Il mio giudizio critico personale su “La tregua” di Primo Levi.

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Il mio giudizio critico personale
su La tregua di Primo Levi.

Io (Biagio Carrubba) trovo il racconto – testimonianza La tregua, insieme a “Se questo è un uomo”, un romanzo completo, esaustivo, bello, armonico, istruttivo, pedagogico, moralmente alto, e trovo che i due aspetti della testimonianza e del racconto sono entrambi necessari l’un l’altro al successo finale del romanzo. La testimonianza è importante per non dimenticare l’obbrobrio commesso e per non ricaderci un’altra volta, cosi come riscriverà ancora Levi nell’ultima sua opera saggistica “I sommersi e i salvati” del 1986. Il racconto è importante perché li libro non è soltanto un saggio analitico sui lager o sulla Russia post-bellica, né la semplice descrizione del viaggio di ritorno di Levi, ma presenta tanti altri personaggi descritti molto bene in un contesto narrativo fatto di improvvisazioni sceniche e paesaggistiche nuove e sorprendenti. Trovo meraviglioso il modo di Levi di descrivere il mondo interiore di alcuni personaggi e i loro sentimenti. Il fascino del libro deriva dal fatto che leggendo il racconto questi compagni di avventura e di sventura di Levi non fanno parte ormai del mondo dell’anonimato, ma diventano parte del mondo delle persone a noi lettori conosciute, care e amiche. Il libro sconfigge l’anonimato e rende conosciute le persone che ci sono ignote. In tal modo possiamo farci anche un’idea vera degli uomini che vissero e subirono le atrocità del nazismo e della guerra. In effetti quando una persona ci è anonima e sconosciuta non proviamo niente della sua disgrazia e sfortuna, ma quando la conosciamo e apprezziamo la sua onestà e la sua bontà ci dispiace delle sue disgrazie e quella persona finisce di essere un’anonima e diventa a noi cara e amica. L’esempio tipico di questa trasformazione da persona anonima e indifferente ad amata e apprezzata è il personaggio di Flora, l’ebrea italiana che ha aiutato Levi ed Alberto. Ella da sconosciuta ci è diventata amica e amata per la sua bontà e generosità verso Levi e il suo amico Alberto. A differenza di alcuni critici che definiscono il libro picaresco, avventuroso, io non trovo né il libro né l’animo di Levi avventurosi. Le disavventure di Levi non sono cercate e inventate da lui, ma sono imposte dalle condizioni della guerra e dalle devastazioni ferroviarie che erano normali in tutta l’Europa. I Picari erano gente imbrogliona, piena di coraggio e di spirito di avventura come si evince dal film “I Picari”, mentre Levi ha un animo schivo, riservato, poco incline ad andare al mercato con il “Greco”, anzi voleva restare a mangiare e a dormire nella camerata della caserma degli italiani a Cracovia. Le sue peripezie sono tutte dovute alle condizioni degli altri: dai russi ai suoi amici. Levi mostra un comportamento di attesa e di trepidazione per il viaggio, aspettare con rassegnazione che i Sovietici formano il treno del ritorno e non scappa prima come fa Cesare. Non ha l’ansia di arrivare prima, ha l’ansia di arrivare sano e sicuro in Italia. Un altro aspetto notevole del libro è certamente l’umanità che Levi non dimentica mai nei personaggi. Il messaggio fondamentale del libro è senza dubbio la positività della vita e l’umanità che Levi riscontra in molti personaggi minori, tranne nei nazisti che erano effettivamente criminali legittimati, assassini senza cuore, insomma più bestie che uomini. Uomini dominati dalla loro ideologia falsa e barbarica, portatrice di una umanità disumana e bestiale. La tregua, come già Se questo è un uomo, testimonia la forza di volontà di vivere di Primo Levi, quella forza interiore enorme che insieme alla fortuna lo ha portato a sopravvivere al lager, mentre io sarei sicuramente morto già durante il viaggio di andata. Infine credo che La tregua è un bel racconto – testimonianza anche perché ci ricorda che la tregua è un importante momento di pausa tra alterne vicende di guerra e di pace.

II

L’importanza del racconto – testimonianza La tregua sta nella capacità letterari di Primo Levi che sa ricostruire e rievocare in maniera del tutto naturale e realistica la situazione materiale, paesaggistica, sociale, culturale, militare, politica, antropologica che egli visse dalla liberazione al rientro in Italia cioè il periodo bellico e postbellico che si visse nel 1945. Soprattutto nei mesi di aprile e maggio Levi ricostruisce l’euforia e l’entusiasmo dei russi nella vittoria contro i tedeschi. Levi non racconta la sua vita di ex prigioniero in un lager nazista ma anche la ventata di gioia dei vincitori dei russi e la tiepida gioia dei Polacchi. Vi è anche l’intento di Levi di mettere a nudo l’anima dei russi, cosi come aveva tentato di mettere a nudo l’anima dei Tedeschi. Questa enorme gioia dei russi per la vittoria sui nazisti è resa molto bene nel film di Francesco Rosi quando il film ricostruisce lo spettacolo teatrale e i canti patriottici dei russi. La bellezza del racconto – testimonianza La tregua è data dal linguaggio, dalla lexis, dalla descrizione dei personaggi, dalla capacità di descrizione dei suoi sentimenti e della riconquistata libertà e dignità di uomo che aveva perso dentro il lager, dalla capacità di Levi di scrivere delle riflessioni sulla via e sulla morte, e dalla consapevolezza di Levi di non smarrire mai il senso della vita e di non perdere mai il sentimento della speranza in una vita futura positiva e basata sulla giustizia umana e in una società aperta alla uguaglianza di tutti i popoli della terra senza distinzione di razze né di religioni, né di colore di pelle.

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Modica 09 giugno 2019                                                                Prof. Biagio Carrubba

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