L’enigma Elena (II)

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L’enigma Elena (II)

I

La figura e la scelta dirompente di Elena hanno sempre avuto molte interpretazioni diverse e controverse da tantissimi autori già dal mondo greco. Il primo autore che parlò della figura di Elena fu Omero che giudicò negativamente la donna, che benché vittima di Afrodite, fu considerata la causa scatenante della guerra tra greci e troiani. Poi venne il giudizio negativo di Stesicoro, il quale scrisse un libretto in cui giudicò Elena fedifraga ed adùltera. Stesicoro poi ritrattò questo racconto con la famosa Palinodia; poi vennero i giudizi opposti e contrastanti di Saffo ed Alceo nelle loro belle poesie; quindi vi fu la messa in scena nel teatro di Euripide con diverse tragedie che riprendono la tesi di Stesicoro; poi vi fu “L’Encomio di Elena” di Giorgia; quindi “L’Encomio di Elena” di Isocrate; poi nel mondo latino abbiamo la famosa e fantasiosa lettera scritta da Ovidio che immaginava una lettera di Elena a Paride. In questa lettera compare il famoso verso “Bella gerant fortes; tu, Pari, semper ama” (Che facciano la guerra i soldati (i guerrieri); tu, Paride, ama). Io non condivido il giudizio di Ovidio su Paride perché questi, come dimostra Omero, non era solo bello ma anche uno spietato e feroce condottiero, magari non all’altezza di un Ettore o di un Achille, ma certamente un uomo abile nelle armi, tanto da essere riuscito ad uccidere Achille, ma subdolo ed infido seduttore che riuscì a portarsi Elena a Troia. Poi vi furono le interpretazioni medievali in cui Elena fu, anche qui, giudicata negativamente da un punto di vista etico perché sempre considerata traditrice e fedifraga come nell’opera di Ars versificatoria (1175) di Matteo di Vendome; poi vi furono i giudizi negativi nel teatro moderno come quello di Christopher Marlowe (nel 1590) che nel dottor Faust immagina Faust unirsi con Elena in un appassionato amplesso, fino ad arrivare all’800 – ‘900 con lo scrittore Jorgos Seferis che pubblicò una poesia su Elena, con il poeta greco Jannis Ritsos che immagina Elena come anziana, sola ed abbandonata ed infine anche con lo psicanalista svizzero Carl Gustav Jung che interpreta la figura di Elena come archetipo dell’animo. Anche nell’ultimo decennio del XXI secolo Elena viene sempre giudicata negativamente con le opere di Bettany Hughes e di Francesca Petrizzo. La scrittrice inglese Bettany Hughes giudica Elena una ninfomane come si evince tra le righe di questo brano: “Ma tutto prova, senza eccezione, che nella persona e nell’immagine di Elena rimane sempre un aspetto essenziale: un’attrazione sessuale così potente e inconoscibile (ninfomane) che gli uomini sono disposti a tutto, per quanto catastrofico possa essere il loro destino, pur di possedere colei che è capace di suscitare tale passione …” (tratto da “Elena di Troia – Dea, principessa, puttana” – Pag. 333). Francesca Petrizzo invece giudica Elena una traditrice con l’aggravante della premeditazione nell’istigare Menelao ad andare al funerale del nonno Crateo. Così scrive Francesca Petrizzo. (Elena, in pieno amplesso, con Menelao dice:) “C’era trionfo nel mio grido, perché sapevo di avere vinto quando la sua pancia sporgente schiacciò la mia e io mormorai, nella voce la nota esausta di un piacere simulato: “Andrai?” “Andrò”. (tratto da “Memorie di una cagna” – Frassinelli editore 2010 – Pag. 93). Menelao disse “Andrò” cadendo nel tranello e nell’inganno tesogli dalla moglie Elena. La scelta scaltra di Elena e di Paride di fuggire dal palazzo reale di Menelao a sua insaputa e di nascosto è la dimostrazione concreta e contingente del dio Kairòs, cioè il momento propizio, l’occasione da cogliere, la circostanza adatta per compiere qualcosa; come divinità Kairòs aveva un altare ad Olimpia. L’ambiguità e l’ambivalenza tra eros ed amore è proprio la tesi classica della cultura omerica e della poesia arcaica. Secondo gli inni omerici infatti tutta la storia e la vicenda di Elena e di Paride nella quale Elena si mostra tanto erotica e passionale, dimostra la natura ambivalente dell’amore che non si può scindere in due parti uguali tra amore ed eros per cui questo mix tra amore ed eros rimane sempre incandescente e rovinoso per chi lo subisce ed Elena è la ipostatizzazione dell’amore-eros così come lo aveva definito Platone e cioè amore è una divina devianza dalle norme abituali.

II

Io, Biagio Carrubba, credo che per sciogliere e risolvere l’enigma Elena bisogna fare una netta distinzione tra i due volti dell’amore, tra amore ed eros.
L’amore positivo è fonte di gioia, vita, sogno, sesso legittimo, passione, piacere, innamoramento e seduzione; l’amore negativo è, invece, gelosia, morte, odio, sesso illegittimo come incesto, concupiscenza, adulterio, infedeltà, seduzione, malia e perversione sessuale. Questa differenza la si può vedere facendo l’equazione e la distinzione tra amore ed eros. L’amore è un accordo duraturo, una promessa, una intenzione ed un progetto esistenziale per tutta la vita, mentre l’eros è piacere, patto e atto momentaneo, che può essere anche mercenario, tra due amanti. Fin quando non si fa la distinzione tra amore ed eros la donna o l’uomo, scambiando l’amore per eros o viceversa, generano danni e fanno scelte dirompenti e sbagliate come quelle di Elena. Fatta questa distinzione io penso che con la sua fuga consensuale con Paride, Elena volesse realizzare l’amore e non l’eros ma la sua scelta d’amore scatenò, oltre all’eros, anche la guerra tra troiani e greci. Ma allora perché Elena quella sera, presa dal desiderio del sesso, fece l’amore con Paride e poi lo seguì fino a Troia? Forse Elena si sentiva tanto schiacciata ed infelice che preferì abbandonare Menelao e mettere a repentaglio la sua stessa vita per liberarsi del marito e provare una struggente passione di amore pur di realizzare la sua felicità? L’unica risposta possibile in questi casi è quella che Elena, come tutti, credette che dopo l’amplesso con Paride avrebbe raggiunto la sua felicità, cioè l’amore vero e proprio. La felicità, o la speranza di raggiungerla, è certamente l’istinto e la ragione per cui Elena si dimenticò la realtà effettuale e concreta di chi fosse, e cioè regina di Sparta, e quindi il motivo di scelta non fu soltanto quello di provare sensazioni erotiche immediate ma quello di raggiungere la felicità e realizzare l’amore con l’amato, come spera ogni essere umano. Quindi Elena quella sera fu felice, convinta e determinata a seguire Paride. Ma, subito dopo, arrivata a Troia, capì che la realtà troiana le era estranea ed ostile. Elena dimenticò di essere anche una regina e ciò fu molto grave perché se una donna comune lascia lo sposo per un giovane amante è grave ma non causa una guerra. In questo caso il ruolo di regina di Sparta, imponeva ad Elena di resistere alla sua passione d’amore e alla sua felicità e di mantenersi fedele a Menelao perché la trasgressione è libertà, ma fino ad un certo punto, perché non esiste la libertà in assoluto e quindi anche l’amore deve accettare le regole della società. Ed in questo senso Elena riuscì a mettere in pratica la famosa definizione che di amore ed eros ne ha dato Platone: “Amore è una divina devianza dalle norme abituali”. Infatti l’amore, in quanto eros, contiene una carica trasgressiva che porta poi a scelte forti contro la morale e l’etica sociale. Il guaio nasce da chi non riesce a distinguere tra amore ed eros ed allora cade in scelte trasgressive che portano conseguenze dirompenti e rovinose come quella di Elena con tutte le conseguenze sociali che comporta, in questo caso la guerra. Ma come tutti sanno la felicità non si identifica con il sesso perché allora chi pratica la prostituzione o le pornostar dovrebbero essere continuamente felici ed invece anche loro hanno la loro vita sofferta di tutti i giorni. Così come la felicità non si identifica con il solo sesso, così non si identifica con la sola spiritualità o l’ascesi tout court e cioè mortificando al massimo il corpo e quindi anche il sesso. La felicità, invece, è la sintesi e la fusione tra lo sviluppo della mente, e quindi della cultura e della creatività cognitiva, e la giusta gratificazione e piacere del sesso e dei sensi. Quindi Elena non era né una dea come Afrodite, pura e al di sopra delle parti, né una puttana né una ninfomane come sostiene Bettany Hughes, né una donna casta, pura ed ascetica, bensì era una giovane, ricca ed affascinante che, presa dall’amore per Paride lo seguì nella speranza di raggiungere l’amore e la felicità senza la premeditazione come sostiene Petrizzo.
In sostanza Elena ha avuto tre colpe.
1. Confuse l’amore con l’eros;
2. Come Regina fece una scelta avventata perché non pensò alla figlia, al marito e al suo ruolo sociale;
3. Come era giusto che lei onorasse il patto d’amore con Paride, ormai in corso, prima era più giusto rispettare il patto d’amore con lo sposo Menelao. Insomma doveva scegliere più il dovere che il piacere.

Finale.

Dunque credo che per questi motivi per cui è giustamente accusata Elena, per salvare capre e cavoli, e cioè l’eros e l’amore, la famosa notte della partenza non doveva partire ma semplicemente, dopo avere soddisfatto il proprio eros con l’amplesso, doveva avere la forza razionale e la freddezza del Kairòs, di lasciare partire da solo Paride.
Quindi io, Biagio Carrubba, credo che la soluzione più soddisfacente e meno cruenta dell’enigma è che Elena, ormai presa dall’istinto sessuale, doveva soddisfare l’eros di nascosto e poi ritornare a fare la regina anche se questo non è un atteggiamento leale e fedele ma almeno avrebbe evitato la gelosia e l’invidia di Menelao che si sentì un uomo umiliato e becco e quindi scatenò la sua irruenza feroce chiamando a consulto gli altri principi greci fino a portarli a Troia.

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Modica, 24 novembre 2018                                                                             Il Professore Biagio Carrubba

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