
L’opera poetica “Diario postumo”
di Eugenio Montale.
I
Introduzione all’opera poetica “Diario postumo”.
Potius mori quan foedari
è l’illibato senso
del vivere che trasmetti
in messaggi cifrati.
Ma c’è chi non capisce
e preferisce il mondo
così com’è immerso in un pattume.
(dalla poesia “Ma c’è chi” in “Diario Postumo” di Eugenio Montale).
“Diario postumo” è stato pubblicato per intero nel 1996 e contiene 84 poesie. La pubblicazione di Diario Postumo è stata particolare poiché Montale ha lasciato scritto nel suo testamento che le poesie, sigillate in 11 buste, dovevano aprirsi una all’anno a cominciare dal 1986. E così è stato. Dopo undici anni le poesie sono state raccolte e curate dalla poetessa Annalisa Cima, destinataria della raccolta. Montale conobbe la poetessa nel 1969 e da quell’anno iniziò a scrivere le poesie, dedicate ed ispirate a lei, poi raccolte in Diario Postumo. In molte poesie dell’opera, Montale descrive la gentilezza di Annalisa Cima, e queste poesie sono un serto di fiori in onore di essa, che è cantata nella maniera stilnovistica e petrarchesca dal vecchio poeta, innamorato di lei, che ne tesse le lodi. Come scrive la stessa poetessa nella premessa, il libro: “Forse, più che un diario, questo dono di Montale a noi tutti è una favola che ci racconta come la forza dell’amicizia e della poesia possa rendere reale un sogno” (da Eugenio Montale – Diario Postumo – Arnaldo Mondadori Editore – Premessa – Pag. X). Quasi tutte le poesie sono dunque dedicate alla poetessa e ne cantano lo sguardo, gli occhi, le movenze, il parlare timoroso e ardente che fece passare il poeta, in breve, da ateo a credente. Ma ovviamente qui, la parola credente, per me, non ha un significato cattolico, ma solo uno meno agnostico. L’opera canta inoltre, l’aria di giovinezza e di dolcezza della poetessa e il desiderio del poeta di rimanere vivo almeno nel ricordo di lei: “Un giorno/anch’io sarò alvo per chi non mi smemora” (dalla poesia Come Madre, numero 24, dall’opera Diario Postumo). Nel libro non manca l’humour del vecchio poeta come nella poesia “Secondo testamento”, la poesia nr. 22, che termina con questi versi: “Non vi è mai stato un nulla in cui sparire/già altri al ricordo son risorti/lasciate in pace i vivi per rinvivire/i morti: nell’aldilà mi voglio divertire”. Ma le poesie più belle sono quelle dove prevale il pessimismo e il poetare sui grandi temi della vita e della morte, del poeta. Le poesie più belle sono “Il clou”, poesia nr. 10, “Tempo di distruzione”, poesia nr. 35, “È difficile vivere”, poesia nr. 37, “Qual è la differenza”, poesia nr. 38, “Siamo burattini mossi da mani ostili”, poesia nr. 43.
Testo della poesia.
“Siamo burattini mossi da mani ostili”.
Siamo burattini mossi da mani ostili.
Non serve vedere le ingiustizie.
Tutto è ormai dirupo. Si sfalda
anche il prodigio. Gli occhi sono stanchi
l’ultimo tempo del vivere è vissuto.
Resta solo l’incantesimo d’un volo
da questa terra folgorata verso
un altro antro, nel quale affonderemo
per poi emergere con contorni sfumati.
Questa luce di speranza nella salvezza eterna è però “scancellata” in una delle ultime poesie, “Un giorno non lontano”, la nr.77, nella quale prevale il pessimismo più nero e crudele del poeta, ma anche quello più reale, e non illusorio, sulla fine degli uomini e della terra.
Testo della poesia.
Un giorno non lontano
assisteremo alla collisione
dei pianeti e il diamantato cielo
finirà sommerso in avvalli.
Allora coglieremo rutilanti fiori
e stelle al neon.
Guarda, ecco il segnale, un fuoco
s’appicca in cielo, si scontrano
Giove con Orione e nel terribile
frastuono dov’è finito l’uomo?
Certo basta un soffio al mondo
in cui viviamo per scomparire.
Rimarrà forse un grido, quello
della terra che non vuole finire.
Ma una delle più belle poesie è la penultima, “Difficile è credere”, la nr. 83, ispirata da Annalisa Cima.
Testo della poesia.
Difficile è credere
che sia un dono la vita,
quando si trascina una
stanca esistenza e il vivere
d’ora in ora ci tortura;
ma anche nei tuoi occhi
vedo brume di dolore.
Hanno già flagellato il tuo
giovane cuore? E rispose per te
il mare e un’ombra lieve
di cormorano. Tacevi
e sogguardavi mesta
l’orizzonte estremo.
Aspetti estetici di Diario postumo.
Diario Postumo tutto sommato è un buon libro di poesie. Montale diventa un poeta dell’amore; canta l’amore per la poetessa, la quale con la sua calda e intima amicizia lo rasserena, mitiga la sua noia e gli fa godere gli ultimi anni della sua vita. Ma in queste poesie Montale non riesce a secernere il migliore miele della sua poesia, che lui riversa invece nelle opere poetiche pubblicate in contemporanea dove affronta i temi a lui congeniali della vita e della morte, mentre, in Diario Postumo secerne il suo dolce miele per la poetessa, sua intima e dolce amica dei suoi ultimi anni, per la quale usa tantissimi epiteti diversi, alla maniera stilnovistica e petrarchesca.
Giudizio e mio commento su Diario Postumo.
Io, Biagio Carrubba, trovo questa opera, un bel libro di poesie d’amore e di sofferenza. Montale esprime, sì l’amore e l’amicizia per la poetessa, ma non si limita solo a questo sentimento e non dimentica mai il suo pessimismo per il dolore degli uomini e la certezza che: “un giorno non lontano assisteremo alla collisione dei pianeti e così il diamantato cielo finirà sommerso in avvalli”.
Ma di fronte a tanto pessimismo Montale si eleva con la sua forza morale e culturale, perché le sue opere poetiche contengono anche il coraggio e la forza per uscire dalla condizione umana nella quale siamo calati. Montale, è stato sempre un poeta antipositivista e mai spiritualista, né ateo, né credente, ma semplicemente un uomo e un poeta che ha cercato un senso alla vita ma che non l’ha mai trovato. A differenza di Leopardi, che accusava la natura, Montale non accusa nessuno, e non fa del piacere il principio di tutti i mali degli uomini, ma ricerca la via della salvezza nella vita stessa.
Giudizio mio personale sul percorso poetico di Montale.
Io, Biagio Carrubba, credo preziosa e sconfinata la produzione poetica di Montale che nella sua vita, ha scritto moltissime e bellissime poesie all’interno di tre concezioni metafisiche: la prima comprende “Ossi di Seppia” che è un’opera a sé stante, giovanile ma già compiuta e perfetta; la seconda concezione comprende “Le Occasioni” e “La bufera e altro”; la terza va da “Satura” fino ad “Altri Versi”. Ossi di Seppia è inserita all’interno del Mar Mediterraneo, delle giovanili speranze ed illusioni del poeta, all’interno del varco che ci permette la fuga e la salvezza, è ambientata nella Liguria con i suoi paesaggi assolati e duri, dove il poeta ricerca l’anello che spezzi il meccanicismo naturale e che gli faccia comprendere il segreto della natura e infine il poeta davanti a una riviera ligure può: ”sentire/noi pur domani tra i profumi e i venti/un riaffluir di sogni, urger folle/di voci verso un esito; e nel sole/che v’investe, riviere, rifiorire” (ultimi versi della poesia “Riviere”).
La seconda grande concezione metafisica comprende “Le Occasioni” e “La bufera e altro” che si inseriscono, invece, all’interno di una metafisica amorosa, angelica, luminosa, eterea, cristofora, religiosa, petrarchesca, che spinge a credere che la donna angelo (visiting angel) farà da intermediatrice tra l’umanità, abbruttita dalla guerra, e Dio. Clizia, la donna angelo, però, a differenza di Gesù Cristo, non può incarnarsi e quindi rimane impotente e incapace di salvare l’umanità. La concezione metafisica esprime la protesta contro la violenza della II guerra mondiale, inaudita e assurda, ed esprime il coraggio di Montale di schierarsi contro i disumani dittatori, nazisti e fascisti. Infine la concezione metafisica esprime la previsione di una catastrofe mondiale che spazzerà via l’intera civiltà occidentale e la metafora generale, e finale, in cui Montale racchiude l’intera umanità, e cioè la prigione della vita dove gli uomini sono tutti prigionieri e sanno che sono: “i pasti degli Iddii pestilenziali. Ma l’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito” (ultimi versi della poesia “Il sogno del prigioniero”). La terza grande metafisica va da “Satura” fino a “Altri Versi”, compreso “Diario Postumo”. I temi di queste opere, si inseriscono all’interno della morte, in una vita inquieta, dove i ricordi si “scancellano” con il passare degli anni; altri temi delle opere si inseriscono all’interno di un tentativo di trovare un modo per oltrepassare la morte, nella ricerca di una intesa con Mosca nell’aldilà, per trovare un segno, ben studiato, che gliela faccia riconoscere, distinguere ed incontrare subito nell’aldilà; altri temi vanno alla ricerca della felicità che si può trovare solo nell’”intemporaneo”, all’interno di un mondo abbandonato dagli dei o da Dio, in una visione di vita fatta di sedicenti vivi, in realtà morti, perché portano la morte addosso per anni e anni. Un ultimo tema è la concezione materialistica, atea, razionalista del mondo perché quando la vita fugge nessuno è tanto sciocco da credere che tutto “ricomincia eguale come copia”. Montale, nell’ultima parte della sua produzione poetica, è rimasto a livello europeo, non ha abbassato i toni alti e aristocratici delle prime produzioni, ma ha semplicemente cambiato stile e metafisica perché erano mutati i tempi e le società europee, compresa quella italiana. Montale, non ha abbassato i temi, ma li ha adeguati alle nuove esigenze della società italiana dal dopoguerra al periodo del terrorismo rosso e nero. Si è tenuto sempre ad altissimi livelli, pur scendendo nel concreto e si è mantenuto sul piano metafisico, il solo che possa rendere alta ed eterna la poesia. Ha solo sfiorato e toccato il tema dell’amore, come in “Diario Postumo”, pur amando tanto le sue donne: da Mosca a Clizia, da Annetta ad Annalisa. Ha sussurrato che la felicità è assaporare l’inesistenza pur dicendo che i viventi non sono neppure colti dal dubbio di una fine possibile. E tutto ciò è molto bello.
Modica 22 maggio 2019 Prof. Biagio Carrubba
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