Poesie e frammenti 1948 – 1953 di Bertolt Brecht.

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Poesie e frammenti 1948 – 1953
di Bertolt Brecht.

Brecht, l’1 novembre 1947, rientrò, in aereo, all’aeroporto di Parigi. Il 5 novembre arrivò a Zurigo, dove incontrò il suo amico Caspar Neher, il suo amico e scenografo di vecchia data. Dopo quasi un anno, trascorso in Svizzera, Brecht il 22 ottobre 1948, passando per Praga, arrivò finalmente a Berlino Est. Brecht, dal 1948 al 1956, continuò a scrivere poesie, alternando ora poesie che si riferivano alle sue opere teatrali, come la poesia Antigone; ora scrivendo poesie di carattere politico; ora scrivendo poesie occasionali; ora redigendo poesie di carattere amoroso in relazione alle sue collaboratrici e amanti; ora redigendo poesie di carattere sociale. Ma ciò che più risulta evidente da questa produzione finale di Brecht sono le poesie di carattere personale e privato, dove Brecht mette in mostra e manifesta i suoi sentimenti e le sue idee sulla politica e sul nuovo stato della R.D.T. Inoltre, Brecht si sofferma molto a descrivere il suo stato d’animo nei confronti della natura, come nelle elegie di Buckow, o ad esprimere i suoi pensieri sulla vita e sulla morte, come scrive nelle ultime poesie come nella poesia Quando bianca stanza d’ospedale della Charitè. Nel febbraio del 1948, Brecht rifece e riscrisse una nuova versione dell’Antigone di F. Horderlin che fu rappresentata a Zurigo nel il 15 febbraio 1948. L’attrice principale che impersonava Antigone era sua moglie Helene Weigel. Brecht scrisse la sua prima poesia, al suo rientro in Europa, Antigone sia per presentare la tragedia teatrale sia per presentare la moglie nella parte di Antigone. Ecco il testo della poesia Antigone (volume II, pagina 1197).

ANTIGONE

Esci dalla penombra e cammina
davanti a noi un poco,
gentile, con il passo leggero
della donna risoluta a tutto, terribile
per i terribili.

Distolta a forza, io so
come temevi la morte, ma
ancora più ti faceva orrore
la vita indegna.

E non fosti indulgente
in nulla verso i potenti, e non scendesti
a patti con gli intriganti, e non
dimenticasti mai l’ingiuria e sui loro
misfatti non crebbe mai l’erba.
Salut!

Un’altra poesia, del 1948, dedicata ai suoi amici e a Gaspare Neher è la seguente (volume II, pagina 1201).

GLI AMICI

Me, il drammaturgo
la guerra ha separato dal mio amico, lo scenografo.
Le città nelle quali abbiamo lavorato sono scomparse.
Quando passo per le città che esistono ancora
dico a volte: quel panno azzurro ad asciugare
il mio amico lo avrebbe sistemato meglio.

Un’altra bella poesia del 1949 è la seguente. (Volume II, pagina 1229)

CONSTATAZIONE

Quando ritornai
i miei capelli ancora non erano grigi
ed ero contento.

Le fatiche delle montagne sono alle nostre spalle
davanti a noi le fatiche delle pianure.

Un’altra poesia del 1949 è la seguente. (Volume II, pagina 1231).

UNA NUOVA CASA

Di ritorno da quindici anni d’esilio
sono venuto ad abitare in una bella casa.
Ho appeso qui le mie maschere no è la mia pergamena
con l’uomo scettico. Viaggiando attraverso le macerie
ogni giorno ripenso ai privilegi
che mi hanno procurato questa casa. Spero
che non mi renda indulgente nei riguardi di quei buchi
in cui vivono tante migliaia di persone. Sull’armadio
coi manoscritti c’è ancora sempre
la mia valigia.

Ecco due brevi poesiole di argomento affettivo e amoroso verso la sua amica amante e collaboratrice Ruth Berlau. La prima poesia è la seguente. (Volume II, pagina 1255).

A RUTH

Se per tempo entro nel vuoto
dal vuoto ritorno pieno.
Quando frequento il nulla
so di nuovo quello che devo.

Se io amo, se io sento
è certo che mi logoro.
Ma poi immerso nel freddo
ecco avvampo di nuovo.

La seconda poesia, continuazione della prima, è la seguente. (Volume II, pagina 1257).

DEBOLEZZE

Tu non ne avevi.
Io ne avevo una:
amavo.

Un’altra simpatica poesia del 1952 che si fu scritta, fra le prime, a Buckow nella sua tenuta di campagna, vicino al lago, che Brecht comprò proprio in quel anno (volume II, pagina 1321).

*

La voce della tempesta d’ottobre
intorno alla casetta sul canneto
mi sembra proprio la mia voce.
Comodamente
disteso sul mio letto, sento
sopra il lago e la città
la mia voce.

Un’altra poesia, sempre scritta a Buckow, del 1953 è la seguente. (Volume II, pagina 1333).

PRIMAVERA

Su un ramo secco e arido
è fiorito un fiore
stanotte nel timore
che vi sfuggisse maggio.

Non ci contavo ormai,
lo davo per spacciato
al mio sguardo inutile.
Quasi l’avrei tagliato.

Un’altra poesia del 1953 è la seguente. (Volume II, pagina 1339).

IL CANE

Il mio giardiniere mi dice: il cane
è forte, bravo e comprato
per sorvegliare il giardino. Ma lei
ne ha fatto un amico degli uomini. Per che cosa
gli diamo da mangiare?

L’ultima poesia del 1953 che è anche in relazione con le elegie di Buckow è la seguente. (Volume II, pagina 1341).

LA CAZZUOLA

In sogno stavo su un’impalcatura. Ero
un muratore. In mano
tenevo una cazzuola. Ma quando mi chinai
verso la calcina, partì una fucilata
che staccò via dalla mia cazzuola
metà del ferro.

 

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Modica 30/01/2020 v                                                                          Prof. Biagio Carrubba

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