Quel dantesco e fantastico viaggio mirifico. Dall’opera poetica Lasciami, non trattenermi di Mario Luzi.

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Quel dantesco e fantastico viaggio mirifico.
Dall’opera poetica Lasciami, non trattenermi
di Mario Luzi.
I
Introduzione e presentazione del libro poetico
“Lasciami, non trattenermi” di Mario Luzi.

Il libro poetico postmoderno “Lasciami, non trattenermi” di Mario Luzi raccoglie, sistema ed ordina le ultime poesie scritte dal grande poeta toscano dal 2002 al 2005. Il libro, purtroppo, è rimasto incompleto e incompiuto per la improvvisa e imprevista morte del poeta avvenuta il 28 febbraio 2005. Il titolo provvisorio del libro postumo è stato scelto dal suo grande biografo Stefano Verdino che ha curato la pubblicazione del libro uscito nel 2009 (Garzanti editore). Il libro contiene 71 poesia tutte diverse fra di loro sia per forma sia per contenuto e sono scritte senza nessuna soluzione di continuità. Le poesie si presentano così, alla spicciolata, ordinate e sistemate in ordine cronologico e secondo la volontà e approvazione del poeta così come spiega il curatore nella PREMESSA del libro. Ecco come Stefano Verdino presenta e introduce l’opera poetica: “Questo libro raccoglie le ultime poesie –approvate- da Mario Luzi. Si tratta di testi scritti tra la fine del 2002 e il febbraio 2005. (Pag. 5). I temi e gli argomenti dell’opera poetica sono molti, vari e variegati; ma, nell’opera poetica, secondo me, si possono rintracciare alcuni temi più importanti degli altri; temi che conferiscono al libro poetico le linee guida per capire, gustare, dilettare ed entusiasmarsi per l’ultima creazione e produzione poetica di Mario Luzi nell’ultimo periodo della sua vita. Ora io, Biagio Carrubba, che conosco bene la storia e il percorso poetico del poeta, mi voglio cimentare a trovare il filo logico e l’intento estetico, poetico, esistenziale ed escatologico di tutta l’opera poetica. Secondo me, Biagio Carrubba, il tema centrale di tutta l’opera poetica è dato dalla rappresentazione di un viaggio immaginario, visionario e mirifico che Mario Luzi ha pensato, ideato, immaginato, voluto e svolto in molte poesie del libro. Il poeta inventa e immagina un viaggio che lo porti dalla vita terrena, dopo la morte, al mondo della luce e della beatitudine; la poesia n. 29 poeta con questi versi: “Poco sopra/ alla vista/ che spazio si sarebbe aperto/ dal culmine raggiunto…/ immaginarlo/ era già beatitudine/ concessa/ più che al suo desiderio al suo tormento” (pag. 65). Anch’io B. C. penso che l’opera postmoderna, “Lasciami, non trattenermi”, narri la storia di un viaggio immaginario, mirifico e immaginifico che il poeta immagina di compiere e percorrere alla fine della sua vita per giungere nel nuovo regno della luce e della beatitudine. Il poeta vuole, così, arrivare “a un promesso appuntamento/ di luce, di verità immanente…” (pag. 30). Seconda poesia, ultimi due versi. In questo viaggio, onirico e visionario, il poeta Mario Luzi è accompagnato, dapprima, da un suo amico (forse il poeta Giorgio Caproni) che gli fa da guida e compagno per giungere nel Paradiso terrestre e da lì guardare il mondo della luce divina. Secondo me, in qualche modo, l’opera poetica racconta il viaggio verso il Bene e la Luce, come Dante Alighieri immaginò il suo viaggio, onirico ma quasi realistico, che parte dalla Terra, da Firenze, per finire nel Paradiso Terrestre e da lì giungere nella sfera illuminante e luminosa di Dio. Come Dante Alighieri si fa accompagnare, dapprima, dal grande poeta Virgilio, ma quando giunge alle porte del Paradiso, il poeta latino viene sostituito; allora, Dante Alighieri si fa accompagnare da altre figure simboliche pure, come Beatrice, San Bernardo e infine la Vergine Maria che lo immette, finalmente, nella luce celeste e divina. Anche Mario Luzi si fa accompagnare, prima, da un suo amico; poi, alla fine del viaggio, arrivato sulla vetta del monte dove c’è il Paradiso terrestre, la Musa della poesia prende il posto del suo amico. Io, Biagio Carrubba, penso di avere individuato e ravvisato due grandi temi, portanti ed importanti, che illuminano l’intera opera poetica postmoderna di Mario Luzi. Questi due temi, secondo me, sono: il viaggio visionario di Luzi che adempie e compie, insieme ad un suo amico, partendo da Firenze per giungere nella pianura del Paradiso terrestre e da lì godere della beatitudine eterna e della luce divina.
Il secondo tema, molto vicino al primo tema, secondo me, è la Musa della poesia profetica che prende il posto del suo amico; la Musa della poesia lo porta e lo accompagna su fino al Paradiso terrestre. I due temi sono correlati insieme: a volte i due temi scorrono paralleli, altre volte sono intrecciati insieme fino ad arrivare all’ultima poesia dell’opera poetica dove i due temi si congiungono, si uniscono e si fondono in una sola tematica e in una sola visione e cioè la liberazione del poeta dalla vita terrestre e dai temi poetici terrestri per librarsi nel mondo leggero e aereo del Paradiso terrestre. In questo modo il poeta può esprimere le sue sensazioni, i suoi sentimenti e le sue visioni, visionarie ma quasi realistiche, scritte e descritte nell’ultima poesia dell’opera poetica. Io, Biagio Carrubba, ho individuato 10 poesie che tracciano il momento della partenza del viaggio; poi altre poesie descrivono il percorso del viaggio; nel frattempo il poeta incontra la Musa della poesia che prende il posto del suo amico. Infine il poeta arriva nella pianura del Paradiso terrestre e da lì guarda e scruta il Paradiso terrestre e, finalmente, rivolge i suoi occhi alla luce divina. Tutto questo percorso, visionario e onirico, si avvicina molto a delle terzine dantesche, come queste: “Li occhi da Dio diretti e venerati, / fissi ne l’orator, ne dimostaro/ quanto i devoti preghi le son grati;/ indi a l’eterno lume si drizzaro, / nel qual non si dee creder che s’invii/ per creatura l’occhio tanto chiaro.” (canto XXXIII Divina Commedia. Versi 40 – 44). Insomma Mario Luzi ha voluto ripercorrere e imitare l’ultima cantica di Dante, quando il sommo poeta arriva nel Paradiso terrestre e da lì, con l’aiuto della Vergine Maria, fissa i suoi occhi nella luce divina. È bello, secondo me, leggere queste 10 poesie, postmoderne e profetiche, per provare le stesse sensazioni ed emozioni del grande poeta Dante ma provati e descritti con la sensibilità, lo spirito e la personalità di Mario Luzi che ha composto le poesie con la poetica e la forma della poesia postmoderna, a lui congeniale e naturale. Ma per seguire il viaggio, immaginato e ideato dal poeta, è necessario leggere le dieci poesie che raccontano, tracciano e illustrano il percorso del poeta dalla sua vita terrena al mirifico Paradiso, così come ha fatto Dante Alighieri nella sua immortale opera poetica: La Divina Commedia. Le10 poesie che descrivono il viaggio, visionario, ultraterreno, mirifico, immaginario del poeta sono le seguenti. La poesia n. 2, (pagg. 27 – 28); la poesia n. 4, (pag. 30); la poesia n. 6 (pag. 32); la poesia n. 8, (pagg. 34 – 35); la poesia n. 28, (pag. 64); la poesia n. 29, (pag. 65); la poesia n. 37, (pag. 83); la poesia n. 38, (pag. 84); la poesia n. 51, (pag. 104); la poesia n. 71, (pagg. 135 – 136).

II
La poesia e il XXI secolo per Mario Luzi.

Nel mare magnum dei temi e degli argomenti affrontati, sviluppati e poetati dal grande poeta toscano, nella sua ultima opera poetica, io, B. C., ho rintracciato ed isolato tre belle poesie postmoderne che hanno come protagonista la poesia profetica così come la intendeva il poeta toscano, Mario Luzi. Infatti Mario Luzi in un’opera del 2003 “Le nuove paure”. Conversazione con Renzo Cassigoli. – (Passigli editori), ha illustrato, una volta per tutte, la sua concezione di poesia profetica e ha chiarito le sue perplessità e i suoi timori che la poesia avrebbe avuto con l’avvento del XXI secolo. Mario Luzi esprime in questo libro tutte le sue preoccupazioni e i timori per la fine della poesia per l’impatto che essa avrebbe avuto nel XXI secolo. A pagina 21 M. Luzi ha scritto: “Non c’è umanità! Stiamo assistendo a un processo di disumanizzazione del pianeta, con le macchine e la tecnologia che prendono il posto dell’uomo e decidono per lui.” Invece a pag. 47 esprime ed esibisce tutto il suo pessimismo con questo giudizio: “Questo è il grande problema: che l’uomo vada a ramengo. Che facendosi prendere dalla tecnologia faccia la fine dell’apprendista stregone. È questo il pericolo. Non solo per la tecnologia, ma anche per la biotecnologia e per l’informatica. La vera questione è se sarà l’uomo a dominare gli strumenti o se ne sarà dominato. Ecco il vero dilemma del nostro tempo: l’uomo sarà contro sé stesso o pro sé stesso?”. E a pagina 60, Mario Luzi afferma: “La questione comunque non cambia, si tratta di capire se l’uomo continuerà ad avere gli stessi desideri, le stesse passioni, le stesse esigenze che avevamo, oppure se vi rinuncerà per giocare (cliccare, sembra si dica) con il mouse. È il dilemma di sempre, l’uomo dominerà o sarà dominato dalla tecnologia?” E infine a pag. 62 M. L. lancia una profezia: “Se manca la poesia l’umanità soccombe alla tecnologia. E se non c’è umanità non c’è poesia, ne sono convinto. Se non c’è l’humanitas, se l’uomo diventa un animale soltanto tecnologico o se l’uomo diventa il clone di sé stesso, non sentirà più nessun desiderio di poesia, o di utopia. È questo il nodo da sciogliere.” Profezia in negativo. Perché secondo Mario Luzi: “Perché io credo fermamente che la poesia aiuti l’uomo a ritrovare sé stesso, la sua essenza, e mi auguro che sia l’uomo il protagonista della poesia del futuro. In questo senso il futuro dei poeti sarà ancora necessario.” (Pag. 52) Profezia in positivo.

III
Introduzione alla prima poesia del viaggio mirifico e dantesco di Mario Luzi.

La prima poesia, sotto riportata, dell’opera “Poetry” è rivolta ed è riferita, quasi sicuramente, al grande poeta Dante Alighieri che viene, quindi, richiamato come simbolo ed emblema del viaggio percorso dal male al bene e così è anche per Mario Luzi il quale intende, in questo modo, ricalcare, rifare e riprodurre il viaggio onirico e visionario di Dante Alighieri. In questa poesia, sotto riportata, Mario Luzi cerca l’anima del grande poeta, cioè il suo corregionale Dante Alighieri che scrive “con lena il suo poema”. La parola, che richiama Dante Alighieri, è sicuramente l’aggettivo “fioca” che anche Dante Alighieri usa nel I canto dell’Inferno, quando parlando di Virgilio così lo tratteggia e lo definisce: “Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, / dinanzi a li occhi mi si fu offerto/ chi per lungo silenzio parea fioco”. Ora Mario Luzi anela un appuntamento con il grande poeta fiorentino, ma non lo trova perché lui, Mario Luzi, è un “postero disattento” e un “ascoltatore inesperto”. Anche la voce di Dante Alighieri è diventata fioca ma, ancora, canta nell’universo e si fa sentire da quelle latitudini.

La prima poesia ha per titolo “Poetry”.
Testo della prima poesia del viaggio (pag. 27).

Scriveva con lena il suo poema
lui, ma l’anima dov’era?
Non c’è in queste sillabe,
respira
appena
nella chiara linearità del tema.
Dov’era la sua celeste vena?
altrove pasceva il suo patema,
il sogno, lo sgomento…
O forse sono io che manco
al misericordioso appuntamento,
non ne colgo l’immanenza
nel deserto
delle lasse, delle stanze,
postero disattento,
ascoltatore inesperto.
È fioca la sua voce
sì, ma non in ogni parte.
Gioca
con la mia ottusità
come allora con lui scriba
lei ubiqua, lei inafferrabile
canta nell’universo,
risponde da altri lidi
a quella latitanza.
Oh come il senso della vita cangia,
come l’immagine sua danza!

Introduzione alla seconda poesia del viaggio del poeta.

La poesia, sotto riportata, che illustra e fa vedere la meta del viaggio a cui il poeta vuole percorrere e arrivare, è la poesia n. 2, nella quale il poeta, in sogno, vede e intravede le colline eterne del Paradiso terrestre; colline che si trovano sulla vetta di una montagna e si raggiungono salendo una scoscesa serpentina. In questa poesia, Mario Luzi spiega e illustra le motivazioni per le quali egli intraprende, in sogno, il viaggio dantesco e mirifico. Infatti il poeta aveva desiderato, sempre in sogno, di vedere le colline eterne del Paradiso terrestre. Nel frattempo i suoi pensieri cominciano il viaggio, ultraterreno e visionario, per calmare e colmare “l’antica ansia” e giungere così al “promesso appuntamento/ di luce, di verità immanente…”. Il poeta vuole così adempiere al compito di soddisfare e realizzare il suo desiderio e cioè quello di raggiungere le colline eterne del Paradiso terrestre.

Testo della seconda poesia del viaggio (pag. 30).

(Desiderium collium aeternorum).
Guardai quelle colline,
erano vere
o le aveva
un allungo celestiale
del pensiero
fatte nel sogno intravedere
tra le mire
del perenne desiderio?
là si erano
a lungo
come da un esilio
diretti oscuramente
i pensieri del ritorno,
su loro erano scossi
anelando
i miei pensieri
anche quando pensavano ad altro –
e ora uscivano
in una struggente trasparenza
a un incontro
con l’antica ansia,
a un promesso appuntamento
di luce, di verità immanente…

Introduzione alla terza poesia del viaggio.

La terza poesia del viaggio, sotto riportata, ritrae il momento della partenza. Il poeta e il suo amico partono “partimmo”. Inizia il cammino dei due amici. Secondo me, Biagio Carrubba, non è un caso che la parola “cammino” del primo verso, richiami il primo verso della prima cantica dell’Inferno di Dante: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”. Secondo me, M. Luzi adopera questa parola per dare un chiaro indizio del suo viaggio mirifico e dantesco. Subito dopo i due amici arrivano in una pianura buia e sperduta. Poi il poeta descrive il primo tratto del percorso. Il poeta inciampa e sbanda. Il suo amico, invece, smania e anela la luce e la salvezza. Mi sembra di rivedere e di rivivere il momento di incontro tra Dante e Virgilio nella prima cantica dell’Inferno. Invece qui siamo alla base della montagna da cui partire per arrivare in cima ad essa, da dove scrutare e ricevere la beatitudine eterna e osservare con i propri occhi la luce abbagliante e penetrante di Dio. La poesia si conclude con la convinzione di Luzi che la fede è più forte della scienza. Come nell’ultima cantica del Paradiso la scienza non serve più, anche in questa poesia, per M. Luzi, la scienza è fallace e quindi il poeta si rivolge soltanto alla fede che smuove le montagne, per giungere sulla vetta del paradiso terrestre, seguendo la “diritta via” del primo canto della Divina Commedia.

Testo della terza poesia del viaggio (pag. 32).

Partimmo – rischioso era il cammino,
finimmo in questa fossa
dove a stento entra un barlume
del giorno che lassù,
sentiamo, raggia cristallino.
Avanza lui nella penombra, io
al buio lo seguo o lo precedo, inciampo,
sbando, ma il corpo ci presidia,
da passi rovinosi ci trattiene,
la memoria degli arti
ci orienta e ci dirige
senonché
lontano è,
se c’è il forame dell’uscita
e lui già smania, anela
la luce, la salvezza.
La pazienza tace, non gli dice
niente la scienza
sua che non sia fallace…
e io: fede che smuovi le montagne: facias.

Introduzione alla quarta poesia del viaggio.

In questa poesia, sotto riportata, il poeta descrive un altro tratto del percorso che lo porterà sulla cima della montagna, nel Paradiso terrestre. Il poeta arriva in una pianura arida e arsa in ogni erba. Poi il poeta attraversa la bassura ma gli manca l’aria; così è preso da uno sgomento. Ma, per fortuna sua, una nuova forza inattesa lo prende e gli dà un nuovo vigore. Riconfortato dalla nuova forza, il poeta ricomincia a salire e a guardare la luce che promana dall’alto e lui resta abbagliato tanto da renderlo cieco. Anche in questo caso il finale della poesia si avvicina molto, nello spirito e nell’intento poetico a delle terzine della XXXIII cantica del Paradiso di Dante.

Testo della quarta poesia del viaggio (pagg. 34 -35).

Varcato il passo,
superato il salto,
scosceso il precipizio
gli si spiana
dinanzi
a perdita d’occhio una bassura
arida, arsa in ogni erba
e ramo – c’è aria
e luce, non altro
in quel celeste campidano –
che lo chiama e le confonde.
È là che deve andare,
è quello il luogo che deve attraversare
ma l’impatto non dura, non gli basta
l’aire della lunga galoppata,
lo prendono lo sgomento e l’ansia
poi una forza inattesa
in lui si spande, il suo nuovo vigore
lo sorprende, gli viene
incontro, si apre
alla sua fluvialità
la landa sterminata, il tempo.
Oh no, non viene meno
la regola del mondo,
non manca a nessuno dei mortali
il suo debito incremento,
non fa difetto il connaturale input.
O mente che non ignora niente
occhio che vede tutto questo,
e noi
che quell’occhio lo guardiamo
abbacinati, ciecamente.

Introduzione alla quinta poesia del viaggio.

In questa poesia, sotto riportata, il poeta, per la prima volta, invoca la Musa della poesia. Il poeta sa che la poesia nel XXI secolo potrebbe scomparire perché l’umanità va verso una società e un’epoca dominate dalla tecnologia, dalla globalizzazione, dall’informatica e dalla robotica che renderanno l’umanità priva di sentimenti e di amore, dove non c’è posto per la poesia. Allora il poeta implora la Musa di non allontanarsi dal pensiero umano né dai suoi desideri per non lasciare l’umanità al buio e senza conforto. Il poeta implora la Musa della poesia a non diventare una Figura aliena. Il poeta vede la Musa in ansia e fuggitiva dal nuovo secolo e allora il poeta la prega di rimanere vicina all’uomo per consolarlo e lenire il suo dolore.
Alla fine della poesia, il poeta spera che la Musa non si eclissi nel nulla della memoria perché lui sa che la poesia è stata, per gli uomini sempre buona e benigna, e sa che essa, da sempre, è stata presente, nella vita degli uomini, in modo “certo e incancellabile”.

Testo della quinta poesia del viaggio (pag. 64).

Non perderti, non allontanarti dal pensiero,
non uscire dal desiderio
tanto da non potervi ritornare
e non provarne
mutuamente tu e io alcuna pena.
Fa’ che questo non si avveri.
Non lasciarmi immaginare
un tempo
in cui sia stata aliena,
musa in ansia, fuggitiva
trattenuta appena.
Resta
nella adiacenza dell’umano
se non proprio del suo male
almeno del suo dolore,
ti prego,
forse non dovrei, ti porta
il tuo respiro
dov’è necessario,
lo voglia o non lo voglia, per te andare.
Va’, però non ti eclissare
nel nulla immemoriale,
sia nell’essere certo e incancellabile
che nell’essere tu eri, tu nell’essere sei stata.

Introduzione alla sesta poesia del viaggio

Dopo l’invocazione alla Musa della poesia, il poeta, sempre nella sua visione onirica, ma quasi realistica del viaggio, nella poesia, sotto riportata, riprende a salire la montagna per raggiungere la vetta di essa, dove si trova il Paradiso terrestre. La “scoscesa serpentina” della montagna fa venire in mente, ovviamente, la struggente montagna del Purgatorio di Dante, sulla cima della quale si trova il Paradiso terrestre. Poco prima di arriva sulla cima della montagna, il poeta già intravede la vetta e prova un sentimento di gioia e di beatitudine, per lo spazio aperto che si sarebbe aperto da lassù per contemplare la luce divina. Ma ora il poeta si domanda: se lì avesse trovato anche “una quiete vera”. Lì la sua impresa avrebbe avuto una splendida ricompensa e un luminoso adempimento. Ma il poeta si domanda, ancora una volta, se una nuova scalata sarebbe ricominciata. Il poeta si sentiva, per questo motivo, turbato e inquieto da tale prospettiva visionaria e turbolenta, ma desideroso di arrivare sopra la vetta e qui contemplare la bellezza del Paradiso terrestre e da lì guardare la luce sfolgorante divina.

Testo della sesta poesia del viaggio (pag. 65).

Il termine, la vetta
di quella scoscesa serpentina
ecco, si approssimava,
ormai era vicina,
ne davano un chiaro avvertimento
i magri rimasugli
di una tappa pellegrina
su alla celestiale cima.
Poco sopra
alla vista
che spazio si sarebbe aperto
dal culmine raggiunto…
immaginarlo
già era beatitudine
concessa
più che al suo desiderio al suo tormento.
Sì, l’immensità, la luce
ma quiete vera ci sarebbe stata?
Lì avrebbe la sua impresa
avuto il luminoso assolvimento
da sé stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata…
Questo temeva, questo desiderava.

Introduzione alla settima poesia del viaggio.

Nella settima poesia, sotto riportata, il poeta è, ormai, giunto sulla cima del Paradiso terrestre e allora il poeta vede i suoi pensieri, riflessi come in uno specchio. Li vede liberati dalla vita angusta e umana di tutti i giorni. Invece da lassù contempla la luce divina, luminosa e abbagliante di Dio. Il poeta è molto soddisfatto e felice perché così può conoscere “il punto d’origine, di fine, di ricominciamento” di ogni cosa. In questo modo e per questo motivo, il poeta, con i suoi pensieri liberati dai vincoli umani e terrestri, può volare con la fantasia, senza controllo di razionalità e realtà. E ciò che il poeta farà, per l’appunto, nell’ultima poesia di quest’opera poetica postmoderna e profetica.

Testo della settima poesia del viaggio (pag. 83).

(Pensieri liberati)
Migrano
ad altri nomi
ad altri nidi umani – la moria
d’immagini e richiami
dal mondo li sgomenta,
si sciolgono però
dal freno e dal terrore
di quelle dure angustie, nubi
oltre non si parano
sulla loro strada
verso il punto
d’origine, di fine, di ricominciamento.

Introduzione all’ottava poesia del viaggio.

Nell’ottava poesia, sotto riportata, il poeta riprende, ancora una volta, il discorso sulla poesia profetica, ma necessaria all’uomo per la sua salvezza come aveva scritto nella pagina 53 dell’opera sopra citata: “Ma torniamo al discorso di prima. Io penso alla forma profetica della poesia, ma per esprimerla bisogna avere almeno fede in qualcosa di possibile.” In questa poesia, Mario Luzi si augura che non ci sia più un tempo privo di poesia, un tempo nel quale la poesia sia scomparsa perfino nel ricordo, un tempo nel quale la poesia sia divenuta aliena da sé stessa. Infine il poeta si rivolge alla stessa Musa della poesia e la implora di rimanere ancora fra gli uomini con la sua essenza piena e di distruggere “la nefasta profezia” che Mario Luzi aveva pronunciato a pag. 62 dell’opera “Le nuove paure” del 2003.

Testo della ottava poesia del viaggio (pag. 84).

Sopprimilo, ti prego,
non lasciarmelo
neppure per gioco immaginare
un tempo altro da questo,
a questo irrimediabilmente successivo,
di estasi,
di ansia e pena
privo, un tempo
perché no, di svagato
piacere redivivo
da cui tu sia sparita
semidimenticata, dall’usura quotidiana
limata, scolorita
per fino nel ricordo
dal ricordo infine cancellata.
O infima sventura
un tempo in cui tu ancora sia
però fatta aliena.
Distruggila con la tua essenza piena,
ti prego, la nefasta profezia.

Introduzione alla nona poesia del viaggio.

In questa poesia, sotto riportata, il poeta arriva, finalmente, nel Paradiso terrestre. E da lì descrive il suo stato d’animo, pieno di beatitudine e di estasi, che prova nel contemplare il nuovo luogo luminoso e celeste. Questo abisso di entità è, proprio l’opposto della Terra dominata dal colore nero, pieno di vento e senza riparo. Invece ora nel nuovo luogo paradisiaco, il poeta si trova in un meraviglioso posto, dove si sente spaesato, per la novità e la bellezza del luogo, ma incantato per la santità ed entità della luce divina.

Testo della nona poesia del viaggio (pag. 104).

Qui, nell’essere,
in questo
suo cilestro
subisso di entità,
non nel suo nero contrario
che talvolta era vento
senza scampo
e possibile riparo,
qui è il nostro mirifico sequestro –
dico al suo spaesamento
e incanto.

Introduzione alla decima poesia del viaggio.

In questa poesia, sotto riportata, Mario Luzi descrive e illustra, alla fine del suo viaggio, lo stato di beatitudine e lo stato di contemplazione che lui può osservare dal Paradiso terrestre. Il poeta è estasiato, meravigliato e sublimato sia per lo stato di assoluta purezza in cui si trova e sia per la luce immensa e splendente che promana dalla sfera divina. In questo stato sublime e puro, il poeta ha realizzato il suo desiderio umano e cioè quello di arrivare al cospetto della luce divina e della beatitudine eterna. Ancora una volta, il poeta, all’inizio della poesia, si rivolge alla Musa della poesia, a cui dice di poterlo, ormai, lasciare nel nuovo mondo della luce e della purezza divina: “Lasciami, non trattenermi”. Secondo me, B. C., l’ultima poesia è la perfetta sintesi di quattro temi che hanno illuminato e illustrato il viaggio del poeta: la Musa della poesia, la luce del Paradiso terrestre, la beatitudine eterna e la gioia del poeta di poter dare libero sfogo alla sua immaginazione poetica come fa nei versi centrali della poesia, dove la coesione e la coerenza sono molto larghe e fragili. Al centro della poesia, il poeta descrive la gioia di trovarsi sulla cima del Paradiso terrestre, che, agli occhi del poeta, prende la forma di un golfo “di luce e di vita aperta”. Poi il poeta descrive la Musa che non si sente offesa dalla richiesta del poeta, ma la Musa stessa può liberamente poetare senza vincoli umani e terrestri, trascinata da una “una celestiale oltremisura”. A questo punto della poesia, il poeta interpreta con molta libertà e leggerezza la poesia con versi larghi e fantasiosi. Alla fine della poesia, Mario Luzi auspica che i due compresenti, cioè il poeta stesso e la Musa, si lascino liberamente nel nuovo regno del Paradiso terrestre, dove regna la luce, ma si ritrovino subito dopo, liberi nell’infinita libertà del luogo. Entrambi, il poeta e la Musa, hanno realizzato il sogno umano della pura umanità che viene sommersa dalla pura e assoluta luce divina. Ecco i versi finali della poesia: “era quello il sogno umano/ della pura assolutezza”. Questi versi ultimi sulla luce del Paradiso terrestre fanno ricordare alcuni versi della XXXIII cantica della Divina Commedia: “Io credo, per l’acume che io soffersi/ del vivo raggio, ch’i’ sarei smarrito, / se gli occhi miei da lui fossero aversi. / È mi ricorda ch’io fui più ardito/ per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi/ l’aspetto mio col valore infinito.” (Paradiso, canto XXXIII. VV 76 – 81).

Testo della decima poesia del viaggio (Pagg. 135 – 136).

Lasciami, non trattenermi
nella tua memoria
era scritto nel testamento
ed era un golfo
di beatitudine nel nulla
o un paradiso
di luce e vita aperta
senza croce di esistenza
che sorgeva dalle carte
ammuffite nello scrigno.
E lei non ne fu offesa,
le nascevano, né sentì prima rimorso
e poi letizia, impensate latitudini
nelle profondità del desiderio,
ecco, la trascinava
una celestiale oltremisura
fuori di quella mini storia, oh grazia.
Si scioglievano
l’un dall’altro i due
e ogni altro compresente,
si perdevano sì,
però si ritrovavano
perduti nell’infinito della perdita –
era quello il sogno umano
della pura assolutezza.

Analisi del contenuto.

La sintesi delle 10 poesie.

Le 10 poesie tracciano, descrivono e simulano il percorso dantesco che porta Dante Alighieri dal buio della sua esistenza alla luce divina; così lo è, anche, per Mario Luzi che descrive il suo percorso, visionario e ultraterreno, che lo porta, prima, sulle colline del Paradiso terrestre e poi a contatto diretto con la luce divina che lo abbaglia e lo acceca per il troppo bagliore e per il troppo splendore che emana direttamente da Dio dalla sua sfera con le sue trasparenti spere e raggi di luce.

Il messaggio delle 10 poesie.

Le 10 poesie, unite fra di loro, dal percorso, ultraterreno e mirifico, hanno un solo messaggio da comunicare ai lettori, attraverso il viaggio di Mario Luzi. Il messaggio delle 10 poesie, in sostanza, è quello di dire ai lettori che non debbono fermarsi sulla Terra, che non debbano trattenersi alla vita reale e terrestre perché, dice il poeta, la vita vera comincia e ricomincia dopo la morte, quando saranno arrivati al cospetto della luce divina e così potranno contemplare il bene assoluto e dilettare la loro anima dalla bellezza della beatitudine eterna. Oltre a ciò Luzi ci dice che la poesia profetica è la strada che permette di arrivare e godere la luce divina, così come aveva già fatto il grande poeta Dante Alighieri nella sua immortale opera La divina commedia.

La tesi delle poesie.

Le 10 poesie, unite insieme fra di loro, dalla bellezza e dai temi in comune, hanno il solo scopo di annunciare ai lettori, attraverso il viaggio del poeta la tesi della poesia che il poeta ci vuole comunicare. Secondo Mario Luzi, la vita beata comincia nel Paradiso terrestre e da lì godere la visione della luce divina promanata da Dio. Questa luce è incomparabilmente più pura e più splendente di ogni luce terrestre e umana. Inoltra il poeta afferma che la bellezza della poesia incanta gli uomini, ma la vera poesia è quella che si ascolta e si vede nella luce celeste di Dio. Questa tesi era già stata espressa e comunicataci da Dante Alighieri nella sua immortale opera La divina commedia.

Analisi della forma delle 10 poesie.

Genere e metrica.

Il genere delle 10 poesie è, sicuramente, il genere della poesia postmoderna e profetica. Infatti il poeta usa le strofe, frastagliate e mobili, e adopera i versi a incastro e a gradini. La metrica delle poesie è data da versi liberi e sciolti e non condizionati dal rispetto delle regole tradizionali della metrica.

Il linguaggio poetico delle 10 poesie.

Il linguaggio poetico delle 10 poesie è, senza altro, il linguaggio poetico luziano; un linguaggio aperto e raffinato, eccelso, raro e prezioso.

La lexis delle 10 poesie.

La lexis delle 10 poesie è, senza dubbio, una lexis personale e originale. I periodi sintattici sono sempre spezzati e frastagliati fra di loro. Le figure retoriche si susseguono, l’una dall’altra, senza nessuna soluzione di continuità, conferendo ed esibendo alle poesie un alto valore poetico, stilistico ed estetico.

La stimmung delle 10 poesie.

La stimmung delle 10 poesie è, sicuramente, alta e intensa perché esse esprimono tutta la passione e l’intensità dei sentimenti di Mario Luzi, il quale, a sua volta, esprime ed esalta la sua visione, visionaria e mirifica del suo ultimo viaggio, così come aveva fatto Dante Alighieri nella sua divina opera. Ma Mario Luzi lo fa con la poesia postmoderna e rappresenta anche le società postmoderne a lui contemporanee. Come Dante Alighieri ci fa rivivere, ancora, oggi, con la sua opera immortale, i suoi sentimenti e i suoi pensieri sulla società medioevale del suo tempo, così Mario Luzi ci ha fatto rivivere i suoi sentimenti e i suoi pensieri sulla società postmoderna italiana di qualche decennio di anni fa.

Lo stile delle 10 poesie.

Lo stile delle 10 poesie è, senza alcun dubbio, uno stile poetico, personale e originale, costruito tutto sulla lexis luziana, frastagliata e aperta e sulla composizione sintattica, unica e spettacolare, sostenuta dalla fantasia e dall’estro poetico del grande poeta toscano.

La bellezza delle 10 poesie.

La bellezza delle 10 poesie è indiscutibile e nasce, da almeno, 5 fattori sicuri e certi.
Il primo fattore è costituito dalla similitudine e simulazione fra il viaggio di Mario Luzi, e quello di Dante Alighieri.
Il secondo fattore è costituito dalla volontà di Mario Luzi di cimentarsi e mettersi alla prova con la bravura eccelsa di Dante Alighieri.
Il terzo fattore è dato dalla differenza che c’è fra il viaggio, postmoderno e profetico, di Mario Luzi e il viaggio, medievale e teologico, di Dante Alighieri.
Il quarto fattore è dato dalla differenza di rappresentare le società postmoderne di Mario Luzi e le società medievali di Dante Alighieri.
Il quinto e ultimo fattore è dato dalla magnifica capacità dei due poeti di rappresentare sia l’atmosfera e l’aura del loro tempo, postmoderno di Mario Luzi e medievale di Dante Alighieri.

Finale.
Il mio giudizio personale.

Anche se sono passati quasi 7 secoli dalla pubblicazione della Divina commedia di Dante Alighieri, Mario Luzi si è voluto cimentare con il suo viaggio, onirico e visionario, con il poeta toscano medievale. Non dobbiamo dimenticare, poi, che tutta la creazione e produzione di Mario Luzi è stata improntata e perfezionata sul viaggio terreno e celeste, a cominciare dalla sua prima opera poetica “La Barca” per poi passare all’opera poetica “Il viaggio terrestre e celeste di Simone Martini” per finire, infine, alla passione di Gesù Cristo. Insomma, secondo me, B. C., tutta l’opera poetica di Mario Luzi è stata fin dall’inizio alla fine di quest’opera postmoderna: Lasciami, non trattenermi, è stata tutta una Divina Commedia: iniziata con l’oscurità e la chiusura dell’ermetismo e conclusasi con la luminosità della luce divina e con lo splendore di questa ultima opera postmoderna. Infatti credo che tutta l’opera poetica di Mario Luzi è stata lunga, complessa e prolifica così come lo è stata anche la sua affascinante e complessa vita: longeva, bella e proficua. Infine penso che la tesi delle due opere, metafisiche e teologiche, sia la stessa: secondo i due poeti, la vera vita, per gli uomini, non è quella che si vive sulla Terra, ma quella celeste che si vive nel Paradiso terrestre a contemplare e a godere la luce divina che Dio promana dal suo subisso essere e dalla sua abbacinante e trasparente sfera. Per finire io, Biagio Carrubba, molto modestamente, non credo, per niente, al viaggio, onirico, visionario, teologico e salvifico delle due grandi opere perché ritengo che non ci sia, dopo la morte, nessun regno ultraterreno, ma reputo e giudico queste due grandi opere poetiche due capolavori assoluti, meravigliosi e sempre attuali, perché ricchi di un fascino poetico immortale, raro e prezioso.

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Modica 30 marzo 2019                                                                                      Prof. Biagio Carrubba

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