
L’opera poetica “Diario del ’71 e del ’72” di E. Montale.
I
Introduzione alle ultime opere poetiche di Montale.
Situazione politica italiana dal ’71 all’81.
1) Situazione politica mondiale nel periodo 1971-1981.
2) Situazione politica e sociale italiana nel periodo 1971-1981.
3) Produzione culturale e poetica italiana nel periodo 1971-1981.
4) Fatti personali di Montale nel periodo 1971-1981.
1) Situazione politica mondiale nel periodo 1971-1981.
Dopo la breve esperienza della coesistenza pacifica (1960 – 1964) tra le due superpotenze USA e URSS, lo scontro ideologico e politico ricomincia più forte di prima, perché cambiano i capi dei due Stati che ritornano alla politica dello scontro e della diffidenza verso l’altra superpotenza. Nell’Unione Sovietica Kruscev fu sostituito da un gruppo di tre dirigenti fra i quali, in breve tempo, emerse come nuovo leader il segretario generale Leonid Breznev (1906 – 1982). In politica estera, in una prima fase, egli continuò a mantenere la linea della coesistenza pacifica, ma le occasioni di scontro, anche indiretto fra le due superpotenze, si moltiplicarono. In politica interna, invece, Breznev ritornò sulle posizioni di Stalin, senza però reintrodurre il culto della personalità che aveva caratterizzato quel regime. La seconda metà degli anni settanta fu caratterizzata dalla ripresa della cosiddetta “corsa agli armamenti”. Vennero costruiti enormi arsenali di armi nucleari, furono impiegate immense risorse per mantenere il controllo militare della regione dell’Afghanistan nella quale l’Armata rossa fu impegnata dal 1979 al 1989. Anche negli USA il cambiamento dei nuovi dirigenti spazzò via l’apertura al mondo sovietico. Dopo l’uccisione, il 22 novembre 1963, del presidente John Kennedy, nel 1964 venne eletto presidente degli USA Lyndon B. Johnson che avviò una politica restrittiva nei confronti dei gravi disordini razziali e delle grandi manifestazioni di protesta dei neri americani e cambiò, quindi, politica interna ed estera rispetto a quella di Kennedy. Nel 1965 il leader nero Malcom X fu assassinato e si ebbero le prime manifestazioni di protesta contro l’intervento armato degli Usa in Vietnam. I momenti più drammatici dello scontro tra bianchi e gruppi neri armati americani furono raggiunti nel ’68 quando furono uccisi Robert Kennedy, fratello di John F. e candidato alle elezioni presidenziali, e Martin Luther King, il pastore protestante nero, leader del più importante movimento pacifista e antirazzista che lottava per i diritti della gente di colore. Sul piano politico, questa situazione di tensione portò alla sconfitta dei democratici e all’elezione del repubblicano Richard Nixon che, dopo avere firmato una tregua con il Vietnam del Nord, nel 1974 fu travolto dallo scandalo “Water gate” e fu costretto a dimettersi.
La guerra del Vietnam. Dal 1965, la guerra del Vietnam, negli Usa, divenne sempre più impopolare rivelandosi un insuccesso anche sotto il profilo militare. I pesanti bombardamenti americani mietevano migliaia di vittime civili, ma non riuscivano a colpire i guerriglieri vietnamiti, che stavano nascosti nelle fitte foreste. Infine, nel 1975, le sconfitte e le proteste sempre più forti dell’opinione pubblica americana convinsero il governo a ritirarsi: venne creato un unico Stato indipendente con capitale Hanoi e nel 1976 fu proclamata La Repubblica socialista del Vietnam. Benché le tensioni interne e le guerre creavano rigide chiusure, le due superpotenze continuarono la corsa al riarmo nucleare mantenendo vivi i rapporti su questo piano. Nel 1969 a Helsinki iniziarono i colloqui tra USA e URSS per le limitazioni degli armamenti strategici (SALT). Sempre a Helsinki nel 1973 si svolse La Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE). Nel 1974 il nuovo presidente americano, Gerald Ford, incontrò Breznev per la limitazione delle armi strategiche. Nel 1976 negli USA venne eletto il nuovo Presidente Jimmy Carter e nel 1980 fu eletto Ronald Reagan.
2) Fatti politici e sociali in Italia dal 1970 al 1982.
Nel 1972 il nuovo segretario del PCI diventa Enrico Berlinguer, il quale porta una forte tensione etica nel dibattito politico, affronta la questione morale e formula la proposta del “Compromesso storico”. Nel 1974 due attentati terroristici scuotono il mondo politico e sociale italiano. Le stragi di piazza della Loggia a Brescia e quello sul treno Italicus sono collegate dall’opinione pubblica alla strage di piazza Fontana come segnali di un disegno eversivo nero, di destra, la cui trama e i cui responsabili non sono individuati dallo Stato. Nell’era della sinistra si parla di “Strategia della tensione” messa in atto dalla destra con complicità e deviazioni dei servizi di sicurezza, per favorire risposte e soluzione autoritarie. A questo terrorismo di destra in Italia, tra il 1972 e il 1975, si aggiunge anche il terrorismo di sinistra che compie sequestri e rapimenti di dirigenti industriali e magistrati. Il gruppo terroristico di sinistra più organizzato e determinato è il gruppo delle Brigate Rosse che dichiara di voler combattere per il comunismo e per abbattere lo stato delle multinazionali scegliendo le proprie vittime fra quanti nelle diverse attività si distinguono per idealità democratiche. All’alba del 2 novembre del 1975 il poeta P.P. Pasolini è ritrovato morto assassinato presso Fiumicino. Dal 1976 al 1982, l’Italia è attraversata dagli “anni di Piombo” che assieme alla pratica dell’assassinio politico attuato dalla Brigate Rosse vedono altri segni di violenta conflittualità. Di fronte all’acuirsi del terrorismo rosso l’ipotesi di un compromesso storico (ipotesi politica auspicata da Enrico Berlinguer) ossia di una convergenza di azione politica tra le due grandi aree nazionali, quella di sinistra e quella cattolica, trova interlocutori anche in campo democristiano, ed è Aldo Moro soprattutto a guidare le prime tappe di un progressivo coinvolgimento del PCI nella area di maggioranza. Si arriva così al primo governo di unità nazionale con la partecipazione del PCI nella maggioranza ma non al governo, che ha inizio lo stesso giorno, il 16 marzo 1978, in cui le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro, uccidendo i cinque uomini della sua scorta. Le Brigate Rosse uccidono Aldo Moro il 9 maggio del 1978, creando in tutta Italia un rifiuto netto contro il terrorismo di sinistra. Anche l’esperienza del governo di unità nazionale finisce nel dicembre del 1979 quando il PCI esce dalla maggioranza. Nel 1980 un altro attentato terroristico, che successivamente si scoprì di destra, alla stazione di Bologna provoca 85 vittime. Di fronte alla esplosione di tanta violenza e di tanto terrorismo di destra e di sinistra qualcosa cambia anche nei governi, infatti nel 1981 viene eletto un nuovo governo presieduto da un non democristiano. Il governo Spadolini (repubblicano) viene eletto dal giugno del 1981 e rimane in carica fino al novembre del 1982 guidando un pentapartito costituito da DC, PSDI, PRI, PLI, PSI. Proprio Spadolini nel 1981 decide e accetta di installare gli euromissili a Comiso (RG). Io personalmente partecipai a una manifestazione, a Comiso, contro l’installazione dei missili americani. Dopo il governo di Spadolini e dopo le elezioni del 1983, il nuovo capo del governo divenne Bettino Craxi fino al 1987.
3) Produzione letteraria e poetica in Italia dal 1971 al 1981.
Leonardo Sciascia pubblica “Il contesto” nel 1971;
Nanni Balestrini pubblica “Vogliamo tutto” nel 1971;
Eugenio Montale pubblica “Satura” nel 1971;
Federico Fellini gira il film “Amarcord” nel 1973;
Elsa Morante pubblica “La Storia” nel 1974;
Stefano D’Arrigo pubblica “Horcynus Orca” nel 1975;
Eugenio Montale pubblica “Quaderno di quattro anni” nel 1977;
Mario Luzi pubblica “Al fuoco della controversia” nel 1978;
Umberto Eco pubblica “Il nome della rosa” nel 1980;
Gianfranco Contini e Rosanna Bettarini curano e pubblicano l’ultima opera poetica di Montale “Altri versi” nel 1980;
Gesualdo Bufalino pubblica “Diceria dell’untore” nel 1981.
4) Fatti personali di Montale nel periodo 1971-1981.
Nel 1974 riceve la laurea honoris causa della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Roma.
Il 10 dicembre del 1975 riceve a Stoccolma, dalle mani del Re di Svezia, il premo Nobel per la Letteratura. Il 12 dicembre, legge all’Accademia di Svezia il discorso “È ancora possibile la poesia?”. Nel 1977 pubblica “Quaderno di quattro anni”. Nel 1980 Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini pubblicano “L’opera in versi” che contiene anche l’ultima opera poetica di Montale “Altri versi”. Nel maggio 1981 Montale pubblica “Altri versi e poesie disperse”. È l’ultima opera pubblicata in vita. All’inizio di agosto del 1981, Montale entra all’ospedale San Pio X di Milano dove sarebbe spirato sabato 12 settembre verso le 21.30. I funerali si tengono il 14 settembre nella sede di Palazzo Marino e il Duomo di Milano alla presenza del Presidente della Repubblica Sandro Pertini e del Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini. La salma di Montale viene tumulata il 15 settembre accanto a quella della moglie Mosca, nel cimitero di San Felice a Ema (Firenze) in presenza di un ristretto gruppo di amici e scrittori.
II
L’opera poetica “Diario del ’71 e del ’72” (1973)
Epigrafe
C’è chi ama
bere la vita a gocce o a garganella;
ma la bottiglia è quella, non si può
riempirla quando è vuota.
(Dalla poesia “Presto o tardi” in Diario del ’71 e del ’72)
Diario del ’71 e del ’72, il quinto libro di poesie, fu pubblicato nel 1973 da Mondadori e contiene 90 poesie. Il libro presenta due grandi sezioni: Diario del ’71 e Diario del ’72, e le poesie si susseguono l’una all’altra senza un tema determinato e con la stessa forma già conosciuta in Satura. I temi dell’opera sono quelli già noti in Satura, ma ora vengono ripresi, approfonditi e visti sotto una luce diversa. La prima poesia, “A Leone Traverso”, è dedicata al suo amico Leone Traverso ed esprime chiaramente tutto il pessimismo di Montale che non è mai diminuito rispetto alla sua prima opera poetica, anzi è aumentato. La poesia si chiude con questi versi esemplari della Weltanschauung del poeta: “Mai fu gaio/né savio né celeste il mio sapere”. La quarta poesia, “Come Zaccheo”, è scritta in linguaggio epigrammatico e conferma tutto lo scetticismo di Montale verso il Grande Assente, cioè Dio.
Testo della poesia
Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro
per vedere il Signore se mai passi.
Ahimè, non sono un rampicante ed anche
stando in punta di piedi non l’ho mai visto.
La poesia nr. 13, “I Nascondigli” tratta un tema già noto del poeta e cioè i dubbi sulla sua identità. Il primo verso della poesia afferma: “Quando non sono certo di essere vivo/”.
Il grande tema dell’opera Diario del ’71 e del ’72 è la vita, presunta, degli uomini sulla terra, secondo Montale. Io credo che questo sia il grande tema di tutta la produzione montaliana. Montale sembra sostenere che gli uomini sono in realtà solo parvenze, ombre o ectoplasmi che si muovono o che vivono ma in realtà sono solo dei morti viventi o cadaveri che vivono. Tutti gli uomini non sono altro che sedicenti vivi cioè dei falsi viventi. Io credo che questa tesi abbia lo scopo di esorcizzare la morte, catastrofica e terribile. Infatti, Montale, affermando che i vivi non sono altro che morti viventi, in un certo qual modo libera l’uomo dalla morte e la esorcizza facendola apparire meno macabra e terribile rispetto alla realtà. La poesia che spiega questa drammaticità della vita degli uomini è contenuta nell’ultima opera poetica di Montale, “Altri versi”, ed è “Ho tanta fede in te” dove scrive: “So che oltre il visibile e il tangibile/non è vita possibile ma l’oltre vita/è forse l’altra faccia della morte/che portammo rinchiusa in noi per anni e anni” (Poesia nr. 60 dell’opera Altri Versi). Dunque noi uomini ci portiamo la morte dentro noi, e noi non siamo (o saremmo) allora che cadaveri in movimento. Di fronte a questa terribile realtà, credo che Montale abbia fatto l’estremo tentativo di salvarci dalla morte, dicendoci appunto quello che siamo: cadaveri che camminano e pensano. Questa terribile e terrificante realtà non può essere vinta né dal Dio cattolico e nemmeno dagli Dei pagani; “nessuno, afferma Montale, è tanto sciocco da credere che dopo la morte tutto ricominci uguale come prima”. La resurrezione dopo la morte è il messaggio più forte di Montale, come egli scrive nella bellissima poesia “Poiché la vita fugge”, la poesia nr. 67 dell’ultima opera poetica “Altri versi”, e il cui finale è.
C’è chi dice che tutto ricomincia
eguale come copia ma non lo credo
neppure come augurio. L’hai creduto
anche tu? Non esiste a Cuma una sibilla
che lo sappia. E se fosse, nessuno
sarebbe così sciocco da darle ascolto.
La poesia in cui Montale spiega questa tematica è “L’allegoria”, la poesia nr. 22 di “Altri Versi”.
Testo della poesia
Il senso del costrutto non è chiaro
neppure per coloro che riguarda.
Noi siamo i comprimari, i souffleurs nelle buche
ma i fili del racconto sono in mano di altri.
Si tratta chiaramente di una allegoria
che dura da una infinità di secoli supponendo
che il tempo esista oppure non sia parte
di una divinità o no macchinazione.
Alcuni suggeriscono marchingegni
che facciano crollare il tutto su sé stesso.
Ma tu non credi a questo: la gioia del farnetico
è affare d’altri.
Su come esorcizzare l’umanità dalla morte Montale propone due soluzioni: la prima è quella di morire senza saperlo come il poeta scrive nella quarta poesia dello Xenia I, “Avevamo studiato per l’aldilà”.
Testo della poesia
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
(Perché morire senza saperlo è effettivamente una soluzione indolore e metafisica).
La seconda soluzione è il fatto che non c’è morte dove mai vi fu vita e nella poesia “Non c’è morte”, che è il numero 69 del Dario del ’71 e del ’72, Montale spiega questa seconda soluzione.
Testo della poesia
Fu detto che non si può vivere senza il carapace
di una mitologia.
Non sarebbe gran male se non fosse che sempre
l’ultima è la peggiore.
I vecchi numi erano confortevoli,
non importa se ostili.
I nuovi ci propinano una vile
benevolenza ma ignorano la nostra sorte.
Non solo sono al buio di chi vive
ma restano all’oscuro di sé stessi.
Pure hanno un volto amico anche se uccidono
e non è morte dove mai fu nascita.
Il tempo è alleato della morte. Più esso trascorre più i ricordi sfumano e la vita diventa oscura ed inconoscibile. La prima poesia, nella quale Montale descrive un mondo di morti viventi o viventi-morti, è “Il tuffatore”, la poesia nr. 17 di “Diario del ’71 e del ’72”.
Testo della poesia
Il tuffatore preso au ralenti
disegna un arabesco ragniforme
e in quella cifra forse si identifica
la sua vita. Chi sta sul trampolino
è ancora morto, morto chi ritorna
a nuoto alla scaletta dopo il tuffo,
morto chi lo fotografa, mai nato
chi celebra l’impresa.
Ed è poi vivo
lo spazio di cui vive ogni movente?
Pietà per le pupille, per l’obiettivo,
pietà per tutto che si manifesta,
pietà per il partente e per chi arriva,
pietà per chi raggiunge o ha raggiunto,
pietà per chi non sa che il nulla e il tutto
sono due veli dell’Impronunciabile,
pietà per chi lo sa, per chi lo dice,
per chi lo ignora e brancola nel buio
delle parole!
Nella poesia “Lettera a Malvolio”, la numero 42 di “Diario del ’71 e del ’72”, Montale prende le distanze dalla società italiana degli anni del boom economico e in particolare attacca Pasolini, indirettamente e senza farne il nome, perché aveva stroncato “Satura”, e critica gli intellettuali che avevano tratto guadagni dalla società utilitaristica e consumistica di quel periodo. Montale afferma di non essere mai sceso a compromesso con i potenti, né prima con quelli del fascismo, né tanto meno ora con i nuovi potenti dell’Italia del boom economico. Emerge, quindi, la figura di un poeta solitario, ma coerente con i suoi principi di alta moralità e di onestà intellettuale che non vuole partecipare ad un mondo corrotto e colmo di disonore e indecenza. Il poeta afferma di non essere mai fuggito agli impegni politici ma si è solo ritirato per un rispettabile “prendere le distanze”. Prendere le distanze, per il poeta, se non fu difficile al tempo del fascismo, a maggior ragione diventa più semplice ora, in una realtà meno complessa e rigida di quella autoritaria. Montale si trova ora a vivere in un periodo “dove l’onore e l’indecenza hanno fondato l’ossimoro permanente ed è l’ora della focomelia concettuale e il distorto è il dritto, su ogni altro derisione e silenzio”. Il poeta accusa Pasolini di avere rimescolando abilmente materialismo storico e pauperismo evangelico e di avere ricevuto denaro da un ambiente corrotto. Montale termina affermando di essere rimasto coerente con la fuga immobile e che ancora per lui “la partita è aperta”, mentre per Pasolini “la partita è chiusa” perché questo tempo corrotto finirà presto:
che la partita è chiusa per chi rifiuta
le distanze e s’affretta come fai tu, Malvolio,
perché sai che domani sarà impossibile anche
alla tua astuzia.
Un altro tema che viene ripreso da Montale nel Diario del’71 e del’72 è la ricerca della felicità fuori dal tempo che il poeta ribadisce nella bellissima poesia, “La Pendola a Carillon”, la numero 59 della seconda sezione dell’opera.
Testo della poesia
La vecchia pendola a carillon
veniva dalla Francia forse dal tempo
del secondo Impero.
Non dava trilli o rintocchi ma esalava
più che suonare tanto n’era fioca la voce
l’entrata di Escamillo o le campane
di Corneville: le novità di quando
qualcuno l’acquistò: forse il proavo
finito al manicomio e sotterrato
senza rimpianti, necrologi o altre
notizie che turbassero i suoi non nati nepoti.
I quali vennero poi e vissero senza memoria
di chi portò quell’oggetto tra inospiti mura sferzate
da furibonde libecciate – e chi
di essi ne udì il richiamo? Era una sveglia
beninteso che mai destò nessuno
che non fosse già sveglio. Io solo un’alba
regolarmente insonne traudii l’ectoplasma
vocale, il soffio della toriada,
ma appena per un attimo. Poi la voce
della boite non si estinse ma si fece parola
poco udibile e disse non c’è molla né carica
che un giorno non si scarichi. Io ch’ero
il Tempo lo abbandono. Ed a te che sei l’unico
mio ascoltatore dico cerca di vivere
nel fuordeltempo, quello che nessuno
può misurare. Poi la voce tacque
e l’orologio per molti anni ancora
rimase appeso al muro. Probabilmente
v’è ancora la traccia sull’intonaco.
Dopo altre poesie di vario genere, Montale scrive “Sulla spiaggia”, la poesia numero 64 di Diario del ’71 e del ’72, dove è evidente tutto il sarcasmo, che si potrebbe definire pure disprezzo, di Montale verso la gente vacanziera, definita “lemuri umani”. Una caratteristica formidabile di Montale è certamente quella di mischiare il Dio cattolico con le divinità pagane etichettandoli con epiteti vari e diversi. Il poeta, in pratica, mischia cultura classica con cultura cattolica in un gioco che lascia sconcertato il lettore. Alcune volte parla bene degli Dei greci, altre volte parla bene del Dio cristiano, altre volte parla male sia degli Dei che di Dio. Alcune volte definisce Dio “il Proto”, altre volte lo chiama semplicemente “Altro”; certe volte sembra lodare gli antichi Dei e altre volte sembra incattivirsi con il Dio dei cristiani, come fa nella poesia “Non c’è morte”. Questo miscuglio tra Dei pagani e Dio cattolico accresce la confusione nel lettore e non gli permette di capire chi parteggi il poeta visto che schernisce gli uni e l’altro. Un’altra bella poesia è “Annetta”, la poesia nr. 72 dell’opera, che lontanamente fa pensare “A Silvia” del Leopardi, in cui Montale definisce gli uomini “I sedicenti vivi” a conferma della sua visione di vita degli uomini visti come ectoplasmi. Segue poi un’altra poesia, “Il mio ottimismo”, poesia nr. 78, nella quale Montale ironizza sui “cerchi che ci presentano un Deus absconditus che ha barba baffi e occhi/a miliardi perché nulla gli sfugge di noi” ed elogia invece un generico Artefice a cui non chiede nulla. Montale chiama Dio “il mio Artefice” aumentando, ancora di più, i già numerosi modi di definire il Divino. Con l’utilizzo di questa tecnica, sembra che Montale voglia dirci che la gran quantità di soprannomi riferiti alla Divinità non è altro che una banalizzazione di Dio, che viene ridotto ad un essere innocuo e ininfluente sugli uomini e quindi rimane un’essenza sconosciuta ed incomprensibile. Questa poesia è seguita dalla poesia “Due epigrammi”, nella quale Dio, per Montale, è solo e ciò che gli compete è solo affare suo e non è affare nostro. La poesia nr. 81 è “Si deve preferire” che termina mettendo in risalto l’indifferenza degli Dei. Ecco gli ultimi versi: “Ma neppure questione/perché non c’entra la volontà. /Essa vuole soltanto differire/e differire non è indifferenza. /Questa è soltanto degli Dei, /non certo/dell’uomo tra gli scogli”. Subito dopo segue la poesia “Sorapis, 40 anni dopo”, la poesia nr. 83, il cui bel finale mitiga molto tutto il pessimismo montaliano: “Scoprimmo allora che cos’è l’età. /Non ha nulla a che fare col tempo, è qualcosa che dice/che ci fa dire siamo qui, è un miracolo/che non si può ripetere. Al confronto/la gioventù è il più grave degli inganni”.
Commento e valutazioni personali
Io, Biagio Carrubba, penso che “Diario del ’71 e del ’72” sia il libro meno brillante e meno accattivante dell’ultima produzione montaliana. Malgrado ciò contiene diverse poesie belle come “La pendola a Carillon”, “Annetta”, “Il tuffatore” e “Sorapis, 40 anni fa”. Nell’opera emerge tutto il pessimismo montaliano attenuato da qualche bel ricordo del poeta. Io penso che Montale, con Diario del ’71 e del ’72, continui la svolta poetica iniziata con Satura rispetto alla Bufera e altro che era ancora costruita con uno stile alto e molto vicino all’ermetismo fiorentino. Diario del ’71 e del ’72 ripropone, quindi, gli stessi temi di Satura (anche se ne approfondisce alcuni visti sotto una luce diversa). Per questi motivi questo quinto libro è per alcuni aspetti l’opera meno vivace e meno nuova dell’ultima produzione montaliana perché i temi sono già conosciuti, la forma è già nota e questi motivi fanno del libro solo una raccolta poetica di transizione e di raccoglimento verso lo scatto finale degli ultimi libri nei quali Montale riprenderà a scrivere di nuovo altre bellissime poesie e a dare una impennata verso la bellezza poetica a lui congenita. Nonostante questa pausa di transizione Diario del ’71 e del ’72, presenta lo stesso alcuni aspetti estetici importanti che ne fanno comunque un’opera medio alta della sua produzione.
1) La conferma della felicità nel fuordeltempo.
2) La polemica e la difesa con Pier Paolo Pasolini.
3) La varietà dei toni e dei nomi usati per indicare Dio e la Divinità.
4) La conferma della vita degli uomini visti come ectoplasmi.
5) La forma quasi realistica e il linguaggio tra prosa e poesia.
Modica 10 maggio 2019 Prof. Biagio Carrubba
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