
SIMONIDE DI CEO
Simonide nacque nell’isola di Ceo intorno al 556 a.C. Da giovane andò ad Atene presso il tiranno Ipparco, come maestro di coro, dove rimase fino alla morte di questi nel 514 a.C. Poi si trasferì, come poeta di corte, a Crannone in Tessaglia presso la famiglia degli Scopadi. Qui subì il famoso episodio, intorno al 510 a.C., della sua fortunata salvezza ad opera dei due Dioscuri, Castore e Polluce. Scopas gli aveva detto di farsi pagare metà dell’onorario per l’encomio che Simonide aveva scritto per lui, dai due Dioscuri. Un giorno mentre banchettava alla corte di Scopas, Simonide fu chiamato fuori dalla sala. Quando lui era fuori crollò il tetto della sala seppellendo tutti i commensali e Simonide capì che era stato salvato dai due Dioscuri. Dopo questo episodio, scritto e confermato anche da Callimaco e Cicerone, Simonide ritornò ad Atene, che nel frattempo era diventata una polis democratica, e diventò il poeta ufficiale di corte contro l’invasione dei Persiani che furono sconfitti sia a Maratona, nel 490 a.C, sia nella battaglia di Salamina nel 480 a.C., che nella battaglia di Platea del 479 a.C. Intorno al 475 a.C., per contrasti con la corte di Atene, andò in Sicilia presso la corte di Ierone di Siracusa e, qualche anno dopo, nel 467 a.C., morì ad Agrigento.
II
Le opere poetiche.
La tradizione poetica attesta che Simonide scrisse molti componimenti poetici tra cui peani, epinici, parteni, scolii, threnoi. Scrisse anche alcuni versi di molti ditirambi e diversi epigrammi contenuti nell’antologia Palatina ma molti sicuramente sono spuri. Simonide scrisse anche molte elegie di cui l’ultima, sulla battaglia di Platea, è stata trovata nel 1992. Delle opere di Simonide sono rimasti 150 frammenti, abbastanza brevi, che, però, nel complesso riescono a dare una idea completa e concreta della sua bravura e della sua poetica apprezzate anche da poeti greci a lui contemporanei e da poeti latini come Catullo, Orazio, Quintiliano e tanti altri che lo citano diverse volte. Una posizione particolare tra le sue opere occupa, però, il frammento dedicato a Danae che è stato apprezzato da tutti fin dal periodo latino per la sua novità lirica e per il tema trattato. Di questa opera è difficile stabilire il genere della sua composizione in quanto alcuni pensano che sia un threnoi mentre altri pensano sia un carme consolatorio. Ecco il testo del frammento “Lamento di Danae”.
Quando nell’arca regale l’impeto del vento
e l’acqua agitata la trascinarono al largo,
Danae con sgomento, piangendo, disteso amorosa
le mani su Perseo e disse: “O figlio,
quale pena soffro! Il tuo cuore non sa;
e profondamente tu dormi
così raccolto in questa notte senza luce di cielo,
nel buio del legno serrato da chiodi di rame.
E l’onda lunga dell’acqua che passa
sul tuo capo, non odi, né il rombo
dell’aria: nella rossa
vestina di lana, giaci: reclinato
al sonno il tuo bel viso.
Se tu sapessi quello che è da temere,
il tuo piccolo orecchio sveglieresti alla mia voce.
Ma io prego: tu riposa, o figlio, e quiete
abbia il mare; ed il male senza fine,
riposi. Un mutamento
avvenga ad un tuo gesto, Zeus padre;
e qualunque parola temeraria
io urli, perdonami;
la ragione m’abbandona.
(Traduzione di S. Quasimodo)
Secondo me, Biagio Carrubba, l’effusione sentimentale di Danae è un lamento che alla fine si trasforma in una supplica a Zeus affinché salvi Danae e suo figlio Perseo dalla pericolosa e drammatica situazione in cui si trovano. Zeus accoglierà la richiesta e nel mito, Danae si salva e con lei il figlio.
III
La poetica.
La caratteristica principale della poetica e dei contenuti della poesia di Simonide è senza dubbio la ricchezza dei contenuti e la varietà del suo linguaggio. In greco questa varietà e ricchezza di forme si definisce con il termine tecnico Poikilìa che significa varietà e ricchezza di forme stilistiche adoperate da un autore. Nei frammenti che sono pervenuti a noi Simonide tratteggia e descrive la vita degli uomini, con spirito critico, mettendo in evidenza la Amechanìa, cioè il senso di impotenza dell’uomo dinanzi alla constatazione dei propri limiti, e la Ananke, ovvero l’ineluttabilità degli eventi. Da questo assunto generale Simonide osserva la realtà e la descrive. Però non si limita a parlarne in termini di pochezza e di povertà degli uomini ma tratta tutti i temi della vita umana dandogli un afflato maggiore, concreto e completo. Per dare una immagine concreta della Poikilìa di Simonide si può pensare alla tavolozza dove il pittore sparge tutti i suoi colori per dipingere il quadro della realtà. Come la tavolozza è piena di tutti i colori così Simonide rappresenta tutti i vari aspetti della vita adoperando tutti i colori della tavolozza. Come nella tavolozza ogni colore occupa un posto ben preciso rispetto agli altri, così anche nella rappresentazione della vita nella poesia di Simonide tutti gli aspetti della vita descritti rimangono a sé stanti, uno distante dall’altro, e lui li descrive uno alla volta, senza fare confusione. Dunque la poesia di Simonide è una poesia policromica così come è piena di colori e sfumature la realtà. L’abilità e la bravura di Simonide sta dunque nel fatto che il poeta rappresenta tutti i colori della vita adoperando, volta per volta, il colore adatto ai vari sentimenti dei personaggi della sua poesia. Seguendo questa terminologia cromatica Plutarco riporta una frase di Simonide stesso sulla sua poesia: “Simonide chiama la pittura poesia silenziosa e la poesia pittura parlante”. Un altro aspetto importante di Simonide è stato il fatto che lui si è saputo adattare alle committenze dei vari tiranni delle corte dove ha lavorato. Questa capacità di adattamento è stata definita dal critico Bruno Gentili polytropia cioè “destrezza nell’individuare gli aspetti psicologici di una situazione e nell’adeguarvisi con duttilità e intelligenza, rimanendo autonomo e indipendente nelle varie corti in cui lavorava. Come Simonide si è saputo adeguare alle varie corti così i personaggi delle sue poesie riescono a salvarsi e destreggiarsi nelle varie situazioni in cui vivono per potere uscire vivi da situazioni anche gravose così come nel frammento che è rimasto su Danae. Fra tutti gli aspetti che Simonide ha descritto e rappresentato quelli che spiccano di più sono ovviamente quelli in cui primeggia il pessimismo e la morte che incombe sempre nella vita degli uomini, l’imprevedibilità del futuro del domani, l’amore e il relativismo etico cioè la concezione secondo la quale ogni uomo ha le proprie forze e con quelle deve lottare per assicurarsi la vita. Oltre a questi temi Simonide però è rimasto più famoso per il celebre frammento sui morti delle Termopili e sui morti di Platea in cui ripercorre lo stesso ruolo di Omero.
IV
Pessimismo della vita ed il senso della morte per Simonide.
Il frammento più bello ed interessante di Simonide in cui sviluppa il tema dello sconforto e della precarietà della vita è “Dolore su dolore è la breve vita”.
Degli uomini scarso è il potere,
sono gli affanni vani;
dolore su dolore è la breve vita.
Su tutti uguale pende l’inevitabile morte:
i vili e i forti ugualmente l’hanno in sorte.
(Traduzione di Gennaro Perrotta).
Seguendo la terminologia dei colori del pittore si potrebbe dire che questo frammento è ispirato dal colore nero della morte. In 5 versi Simonide riesce a dare un senso inconfondibile e precario della vita umana e presenta la morte come un evento tragico e pauroso di cui gli uomini hanno un costante timore. Questo senso di sgomento e tristezza che accompagna la vita degli uomini è rafforzato nel frammento Cariddi.
Meta di tutto è un’unica spaventosa Cariddi
che le grandi virtù inghiotte e la ricchezza.
(Traduzione Page)
Sull’argomento della morte Simonide ha scritto tanti altri frammenti dello stesso valore che esprimono tutto il pessimismo del poeta e la fragilità della vita umana. Nel 401 a.C. il grande tragediografo Sofocle ha espresso la stessa paura e timore con questi versi nella tragedia Edipo a Colono:
…..
Ma infine a tutti provvede
colei che tutti eguaglia,
la morte,
quando dall’Ade emerge la Parca
senza danze senza cetre senza imenei.
……
(dalla tragedia Edipo a Colono).
V
Imprevedibilità del domani
Un altro celebre frammento di Simonide relativo all’imprevedibilità del futuro è quello che si riferisce all’episodio del crollo del soffitto dal qual lui si salvò ma che portò alla morte tutti gli altri commensali. Questa mutevolezza degli eventi ispirò il frammento “Uomo qual sei…”.
Uomo qual sei, non dire mai quel che domani sarà,
né, se vedi uomo felice, quanto durerà.
Di una mosca che ha lunghe le ali
non è così veloce il volo.
(Traduzione di Gennaro Perrotta).
In questo frammento Simonide esprime, effettivamente, il mutamento repentino della sorte dell’uomo prendendo ad esempio la morte di Scopas che un attimo prima banchettava, felice, con la sua famiglia e un attimo dopo era morto sotto le macerie del suo tetto. Io, Biagio Carruba, suppongo che il crollo del soffitto sia stato un fatto realmente accaduto che ha dato a Simonide lo spunto per scrivere la poesia e riflettere sulla imprevedibilità e sul repentino mutamento della sorta degli uomini. Il senso della imprevedibilità e della incertezza del domani è rafforzato da Simonide nel frammento Il dio sconvolge tutto.
Non c’è male che giunga
imprevisto per gli uomini: in un attimo
tutto sconvolge il dio.
(Traduzione Page)
Sofocle ha espresso il concetto della imprevedibilità del futuro con queste parole nel finale della tragedia Aiace. Molti eventi è dato ai mortali di conoscere, una volta che li abbiamo visti; ma prima di vederli nessuno è vate dei giorni futuri: di quale sarà il suo destino.
VI
L’amore
Sull’amore e sul piacere Simonide scrive il brevissimo, ma bellissimo e celebre, frammento Il piacere. In questo frammento Simonide mette in primo piano nella vita dell’uomo l’amore e non la morte che invece incombe alla fine della vita dell’uomo.
Senza il piacere, infatti, quale
vita mortale è desiderabile, o
quale potere?
Senza di esso non è invidiabile
neanche la vita eterna degli dèi.
(Traduzione Page)
Lo stesso frammento viene tradotto, in maniera sintetica ma più gioiosa e in maniera che suscita più sentimento, in questo modo.
Senza la gioia dell’amore, cos’è mai
la vita? Un re,
un dio, senza amore
– io non lo invidio.
(Traduzione di Marina Cavalli)
VII
Relativismo etico
Platone cita Simonide su una problematica che a Platone interessava molto e cioè sulla virtù. In questo lungo brano Platone fa dire a Simonide che non esiste la virtù assoluta così come la intendeva la tradizione omerica ma esiste soltanto una virtù relativa ad ogni uomo, il quale, condizionato dalla vita non riuscirà mai a realizzare la virtù perfetta.
Divenire uomo davvero valente
è difficile, di mani, di piedi e di mente
ben saldo, fatto ad arte senza difetto;
….
Nè il detto di Pittaco intonato mi
suona, pur se da un uomo saggio
pronunciato: “difficile – diceva – esser valente”.
Solo un dio potrebbe avere questo dono, uomo non
v’è che non sia abietto,
se un evento irrimediabile lo abbatta.
Avendo successo ogni uomo è valente,
misero invece, se misera è la sorte, e in genere sono i migliori
quelli che gli dèi amano.
Perciò mai, io, l’impossibile
cercando, in una vana irrealizzabile
speranza getterò la mia parte di vita,
un uomo del tutto irreprensibile, fra quanti dell’ampia
terra i frutti cogliamo;
se mai lo trovassi, ve lo farò sapere.
Tutti, invece, lodo e amo
chiunque non compia nulla di turpe volendo; con la necessità
neanche gli dèi combattono.
A me basta chi non sia abietto né troppo remissivo,
e conosca almeno la giustizia giovevole allo Stato,
un uomo sano; io non
lo biasimerò; degli stolti, infatti,
è infinita la razza.
Sono buone tutte le cose alle quali
il turpe non si mescoli.
In questo lungo frammento, Simonide critica i valori assoluti omerici e propone i nuovi valori relativi: per Simonide l’uomo almeno dovrebbe essere un buon cittadino e non dovrebbe essere troppo passivo. La contrapposizione tra l’eternità degli dei e il relativismo etico, la precarietà degli uomini e la trasformazione dei valori etici degli uomini è espresso molto bene da Sofocle nella tragedia Edipo a Colono. Figlio di Egeo a me carissimo, soltanto gli déi non conoscono vecchiaia e morte; tutto il resto viene travolto dal tempo onnipossente. Illanguidisce la forza della terra, illanguidisce la forza del corpo; muore la lealtà, germoglia la perfidia, né mai perdura lo stesso sentimento fra gli amici o fra città e città. Agli uni subito, agli altri in seguito quel ch’è dolce si tramuta in amaro e poi di nuovo in dolce.
VIII
I morti alle Termopili e i morti di Platea
Ma il frammento più famoso che ci ha tramandato la letteratura latina è sicuramente “I morti alle Termopili” che ci ha conservato Diodoro Siculo. Testo del frammento “I morti alle Termopili”.
Dei morti alle Termopili
è gloriosa la sorte, il fato è bello
non la tomba, ma un’ara;
non lamenti, ma il ricordo;
non compianto, ma lode.
Questa funebre veste non la ruggine,
né il tempo oscurerà, che tutto vince.
Il sepolcro ha scelta sua compagna
la gloria della Grecia.
Leonida lo attesta, il re di Sparta:
grande esempio lascia di valore
e gloria eterna.
(Traduzione di Gennaro Perrotta).
Io, Biagio Carrubba, concordo con tutti i giudizi positivi dei critici sull’importanza e sulla bellezza di questa poesia e penso che questo frammento sia bellissimo e rappresenti la gloria dei 300 spartani che morirono insieme a Leonida alle gole delle Termopili per difendere la libertà di tutti i greci. Leonida e questi 300 eroi si sacrificarono per rallentare l’avanzata dei persiani ed è giusto quindi che il sacrificio di questi eroi non venga dimenticato e duri nei secoli. Malgrado qualche autore metta in dubbio che il frammento sia autentico sembra assurdo negare la paternità del frammento a Simonide. Anche Giacomo Leopardi rimase affascinato da questo frammento e lo inserì nella famosa poesia “All’Italia”. In questo tema dei morti per difendere la patria Simonide si rifà a Tirteo e sarà poi ripreso da Orazio. Il frammento privo di molti verbi riesce comunque a fare entusiasmare i lettori e a dare importanza agli eroi che si sacrificarono rendendoli immortali. Io credo che questo frammento sia di Simonide perché negli stessi anni, subito dopo il sacrificio alle Termopili, il drammaturgo Eschilo ne parla con gli stessi toni accesi ed entusiasti nella tragedia “I Persiani”. “O figli degli Elleni, avanti! Liberate la patria, liberate i figli e le spose e i tempi degli dèi aviti e le tombe degli antenati. Ora per tutto si combatte”.
IX
L’amore
Tutti i temi trattati da Simonide, nei frammenti che ci sono rimasti, dalla paura della morte al dolore di Danae, dalla fragilità della vita alla forza dell’amore, dalla imprevedibilità del domani al sacrificio degli eroi, Simonide li raccoglie nel sintetico ed armonioso frammento “La sporca speranza”.
C’è una gran frase dell’uomo di Chio:
“Qual delle foglie, tale è la vita mortale”.
L’hanno sentita tutti con gli orecchi,
pochi l’hanno nel cuore; con ciascuno è la speranza,
connaturata all’anima dei giovani.
Finché si gode il desiato fiore dell’età,
il cuore è lieve, e la mente fantastica:
non ci s’aspetta d’invecchiare e di morire,
e chi è sano non pensa a malattie.
Mentalità d’idioti: ignorano che agli uomini
il tempo del rigoglio e della vita
è scarso. Tu lo sai. Presso la soglia estrema
resisti al male e, delle gioie, godi.
(Traduzione di Filippo Maria Pontani)
In questo ultimo frammento Simonide riassume tutti i temi da lui toccati nella sua lunga poetica. I primi quattro versi si rifanno ovviamente alla tradizione omerica tanto che cita un verso dell’Iliade. Nei secondi quattro versi Simonide si rifà alle illusioni della gioventù e alla paura della vecchiaia e della morte nella tradizione di Mimnermo. Negli ultimi versi Simonide mette in primo piano il suo pessimismo sulla vecchiaia, sulla precarietà della vita ma comunque il frammento termina affermando che ogni uomo deve resistere alla morte e godersi le gioie della vita. Anche questo è un tema che sarà trattato da altri tragediografi e ripreso da altri poeti suoi contemporanei essendo un tema ricorrente in tutta la poetica greca di allora, fino ad Orazio. Questo frammento poetico, abbastanza lungo, sintetizza in modo armonioso tutta la varietà dei temi e degli aspetti trattati nelle poesie di Simonide, soprattutto i temi della morte e dell’amore. Per cui si può dire che la poesia di Simonide riesce a far nascere nei lettori, ancora oggi, molti sentimenti e molte sensazioni gradevoli. La poesia è dunque una gran bella cosa nella vita perché sprigiona una massa di sentimenti nuovi e profondi che illuminano la vita di chi legge. La poesia di Simonide testimonia il passato e denuncia l’ingiustizia della realtà e dei governi contro la tirannia come nel famoso frammento in cui elogia i due tirannicidi: “Una grande luce sorse per gli ateniesi quando Armodio e Aristogitone uccisero Ipparco”. La poesia per il poeta è l’occasione per esternare i propri sentimenti e i propri pensieri e per il lettore è la prova di ricevere gioia e conoscenza sul passato, sul presente e sul futuro. Per questi motivi la bellezza della poesia di Simonide è che ancora oggi, a distanza di tanti secoli, si mantiene viva e vitale e trasmette sentimenti e sensazioni estetiche varie e variegate, ancora piacevoli. Dunque la bellezza della poesia di Simonide sta nella presentazione di una molteplicità di temi e di casi concreti e reali e nella ricchezza dei sentimenti dei vari personaggi. Ma la peculiarità di Simonide è certamente quella di dare ad ogni circostanza della vita un valore proporzionale ai sentimenti e un colore specifico adatto ad ogni situazione senza esagerare e senza togliere la giusta importanza ad ogni personaggio e ad ogni sentimento.
Modica 26 marzo 2019 Prof. Biagio Carrubba.
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