PAGINE SCELTE DAI “QUADERNI DEL CARCERE” DI ANTONIO GRAMSCI.
In occasione e in prossimità della ricorrenza dell’8 novembre 1926, quando A. Gramsci fu arrestato a Roma, nonostante l’immunità parlamentare, arresto che rappresenta, ancora oggi, uno dei tanti fatti, fattacci e misfatti ignominiosi perpetrato dal regime fascista e dopo, il 28 maggio del 1928, quando il detenuto A. Gramsci subì un altro processo, alla fine del quale, il pubblico ministero Michele Isgrò affermò: “Per 20 anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”, io, B. Carrubba, a distanza di 92 anni da quel terribile e ingiusto processo, propongo e presento, con molto piacere, alcune pagine scelte del grande politico A. Gramsci, il quale a dispetto della sentenza del pubblico ministero, ha scritto la sua imperitura, grandissima, bellissima e immortale opera politica, filosofica, poetica e letteraria.
QUADERNI DEL CARCERE.
Il tema che ho scelto riguarda il “Progresso scientifico e finalismo intrinseco”, sviluppata da A. Gramsci in diverse pagine dei “QUADERNI DEL CARCERE”.
III
Progresso scientifico e finalismo intrinseco.
Io, Biagio Carrubba, presento alcune pagine di Antonio Gramsci, molto importanti, scelte da “Quaderni del carcere” che condivido e apprezzo e che ritengo ancora valide ed attuali per l’attuale società post-moderna e globalizzata.
I lacerti da me scelti hanno come tema principale il progresso scientifico e il finalismo intrinseco come viene concepito, spiegato e dispiegato, genialmente, da Gramsci in alcune pagine dei suoi Quaderni da cui traggo alcuni lacerti che trattano questi argomenti.
Introduzione all’argomento.
Gramsci, dopo aver depurato il materialismo storico di Marx dalle incrostazioni dell’idealismo di Hegel, dal neohegelismo di Benedetto Croce e dell’attualismo di Giovanni Gentile, afferma che l’unica cultura capace di spiegare il passato, il presente e il futuro è, e rimane, il materialismo storico di Karl Marx e di Federico Engels. Gramsci afferma che Engels ha contribuito enormemente ad integrare il materialismo di Marx, dopo la sua morte, dandogli una interpretazione naturalistica e biologica ed esponendo, per la prima volta, il concetto di dialettica intesa in senso biologico e sociale. Gramsci depura il materialismo storico di Marx fondamentalmente in due quaderni, nel numero 10 e nel numero 11, mentre parla specificatamente di progresso scientifico e di finalismo intrinseco soprattutto nel quaderno numero 11 da cui sono tratti i lacerti scelti per questo argomento. Gramsci afferma che la scienza sperimentale è l’attività umana che è comune sia alla struttura (mondo economico e del lavoro) che alle soprastrutture (mondo della cultura nei suoi diversi settori: giustizia, filosofia, teologia, scienza, arte ecc.).
Gramsci afferma che la rivoluzione scientifica del XVII e XVIII secolo ha tolto l’egemonia alla teologia e alla religione del medioevo e ha dato il primato alla scienza sperimentale che è diventata, da allora, il motore dello sviluppo sociale, storico e culturale dell’Europa prima e del mondo intero dopo. Ecco il lacerto completo dove Gramsci analizza e spiega l’importanza fondamentale della scienza:
1) L’espressione di Engels che la “materialità del mondo è dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali” dovrebbe essere analizzata e precisata. S’intende per scienza l’attività teorica o l’attività pratica-sperimentale degli scienziati? o la sintesi delle due attività? Si potrebbe dire che in ciò si avrebbe il processo unitario tipico del reale, nell’attività sperimentale dello scienziato che è il primo modello di mediazione dialettica tra l’uomo e la natura, la cellula storica elementare per cui l’uomo ponendosi in rapporto con la natura attraverso la tecnologia, la conosce e la domina. È indubbio che l’affermarsi del metodo sperimentale separa due mondi della storia, due epoche e inizia il processo di dissoluzione della teologia e della metafisica, e di sviluppo del pensiero moderno, il cui coronamento è nella filosofia della prassi. L’esperienza scientifica è la prima cellula del nuovo metodo di produzione, della nuova forma di unione attiva tra l’uomo e la natura. Lo scienziato-sperimentatore è anche un operaio, non un puro pensatore e il suo pensare è continuamente controllato dalla pratica e viceversa, finché si forma l’unità perfetta di storia e pratica. (da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 34 – Pagg. 1448 – 1449). Ma Gramsci tiene a precisare che la scienza rimane comunque solo una parte circoscritta delle soprastrutture, insieme a tutte le altre che formano la soprastruttura in generale; tutto l’insieme delle culture che formano, insieme alla scienza, le soprastrutture, sono chiamate da Hegel Spirito assoluto o speculativo che nel suo divenire, attraverso l’umanità, fa per sé stesso e in sé stesso per arrivare alla autocoscienza finale. Croce riprende questo concetto e lo fa suo chiamandolo neohegelismo e introduce in questa teoria di Hegel soltanto la filosofia dei distinti per spiegare il processo dello spirito. Gramsci, dando per buono sia l’idealismo di Hegel sia il neohegelismo di Croce, specifica però che lo Spirito non si deve intendere come assoluto ma è soltanto il processo di unificazione dello sviluppo della cultura che produce l’umanità nel suo divenire storico e culturale. Gramsci in questo lacerto riduce quindi la scienza a una parte della superstruttura che non diventa mai comunque da sola il motore che spiega tutto lo sviluppo umano. Gramsci quindi limita sempre la scienza ad una parte della superstruttura perché poi la scienza fa parte del materialismo storico che diventa la filosofia che ingloba sia la struttura che le soprastrutture. Ecco il lacerto in cui Gramsci spiega come la scienza sia una parte delle soprastrutture e quindi, se diventa come è, un mezzo al servizio della classe dominante diventa una ideologia di questa, messa a servizio delle classi dominanti contro le classi subalterne:
2) Porre la scienza a base della vita, fare della scienza la concezione del mondo per eccellenza, quella che snebbia gli occhi da ogni illusione ideologica, che pone l’uomo dinanzi alla realtà così come essa è, significa ricadere nel concetto che la filosofia della praxis abbia bisogno di sostegni filosofici all’infuori di sé stessa. Ma in realtà anche la scienza è una superstruttura, una ideologia. Si può dire, tuttavia, che nello studio delle superstrutture la scienza occupi un posto privilegiato, per il fatto che la sua creazione sulla struttura ha un carattere particolare, di maggiore estensione e continuità di sviluppo, specialmente dopo il Settecento, da quando alla scienza fu fatto un posto a parte nell’apprezzamento generale? Che la scienza sia una superstruttura è dimostrato anche dal fatto che essa ha avuto dei periodi interi di eclisse, oscurata come essa fu da un’altra ideologia dominante, la religione, che affermava di aver assorbito la scienza stessa: così la scienza e la tecnica degli arabi apparivano ai cristiani pura stregoneria. Inoltre: la scienza, nonostante tutti gli sforzi degli scienziati, non si presenta mai come una nuda nozione obbiettiva: essa appare sempre rivestita da una ideologia e concretamente è scienza l’unione del fatto obbiettivo con un’ipotesi o un sistema d’ipotesi che superano il mero fatto obbiettivo. È vero però che in questo campo è relativamente facile distinguere la nozione obbiettiva dal sistema d’ipotesi, con un processo di astrazione che è insito nella stessa metodologia scientifica, in modo che si può appropriarsi dell’una e respingere l’altro. Ecco perché un gruppo sociale può appropriarsi la scienza di un altro gruppo senza accettarne l’ideologia (l’ideologia dell’evoluzione volgare, per esempio). Così che le osservazioni in proposito del Missiroli (e del Sorel) cadono.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 38 – Pagg. 1457 – 1458).
Gramsci porta come dimostrazione che la scienza sia soltanto una parte di tutte le soprastrutture la teoria atomistica la quale è semplicemente una delle tante teorie scientifiche elaborate dagli scienziati ma non è l’unica teoria che da sola fa produrre il progresso scientifico perché in effetti questo è prodotto dal rapporto reciproco e funzionale tra struttura e soprastruttura; questo rapporto è, invece, quello che Marx ha scoperto e definito come materialismo storico e che in effetti spiega il processo storico, materiale, culturale e spirituale di tutta l’umanità dalla comparsa dell’uomo sulla terra fino alla sua eventuale scomparsa.
3) La teoria atomistica moderna è una teoria “definitiva” stabilita una volta per sempre? Chi, quale scienziato oserebbe affermarlo? O non è invece anch’essa semplicemente un’ipotesi scientifica che potrà essere superata, cioè assorbita in una teoria più vasta e comprensiva? Perché dunque il riferimento a questa teoria dovrebbe essere stato decisivo e aver posto fine alla quistione dell’individualismo e delle robinsonate? (A parte il fatto che le robinsonate possono essere talvolta schemi pratici costruiti per indicare una tendenza o per una dimostrazione per assurdo: anche l’autore dell’economia critica ha fatto ricorso a delle robinsonate). Ma ci sono altre quistioni: se la teoria atomistica fosse quello che il Saggio pretende, dato che la storia della società è una serie di rivolgimenti e le forme di società sono state numerose, mentre la teoria atomistica sarebbe il riflesso di una realtà naturale sempre simile, come mai anche la società non ha obbedito sempre a questa legge? O si pretenderebbe che il passaggio dal regime corporativo medioevale all’individualismo economico sia stato antiscientifico, uno sbaglio della storia e della natura? Secondo la teoria della prassi è evidente che non la teoria atomistica spiega la storia umana, ma viceversa, che cioè la teoria atomistica come tutte le ipotesi e le opinioni scientifiche sono superstrutture.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 30 – Pag. 1445)
Gramsci definisce il suo marxismo come “Concezione soggettivistica” (Quaderno 11 pag. 1456) della realtà e per fare questo deve screditare la “concezione oggettivistica e realtà del mondo esterno” che è data dalla visione del volgare senso comune cioè quella che gli uomini credono giusta e naturale. Ma Gramsci distrugge la concezione oggettivistica affermando che questa è data dalla religione cattolica, attraverso la Bibbia, e quindi non ha nessun carattere di obiettività e di scientificità. Dopo aver screditato e criticato la concezione oggettivistica della realtà del mondo esterno, Gramsci afferma che l’unica vera forma di obiettività e di scientificità è data dalla concezione soggettivistica e cioè dal rapporto inscindibile tra uomo e mondo in quanto senza l’uno non può esserci l’altro. Ecco come Gramsci spiega questo rapporto inscindibile tra uomo e mondo partendo da una tesi di Bertrand Russel:
4) Il (Bertrand)Russel dice presso a poco così: “Noi non possiamo pensare, senza l’esistenza dell’uomo sulla terra, all’esistenza di Londra e di Edimburgo, ma possiamo pensare all’esistenza di due punti nello spazio, dove oggi sono Londra ed Edimburgo, uno a Nord e l’altro a Sud. Si può obbiettare che senza pensare all’esistenza dell’uomo non si può pensare di “pensare”, non si può pensare in genere a nessun fatto o rapporto che esiste solo in quanto esiste l’uomo. Cosa significherebbe Nord-Sud, Est-Ovest senza l’uomo? Essi sono rapporti reali e tuttavia non esisterebbero senza l’uomo e senza lo sviluppo della civiltà. È evidente che Est e Ovest sono costruzioni arbitrarie, convenzionali, cioè storiche, poiché fuori della storia reale ogni punto della terra è Est e Ovest nello stesso tempo. Ciò si può vedere più chiaramente dal fatto che questi termini si sono cristallizzati non dal punto di vista di un ipotetico e malinconico uomo in generale ma dal punto di vista delle classi colte europee che attraverso la loro egemonia mondiale li hanno fatti accettare dovunque. Il Giappone è Estremo Oriente non solo per l’Europeo ma forse anche per l’Americano della California e per lo stesso Giapponese, il quale attraverso la cultura politica inglese potrà chiamare Prossimo Oriente l’Egitto. Così attraverso il contenuto storico che si è andato agglutinando al termine geografico, le espressioni Oriente ed Occidente hanno finito con l’indicare determinati rapporti tra complessi di civiltà diverse. Così gli italiani spesso parlando del Marocco lo indicheranno come un paese “orientale”, per riferirsi alla civiltà mussulmana e araba. Eppure questi riferimenti sono reali, corrispondono a fatti reali, permettono di viaggiare per terra e per mare e di giungere proprio dove si era deciso di giungere, di “prevedere” il futuro, di oggettivare la realtà, di comprendere la oggettività del mondo esterno. Razionale e reale si identificano. Pare che senza aver capito questo rapporto non si può capire la filosofia della praxis, la sua posizione in confronto dell’idealismo e del materialismo meccanico, l’importanza e il significato della dottrina delle superstrutture. Non è esatto che nella filosofia della praxis l’“idea” hegeliana sia stata sostituita con il “concetto” di struttura, come afferma il Croce. L’“idea” hegeliana è risolta tanto nella struttura che nelle soprastrutture e tutto il modo di concepire la filosofia è stato “storicizzato”, cioè si è iniziato il nascere di un nuovo modo di filosofare più concreto e storico di quello precedente.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 20 – Pagg. 1419 – 1420)
Gramsci ribadisce, ancora una volta, in un’altra pagina, la sua “concezione soggettivistica della realtà” partendo dalla scienza, della quale Gramsci cerca di stabilire la funzione e l’importanza quando studia ed indaga sulla realtà esterna. Gramsci chiarisce come funziona la scienza nel creare gli strumenti scientifici e nel creare le condizioni oggettive che sono valide per tutti gli scienziati di tutto il mondo. Gramsci dice di accettare i risultati e le spiegazioni degli scienziati ma non quelle fornite dall’uomo comune anche se entrambi percepiscono e parlano dello stesso fenomeno naturale. Ma secondo Gramsci ciò che più distingue le conclusioni dell’uomo comune da quelle degli scienziati è il fatto che l’uomo comune afferma che il fenomeno naturale è inconoscibile, e quindi solo percepibile, mentre gli scienziati affermano che qualsiasi fenomeno è conoscibile, si può ridurre a un fenomeno empirico, “una non conoscenza” che però verrà conosciuta e spiegata “appena la condizione allo sviluppo degli elementi fisici strumentali e allo sviluppo della intelligenza storica dei singoli scienziati” lo permetterà. Gramsci rigetta la posizione del senso comune accettando, invece, le motivazioni scientifiche. Gramsci, da questo rapporto inscindibile tra scienziati e mondo esterno, che chiama “concezione soggettivistica della realtà”, afferma che senza l’uomo non potrebbe esistere nemmeno l’oggettività, infatti: “Senza l’attività dell’uomo, creatrice di tutti i valori, anche scientifici, cosa sarebbe l’oggettività? Un caos, cioè niente, il vuoto”. Gramsci conclude dicendo che l’unica filosofia che unisce pensiero e materia è la filosofia della praxis e per questo rapporto la filosofia della praxis diventa una filosofia totale ed integrale che spiega il progresso passato, presente e futuro. Ecco il finale della pagina in cui Gramsci unisce materialismo storico, filosofia della prassi e nesso indissolubile tra pensiero e materia: “Per la filosofia della praxis l’essere non può essere disgiunto dal pensare, l’uomo dalla natura, l’attività dalla materia, il soggetto dall’oggetto; se si fa questo distacco si cade in una delle tante forme di religione o nell’astrazione senza senso”.
Ecco il lacerto completo in cui Gramsci spiega chiaramente il rapporto scienza-soggetto-natura:
5) Il lavoro scientifico ha due aspetti principali: uno che incessantemente rettifica il modo della conoscenza, rettifica e rafforza gli organi delle sensazioni, elabora principi nuovi e complessi di induzione e deduzione, cioè affina gli strumenti stessi dell’esperienza e del suo controllo; l’altro che applica questo complesso strumentale (di strumenti materiali e mentali) a stabilire ciò che nelle sensazioni è necessario da ciò che è arbitrario, individuale, transitorio. Si stabilisce ciò che è comune a tutti gli uomini, ciò che tutti gli uomini possono controllare nello stesso modo, indipendentemente gli uni dagli altri, purché essi abbiano osservato ugualmente le condizioni tecniche di accertamento. “Oggettivo” significa proprio e solo questo: che si afferma essere oggettivo, realtà oggettiva, quella realtà che è accertata da tutti gli uomini, che è indipendente da ogni punto di vista che sia meramente particolare o di gruppo. Ma in fondo anche questa è una particolare concezione del mondo, è una ideologia. Tuttavia questa concezione, nel suo insieme e per la direzione che segna, può essere accettata dalla filosofia della prassi mentre è da rigettare quella del senso comune, che pure conclude materialmente nello stesso modo. Il senso comune afferma l’oggettività del reale in quanto la realtà, il mondo, è stato creato da dio indipendentemente dall’uomo, prima dell’uomo; essa è pertanto espressione della concezione mitologica del mondo; d’altronde il senso comune, nel descrivere questa oggettività, cade negli errori più grossolani; in gran parte è ancora rimasto alla fase dell’astronomia tolemaica, non sa stabilire i nessi reali da causa ed effetto, ecc., cioè afferma “oggettiva” una certa “soggettività” anacronistica perché non sa neanche concepire che possa esistere una concezione soggettiva del mondo e cosa ciò voglia o possa significare. Ma tutto ciò che la scienza afferma è “oggettivamente” vero? In modo definitivo? Se le verità scientifiche fossero definitive, la scienza avrebbe cessato di esistere come tale, come ricerca, come nuovi esperimenti e l’attività scientifica si ridurrebbe a una divulgazione del già scoperto. Ciò che non è vero, per fortuna della scienza. Ma se le verità scientifiche non sono neanche esse definitive e perentorie, anche la scienza è una categoria storica, è un movimento in continuo sviluppo. Solo che la scienza non pone nessuna forma di “inconoscibile” metafisico, ma riduce ciò che l’uomo non conosce a una empirica “non conoscenza” che non esclude la conoscibilità, ma lo condiziona allo sviluppo degli strumenti fisici e allo sviluppo dell’intelligenza storica dei singoli scienziati. Se è così, ciò che interessa la scienza non è tanto dunque l’oggettività del reale, ma l’uomo che elabora i suoi metodi di ricerca, che rettifica continuamente i suoi strumenti materiali che rafforzano gli organi sensori e gli strumenti logici (incluse le matematiche) di discriminazione e di accertamento, cioè la cultura, cioè la concezione del mondo, cioè il rapporto tra l’uomo e la realtà con la mediazione della tecnologia. Anche nella scienza, cercare la realtà fuori degli uomini, inteso ciò nel senso religioso o metafisico, appare niente altro che un paradosso. Senza l’uomo, cosa significherebbe la realtà dell’universo? Tutta la scienza è legata ai bisogni, alla vita, all’attività dell’uomo. Senza l’attività dell’uomo, creatrice di tutti i valori, anche scientifici, cosa sarebbe l’“oggettività”? Un caos, cioè niente, il vuoto, se pure così si può dire, perché realmente, se si immagina che non esiste l’uomo, non si può immaginare la lingua e il pensiero. Per la filosofia della prassi l’essere non può essere disgiunto dal pensare, l’uomo dalla natura, l’attività dalla materia, il soggetto dall’oggetto; se si fa questo distacco si cade in una delle tante forme di religione o nell’astrazione senza senso.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 37 – Pagg. 1455 – 1456 – 1457)
Gramsci, dopo aver spiegato il ruolo fondamentale ed importante della scienza sperimentale nello sviluppo dell’Europa e del mondo e dopo aver dimostrato la “concezione soggettivistica del mondo”, (Quaderni del carcere pag. 1456) arriva alla grande conclusione e cioè che, se c’è un fine per l’umanità quello è, senz’altro, il “finalismo immanentistico”, cioè soltanto lo sviluppo di tutte le scienze di tutto il mondo tende a creare una grande cultura mondiale che è in grado di dare razionalità alla realtà, di portare luce agli uomini e di fare intravedere, se esiste, il finalismo intrinseco dell’umanità. In tutti i casi la creazione e l’unificazione di tutte le culture del mondo è l’unico finalismo immanentistico che, già di per se, è un aspetto essenziale e gratificante per tutta l’umanità e già da solo basta a darle un senso. “Il progresso reale della civiltà avviene per la collaborazione di tutti i popoli, per -spinte- nazionali, ma tali spinte quasi sempre riguardano determinate attività culturali o gruppi di problemi” (Quaderno 11 par. 48 pag. 1470). Gramsci, preso dalla sua immensa umanità e dal suo amore verso gli uomini, fa una apologia della scienza che è quindi l’attività e l’arma con cui l’umanità dà senso alla propria esistenza. Però Gramsci, in un’altra pagina, ammonisce e mette in guardia che vi sono diverse linee di tendenza di progresso e alcune di queste possono anche subire dei regressi per cui non si sa quale linea di progresso uscirà vincente tra tutte le teorie scientifiche messe in atto.
Ecco il breve lacerto in cui Gramsci spiega l’esistenza di varie linee progressive, alcune delle quali, ammonisce, possono subire fenomeni di regresso: “Porsi dal punto di vista di una “sola” linea di movimento progressivo, per cui ogni acquisizione nuova si accumula e diventa la premessa di nuove acquisizioni, è grave errore: non solo le linee sono molteplici ma si verificano anche dei passi indietro nella linea “progressiva” .
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 15 – Paragrafo 58 – Pag. 1821).
Gramsci comunque ribadisce che il progresso scientifico non può essere altro che “umanamente oggettivo” o “storicamente soggettivo” e non deve essere scambiato e confuso con lo spirito assoluto di Hegel perché quello di Hegel è disgiunto dagli uomini mentre lo sviluppo culturale di Gramsci è quello unito all’attività scientifica e lavorativa degli uomini. Nel progresso scientifico e tecnologico e nello sviluppo della sovrastruttura si sviluppa una concorrenza tra varie superstrutture (arte, letteratura, teologia, filosofia ecc.) e si stabilisce una lotta tra tutte le culture mondiali dove cadono quelle false e restano soltanto quelle valide. Gramsci scrive su questo punto: “C’è quindi una lotta per l’oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l’unificazione culturale del genere umano”. Gramsci quindi conclude dicendo che per gli idealisti questo è il punto di partenza mentre per la filosofia della praxis è il punto di arrivo: “Ciò che gli idealisti chiamano “spirito” non è un punto di partenza, ma di arrivo, l’insieme delle soprastrutture in divenire verso l’unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario ecc.”. Gramsci ribadisce in molte parti dei quaderni che l’umanità è attaccata alla terra e non allo spirito universale per cui segue le leggi naturali e culturali elaborate dagli uomini e non segue le leggi dello spirito assoluto della teoria di Hegel. Ecco uno dei tanti lacerti in cui Gramsci ribadisce la natura degli uomini:
“Non è possibile pensare alla vita e alla diffusione di una filosofia che non sia insieme politica attuale, strettamente legata all’attività preponderante nella vita delle classi popolari, il lavoro, e non si presenti pertanto, entro certi limiti, come connessa necessariamente alla scienza. Essa concezione nuova magari assumerà inizialmente forme superstiziose e primitive come quelle della religione mitologica, ma troverà in sé stessa e nelle forze intellettuali che il popolo esprimerà dal suo senogli elementi per superare questa fase primitiva. Questa concezione connette l’uomo alla natura per mezzo della tecnica, mantenendo la superiorità dell’uomo ed esaltandola nel lavoro creativo, quindi esalta lo spirito e la storia”.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 10 – Paragrafo 41.I – Pagg. 1295 – 1296).
Ecco il lacerto completo in cui Gramsci fa l’apologia del progresso tecnico-scientifico come finalismo intrinseco ed immanentistico di tutto il processo storico umano:
6) La formulazione di Engels che “l’unità del mondo consiste nella sua materialità dimostrata… dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali” contiene appunto il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all’uomo per dimostrare la realtà oggettiva. Oggettivo significa sempre “umanamente oggettivo”, ciò che può corrispondere esattamente a “storicamente soggettivo”, cioè oggettivo significherebbe “universale soggettivo”. L’uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie non universali concrete ma rese caduche immediatamente dall’origine pratica della loro sostanza. C’è quindi una lotta per l’oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l’unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano “spirito” non è un punto di partenza ma d’arrivo, l’insieme delle soprastrutture in divenire verso l’unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario ecc. La scienza sperimentale è stata (ha offerto) finora il terreno in cui una tale unità culturale ha raggiunto il massimo di estensione: essa è stato l’elemento di conoscenza che ha più contribuito a unificare lo “spirito”, a farlo diventare più universale; essa è la soggettività più oggettivata e universalizzata concretamente. Il concetto di “oggettivo” del materialismo metafisico pare voglia significare una oggettività che esiste anche all’infuori dell’uomo, ma quando si afferma che una realtà esisterebbe anche se non esistesse l’uomo o si fa una metafora o si cade in una forma di misticismo. Noi conosciamo la realtà solo in rapporto all’uomo e siccome l’uomo è divenire storico anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l’oggettività è un divenire ecc.
(da Quaderni del Carcere – A cura di Valentino Gerratana – Einaudi Editore – Quaderno 11 – Paragrafo 17 – Pagg. 1415 – 1416)
Io, Biagio Carrubba, considerando l’ingiustizia per un arresto subito contro ogni legge e considerando che Gramsci scriveva le sue idee dentro una cella carceraria, facendo leva, soltanto, sulla sua capacità di resistenza, apprezzo il suo grande stoicismo per superare la sua vita squallida in carcere. Io, Biagio Carrubba, rimango stupito e affascinato dal fatto che, Gramsci, nonostante l’angusta vita carceraria, dimostri quanto sia grande il suo amore per l’umanità e per la libertà e quindi risulta evidente da questa pagina e da tante altre come questa, come Gramsci avesse tanta fiducia nella natura umana e nel progresso scientifico che resta l’unico finalismo immanentistico per lo sviluppo, per il progresso e per la salvezza di tutta l’umanità.
Modica, 03 novembre 2018. Prof. Biagio Carrubba
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