la consegnò al padre ma la diede a Max Brod. Ancora una volta, il padre Hermann anziché essere lieto ed incoraggiare il figlio al matrimonio, biasimò e criticò il figlio Franz che si era rifidanzato per la seconda volta e che voleva sposarsi con Julie Wohryzek, una povera ebreuccia secondo il giudizio del padre. Ecco il brano nel quale Franz Kafka racconta questo episodio al padre e quali sono state le parole del padre all’annuncio del suo fidanzamento (pag. 154).
“Mi riferisco a una breve discussione in uno dei giorni tempestosi che seguirono a quello in cui vi avevo comunicato il mio ultimo progetto matrimoniale. Tu mi hai detto all’incirca: – Probabilmente quella s’è messa una camicetta elegante (le ebree ci sanno fare!) e quel punto naturalmente tu hai deciso di sposarla. E il più presto possibile, entro una settimana, domani, oggi stesso. Io non ti capisco: sei una persona adulta, vivi in città, e l’unica cosa che ti passa in mente è di sposare la prima che capita. Ma non hai altre possibilità? Se hai paura, vengo io con te.”
II
La genesi della Lettera al padre.
Franz Kafka redasse la Lettera al padre a Schelesen tra il 2 e il 9 novembre 1919 nella pensione Stuld. La lettera non fu consegnata al padre ma finì nelle mani, per fortuna del suo amico Max Brod, che la pubblicò insieme a tutte le altre opere letterarie e narrative di Franz Kafka. Max Brod inserì la Lettera al padre fra le opere letterarie di Kafka. In Italia la Lettera al padre fu pubblicata nel 1952. In questo testo autobiografico “Lettera al padre”, Franz Kafka elenca tutti i problemi e i conflitti che il giovane Kafka aveva avuto e subito da parte del padre, dall’infanzia al momento della scrittura della lettera. L’ennesima critica e rimprovero del padre al figlio determinò, anche, la rottura del fidanzamento di Franz con la giovane Julie Wohryzek. Kafka arrivò, dunque, alla decisione di rompere il fidanzamento e ciò provocò la reazione indignata e stizzosa di Franz che scrisse, di getto, la Lettera al padre. Il momento della scrittura e della genesi della lettera avvenne, allora, quando il padre osteggiò il fidanzamento del figlio e ciò provocò la decisione di Franz di rompere il secondo fidanzamento con Julie Wohryzek.
III
La cattiva educazione del padre.
Franz Kafka, nell’elencare tutte le problematiche con il padre, procede in ordine sistematico e in ordine cronologico dei problemi e dei conflitti fra il padre e il figlio. Franz Kafka comincia dai ricordi più antichi e finisce con l’ultimo problema in ordine di tempo che è il diniego del padre al fidanzamento del figlio con Julie Wohryzek. Il primo ricordo nitido di Franz è quello della punizione che il padre inflisse al figlio perché piagnucolava e voleva dell’acqua. Ecco il brano in cui Franz Kafka ricorda, nelle pagine 92 – 93, l’episodio della punizione subita. “Dei primi anni mi è rimasto il ricordo nitido di un unico episodio, di cui forse ti rammenti anche tu. Una notte non la smettevo di piagnucolare chiedendo dell’acqua, non perché avessi sete, ma probabilmente un po’ per dare noia, un po’ per tenermi compagnia. Visto che varie pesanti minacce non erano servite a nulla, mi hai preso di peso dal letto, portato sul ballatoio e lasciato lì per parecchio tempo, in camiciola, davanti alla porta chiusa. Non intento dire che non fosse giusto; in quel caso era forse il solo modo per ristabilire la pace notturna; intendo solo descrivere i tuoi metodi educativi e l’effetto che hanno avuto su di me. In quella occasione sarò sì diventato ubbidiente, ma intanto ne riportavo un danno interiore. Nella mia indole non sono mai riuscito a mettere nella giusta relazione quell’assurdo, ma per me ovvio, insistere nel chiedere acqua, e il terrificante atto di essere buttato fuori.” Un altro problema causato dal padre al figlio è stato sicuramente la differenza di statura e di corporatura che c’era fra il padre corpulento e il figlio gracile. Ecco il brano in cui Franz rievoca e ricorda, a pagina 94, i turbamenti e il senso di colpa che aveva nei confronti della corpulenza del padre. “Avrei avuto bisogno dell’incoraggiamento allora, soprattutto allora. Invece ero schiacciato dalla tua semplice corpulenza. Ricordo ad esempio che tante volte ci siamo cambiati insieme nella stessa cabina. Io magro, debole, sottile; tu robusto, alto, grande e grosso. Già nella cabina mi facevo pena, e non solo di fronte a te, ma di fronte al mondo intero, perché per me tu eri la misura di ogni cosa”. Un ennesimo problema creato dal padre al figlio era l’autoritarismo del padre e la persuasione che i giudizi del padre erano giusti e tutte le altre opinioni erano sbagliate. Ecco il brano in cui Franz ricorda, a pagina 95, lo squilibrio fra i suoi pensieri e quelli del padre. “A questo corrispondeva poi anche la tua sovranità spirituale. Avevi fatto strada soltanto grazie alle tue forze; di conseguenza avevi una fiducia illimitata nelle tue opinioni. Da bambino, la cosa non mi abbagliava come in seguito durante gli anni della crescita. Dalla tua poltrona governavi il mondo. La tua era l’opinione giusta, mentre tutte le altre erano assurde, stravaganti, pazze, anormali. E la fiducia che avevi in te stesso era talmente grande che pretendevi di avere ragione anche quando non eri coerente”. Le forti pressioni educative del padre sul ragazzo arrivarono al punto che Franz Kafka non riusciva più a parlare. Ecco il brano in cui Franz Kafka rievoca e rielabora, a pagina 103, questo brutto autoritarismo del padre. “In tua presenza … mi mettevo a parlare incespicando, balbettando, e anche questo, per te, era troppo; alla fine ho taciuto, inizialmente con ostinazione, poi perché di fronte a te non riuscivo né a pensare né a parlare. E dato che tu eri il mio vero educatore, tutto ciò si è ripercosso su ogni aspetto della mia vita”. Subito dopo Franz elenca e descrive, a pagina 104, il modo abituale di parlare e di educare del padre. “Gli strumenti educativi che utilizzavi a livello verbale e che, perlomeno nei miei confronti, non fallivano mai erano: rimproveri, minacce, ironia, risate sarcastiche e – strano a dirsi – autocommiserazione. Non ricordo che tu mi abbia insultato in modo diretto e con rimproveri espliciti. Non era nemmeno necessario, avevi tanti altri mezzi, e poi nelle conversazioni in casa, e soprattutto in negozio, i rimproveri che fioccavano tutto intorno per abbattersi sugli altri erano talmente frequenti che, da bambino, a volte ne ero quasi stordito, e non avevo motivo per non considerarli diretti anche a me, dato che coloro che insultavi non erano certo peggiori di me, e di loro non eri certo meno scontento di me.”
IV
L’incipit della lettera al padre.
Ecco l’originale e personale incipit della “Lettera al padre”. “Schelesen. Carissimo padre, di recente mi hai chiesto per quale motivo sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti, in parte proprio per la paura che mi incuti, in parte perché motivare tale paura richiederebbe troppi dettagli per poterli esporre a voce con una certa coerenza. E se adesso penso di risponderti per iscritto, lo farò comunque in modo necessariamente molto incompleto, dato che anche nello scrivere vengo bloccato dalla paura e da quello che essa comporta, e dato che l’argomento è talmente vasto da andare ben oltre i limiti della mia memoria e delle mie capacità mentali. Per quanto ti riguarda, le cose si sono sempre presentate in termini molto semplici, perlomeno secondo quanto tu hai sostenuto difronte a me e, indiscriminatamente, difronte a tanti altri.”
V
Il ricordo della madre e della sorella di Franz Kafka.
Franz Kafka riporta e ricostruisce, anche, il rapporto educativo che aveva con le sorelle e con la madre. Ecco il brano in cui Franz Kafka parla della bontà della madre. “È vero che la mamma era infinitamente buona, ma per me ogni cosa era in relazione con te, e quindi in una relazione non buona. Senza rendersene conto, la mamma svolgeva il ruolo che nelle partite di caccia ha il battitore. Anche ammettendo che, per un caso improbabile, il tuo modo di educare suscitando ostinazione, risentimento o addirittura odio avesse potuto farmi camminare con le mie gambe, la mamma appianava tutto con la bontà, con i discorsi ragionevoli, con le sue intercessioni; e io venivo risospinto nella tua orbita, dalla quale altrimenti sarei scappato, con profitto sia tuo che mio.” (Pagina 112). Un altro brano che riguarda l’amore della madre si trova a pagina 122. “Quanto deve aver sofferto da parte nostra a causa tua, e da parte tua a causa nostra, senza poi contare le volte in cui avevi ragione tu, perché ci viziava, anche se talora persino quel viziarci poteva essere una tacita e inconsapevole protesta contro i tuoi sistemi! Naturalmente la mamma non avrebbe potuto sopportare tutto questo, se non ne avesse tratto la forza dall’amore per tutti noi e dalla felicità che tale amore le procurava.” Un brano, che riguarda la sorella Elli, si trova a pagina 123. “Elli è l’unico esempio di evasione dalla tua sfera di influenza che sia quasi pienamente riuscita. Da bambina era quella da cui meno me lo sarei aspettato. Era talmente goffa, fiacca, fifona, svogliata, pervasa dai sensi di colpa, servile, infingarda, pigra, golosa e avara! Io non potevo quasi guardarla, e tantomeno parlarle; mi ricordava troppo me stesso, era altrettanto vittima della stessa malia dell’educazione.” Un altro brano che spiega e descrive il rapporto difficile e ostico tra il padre e la sorella Ottla si trova a pagina 124. “Di Ottla non oso quasi scrivere: so che in questo modo rischio di vanificare tutto l’effetto che mi attendo da questa lettera. In circostanze normali, quando cioè non è assolutamente in difficoltà e non corre qualche pericolo, tu hai per lei soltanto odio; mi hai confessato tu stesso che, a tuo giudizio, ti procura apposta continui dispiaceri e arrabbiature e che, quando soffri per causa sua, lei ne gode ed è compiaciuta. È una sorta di demonio, insomma.”
VI
Il negozio del padre.
Inoltre l’autoritarismo del padre fece allontanare il giovane Franz anche dal negozio del padre nel quale il padre maltrattava anche i suoi dipendenti. L’autoritarismo del padre e la sua intolleranza verso tutti creò nel giovane Franz una sfiducia in sé stesso e uno smisurato senso di colpa. Ecco il brano nel quale Franz Kafka parla esplicitamente del padre, della sua educazione e del negozio. Pagine 116 – 117. “Il primo risultato visibile di tutta questa educazione è stato che rifuggivo da tutto ciò che anche solo lontanamente mi ricordava te. Per prima cosa il negozio. Di per sé, specialmente da bambino, sino a quando si affacciava sul vicolo, il negozio avrebbe dovuto piacermi, era così vivace, di sera era illuminato, c’erano tante cose da vedere e da sentire […] Ma dato che, col passare del tempo, tu hai iniziato a farmi paura sotto tutti i punti di vista, e che ai miei occhi tu e il negozio siete diventati un’unica cosa, anche quest’ultimo non mi ha fatto sentire a mio agio.” Il rancore e l’odio del padre si rivolgeva anche ai dipendenti del negozio che li chiamava “nemici pagati”. “Definivi gli impiegati nemici pagati, ed in effetti lo erano, ma prima ancora che loro diventassero tali, a me tu sembravi il loro – nemico pagante -.” (Pagina 118).
VII
L’ebraismo del padre.
Un’altra grave critica che Kafka rimprovera al padre è quella riguardante l’Ebraismo del padre tutto formalista e pieno di pruderie. Ecco il brano nel quale Kafka rievoca e ricorda, a pagina 132, l’Ebraismo del padre. “Più tardi, da adolescente, non capivo come mai tu con quello zelo di ebraismo che possedevi, potessi rimproverarmi di non sforzarmi di praticare uno zelo analogo. Per quanto potevo vedere, era infatti davvero un nulla, un divertimento, anzi, neppure un divertimento. Andavi al tempio quattro volte l’anno, e lì eri più vicino agli indifferenti che a quelli che prendevano le cose seriamente, recitavi pazientemente le preghiere come una formalità, a volte mi stupivi quando, nel libro delle preghiere, riuscivi a indicarmi il passo che si stava recitando; per il resto bastava che io venissi al tempio (era questo ciò che contava) e poi potevo gironzolare e mettermi dove volevo.” Un’altra accusa che Franz Kafka rivolgeva al padre è a pagina 138. “Questo poteva voler dire che tu persistevi nel sostenere che l’unico ebraismo giusto era quello che mi avevi indicato da bambino, e che oltre a quello non c’era altro. Ma che tu potessi insistere nel sostenere questa posizione era quasi impensabile. In tal caso lo –schifo- poteva significare soltanto che, inconsciamente, riconoscevi la debolezza del tuo ebraismo e della mia educazione ebraica, che non volevi in alcun modo che ciò ti venisse ricordato e che agni ricordo ribattevi con odio dichiarato.”
VIII
La valvola di sfogo di Franz nei riguardi del padre.
Franz Kafka, per fortuna, riusciva ad evitare il padre, sia rinchiudendosi nella sua stanza, e sia frequentando le scuole dove aveva molti amici e voti brillanti. Si può dire, quindi, che la scuola abbia salvato Franz dall’autoritarismo del padre. Franz Kafka spiega questo autoritarismo del padre facendo un paragone con un gioco di allora. Ecco il brano, a pagina 156, di questo confronto fra l’educazione del padre e del gioco dei bambini. “L’idea che stava alla base di entrambi i miei tentativi di matrimonio era pienamente corretto: era quella di mettere su casa, di diventare indipendente. Un’idea che a te era simpatica, soltanto che poi, nella realtà, succede come in quel gioco da bambini in cui uno tiene la mano dell’altro, e addirittura la stringe, gridandogli: -Vai! Su, vai! Perché non vai? – . Nel nostro caso, però, la, cosa è stata complicata dal fatto che, da sempre, tu hai pronunciato sinceramente quel – Su, vai! -, ma senza saperlo mi hai però sempre trattenuto o, più esattamente, tenuto soggiogato dalla tua personalità”.
IX
Franz Kafka spiega perché non si è mai sposato.
Ecco come Franz Kafka spiega il motivo dei suoi mancati matrimoni. (pagina 162). “Il principale ostacolo al matrimonio è però la mia ormai quasi inestirpabile convinzione che per mantenere una famiglia e ancor più per guidarla, è necessario possedere tutto ciò che ho riconosciuto presente in te, e tutto insieme, i lati belli e quelli brutti, così come sono organicamente riuniti in te, quindi forza e disprezzo del prossimo, buona salute e una certa smodatezza, talento oratorio e inadeguatezza, fiducia in sé e insoddisfazione verso tutti gli altri, senso del dominio e indole tirannica, conoscenza degli uomini e diffidenza verso la maggior parte di loro, e poi anche qualità impeccabili come lo zelo, la tenacia, la presenza di spirito e l’ardimento. Di tutto questo, in confronto a te, io non possedevo quasi nulla o ben poco; e allora come osavo sposarmi, pur vedendo che persino tu, nel matrimonio, dovevi voltare duramente e che con i figli avevi addirittura fallito la prova?”
X
Il finale della lettera.
Nella parte finale della lettera Franz Kafka espone ed esplicita, a pagina 165, l’ultimo e più terribile monito e rimprovero che il padre ha rivolto al figlio. In questa parte finale della lettera Franz dà la parola al padre il quale gli lancia l’ultima, terribile, brutale e disprezzante imprecazione contro il figlio: “Sei inadatto alla vita tu; ma per trovare una via comoda, senza preoccupazioni e senza rimproveri vuoi dimostrare che io ti ho tolto ogni idoneità alla vita e me la sono messa in tasca. Che cosa ti importa ormai di non essere adatto alla vita, visto che la responsabilità è mia, mentre tu ti sdrai tranquillo e ti lasci trascinare da me, sia fisicamente che spiritualmente, attraverso la vita?”. Nel finale della sua arringa il padre Herman conferma, ribadisce e riafferma, ancora una volta, tutto il giudizio negativo e la sua ostilità nei confronti del figlio ritenendolo un parassita, come dice a pagina 166. “Non vorrei sbagliarmi, ma tu riveli la tua natura di parassita nei miei confronti con questa lettera.” A questo punto della lettera Franz riprende la parola e risponde al padre, ammettendo che alcune considerazioni del padre possono essere giuste, ma non sufficienti a cambiare l’influenza negativa e nefasta che il padre ha avuto sul figlio. Quindi Franz conclude, a pagina 167, la lettera con queste riflessioni finali che in qualche modo vogliono riconciliarsi con il padre. Ecco il brano finale della lettera. “Nella realtà, naturalmente, le cose non possono ovviamente armonizzarsi fra loro come le prove nella mia lettera, la vita è qualcosa di più di un gioco di pazienza; a mio parere però, con la rettifica che scaturisce da questa replica, una rettifica che non posso né intendo sviluppare nei dettagli, si raggiunge qualcosa di talmente vicino alla verità da permettere a entrambi di essere un po’ più sereni e da renderci più facile il vivere e il morire”.
Franz
Schelesen dal 2 al 9 novembre 1919.
XI
Il mio giudizio e il mio commento finale sulla lettera.
Io, B. C., penso e suppongo che la Lettera al padre di Franz Kafka sia una bella e grande confessione autobiografica, scritta, anche, in modo intelligente ed onesto, per contestare e contrastare l’autoritarismo del padre e chiarire con sé stesso quali furono tutti i problemi e conflitti che subì, ricevette e visse nella sua fanciullezza e giovinezza. Sotto questo punto di vista sono d’accordo, allora, con quanto ha scritto Giulio Schiavoni nella presentazione del libro Lettera al padre, (Franz Kafka, Lettera al padre. BUR. Grandi classici) a pagina 20. “Per tutte le ragioni anzidette, la Lettera al padre si conferma dunque per Kafka come una sorta di ricerca di liberazione catartica, come una forma di sfogo mediante cui dominare la rabbia repressa.” Oltre a questo giudizio bene espresso, io, B. C., reputo e penso che la Lettera al padre, non sia solo uno scritto autobiografico, schietto e sincero, ma giudico che la Lettera al padre sia un bel testo letterario perché educativo, informativo e performativo. Inoltre la Lettera al padre è scritta, secondo me, con uno stile elegante e sobrio e con una lexis viva, ricercata e letteraria, pur mantenendo i suoi sentimenti e le sue emozioni ad un livello basso e equilibrato. Infine, io, B. C., suppongo e penso che la Lettera al padre sia una lettera che spieghi e illustri molto bene tanta parte delle sue opere letterarie del genere fantastico come “La metamorfosi” e “La condanna”. Infatti, secondo me, molte ragioni e molte spiegazioni della Metamorfosi e de La condanna sono contenute e spiegate e rivelate dalla Lettera al padre. Per esempio la Lettera al padre spiega e rivela, secondo me, il finale del racconto La condanna, quando il padre condanna il figlio a morire per annegamento. Per fortuna Franz Kafka, non ha obbedito al padre, anzi ha avuto la forza morale, intellettuale e di carattere per salvarsi dalla cattiva educazione impartitagli dal padre Herman Kafka. Invece il giovane Giorgio Bendermann del racconto, succube del padre, va nel fiume e annega, lasciandosi precipitare, sussurrando però: “Cari genitori, eppure vi ho sempre amato.” Per fortuna Franz Kafka, con la sua temperanza e con la sua razionalità, ha risposto al padre redigendo, e non suicidandosi, la bella e significativa Lettera al padre. La lettera al padre costituisce, così, secondo me, la migliore e più obiettiva risposta, intelligente, sobria e razionale, che Franz poteva dare a suo padre. Infine, io, B. C., penso che la Lettera al padre abbia uno svolgimento chiaro e netto e che sia servita molto a Franz Kafka per chiarirsi le idee su sé stesso e su suo padre.
Modica, 08/12/2019 Prof. Biagio Carrubba
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