LA POESIA POSTCONTEMPORANEA 2020 N. 1 L’ultima triade. (Tesi, antitesi e sintesi) La Poesia Postcontemporanea Apocalittica.

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LA POESIA POSTCONTEMPORANEA 2020 N. 1
L’ultima triade. (Tesi, antitesi e sintesi)
La Poesia Postcontemporanea Apocalittica.

Io, B. C., penso e reputo che la poesia postcontemporanea debba essere la poesia più aderente e più adatta ai nostri tempi postcontemporanei che stiamo vivendo e scoprendo ogni giorno che passa. La poesia postcontemporanea deve essere, secondo me, la poesia di oggi che sintetizza, ad un livello superiore, tutta la poesia passata e del presente; deve concepire e gestire il futuro imminente che già batte alle nostre porte e incombe in ogni giorno della nostra vita. Oggi, quindi, secondo me, la poesia postcontemporanea deve essere una poesia varia e deve esprimere tanti contenuti della realtà dei nostri tempi e delle nostre società postcontemporanee, e, soprattutto, deve vertere sui temi dell’ambiente e sui cambiamenti climatici. Secondo me, molti poeti di oggi, dovrebbero cimentarsi su questi temi ambientali e climatici e nello stesso tempo dovrebbero comporre poesie altamente formali, e, nello stesso tempo, istruttive. Io, B. C., penso e reputo che la poesia postcontemporanea deve essere la sintesi tra la poesia politica e sociale e la poesia pura ed ermetica. Inoltre, io, B. C., reputo che queste due forme di poesie siano state entrambe necessarie per arrivare alla poesia postmoderna e da questa alla poesia postcontemporanea. Infatti penso che quando alla poesia politica manca la dimensione del linguaggio analogico, ricercato e raffinato della poesia ermetica, e quando alla poesia ermetica manca la dimensione politica, sociale, chi scrive rimane sempre insoddisfatto, dal momento che adopera soltanto un lato della produzione poetica e creativa. Allora io penso che è necessario fare una sintesi di queste due dimensioni poetiche (contenuti politici e sociali e cambiamenti climatici di oggi e la forma analogica, raffinata e creativa della poesia personale ed originale). Da questa contrapposizione nasce, secondo me, la necessità della nuova ed originale sintesi rispetto alla tesi e all’antitesi. Per riprendere la triade egheliana (tesi – antitesi e sintesi) dove la sintesi invera, ad un livello superiore, la tesi e l’antitesi. Quindi, riassumendo, dalla poesia moderna (tesi) che metteva, in primo piano, i contenuti in e dalla poesia ermetica (antitesi) che metteva, in primo piano, la forma e l’analogia si è passati alla poesia postmoderna e da questa, ormai da più di 10 anni, io, B. C., penso e reputo che è nata la poesia postcontemporanea, da me definita e circoscritta nei temi, negli argomenti e nei contenuti attuali che riguardano l’ambiente e i cambiamenti climatici di oggi accoppiandoli ad una forma levigata, delicata, ricercata e raffinata. Alla poesia postcontemporanea (tesi) si è contrapposta, secondo me, la poesia postcontemporanea – post climatica (antitesi), che è in corso e da questo binomio contrapposto si invererà, fra poco, la nuova sintesi poetica che io definisco poesia postcontemporanea apocalittica. Quindi abbiamo due triadi. La prima triade è stata costituita dalla Poesia moderna (tesi) in contrapposizione alla poesia ermetica (antitesi) da cui è inverata la sintesi della poesia postmoderna. La secondo triade è costituita, secondo me, dalla poesia postcontemporanea (tesi) contrapposta alla poesia postcontemporanea – post climatica (antitesi) di oggi. Da questa contrapposizione è già nata la nuova sintesi poetica che io ho definito Poesia Postcontemporanea Apocalittica, dato che ormai sono evidenti e in piena manifestazione tutti gli sconvolgimenti climatici e territoriali che nel giro di due decenni porteranno, secondo me, prima alla devastazione, e poi alla distruzione finale della Terra e con essa dell’intera umanità. Secondo me, B. C., questa sarà l’ultima triade poetica che chiuderà l’esperienza umana su questa Terra. Per cui io, B. C., posso dire e affermare, fin da ora, che l’ultima triade, quella in corso, descrive (oggi) e descriverà (domani), narra (oggi) e narrerà (domani) e racconta (oggi) e racconterà (domani) l’ultima devastazione della Terra, la quale ritornerà alle sue origini, cioè ai suoi elementi primari: acqua, fuoco, terra e aria. Ma la poesia postcontemporanea apocalittica non deve soltanto descrivere questo processo distruttivo e mortale, ma deve, anche, interpretare e rappresentare tutti i dolori dell’ultima umanità, ma contemporaneamente deve rappresentare e descrivere l’amore, la solidarietà e la salvezza che la scienza potrà portare ai sopravvissuti durante l’apocalisse finale.

II

Ecco, quindi, che l’ultima sintesi poetica la Poesia Postcontemporanea Apocalittica, chiuderà, secondo me, la prossima, ma già attuale, storia dell’umanità. Dunque, secondo me, la poesia postcontemporanea apocalittica dovrà dipingere, raccontare, rappresentare e interpretare, anche, tutti i tentativi che la scienza metterà in pratica per salvare l’umanità, durante l’apocalisse e dovrà, anche, descrivere tutte le nuove situazioni che nasceranno durante gli ultimi anni dell’apocalisse, quando sorgeranno gruppi di persone che cercheranno di solidarizzare fra di loro e cercare, così, una via di scampo nel marasma generale e nella distruzione finale. Infine la Poesia Postcontemporanea Apocalittica dovrà, anche, secondo me, far sorgere un sorriso in ogni superstite e deve generare e creare un forte sentimento di speranza in ogni uomo, donna e bambino durante gli ultimi giorni della Terra. Insomma la poesia postcontemporanea apocalittica dovrà portare, anche, un sentimento di sollievo e di incoraggiamento all’umanità che cerca di difendersi dall’ultima apocalisse che è già in corso. Infatti, io, B. C., penso e reputo che l’apocalisse finale imperversa già sul tutto il pianeta Terra. Basta assistere e guardare i violenti e disastrosi incendi che stanno divampando in Australia, dove già sono morti decine di persone e dove già sono morti migliaia di animali e dove molti ettari di terreno sono stati bruciati dal fuoco. Basta assistere allo scioglimento dei ghiacciai dei poli, basta guardare la siccità che imperversa in ogni continente della Terra; basta osservare la desertificazione dell’Africa e dell’Europa, con l’innalzamento della temperatura a oltre i 40 gradi. Insomma, secondo me, l’apocalisse già infuria in tutto il mondo e, io, B. C., reputo che i poeti postcontemporanei di oggi devono saper descrivere, rappresentare e interpretare i micidiali e attuali cambiamenti climatici di oggi. Penso e auspico che i poeti postcontemporanei di oggi debbano redigere poesie per fare ragionare i politici e organizzare convegni e manifestazioni politiche in favore di un clima mite e sopportabile. Infine, io, B.C., penso e chiedo che i poeti di oggi debbano fare appelli a tutti i politici del mondo e debbano scrivere poesie che preparino l’umanità ad affrontare, nel miglior modo possibile, gli esiziali cambiamenti climatici di oggi e debbano fortificare l’animo di ognuno per affrontare, la guerra, tragica e tremenda, che attende e aspetta a tutta l’umanità. Io, B. C., per fortuna mia, non vedrò tutta questa devastazione e non voglio assistere, nemmeno, a questa tremenda apocalisse finale. Per finire e concludere questa mia analisi sulla prospettiva dell’immediato futuro, auspico soltanto che la poesia postcontemporanea apocalittica sia adeguata e pronta per descrivere e rappresentare la prossima apocalisse vicina e lontana. Mi piace portare alla memoria un esempio illustre sulla narrazione e sulla descrizione di un’apocalisse letteraria e cioè la trama e le vicende del famoso romanzo “La peste” di Albert Camus, nel quale libro l’autore, per l’appunto, descrive e narra tutte le vicende legate alla diffusione della peste in una città araba. Il protagonista del romanzo, un medico del luogo, energicamente e figuratamente, dapprima cerca di capire le cause dell’infestazione della peste. Poi descrive la morte di molte migliaia di persone colpite dalla peste e le relative manifestazioni cutanee del corpo dovute all’infezione della peste. Infine il medico cerca di trovare le medicine adatte per cercare di guarire tutte le persone malate e colpite dalla peste, con il suo procedere scientifico e analitico. Alla fine il medico trova il trattamento medico adeguato e così riesce a guarire e a salvare tutti gli ammalati della città e a debellare la malattia. Ecco il finale del romanzo nel quale il protagonista, il dottor Rieux, esprime tutta la sua gioia per avere debellato la malattia e dato salvezza agli abitanti della città. “Il dottor Rieux decise allora di redigere il racconto che qui finisce, per non essere di quelli che tacciono, per testimoniare a favore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo della ingiustizia e della violenza che gli erano state fatte, e per dire semplicemente quello che si impara in mezzo ai flagelli, e che ci sono negli uomini più cose da ammirare che da disprezzare. Ma egli sapeva, tuttavia, che questa cronaca non poteva essere la cronaca della vittoria definitiva; non poteva essere che la testimonianza di quello che si era dovuto compiere e che, certamente, avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terrore e la sua instancabile arma, nonostante i loro strazi personali, tutti gli uomini che non potendo essere santi e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano di essere dei medici.” (Dal libro Albert Camus. La peste. Bompiani editore. Pagina 235). Allora, io, B. C., concludo, affermando che anche gli attuali poeti postcontemporanei apocalittici debbano redigere e comporre le loro poesie descrivendo tutti gli attuali cambiamenti climatici che già imperversano in ogni parte del mondo ma, contemporaneamente, debbano avere un senso di fiducia e di speranza nella scienza e nella medicina che sono le uniche attività umane capaci di frenare i disastri del cambiamento climatico e, nello stesso tempo, debbano costruire e fortificare lo spirito e la resistenza di ogni uomo per affrontare l’enorme forza della natura scatenata nell’apocalisse finale. I poeti postcontemporanei apocalittici debbano, quindi, secondo me, trasformarsi in poeti postcontemporanei pacifisti per rinfrancare, incoraggiare e per tranquillizzare tutte le persone che sono già vittime dei cambiamenti climatici in corso e portare forza, sollievo e fiducia a tutte le persone che lavoreranno e daranno aiuto, come ha fatto il medico Rieux nel romanzo La peste di A. Camus. Solo con questo lavoro di abnegazione e di solidarietà degli scienziati e dei medici vi sarà, sicuramente, un gruppo di sopravvissuti che riusciranno a rinascere e a risorgere dall’apocalisse e generare una nuova umanità capace di vivere e convivere nella Terra, mutata e devastata, dall’Apocalisse.

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Modica 11/01/2020                                                                  Prof. Biagio Carrubba

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