I
Il libro “Interrogazioni sul Cristianesimo” edito da Castelvecchi nel Luglio 2013 è certamente un libro interessante sul tema proposto dal titolo e anche sul quesito del sottotitolo “Cosa possiamo ancora attenderci dal Vangelo?”. La risposta alla domanda è data da tre dotti intellettuali italiani: il filosofo Gianni Vattimo, il teologo Pierangelo Sequeri e il giornalista pubblicista Giovanni Ruggeri. Essi sono tre insigni studiosi, molto preparati sul tema del Cristianesimo e disquisiscono sull’argomento con raffinata e profonda cultura. Tutti e tre arrivano alla conclusione che, ancora oggi, il Cristianesimo è attuale pur partendo da tre basi culturali, politiche e filosofiche diverse.
Io, Biagio Carrubba, anticipo e premetto che le mie note al libro sono decisamente modeste e povere rispetto alle considerazioni teologiche e alle riflessioni filosofiche dispiegate dai tre dotti, perché mi rendo conto che non possiedo le conoscenze e i saperi che loro hanno intorno ai temi trattati. Eppure mi cimento a dire le mie annotazioni al libro “Interrogazioni sul Cristianesimo” perché mi fa piacere averlo letto ed aver appreso nuove e attuali notizie sull’argomento. Ho trovato molto interessante le argomentazioni degli autori, anche se praticamente non sono d’accordo con molte di esse in merito al Cristianesimo di oggi.
Nell’introduzione il curatore del libro, Giovanni Ruggeri, che media i tre punti di vista, spiega le ragioni dell’utilità e dell’attualità del libro e chiarisce bene, in modo approssimativo, quali sono le cinque fondamentali posizioni degli uomini rispetto alla religione nel tempo attuale.
La prima posizione comprende coloro che si dichiarano indifferenti alla dimensione religiosa, di questa fanno parte gli agnostici e così la descrive sintetizza: “In primo luogo viene in evidenza l’ampia area della cosiddetta <<indifferenza>> alla dimensione religiosa (p.6)” .
La seconda posizione comprende coloro che si dichiarano esplicitamente atei e così li descrive: “In una situazione assai diversa si trovano coloro che si dichiarano esplicitamente <<atei>> (p.6)”.
La terza posizione comprende coloro che si professano integralmente cristiani, così li descrive: “Su un terzo versante si trovano coloro che professano integralmente la fede cristiana così come la Chiesa (cattolica in primis) la propone e la interpreta sul piano dogmatico ed etico(p.7)” .
La quarta posizione comprende coloro che professano una religione vaga, questi rientrano nell’area chiamata New Age, così la descrive: “Un discorso a parte meriterebbe il fitto pullulare di sette e movimenti religiosi che nulla hanno da spartire con la galassia New Age(p.8)” .
La quinta posizione comprende i pensatori liberi e critici ma, favorevoli al Cristianesimo. Ne fanno parte gli autori. “Lo spazio spirituale da cui scaturisce la domanda che è alla base delle interrogazioni affidate a questo libro è quello di quest’ultimo atteggiamento(p.9).”
II
Il libro poi si snoda su alcuni argomenti particolari che sono:
1 Nell’abisso della domanda: la realtà chiamata Dio
2 Fede vitale e Fede religiosa
3 Aperture. La Rivelazione di/in Gesù Cristo
4 La Fede cristiana: adesione vitale e dottrina
5 Apertura della Rivelazione e interpretazione ecclesiastica
6 Traiettorie. Vita male salvezza
7 La Rilevanza etica delle esperienze di finitezza
8 L’uomo e la sua preghiera
9 Prospettive. Inveramento e/o dissoluzione del Cristianesimo
10 Quasi una conclusione
III
Io, Biagio Carrubba commento alcune frasi particolari di ciascun capitolo.
Capitolo I. Nell’abisso della domanda: la realtà chiamata Dio.
Tutto questo capitolo si incentra sul linguaggio religioso ed in particolare sul significato e sull’origine della parola “Dio”, che secondo Giovanni Ruggeri “sono tre lettere brevi come un soffio, lunghe come l’infinito.(p.14)”. Alla fine della loro discussione i tre studiosi arrivano alla conclusione che qualunque sia l’origine ed il significato della parola “Dio” , questa esprime “una portata ontologica … e riconosce lo svelarsi di qualcosa dell’essere, non soltanto delle difficoltà dei parlanti”. Praticamente fanno rientrare dalla finestra ciò che prima avevano cacciato via dalla porta.
Io, B.C., non mi trovo d’accordo con questa tesi perché non trovo nella parola Dio nessun significato né metafisico né ontologico ma, questa parola ha semplicemente un origine storica come tutte le parole del mondo che sono nate dalla testa degli uomini in un preciso periodo storico dell’evoluzione dell’uomo. Riporto la genesi della parola “Dio” presa da un libro di storia che così la spiega: “Il Dio di una tribù indoeuropea era Dyaus da cui derivano le parole Zeus e Dio. Infatti alcuni nomi di divinità, nonostante i mutamenti fonetici dovuti alle pronunce locali, mostrano di aver percorso un lungo cammino. Basti pensare a Dyaus, il dio tribale dei nomadi delle steppe”:
Indoeuropeo |
Greco |
Latino |
Italiano |
Dyaus |
Zeus |
Deus |
Dio |
Da: “Orientarsi nella Storia.” pp. 101-103
Un’altra frase che non condivido è un’affermazione di Gianni Vattimo, la quale dice: “Negli ultimi tempi ho riaperto e ritrovato il mio rapporto con il Cristianesimo, ma devo dire che l’ho ritrovato accettando piuttosto la fede delle vecchiette che la fede dei teologi.(p.19)”. Questa riflessione non mi trova d’accordo perché non è possibile equiparare la fede di una vecchietta a quella di un teologo, che poggiano su dimensioni culturali completamente diverse. Credo non si possa accettare la fede di una vecchia basata sull’ignoranza, mentre è discutibile la fede di un teologo o di un filosofo basata e costruita su testi sacri.
Vattimo non mi trova d’accordo nemmeno con la frase: “Se dobbiamo pensare alla storia in termini di storia della salvezza, possiamo anche essere fiduciosi nella possibilità che si costituiscano comunità diverse.(p.36)”. Io penso che ciò sia sbagliato perché non è detto che l’umanità si salverà anzi, oggi tutta l’astronomia è certa che la Terra insieme all’universo scompariranno fra moltissimi miliardi di anni. Ed io, B.C., tra la narrazione dei Vangeli e le certezze scientifiche dell’astronomia , scelgo senza dubbio le previsioni apocalittiche degli astronomi.Io, B.C., so una cosa sola: solo la scienza ci potrà liberare dalla morte. Aggiungo che la parusia di Gesù Cristo : “Vengo presto” (Apocalisse 22-7) è falsa perché dopo duemila anni non è ancora venuto.
Capitolo II. Fede vitale e fede religiosa.
“La storia dell’essere è la storia della cultura spirituale al cui interno mi trovo e mi ama, mi possibilizza in quanto mi ama.(p.40)”. Queste frasi di Vattimo hanno un fondamento vero in quanto slegano la religione dalla metafisica e la fanno rientrare nella dimensione scientifica e culturale prodotta e creata dagli uomini.
“Al contrario, le letture strutturali, come quelle di tipo psicoanalitica, mi sembrano molto povere: Non mi dicono nulla di nuovo, non producono storicità.(p.43)”. Questa affermazione che chiude il capitolo non la condivido per niente perchè Vattimo svaluta le teorie psicoanalitiche e valorizza la Bibbia, mentre io , B.C., asserisco che, dal punto di vista epistemologico, la verità sia proprio l’opposto e cioè la Bibbia non ha alcun fondamento scientifico e alcun valore ideologico valore mentre, le teorie psicoanalitiche sono costruite su procedimenti e metodi scientifici, che esistono e sono comprovati da ormai due secoli. Io, tra le due alternative scelgo sicuramente le teorie psicoanalitiche. Io, B.C., so una cosa sola che solo la scienza ci potrà salvare dalle malattie.
Capitolo III. Aperture. La Rivelazione di/in Gesù Cristo.
In questo capitolo una frase, di Vattimo, che non mi trova d’accordo é: “ Quello che mi impressiona è la perfezione del suo messaggio (Cristo), prima e più che i suoi miracoli.(p.46)”. Io reputo che questa affermazione sia sbagliata per due motivi: il primo è che le affermazioni di Gesù sono umane e non hanno nulla di divino, e poi sono frasi riportate dagli evangelisti che sicuramente hanno modificato le parole originarie di Gesù.
“Ciò che mi tiene rispetto al Cristianesimo è questo: Mi sentirei un vigliacco se non continuassi ad avere la stessa fede di Gesù. (pp.54-55)”. Questa frase di Pierangelo Sequeri non mi trova d’accordo perché miliardi di persone non sono cristiane e non lo diventeranno solo per adeguarsi alla vita di Gesù perché non lo hanno mai conosciuto e non lo conosceranno mai. Sequeri continua dicendo: “Secondo cui i nostri affetti si battono contro il duplice pregiudizio secondo cui i nostri affetti sarebbero dei fatti meramente ormonali, psicologici, in cui non vi è niente di eterno e che Dio sarebbe soltanto il nome per le nostre aspirazioni impossibili e illusorie.(p.56)”. Io, B.C., credo invece che i nostri affetti sono dei fatti meramente ormonali e psicologi ed inoltre credo che Dio è il nome per le nostre aspirazioni impossibili ed illusorie.
Capitolo IV. La Fede cristiana: adesione vitale e dottrina.
“L’idea che regge tutto e cioè che Dio si rivela per renderci capaci di amarlo e di essere amati e amarci fra di noi. (p.60)”. Anche questa frase di Vattimo non mi trova d’accordo perché da che mondo e mondo gli uomini si sono sbranati fra loro anche dopo la venuta di Cristo, dimostrando che l’amore è un sottoprodotto della lotta per la sopravvivenza. L’amore resta comunque un potente sentimento che lega gli uomini fra di loro, gli dona la gioia più bella della vita e li associa in società civili e culturali diverse.
Capitolo V. Apertura della Rivelazione e interpretazione ecclesiastica.
Vattimo alla fine del quinto capitolo conclude chiedendosi: “Quando parlo di spiritualizzazione, di Dio come progetto piuttosto che come fondamento, lo faccio accompagnato sempre da questa domanda: Verso dove andiamo?” e la risposta che si dà è: “Noi, piuttosto andiamo verso qualcosa di diverso, che la spiritualizzazione, la consumazione dell’immediatezza naturale.(pp.88-89)”. Anche qui non mi trovo d’accordo, perché l’umanità non va verso alcuna spiritualizzazione dell’animo ma va invece, verso la distruzione materiale dell’intero universo e questa fine disastrosa cancella completamente il progetto di Dio che aveva ideato per la costruzione dell’Universo e dell’umanità.
Il fatto che Dio non ha avuto alcun progetto per l’uomo e per la nostra Terra è stato dimostrato scientificamente dagli astronomi planetari i quali hanno scoperto, con loro stupore, che la nascita della Terra all’interno del nostro sistema solare è avvenuta per puro caso o meglio, per casi diversissimi e fortuiti, così come l’uomo è nato per caso ed è stato formato con gli elementi vitali e primordiali (amminoacidi e altri elementi come l’acqua). Gli scienziati affermano infatti che l’uomo è figlio delle stelle e per queste ragioni io credo che se l’uomo è figlio delle stelle ed il tutto è figlio del caso allora è evidente che Dio non ha avuto alcun progetto per l’umanità e non ha progettato alcun disegno intelligente per tutto l’universo e quindi anche l’uomo, nato per caso, non ha a sua volta alcun obiettivo da raggiungere nella sua evoluzione storica e culturale sul pianeta Terra. Insomma procediamo a tentoni e a tastoni, ignari se un Dio ci salverà.
Capitolo VI. Traiettorie. Vita male salvezza
Questo capitolo è incentrato sui concetti di “grazia, peccato, redenzione e salvezza”. I tre autori esprimono le loro opinioni su questi concetti cristiani e viene fuori la tesi di Sequeri secondo cui: << il Dio cristiano non vuole essere subìto, ma desiderato e amato; la dottrina della grazia chiede di credere fermamente che Dio non vuole essere subìto.(p.103)>>, ma la sua tesi principale è quella di <<considerare l’uomo come interlocutore di Dio, affinché la grazia non si trasformi,…, in principio dispotico.(p.103)>>. Io, B.C., non mi trovo d’accordo perché questa tesi risulta superficiale ed ingenua, soprattutto perché sostenuta da un grande ed esperto teologo, conoscitore di testi sacri. Io credo sia ingenua perché la realtà umana è molto più complicata e difficile e non è risolvibile con un semplice dialogo tra Dio e uomo alla maniera di Dio e Adamo, quando questo venne cacciato dal Paradiso.
Capitolo VII. La Rilevanza etica delle esperienze di finitezza.
Qui viene analizzata la responsabilità degli uomini rispetto a Dio e Sequeri afferma che Dio lo giudicherà sulla sua responsabilità asserendo: << (Dio) mi misurerà sulla responsabilità esercitata tutte le volte in cui possa arrivare ad assumere la sofferenza dell’altro come mia, non essendo riuscito ad evitarla.(pp.109-110)>>. Mi trovo d’accordo su questa tesi perché ritengo vero che l’uomo è responsabile delle proprie azioni.
Capitolo VIII. L’uomo e la sua preghiera.
Vattimo e Ruggeri asseriscono qui l’importanza della preghiera valida e fascinosa anche nei nostri tempi. Gianni Vattimo afferma che << Io prego perché dopo sto meglio, ma sto meglio non perché ho fiducia che Dio mi esaurirà, bensì perché l’adorazione crea una sorta di alleggerimento della vita (p.114)>> e aggiunge che << la preghiera è una forma di consolazione poetica e fa parte di quella che io penso sia la religione giusta(p.115)>>. Io, non sono d’accordo con questa sopravvalutazione della preghiera di entrambi gli studiosi, perché significa ricadere e regredire in un misticismo vacuo ed inutile. Questo rifugiarsi nella preghiera è un atteggiamento miracolistico e fideistico che è lontano dalla gente piena di problemi e difficoltà che cerca di superare quotidianamente con tanta sofferenza.
Capitolo IX. Prospettive. Inveramento e/o dissoluzione del Cristianesimo.
I problemi metafisici della Chiesa trovano, in questo capitolo, d’accordo i due studiosi scartando la vita pratica della gente. Su questo punto Vattimo scrive: <<La vita di fede è una vita che si sforza di leggere i segni dei tempi, cioè di vivere la temporalità articolandola secondo uno schema che non è quello della funzionalità tecnologica ed economica.(p.123)>>. Per me l’autore capovolge la verità perché sopravvaluta la fede a discapito dell’economia. Invece la maggior parte della gente è assorbita dal mondo del lavoro, e chi questo non ce l’ha si dispera.
Vattimo chiude il capitolo con una frase di Lacan che dice : << Non cedere sul tuo desiderio>>, questa affermazione è interpretata dallo studioso come <<un invito a non mollare su quella che si creda essere la propria vocazione, anzi a cercarla ancora di più.(p.132)>>. Mi trovo d’accordo con questa affermazione perché credo che ognuno di noi debba seguire la propria strada, la propria vocazione, la propria personalità e la propria autorealizzazione perché ognuno deve diventare sé stesso.
Capitolo X. Quasi una conclusione.
Ruggeri nel capitolo finale tira le fila delle riflessioni dei due insigni studiosi. Evidenzia che entrambi i filosofi pur partendo da posizioni diverse arrivano alla medesima conclusione che fa leva sul fascino della persona di Gesù <<che rimane sempre un possibile compagno, …, cioè di uno con cui spartire il pane della fiducia, del desiderio e della croce […] (p.136)>>. La conclusione viene sintetizzata con questa riflessione:<<(In Gesù) si incrociano, le strade di tutti gli uomini per generare ciò che ciascuno è e può essere.(p.136)>>.
In definitiva Giovanni Ruggeri afferma che il Cristianesimo è una strada ancora aperta all’esperienza umana e non si deve aver paura ad affidarsi a Dio e a suo figlio Gesù perchè << Il Dio di chiunque accetta e sostiene con coraggio l’incontro con l’irriducibile mistero dell’esistenza propria e dei suoi simili.(p.137)>>.
IV
Perché io Biagio Carrubba non posso considerarmi un “cristiano”.
Partendo dal famoso libro di Benedetto Croce “Perché non possiamo non dirci cristiani?” posso affermare che io non sono un cristiano perché nelle Sacre Scritture trovo cinque grandi contraddizioni alle quali non trovo risposte rimanendo così nel dubbio e trovando rifugio nell’agnosticismo che sconfina nell’ateismo.
Le cinque grandi contraddizioni sono:
I Credo falsa la genealogia che fa discendere Gesù da Davide.
II Non condivido l’affermazione di Gesù Cristo il quale asserisce che ogni cristiano debba rinnegare sé stesso per seguire lui. << Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. (Matteo 16-24.25)>>.
III Non condivido l’affermazione di Gesù che consiglia ai suoi discepoli di abbandonare i loro genitori. << Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me.[…] (Matteo 10-37,39>>
IV Non credo alla partenogenesi della Madonna Maria che su consiglio dell’arcangelo Gabriele dà alla luce Gesù Cristo.
V Non condivido il fatto di predicare il celibato per inneggiare e per cantare le lodi di Dio.
La prima contraddizione sulla falsa ed improbabile genealogia non mi fa credere in Gesù perché è impossibile stabilire con esattezza una discendenza che perdura da duemila anni. Non accetto il fatto che Gesù, secondo Matteo e Luca, possa discendere da Re Davide solo per dimostrare che tutto era previsto dalle Sacre Scritture. Questa dinastia rappresenta per me una menzogna colossale che non riesco ad accettare.
La seconda contraddizione che rilevo nell’insegnamento di Gesù, riportata da Matteo, la trovo impraticabile perché per me l’invito a rinnegare me stesso per raggiungere la gloria di Dio è un atteggiamento troppo egoistico e presuntuoso da parte di Gesù. Non potrei mai pensare di rinnegare me stesso per la santificazione di Dio. Infatti credo che Dio attraverso il sacrificio del figlio, ha promesso la liberazione dalla morte e ci darà la vita eterna; ma io credo che questa vita eterna ci trascini in un mondo di prigionia; infatti la sua grazia non è un’azione gratuita come dice San Paolo ma, è un’azione interessata alla gloria di Dio, il che significa trasferirci in una prigione perenne. Allora, io B.C., preferisco vivere da libero e non in una dimensione di schiavitù spirituale continua.
La terza contraddizione, che si riallaccia alla seconda, fa parte di un discorso di Gesù: <<Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio e la figlia non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.(Matteo 10-37,39)>>. Trovo assurdo e pretenzioso questo invito di Gesù Cristo di abbandonare i miei genitori o i miei figli per seguire Gesù così come fecero i discepoli.
La quarta contraddizione irrisolvibile è data dalla nascita di Gesù da parte di una vergine, fatto impossibile per il mondo naturale. Matteo racconta questa partenogenesi perché voleva farla rientrare nella profezia di Isaia la quale enunciava la nascita di un giovane da parte di una vergine. Per me questa profezia risulta assurda ed inverosimile.
<<Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. (Isaia 7-14)>>.
La quinta contraddizione riguarda il celibato ed io trovo assurdo il fatto che dovrei segregarmi in una cella di un monastero e rimanere solo per tutta la vita a pregare e cantare Dio che non si fa né vedere, né sentire mentre la gente fuori gioisce, patisce e gode di una vita libera, laica e dedicata a sé stessi e ai propri figli, non seguendo il presunto figlio di Dio. Inoltre credo che nessuno degli uomini ha chiesto a Dio di sacrificare ed immolare suo figlio Gesù Cristo. Questo sacrificio è tutto una costruzione teorica nuova ed una razionalizzazione e giustificazione della passione e morte di Gesù Cristo da parte dei suoi discepoli. Questa immolazione non è altro che un’ ideologia costruita a posteriori; è una ipotesi, anzi una ipostasi creata da alcuni discepoli di Cristo che a poco a poco la fecero conoscere e diffondere e quasi imporre ad altre comunità vicino a Gerusalemme cioè Antiochia ed Efeso, le prima città contattate e contrattate da Paolo. I primi cristiani, che erano i più poveri, i più infelici ed i più diseredati ed ingenui, cominciarono a credere nella Resurrezione di Gesù, perché bisognosi di credere in una teoria della salvezza. E quella di Gesù era giusta ed adeguata per quei tempi. Questa teoria veniva considerata una favola per i romani, che ridevano, maltrattavano e disprezzavano tutti i cristiani.
Ed infine penso alla contraddizione più grave e più grossa fra tutte le contraddizioni dei Vangeli ed i dogmi della Chiesa. Mi riferisco alla Resurrezione dei morti, su di essa anche il filosofo Gianni Vattimo scrive: << Spero nella resurrezione della carne (p.98)>>. Io, B.C., non credo assolutamente alla resurrezione dei morti perché credo che dopo la morte non ci sarà più niente e non ci sarà più alcuna resurrezione. E allora mi fa piacere ricordare e riportare la risposta bonaria e l’atteggiamento ironico che diedero gli ateniesi a Paolo di Tarso quando gli parlò della resurrezione:
<<Quando gli ateniesi sentirono parlare di resurrezione dei morti, alcuni lo canzonarono altri gli dicevano: su questo argomento ti sentiremo un’altra volta>>.
Da Atti degli Apostoli 17-32
Anch’io Biagio Carrubba crederò a questa fandonia e a questa falsità colossale magari un’altra volta. Per il momento riaffermo che non credo alla resurrezione dei morti ed al giudizio universale.
Per tutti questi motivi e queste contraddizioni insolubili non voglio e non posso considerarmi un cristiano e, al contrario di Tertulliano che affermava di credere al Cristianesimo “credo quia absurdum”, io Biagio Carrubba affermo che è talmente assurdo credere all’insegnamento di Gesù e a suo Padre, Dio, cioè al suo Abba, per cui alla fine la mia tesi è “non credo quìa absurdum”.Cioè non credo nel Cristianesimo perché è una teoria ideologica e teologica troppo assurda, inverosimile ed improbabile.
Io Biagio Carrubba, penso che intorno alla questione della religione in generale e dello spirito religioso in particolare, gli uomini, nel loro complesso e nella loro storia umana, hanno dato mille spiegazioni e centinaia di giustificazioni su di essi: dal panteismo al deismo, dalle religioni rivelate alle religioni animiste, dalla teologia della liberazione alla New Age, dall’agnosticismo all’ateismo; insomma chi più ne ha più ne metta. Io credo che l’unica risposta sensata e più vera sarà quella data dalle scienze planetarie che nei prossimi decenni sapranno dire cosa c’era prima del Big Ben e cosa ci sarà dopo l’esplosione del nostro sole quando diventerà una stella nana bianca.
Per finire in bellezza riporto il motto spiritoso di Gianni Vattimo: <<Grazie a Dio sono ateo!(p.96)>>.
Modica, 14 Novembre 2013
Biagio Carrubba
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