RECENSIONE ANALITICA DEL LIBRO “QUANDO NON MORIVO” DI MARIANGELA GUALTIERI. (3)

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V
Giudizio mio finale sulla prima sezione dell’opera poetica.

Il mio giudizio e commento personale della prima sezione dell’opera poetica è, decisamente, positivo e di apprezzamento dell’intera sezione perché mi ha suscitato notevoli emozioni estetiche e sobrie e soavi sentimenti estatici. Soprattutto per i due temi sorprendenti che non mi aspettavo dalla poetessa romagnola. Il primo tema è, certamente, il tema della lotta tra Eros e Thanatos, che si intreccia, vivamente e vividamente, lungo la prima sezione del libro. Il secondo tema è la sequela di domande, impertinenti e sacrileghe, che la poetessa rivolge all’immagine e all’icona tradizionale che noi occidentali abbiamo della Madonna, come madre di Gesù Cristo e moglie di un Dio, invisibile e inattingibile, della Chiesa romana cattolica e apostolica. Il primo tema della sezione è quello che riguarda la lotta tra Eros e Thanatos, con la vittoria finale di Thanatos. Ma io, B. C., penso e suppongo che è meglio interpretare l’ultima poesia, dove vince Thanatos, con un altro grandioso e maestoso significato di quello che si evince dalla prima lettura. Infatti, io, B. C., penso e suppongo che non sia, soltanto, la poetessa ad entrare nel mondo degli inferi, ma è tutta la nostra Terra che entri dentro un buco nero (la fessura nera) e così l’intera Terra scomparirà senza lasciare traccia della sua comparsa nella nostra Galassia, bruciando e distruggendo ogni vita umana comparsa ed esistita nel nostro pianeta Terra. Il secondo tema della sezione è quello che riguarda le domande della poetessa Gualtieri rivolte all’immagine della Madonna. Infatti la poetessa rivolge alla Madonna delle domande sacrileghe, sconcertanti e sorprendenti che tolgono il fiato, perché sciolgono e tolgono ogni forma di divinità e ogni candore alla purezza e alla verginità della Madonna. È un attacco frontale e spudorato alla bellezza e alla concezione immacolata della Madonna; ne esce, così, una immagine della Madonna rotta, franta, frastagliata e ridotta a pezzi. In tal modo l’immagine e l’icona della Madonna di Santa viene cancellata e viene trasfigurata in una icona priva di divinità e di santità. Ecco alcune domande, impertinenti e spregiudicate del testo, rivolte alla Madonna. “Creatura strana, sembri, che non ha/ intestino, una sacra vagina/ un utero, uno stomaco pieno.” Dalla poesia “Domanda a Maria I”. (Pagina 21). Ecco l’incipit, irrispettoso, violento e dissacrante della seconda poesia dedicata a Maria II. “Me li pulisci tu/ i pensieri? Che sai/ di questo assillo che non molla? / Del sonno sporco/ fitto d’un vociare circolare/ che soffia le parole/ nel padiglione.” (Pagina 23). Un altro aspetto, molto importante, che dà poeticità e poesia alla prima sezione è, sicuramente, secondo me, l’aspetto sintattico e stilistico della sezione. Le 24 poesie della sezione presentano una struttura sintattica molto variegata e libera. A volte, le poesie mostrano un periodare, lineare e chiaro; altre volte, invece, le frasi sono frastagliate e articolate. Molte volte, la struttura sintattica si intreccia con una lexis, ingarbugliata e arzigogolata, come nelle poesie 19, 20, 21 e 23, conferendo, così, a molte poesie una lexis variabile e inusuale. Proprio questo intrecciarsi, a volte, fra una lexis, chiara e sobria e una sintassi più elaborata e quasi artificiosa, dona all’intera sezione uno stile, vario e brioso, moderato e armonioso, adeguato ai due temi che la sezione svolge e sviluppa in modo, originale e personale, voluto e poetato dalla poetessa.

VI
Le poesie più belle delle altre sezioni.

La seconda sezione ha per titolo “Animali di silenzio” e contiene 15 poesie. La seconda sezione è composta da una serie di poesie che hanno per tema l’osservazione e la descrizione di alcuni animali che la poetessa vede dentro e fuori casa sua. Ogni poesia svolge e sviluppa una riflessione personale della poetessa. Tra queste poesie, la poesia più intensa e importante è, sicuramente, la poesia “La strada per tornare” (pagina 36), nella quale la poetessa, con il respiro in soprassalto, descrive una sua passeggiata in un campo dove lei è sopraffatta da un fetore portentoso che proviene dall’erba, dove “una morte/ spande il suo putrido canto/ muto fra l’erba”. Ella protegge il respiro e avanza con spavento. Poi riflette con sé stessa e afferma. “Questo fetore/ sarà di ognuno. Ce lo portiamo/ dentro. Non lo dimenticare, mi dico”. La poetessa conclude la poesia con un’altra considerazione, guardando il giovane capriolo morto. Esso giace a brandelli, fra l’erba alta e dentro un lezzo, mentre lui, poco prima, era “leggiadro ed elegante”. Ma la poesia-emblema, più significativa e più bella della seconda sezione è, secondo me, la poesia n. 7 (pagina 39) ed è la n. 31 dell’intera raccolta, perché ha una forma succinta e stringata. Inoltre la poesia esprime e rappresenta, in modo vivido e vivo, l’affezione e la simpatia che la poetessa rivolge e nutre verso la sua docile cagnetta e gli animali che possiede in casa e con i quali condivide le giornate. Inoltre la poesia mantiene un significato di fondo, chiaro e netto, che le altre poesie della sezione non hanno, dal momento che hanno una struttura sintattica e lessicale ineffabile e inespressiva.

Testo della poesia

Averti qui, alleata
che stai stesa e beata
e mi insegni ogni giorno
l’andata in un regno
in cui non si ragiona e solo
si prega un dio spensierato
muovendo la coda
seguendo col muso una pista segreta.

Nessuno come te si rallegra
se dopo un minuto di vuoto
ritorno in cucina – se dico
il tuo nome. Se passo vicina
a quel luogo dove molli la presa
del mondo e dormi rannicchiata o distesa.
Tu sei misteriosa – per lungo tacere –
Ma che intesa.

Commento alla poesia.

In questa poesia, la poetessa si rivolge, quasi sicuramente, alla sua cagnetta che le sta vicino ogni giorno in cucina. La poetessa ha molta familiarità e confidenza con la cagnetta, guardandola con simpatia ed empatia. La poetessa la osserva, mentre la cagnetta se ne sta “stesa e beata”. La poetessa comprende che la cagnetta immagina (o sogna) un regno, dove “si prega un dio spensierato” muovendo, soltanto la coda. Anche la cagnetta si rallegra, osservando la poetessa quando la vede ritornare in cucina e quando la poetessa la chiama per nome. La cagnetta se ne sta nel suo luogo “rannicchiata o distesa”. La poesia termina con la riflessione della poetessa che osserva con soddisfazione la cagnetta e conclude. “Tu sei misteriosa – per lungo tacere -/ Ma che intesa”.

II

Inoltre la sezione inizia ad adoperare un periodare, più articolato e arzigogolato, che si prolungherà anche nelle altre tre sezioni del libro. Infatti le ultime tre sezioni hanno una sintassi più, elaborata e intrigata, che sfocia in una struttura sintattica e linguistica sempre più artificiosa e artefatta.

*

La terza sezione ha per titolo “Riassunto della Creazione” e contiene 11 poesie. La terza sezione è composta da poesie che hanno per tema l’osservazione del cambiamento delle stagioni e la descrizione dell’ambiente naturale vicino la casa della poetessa, come quando, nella poesia n. 42 di pagina 53, la poetessa gira intorno alla pineta. “La pineta da fuori la guardavo/ pedalando veloce”. Le poesie più belle della terza sezione sono, però, la poesia n. 5 (poesia n. 44 pagina 55), poesia n. 6 (poesia n. 45 pagina 56), poesia n. 7 (poesia n. 46 pagina 57). La poesia n. 5 descrive l’inizio della primavera; la poesia n. 6 descrive l’inverno; la poesia n. 7 descrive l’autunno.

Testo della poesia n. 5.
(La primavera)

C’è nel mattino – sarà
per quella luce – una sottile ebbrezza
sarà per la bellezza
degli inizi – quella promessa
che sempre si nasconde
quando s’avvia un nuovo (giorno)
per qualche cosa di nuovo.
(Sarà per tutto questo che tu riconosci la primavera).
Sarà il bello
di cominciare
con tutta l’energia rappresa
ancora intatta in gocce
tutta sospesa sopra il fare nostro.
(Sarà per tutto questo che tu riconosci, nel mattino, la primavera).

Testo della poesia n. 6.
(L’inverno)

La nebbia ha rotto gli argini d’un tempo
d’ossa ghiacciate
e non si può tornare dentro il grido
celeste del cielo settembrino.
Tutte le foglie riconsegnate
e fermo fermo sta ora l’albero –
il bosco immobile come uno
che ode. Come uno che muore
in un ascolto d’oltre mondo che ora
invade il mondo, più teso
che d’estate. Tenebroso di più
più sole tutte le cose. E le tane abitate
dal respiro di bestie addormentate.
Geniale modo di sparire
dell’animale – farsi silenzioso
quieto copiando il seme, il tronco – la radice.
Cadere nel preludio – lentissimo –
assoluto – del concerto grande e misterioso.

Testo della poesia n. 7.
(L’autunno)
E intanto fuori c’era l’autunno.
Non lo sapevo prima. C’era.
In ogni foglia, nell’aria, nella
luce. C’era. E io l’avevo lasciato solo
non lo avevo sorretto, non ammirato
non ero stata sbalordita dai gialli e
dai rossi che infiammava.
O dall’albero quando sta come nudo, con veste
di foglie garbata caduta ai suoi piedi.
Incredulo, l’albero – attonito
pudico. Non lo avevo guardato.
E adesso dalla finestra chiamava –
l’autunno – col suo mesto sorriso e
di nuovo io sorprendevo, adoravo.
Benvenuto a te che fai del morire
un’epopea di colori.

Commento alle tre poesie.

Queste tre poesie, dedicate alle tre stagioni, mi sono piaciute molto, perché in ognuna di esse la poetessa ha saputo cogliere un aspetto importante di ogni stagione. Infatti la primavera descrive l’arrivo della primavera, quando dalla luce del mattino e dalla “energia rappresa” si riconosce il cominciare della primavera. L’inverno descrive il momento in cui gli animali vanno in letargo e tutto intorno si fa silenzio. Ecco come la poetessa descrive il letargo. “E le tane abitate/ dal respiro di bestie addormentate. / Geniale modo di sparire dell’animale – farsi silenzioso”. L’autunno descrive l’apparire dei colori tipicamente autunnali come il rosso e il giallo, dei fiori e delle foglie degli alberi che predominano, fioriscono e primeggiano in molti ambienti cittadini e naturali. Nella prima parte della poesia, la poetessa non si accorge dei nuovi colori brillanti dell’autunno, ma poi l’autunno “con il suo mesto sorriso” attira la poetessa che rimane sorpresa e stupefatta dai nuovi colori autunnali. La poetessa conclude, così, la poesia. “Benvenuto a te che fai del morire/ un’epopea di colori”.

II

Le altre poesie della 3a sezione non sono, però, all’altezza poetica delle tre poesie descrittive, dedicate all’alternarsi delle stagioni. (Manca l’estate). Anzi le ultime poesie della sezione perdono tutte la poeticità perché si infittiscono di versi pieni di zeppe e si riempiono di immagini molto lontane e distanti fra di loro. Fino ad arrivare al paradosso e all’assurdità che riguarda la poetessa, la quale rimane incinta da sé stessa e da sola, come poeta nella poesia n. 47 di pagina 58 quando negli ultimi due versi scrive. “Sto bene. Covo le parole. / M’incingo. Ho cura, oggi”.

*

La quarta sezione ha per titolo “Divinità domestiche” e contiene 8 poesie. La quarta sezione è composta da poesie che hanno temi, argomenti e contenuti diversi e tutti eterogenei fra di loro. La più bella poesia della quarta sezione è la poesia n. 2 di pagina 66 ed è la n. 52 dell’intera raccolta.

Ecco il testo della poesia.

Bambina mia,
per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.

Ti lascio invece baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno. Ira
nelle periferie della specie. E al centro
ira.

Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.

Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Siamo ancora capaci di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.

C’è splendore
in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.

Ciao faccia bella, gioia più grande.
Il tuo destino è l’amore.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro nient’altro.

Questa poesia mi piace perché esprime il rapporto positivo e ottimistico fra la poetessa e una bambina alla quale lei (Mariangela Gualtieri) confida tutta la sua speranza e il suo ottimismo verso il presente e il futuro. Poi, la poetessa, dall’utopismo iniziale della prima strofa, prosegue con l’osservazione e la contemplazione dello splendore che c’è oggi davanti a lei. La poetessa comunica, quindi, alla bambina che lei (la bambina) deve saper cogliere lo splendore che ha davanti ai suoi occhi, tralasciando le baracche e le spine, che fanno percepire e vedere il mondo “come una palla alla fine”. Infine la poetessa conclude e auspica che la bambina, che ha una faccia bella e gioiosa, abbia come suo destino l’amore. “L’amore. / Sempre. Nient’altro. / Nient’altro nient’altro.” Anch’io, B. C., ho fiducia e speranza che i bambini di oggi possano avere nient’altro che amore, amore, amore. Ma è una pia illusione dato che, in questo momento, l’Italia e tutto il mondo sono invasi e infestati dal coronavirus, che miete migliaia di vittime in tutti i popoli del mondo, e lascia poche speranze ai bambini di oggi di vivere un buon e proficuo futuro.

II

Le altre poesie della 4a sezione presentano, secondo me, una struttura sintattica e lessicale molto più frastagliata e franta e mostrano una punteggiatura assai irregolare che rendono e trasformano le poesie della 4a sezione in una serie di versi, molto discordanti, sconcertanti e sorprendenti fra di loro.

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Modica 15/05/2020                                                                                                   Prof. Biagio Carrubba

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