Una recensione al bel libro postmoderno
“Lasciami, non trattenermi”
Poesie ultime di Mario Luzi.
I
Introduzione e presentazione dell’opera poetica.
L’ultima opera poetica postmoderna di M. Luzi è stata il libro “Lasciami, non trattenermi”, pubblicato, postumo, nel 2009 dal suo fedele collaboratore e biografo Stefano Verdino, il quale spiega, molto bene, ovviamente, le varie parti dell’opera poetica lasciata incompiuta dal poeta. I temi e i contenuti dell’opera poetica postmoderna sono innumerevoli e tutti diversi fra di loro. Le poesie si susseguono, l’una dopo l’altra, senza soluzione di continuità, in un variopinto caleidoscopio fantasmagorico. Ma il lettore si avvede subito che il poeta non ha potuto ordinare e sistemare l’ordine logico ed estetico delle poesie per la sua sopravvenuta morte, imprevista e inattesa. Comunque sia, i molti temi e i contenuti delle poesie seguono temi e tracce che il poeta aveva già lungamente tracciato e sviluppato nelle opere precedenti. Anche il linguaggio poetico segue le linee già tracciate nelle opere postmoderne precedenti che il suo biografo Stefano Verdino ha così sintetizzato: “Da questo punto di vista il segno più macroscopico è costituito dalla particolare spaziatura dei versi (che Luzi chiamava –costellazioni-) comune a tutto l’ultimo ventennio della poesia luziana.” Da Luzi. Poesie ultime ritrovate. A cura di Stefano Verdino. Garzanti editore. (Pag. 3). E a pagina 4 lo stesso biografo spiega e illustra le caratteristiche sintattiche e formali delle strofe luziane. “Ma il lettore farà presto anche pratica di altre ricorrenti strategie espressive come l’andamento prolettico della frase, la frequenza dei pronomi, le prosopopee, l’annodo di domande ed esclamazioni, l’intermittenza del latino per lo più liturgico e spirituale. Nell’insieme si tratta di modalità che tendono a dare mobilità e scoscendimento al testo…”. Ebbene io, Biagio Carrubba, reputo che tutte queste caratteristiche individuate dal biografo siano le novità formali e sintattiche che fanno di M. Luzi il primo grande maestro e artefice della poesia postmoderna. I temi e i contenuti più cospicui e comuni dell’opera poetica postmoderna sono i seguenti:
1. La descrizione del territorio toscano e dei suoi fiumi.
2. La descrizione dell’Essere e le sue epifanie.
3. L’espressività dei sentimenti del poeta, negli ultimi anni e mesi della sua vita.
4. La prevalenza della dimensione religiosa del poeta.
5. La prevalenza della dimensione escatologica del poeta.
6. La prevalenza della fede sulla scienza.
7. La definizione della storia umana come avanzata tortuosa e pericolosa, ma non vana.
8. La tesi del ricominciamento cioè della resurrezione del poeta dopo la morte.
9. L’idea ossessiva, che hanno tutti i vecchi, che tormenta il poeta negli ultimi anni della sua vita, cioè il pensiero fisso della morte.
10. La lode delle epifanie della natura e la celebrazione della catena dell’Essere.
II
Io, Biagio Carrubba, reputo che, in questa ultima opera postmoderna, M. Luzi esprima, ancora una volta, il suo fantasma poetico e il suo genio creativo, sbizzarrendosi in una sequela di poesie tutte pluri colorate e fantastiche, senza soluzione di continuità. Mentre Stefano Verdino reputa che le ultime opere poetiche di M. Luzi rientrino dentro l’Essere e dentro la specie umana, come recita il libro poetico di Luzi “Sotto specie umana” del 1999, io, Biagio Carrubba, ritengo invece che l’ultima creazione e produzione poetica di Luzi sia improntata a uscire fuori dalla specie umana per superarla e volare verso una soluzione e dimensione escatologica, cristiana e cattolica, per cui io definisco l’ultima opera “Lasciami, non trattenermi” come un andare e volare verso il cielo e rifugiarsi nella casa di Dio, e quindi l’ultima opera postmoderna rappresenta, secondo me, un dirigersi Sopra la specie umana come attestano i seguenti versi della poesia n. 6 dell’opera (pag. 32) che così sono poetati.
La pazienza tace, non gli dice
niente la scienza
sua che non sia fallace…
e io: fede che smuovi le montagne: facias.
Oppure nei versi finali della poesia n. 8 (pag. 35). Ecco i versi finali.
O mente che non ignora niente
occhio che vede tutto questo,
e noi
che quell’occhio lo guardiamo
abbacinati, ciecamente.
Oppure questi altri versi, ancora più chiari, sulla scienza che non comprende appieno la storia e l’evoluzione della specie umana, espressi nella poesia n. 18 (pag. 51). Ecco il testo della poesia.
Dove va,
non avrà scampo
tra cielo e terra
quell’azzurra
e nera transumanza –
la storia umana
non la leggi bene, scienza,
non vede la tua lente
dentro quella consustanza
il sogno, l’agonia, la riluttanza
e quel tempo, a quella pastura.
Eppure, eppure…
III
Suddivisione dell’opera poetica.
L’opera poetica raccoglie tutte le poesie scritte da Luzi dal 2002 al 2005, quindi in contemporanea con le altre opere pubblicate dal poeta e con altre interviste e dialoghi del poeta. Il libro è diviso in 5 parti, secondo la ripartizione che gli ha dato il curatore Stefano Verdino.
Prima parte. Infra-parlata affabulatoria di un fedele all’infelicità. (Scritta tra il dicembre 2002 e il gennaio 2003). Una poesia.
Seconda parte. Due serie, ciascuna di 16 poesie. Trascritti in file. Comprende 32 poesie.
Terza parte. Tre extravagantes trascritte da Caterina Trombetti. 3 poesie.
Quarta parte. Poesie. Quattro dattiloscritti. 4 poesie.
Quinta parte. Poesie. 31 poesie autografe. 31 poesie. Per un totale di 71 poesie.
Per quanto riguarda il titolo Stefano Verdino chiarisce: “Il titolo, arbitrario, è l’ultimo incipit – probabilmente – del poeta, e manifesta un indubbio avviso di congedo.” Da Mario Luzi, Lasciami, non trattenermi. Poesie ultime. Garzanti editore. (Pag. 8).
La prima poesia, bellissima, è dedicata alla moglie Elena ed è un rendiconto di una visita all’ex moglie nella quale il poeta chiede perdono a tutti, e soprattutto alla moglie. La parte finale della poesia ha questi versi. (Pagg. 19 – 20).
Ciò di cui ho bisogno
infine è di perdono.
Non so bene di che ma di perdono comunque.
Mettiamo come peccato
le mie inerzie, le mie omissioni.
Ma ora cosa accade? ecco s’aggiunge
ai già troppo numerosi
un aspetto ancora. Che è, da me
o da fuori di me
nasce quell’apparizione?
Non so proprio che dire, ma è là, ora
occupa la mia vista – è un’alba,
sull’ultimo crepuscolo, anzi
è un’alba notturna.
Oh vorrei essere pronto e pari (come te)
a coglierla.
IV
Le idee personali e postmoderne del poeta esposte nell’opera poetica.
Le idee personali del poeta esposte nel libro sono, secondo me, le seguenti.
1. La prima idea personale del poeta è quella dedicata al pensiero della morte che lo ha tormentato e ossessionato negli ultimi 5 anni della sua vita. Questa idea della morte è espressa molto bene e chiaramente nella poesia n. 10 poetata e illustrata con questi versi. (Pag. 38).
Lui solo in quella solitaria casa
coabitava con lui,
lo seguitava
dovunque e in ogni istante,
gli teneva
non indesiderata compagnia,
ossessiva tuttavia, fisso, il pensiero della morte.
Questa poesia è inoltre, secondo me, la continuazione della poesia giovanile “Come tu vuoi”. Anche in questa poesia Luzi si trova solo nella sua casa ma ha come compagnia la visita di Dio che coabita con lui.
2. La seconda idea personale del poeta è quella dedicata al percorso umano che, secondo M. Luzi, è tortuoso, ma non è vano. Mario Luzi esprime questo concetto in due poesie. La prima poesia è la n. 11, (pag. 39 – 40) dove Luzi esprime il suo pensiero sulla storia umana con questi versi.
Cresce, frana
su di sé
la storia umana,
ne ingoia la polvere o il sentore
una memoria oscura,
fa sì
che non sia stata vana.
2. La seconda poesia dove Luzi esprime il suo concetto sulla storia umana è la poesia n. 55 (pag. 108) con questi versi.
Che altro fanno
le antilopi, i mosconi;
che altro fa
la storia umana
nel procedere suo
a cruenti balzelloni
tra sé e sé medesima, qua e là?
3. La terza idea personale del poeta è quella dedicata al concetto del cominciamento. Questa idea è espressa in diverse poesie tra cui la poesia n. 14 (pag. 44) con i versi finali.
Tutto è compiuto?
oppure ha cominciamento.
Oppure nella poesia n. 37 (pag. 83) con questi versi finali.
oltre non si parano
sulla loro strada
verso il punto
d’origine, di fine, di ricominciamento.
4. La quarta idea personale del poeta è dedicata all’incontro nella casa di Dio padre espressa in molte poesie, per esempio nella poesia n. 4 (pag. 30). Ecco i versi finali.
e ora usciamo
in una struggente trasparenza
a un incontro
con l’antica ansia,
a un promesso appuntamento
di luce, di verità immanente…
Oppure nella poesia n. 35 (pag. 78) nei versi finali.
Oh Dio del mondo
quando sarò rinato?
5. La quinta idea personale del poeta è dedicata alle lodi dello spettacolo della natura e alla celebrazione della catena dell’Essere. Mario Luzi dedica molte poesie a questo argomento, fra cui le poesie n. 19, 20, 21, 22 e tante altre. La poesia più nitida e chiara su questo argomento è la poesia n. 19. Pag. 52. Ecco il testo completo della poesia.
Salita l’alba,
ecco si disvela, è
l’inessere delle cose in sé,
in sé ciascuna,
nell’imo,
intimamente
fino al suo perché.
Traspare appena
ma tiene, è forte
la catena
della necessità.
Nient’altro è detto
eppure ora balena
in forma di sorriso
la logica universa.
Oh chiara prova
di un seminascosto
e controverso Sì.
Ma la poesia in cui M. Luzi esprime la nascita e il risorgere della natura è la poesia n. 31, pag. 70, con questi versi.
La vita si trasforma in sé perpetuamente,
informa alla sua oscura norma i vivi,
la loro intelligenza, adopra
la carità del loro soma,
sommamente e fedele a sé medesimo.
Dove
e come saremo? Si domandano
i pensieri.
Saremo ancora?
E lui,
creatura
oscura, tutto sa e tutto ignora.
Oppure questi altri versi, tanto cari al poeta che amava, in particolare i fiumi, che scorrono, naturalmente verso il mare. Dalla poesia n. 16, (pagg. 46 – 47). Ecco gli ultimi versi della poesia.
Avanza, torna regalmente al mare,
il mare lo nullifica. Oh fleuve
non passarci distrattamente al fianco.
V
L’opera poetica è postmoderna per i seguenti motivi.
Il primo motivo, che rende l’opera poetica un’opera postmoderna, è la variazione dei contenuti e dei temi che si susseguono senza soluzione di continuità e la variegata coloratura dei toni, della lexis e dello stile che cambiano, in modo vertiginoso da poesia a poesia e da verso a verso.
Il secondo motivo, che rende l’opera poetica un’opera postmoderna, è la forma delle strofe e dei versi. Le strofe hanno un andamento allungato e mobile; invece i versi hanno una spaziatura ad incastro o a gradini o frastagliati (o come li ha definiti Luzi stesso “a costellazione”. (Pag. 3).
Il terzo motivo, che rende l’opera poetica un’opera postmoderna, è la evocazione alla profezia, secondo la vocazione di M. Luzi. Il poeta, ormai, è lontano dalla poesia ermetica dei suoi inizi ed è molto vicino, invece, alla poesia profetica, la quale è proiettata in avanti e al futuro, incerto, aleatorio e sconosciuto. La poesia, quindi, dell’ultimo Luzi vuole rappresentare e annunciare la profezia del suo ritorno nella casa del Padre. Un’opera poetica ieratica e fideistica.
Il quarto motivo, che rende l’opera poetica un’opera postmoderna, è quello della rappresentazione della pluralità delle opinioni delle persone e il loro attivo comportamento nel percorso umano che non è mai vano. Un’opera poetica sempre concreta, ambientalista, naturalista.
Il quinto motivo, che rende l’opera poetica un’opera postmoderna, è dato dalla pluralità delle forme delle poesie, alcune brevi, altre lunghissime, alcune compatte, altre allungate e ricche di spaziature, ma tutte forbite di una originale lexis, di un lessico appropriato e ricercato e di uno stile poetico, personale e originale. Un’opera poetica sempre sfuggente, sempre aerea, evanescente e divergente.
VI
La tecnica di composizione dell’opera.
Secondo me, le poesie di quest’opera poetica sono scritte secondo la tecnica della sovrapposizione o giustapposizione dei versi. Infatti, io, Biagio Carrubba, penso che i versi di queste poesie sono giustapposte l’una sopra l’altra senza badare al sottile da parte del poeta il quale tiene in poco conto la coesione e la coerenza del testo poetico. Ciò che più importava al poeta era quello di scrivere le poesie in modo veloce, data la mancanza di tempo a sua disposizione. Infatti il poeta sentiva che la vita gli stava sfuggendo dalle mani e così scriveva velocemente le sue poesie senza badare alla loro coesione interna, rispettando in questo modo la poetica del postmoderno che ammette, preferisce e privilegia i testi aperti senza un determinato tema precostituito, senza un punto di partenza e di arrivo. Questo modo di poetare rispecchia fedelmente le società postmoderne dove tutto è aperto, tutto può succedere, dove non c’è né un punto di partenza né un punto di arrivo. Mario Luzi ha rispettato, soltanto, l’impostazione delle strofe che sono lunghe e mobili e i versi a incastro e a gradini, così come vuole la poesia postmoderna. Anche la punteggiatura è molto labile e aperta, quasi inconsistente, corrispondente alla velocità del suo pensiero che si trasformava immediatamente in versi poetici. Date tutte queste condizioni precarie, l’ultimo libro poetico postmoderno di M. Luzi è una sequela di poesie fantasmagoriche, dettate dal suo estro poetico, scritte in ordine sparso dando sfogo alla sua creatività e alla sua genialità di poeta postmoderno. Il suo unico pensiero era quello di dare forma e riflessione ai suoi sentimenti del momento della giornata; e un altro pensiero era quello di esprimere il suo esistenzialismo di tutta la sua vita. Inoltre le poesie esprimono il suo anelito e il suo desiderio di ricongiungersi con Dio nella casa riempita dalla divina luce. Secondo me, quindi, molte poesie dell’opera si possono leggere come poesie a sé stanti, l’una autonoma dall’altra, perché il poeta non ha avuto il tempo di dargli l’assetto definitivo data la sua improvvisa morte. Come conferma Stefano Verdino che così scrive: “È indubbio che il placet d’autore di questi testi non è così chiaro ed evidente, come nella precedente serie, tuttavia il tardo periodo della composizione mi fa supporre l’impossibilità di una ulteriore riletture dell’autore.” Mario Luzi. Garzanti editore. (Pag. 139).
VII
Le poesie più belle, secondo me, dell’opera poetica sono le seguenti.
Tra le poesie più belle dell’opera poetica io, Biagio Carrubba, ho scelto le seguenti.
Testo della prima poesia n. 6 (pag. 32).
Partimmo – rischioso era il cammino,
finimmo in questa fossa
dove a stento entra un barlume
del giorno che lassù,
sentiamo, raggia cristallino.
Avanza lui nella penombra, io
al buio proseguo o lo precedo, inciampo,
sbando, ma il corpo ci presidia,
da passi rovinosi ci trattiene
la memoria degli arti
ci orienta e ci dirige
senonché
lontano è,
se c’è il forame dell’uscita
e lui già smania, anela
la luce, la salvezza.
La pazienza tace, non gli dice
niente la scienza
sua che non sia fallace…
e io: fede che smuovi le montagne: facias.
Testo della seconda poesia n. 20 (pag. 53).
Stanno sopra di te
ariosamente
gli alberi arborando,
s’invoglia del suo azzurro il cielo,
si sente persuasa
di sé, in sé precisa, a niente
remissiva ogni vita
antica ed incipiente,
ogni erba, ombra, volo,
ogni risorgiva.
Scande
la somma equalità del giorno
il verso del cucù.
Vivi e guardi, teste non sei
ma parte. Oh mondo, mondo.
Testo della terza poesia n. 27 (pag. 62 – 63).
(Le mani delle donne)
Si levano da oscure
profondità del tempo,
si cercano, vorrebbero
prendersi, tangersi, toccarsi
da era a era
esse, le mani –
sono mani di donna
tese per il salvataggio
da un naufragio
nell’essere perduto
e prodighe
nel comunicare
vita a vita
attraverso l’oceano
di tempo che le spazia.
Si mancano però infinite volte,
è inane il loro sforzo,
si allungano allo spasimo
le une verso le altre,
non giungono a sfiorarsi
neppure per un attimo:
si sentono nondimeno
esse
le pile
di un affettuoso ponte
della muliebrità.
L’universo d’amore le sostiene,
altra necessità
si oppone e le disperde.
Così
scritto nei segni
infimi e celestiali
di questo inconoscibile alfabeto
trapassa da loro a loro
negli evi, negli eoni
la sapienza della specie,
arriva a te che mi sei figlia
e madre – dice con meraviglia il vir.
Questa poesia è, secondo me, bellissima e sempre attuale, evergreen. È un inno alle donne, alle mamme, alle giovani fanciulle, operative, fattive e concrete, che lavorano per i figli, per il marito e per la propria famiglia. Ho rivisto, leggendo la poesia, le mani di mia madre che hanno lavorato, per tanti anni, per me e per la famiglia. Per questo motivo non finirò mai di ringraziarla abbastanza e di esserne sempre riconoscente fino a quando avrò vita. La spiegazione del finale della poesia è, secondo me, la seguente. La sapienza della specie è la conoscenza, la cultura, la scienza scientifica e umanistica. L’uomo è meravigliato perché sa che la sapienza della specie è, nello stesso tempo, sua figlia, in quanto è creata e sostenuta dagli uomini, ma è anche, contemporaneamente, sua madre la quale, li guida, orienta e indica il fine dell’umanità cioè l’aumento e l’incremento della civiltà umana. Questo finale esprime, con parole enigmatiche ed ermetiche, ciò che Dante Alighieri espresse in modo chiaro e con parole, indelebili e immortali, il senso e il fine degli uomini.
“Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza”.
(Inferno, canto 26).
Testo della quarta poesia (pag. 65).
Il termine, la vetta
di quella scoscesa serpentina
ecco, si approssimava,
ormai era vicina,
ne davano un chiaro avvertimento
i magri rimasugli
di una tappa pellegrina
su alla celestiale cima.
Poco sopra
alla vista
che spazio si sarebbe aperto
dal culmine raggiunto…
immaginando
già era beatitudine
concessa
più che al suo desiderio al suo tormento.
Sì, l’immensità, la luce
ma quiete vera ci sarebbe stata?
Lì avrebbe la sua impresa
avuto il luminoso assolvimento
da sé stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata…
Questo temeva, questo desiderava.
Testo della quinta poesia (pag. 77).
A Nottola
Perfido giorno
che non vuoi salire,
i minuti sono ore
le ore secoli
per l’uomo che ti aspetta
da una vigorosa prigionia
di silenzio e d’immobilità coatta.
Pensieri nuovi,
pensieri
già pensati o casuali
sminuzzano l’insonnia.
Dovrebbe la sequela interminabile
non posarsi su nessuna cosa
né perdersi e sfaldarsi nell’intrico
delle casualità. Ribattono
invece quei pensieri
o ricordi o pensieri ricordati
i casi, i fasti e le vertiginose
nullità del mondo
e vi rimbalzano
dolorosamente. Anche il tempo è prigioniero.
Di sé.
VIII
I cinque motivi della bellezza dell’opera poetica.
Secondo me, la bellezza di questa opera poetica postmoderna di Mario Luzi è indubbia e indiscutibile. Essa raggia una bellezza poetica quasi da ogni poesia. Infatti, secondo me, ogni poesia risplende di luce propria e di poesia pura per almeno 5 motivi.
Primo motivo. Io, Biagio Carrubba, reputo che l’opera poetica fluttua nell’aria pura del cielo ed è sospesa tra cielo e terra. Infatti il poeta, Mario Luzi, in tutta l’opera non fa mai riferimento alla società italiana di inizio secolo e alla situazione politica che l’Italia stava vivendo e subendo all’inizio del XXI secolo. Ciò che prevale nell’opera poetica è la sua ansia e il suo desiderio di entrare nella casa del Padre eterno e di godere della luce divina. Questa sospensione poetica è ben descritta ed espressa nella poesia n. 13 (pag. 42) con questi versi.
Quel lungo volo a così bassa quota…
d’un tratto n’ebbe orrore.
Lo aveva chi? una volontà non sua
però inoppugnabile
frenato
nella sua alta potenza,
tenuto a quella medietà dell’aria
a portata degli spari…
Da questa posizione, alta nel cielo, Luzi poteva guardare l’agitarsi degli uomini sulla Terra per cercare di scoprire il senso e il fine della storia umana.
Secondo motivo. Dunque, Luzi si sente sospeso fra cielo e terra. Da questa posizione celestiale Luzi guarda verso il basso per cercare di scoprire il misterioso e tortuoso percorso umano, per darne il suo giudizio poetico e personale.
Terzo motivo. Un altro motivo importante è quello del dettato della poesia postmoderna, composta da strofe allungate e mobili e da versi a incastro e a gradini, dove non c’è né un punto d’inizio né un punto d’arrivo, dove non c’è un punto di orientamento ma tutto è precario, saltuario e aleatorio. Infatti molte poesie non hanno un soggetto chiaro e univoco ma è impersonato da un pronome personale come, lei e lui. Inoltre ciò che veramente sbalordisce nell’opera sono i trapassi, vertiginosi e vorticosi, da un argomento ad un altro e da un tema ad un altro e senza soluzione di continuità. Trapassi fantasmagorici che suscitano nei lettori uno scintillio e uno sfavillio di emozioni forti e di sentimenti, intensi e sempre vari e cangianti.
Quarto motivo. Un altro motivo, eccellente, di bellezza dell’opera poetica è, sicuramente, l’uso di un lessico poetico, molto ricercato e raffinatissimo, che attribuisce e conferisce all’opera poetica una soavità e una ricercatezza davvero notevoli e fantasmagorici, cosicché ogni strofa e ogni poesia riceve la sua ricercatezza lessicale e formale.
Quinto motivo. Un altro motivo di bellezza dell’opera poetica è dato, secondo me, dal fatto che il libro è pieno e ricco di poesie bellissime prese in sé stesse. Molte poesie, infatti, sono veri e propri capolavori anche se esulano dal contesto dell’opera poetica.
IX
Giudizio sintetico di Stefano Verdino sull’opera poetica “Lasciami, non trattenermi”.
Stefano Verdino ha dato il seguente giudizio sull’opera poetica. “Per quanto frammentario, il libro conferma la ricchezza problematica dell’ultima fase ontologica della poesia luziana, che in più tratti si configura come un vero e proprio ciclo, teso a un essenziale e continuo rendiconto dell’evento, sia nell’ordine naturale, sia in quello umano ed emotivo. […]. Ne scaturisce un intimo senso di preghiera, all’insegna della fragilità e della intermittenza del poeta nel captare i vari messaggi dei molti codici e segnali incrociati dalla propria esperienza. Da qui la magia di versi maneggiati con leggerezza di ritmo, in uno statuto per così dire aereo”. Dalla IV pagina di copertina del libro.
X
Il mio giudizio personale sull’opera poetica.
Io, Biagio Carrubba, reputo l’opera poetica postmoderna e profetica “Lasciami, non trattenermi” un’opera bellissima ed originale, anche se non condivido le idee cristologiche e teologiche di M. Luzi. Invece condivido la sua tesi sul percorso umano, tortuoso e pericoloso, ma non vano dell’umanità. Infatti io, B. C., penso e suppongo che la storia dell’umanità abbia un senso e un fine che è quello di scoprire la verità e l’origine del tutto e cioè come è nato e come si è sviluppato l’Universo o gli Universi paralleli. Già gli scienziati e gli astronomi di oggi sono ad un passo dalla scoperta di questa verità perché già hanno captato e capito i motivi e i segnali dell’origine dell’Universo e della sua fine. Per questo motivo io, B. C., assegno molta importanza alla scienza che è la sola attività umana che possa risolvere e scoprire questi misteri. Dopo di ciò l’umanità potrà anche scomparire dalla faccia della Terra. La poesia più bella in cui Mario Luzi esprime tutte le sue perplessità sulla capacità della scienza di scoprire queste verità, è la poesia n. 18 (pag. 51).
Dove va,
non avrà scampo
tra cielo e terra
quell’azzurra
e nera transumanza –
la storia umana
non la leggi bene, scienza,
non vede la tua lente
dentro quella consustanza
il sogno, l’agonia, la riluttanza
e quel tempo, a quella pastura.
Eppure, eppure…
X
Finale.
Questa poesia esprime, secondo me, e rappresenta, in sintesi, tutta la bellezza della poesia moderna e profetica di M. Luzi. Essa è un bell’esempio, maestoso e creativo, di questo bel libro. Inoltre aggiungo che, per tutti i motivi esposti in precedenza sulla bellezza e sul fascino della poesia di Luzi, io, Biagio Carrubba, reputo che M. Luzi, non è stato, soltanto, un maestro della poesia italiana tout court, ma è stato, anche, il Signore della poesia, postmoderna e profetica, italiana.
Modica 02 febbraio 2019 Prof. Biagio Carrubba
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