Poesie e frammenti 1934 – 1938 – 1939. di Bertolt Brecht.

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Poesie e frammenti 1934 – 1938 – 1939.
di Bertolt Brecht.

Le poesie furono scritte quasi tutte interamente nella sua casa danese di Skovsbostrand di Svendborg. Altre poesie furono scritte durante i numerosi viaggi che Brecht fece, mentre attraversava l’Europa, in lungo e in largo, tra il 1935 e il 1939. Esse accompagnano e integrano, contemporaneamente, il libro poetico che Brecht pubblicò nel 1939 con il titolo “Poesie di Svendborg”. Questa raccolta di poesie e frammenti, lasciata inedita e incompiuta, è veramente una silloge eterogenea di tanti argomenti che stavano a cuore al poeta negli anni dell’esilio danese. Bertolt Brecht intreccia poesie strettamente personali e di vario argomento a poesie politiche che si riferiscono alla Germania e a Hitler di quegli anni. Egli ironizza e poeta in modo sarcastico sulle scelte e sulla politica di Hitler nella Germania nazificata e sottomessa al partito nazionalsocialista di Hitler e al suo regime totalitario. Queste poesie costituiscono, secondo me, un diario poetico, personale e privato, che Brecht tenne giornalmente nel suo esilio danese. Le poesie scritte, tra il 1934 e il 1938 – 1939, sono di vario contenuto: riguardano la precaria situazione economica della Germania, dove la vita è diventata molto cara per i più poveri come per i pensionati. Brecht ci dà un’idea di questa crisi economica nella prima poesia “L’acquirente” dove una vecchia donna non ha più i soldi per comperare quelle poche cose per il vivere quotidiano. (Volume II, pagina 699).

L’ACQUIRENTE

Ecco l’incipit della poesia.

Sono una vecchia donna.
Quando la Germania si fu risvegliata
i sussidi vennero ridotti. I miei figli
ogni tanto mi davano qualche spicciolo. Ma io
non potevo comprare quasi più niente. I primi tempi
andavo più di rado nei negozi, dove prima compravo
ogni giorno.
[…]

Ecco il finale della poesia.

“Dicevo a me stessa:
se tutto noi, che non possediamo niente,
non ci facciamo più vivi dove sono in mostra le cose
da mangiare,
si potrebbe pensare che non abbiamo bisogno niente.
Ma se ci veniamo e non possiamo comprare niente
si sa come stanno le cose”.

Un’altra bella poesia è la poesia, sarcastica e ironica, nella quale Brecht paragona e confronta la megalomania e le velleità pittoriche di Hitler con la follia e le aspirazioni artistiche di Nerone. (Volume II, pagina 727).

*

Nerone, l’imperatore romano che voleva
passare anche per grande artista, alla vista di Roma che bruciava
per suo ordine pare abbia suonato
l’arpa su una torre. In un’occasione analoga,
alla vista di un nobile edificio, il Fuhrer
tirò fuori la matita e disegnò
la pianta articolata
di una nuova sfarzosa costruzione.
Così i due si distinsero nel genere di arte.

Un’altra bella poesia è dedicata a Lenin ritratto in un particolare dettaglio. (Volume II, pagina 751).

IL BUCO NELLO STIVALE DI IL’IC.

Voi che scolpite la statua di Il’ic
alta venti metri, sul palazzo dei sindacati,
non dimenticatevi poi del buco nel suo stivale
attestato da molti, segno di miseria.
Senza dire che lui addita
Verso Occidente, dove molti vivono che da quel buco
nello stivale
riconosceranno in Il’ic
uno di loro.

Un’altra poesia molto bella si riferisce a Ruth Berlau che si trovava in Spagna. (Volume II. Pagina 837).

DA LEGGERE IL MATTINO E LA SERA.

Quello che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.

Per questo
ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere.

Un’altra bella poesia è “Nei tempi oscuri”. Ecco il testo della poesia. (Volume II, pagina 849).

NEI TEMPI OSCURI.

Non si dirà: quando il noce si scuoteva nel vento
ma: quando l’Imbianchino calpestava i lavoratori.
Non si dirà: quando il bambino faceva saltare il ciottolo
piatto sulla rapida del fiume
ma: quando si preparavano le grandi guerre.
Non si dirà: quando la donna entrò nella stanza
ma: quando le grandi potenze si allearono contro i lavoratori.
Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri
ma: perché i loro poeti hanno taciuto?

Ma la poesia più interessante e penetrante è, sicuramente, la poesia “LODE DEL DUBBIO”, scritta tra il 1938 e il 1939. (Volume II, pagine 945 – 949). Brecht, in questa poesia, loda il dubbio come un atteggiamento sempre vigile e attento contro chi fa affermazioni certe e definitive. Nella storia ci sono stati fatti ed azioni che sembravano invincibili come lo fu l’Armada spagnola, eppure fu distrutta. Il dubbio spazza via ogni certezza e dà forza al medico che cura l’ammalato senza speranza. Ma il dubbio più bello è quello che dà forza agli oppressi che combattono contro i loro oppressori. Il dubbio dà forza alla scienza che, mettendo in dubbio, le conoscenze già acquisite, scopre altri principi che, a loro volta, saranno superati e cancelleranno le vecchie tesi. Ma un giorno, ci sarà un altro uomo che, dal libro del sapere, cancellerà, a sua volta, la precedente tesi. Gli oppressori vogliono convincere il povero che questo mondo è il migliore mondo possibile, per nascondere loro le nuove scoperte. Solo gli inflessibili sono coloro che non riflettono mai e non dubitano mai. Essi non credono ai fatti, credono solo a sé stessi. Se occorre tanto peggio per i fatti. Poi ci sono gli eterni indecisi per i quali il dubbio diventa una disperazione. Il dubbio deve stimolare l’azione e non deve lasciarsi impedire dai troppi motivi che scacciano il dubbioso.

LODE DEL DUBBIO

Ecco l’incipit della poesia.

Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
la vostra parola con troppa fiducia.

Ecco il bel finale della poesia.

Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta,
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi dubbi ha bisogno.

Tu, che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi è guidato
permetti il dubbio!”.

Questa poesia è, secondo me, B. C., la più alta espressione della poesia di Brecht. Invita al dubbio verso tutti e verso la storia, ma invita anche a non credere a grandi potenti, e si riferiva sicuramente a Stalin e a Hitler, ma consiglia anche di rispettare serenamente e con rispetto chi pesa la nostra parola come moneta infida! Brecht vorrebbe che fossimo più accorti e vorrebbe che non dessimo la nostra parola con troppa fiducia. Queste poesie esprimono, secondo me, soprattutto i pensieri di Brecht nel suo esilio di Svendborg e descrivono i suoi pensieri sulla situazione della Germania e dell’Europa. Usano un linguaggio diretto, chiaro, ma sempre alto e sostenuto. L’ultima poesia di questa raccolta, che chiude il periodo dell’esilio danese, è la poesia dedicata e rivolta al figlio. (Volume II. Pagina 951).

TEMPI GRAMI PER I GIOVANI.

Invece di giocare nel boschetto con i suoi coetanei
il mio giovane figlio resta seduto chino sui libri
e ama soprattutto leggere
degli imbrogli degli affaristi,
dei massacri dei generali.
Quando legge che le nostre leggi
vietano a ricchi e a poveri di dormire sotto i ponti
sento che ride allegramente.
Quando scopre che l’autore di un libro è un venduto
la sua giovane fronte s’illumina. Io lo approvo
ma tuttavia vorrei potergli offrire
una giovinezza che gli permetta
di giocare nel boschetto con i suoi coetanei.

Ecco il giudizio di F. Ewen, su queste poesie, nel suo libro su Bertolt Brecht. La vita, l’opera i tempi. (Feltrinelli editore), nella pagina 283: “Brecht mise il lato oggettivo di sé stesso nei drammi e nelle poesie di propaganda, e il lato soggettivo di sé stesso in versi di carattere personale che in parte non pubblicò. Sotto entrambi i punti di vista osserva un notevole cambiamento. La sua visione si è ampliata e approfondita […]. Il suo atteggiamento in questo e nei successivi periodi si può definire umanesimo marxista. Esso si riflette in un più profondo senso di responsabilità verso coloro che avrebbero letto o ascoltato i suoi drammi. Un insegnante ha bisogno di allievi e un poeta di lettori. Ma colui che incoraggia la saggezza di un maestro non è meno degno del maestro stesso.” Infine Frederic Ewen conclude con questa riflessione, a pagina 285, sull’atteggiamento e sull’apprendimento di Brecht di volontario esiliato, durante il suo esilio in Danimarca. “Imparare, sperimentare, dubitare, agire: si può dire che queste diventarono le personali grida di Battaglia di Brecht. Dubitare significava sottoporre la verità alla prova dei fatti, in modo da poter agire. Simbolicamente, si può dire che egli abbia tenuto di fronte a sé due immagini come rappresentazioni delle sue idee: – il dubbioso, – il saggio del suo rotolo cinese, in atteggiamento di eterno scetticismo, e la maschera giapponese del male, – dalle vene rigonfie sulle tempie, a indicare quanto sforzo costi l’essere malvagio -. Ma il dubbio non significa autocommiserazione.”

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Modica 25/01/2020                                                                                      Prof. Biagio Carrubba

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