La Passione (6) Via Crucis al Colosseo di Mario Luzi

La Passione di Cristo
Share Button

La Passione (6)

Mario Luzi

I testi 13, 14 15 e 16 de “La Passione” di Mario Luzi corrispondono grosso modo alle stazioni undicesima, dodicesima, tredicesima e quattordicesima della Via Crucis tradizionale. Questi testi chiudono l’opera teatrale e poetica di Luzi così come le ultime quattro stazioni della Via Crucis terminano la Pasqua tradizionale cristiana, che porta alle resurrezione di Gesù Cristo.

Il testo 13 coincide quasi perfettamente con l’undicesima stazione della Via Crucis tradizionale, dove Gesù viene inchiodato sulla croce. In questo testo Luzi fa vivere e rivivere a Gesù cristo moltissimi sentimenti interiori, dopo il rancore e l’odio già percepiti e sentiti durante tutto il percorso contro la turba che lo deride, lo flagella e lo strattona sulla strada che lo porta sulla collina del calvario dove sarà crocifisso. Durante il percorso Gesù,  ormai rassegnato a morire, allontana il suo sguardo dalla folla aizzata contro di lui e medita sulla sorte e la natura dell’umanità che vive lontano da Dio e che non vuole riconoscere la natura divina di Gesù Cristo. Ma tutta l’attenzione di Gesù Cristo è rivolta a tutte le sue sensazioni ed emozioni che prova in interiore homine e descrive ordinatamente e dettagliatamente. Gesù Cristo non mostra sentimenti di cinismo e scetticismo, ma vive e rivive i sentimenti più comuni dell’uomo medio il quale a sua volta vive una forte passione e un grave dramma o una brutta agonia che lo conduce alla morte. Questa coincidenza di sentimenti tra Gesù Cristo e l’uomo comune è una delle caratteristiche più belle ed affascinanti di tutta l’opera poetica e teatrale de “La Passione” di Luzi.

Il testo 13 inizia con il sentimento più comune dell’uomo medio cioè l’affettività e l’affezione verso gli amici più cari e con l’amore per la vita e la bella Terra sulla quale vive l’umanità da sempre. Rivolgendosi al padre Gesù afferma: “Padre mio, mi sono affezionato alla terra più di quanto non avrei creduto.” Gesù Cristo si è anche affezionato alla gente povera, amabile ed esecrabile, alle case e perfino ai deserti della sua terra natale. Gesù in procinto di morire prova dolore e tristezza perché deve abbandonare i suoi discepoli e i bambini che ha conosciuto durante la sua breve ma movimentata e rivoluzionaria vita terrena. Gesù constata che il “il cuore umano é pieno di contraddizioni” e ha scoperto che “la vita sulla Terra é dolorosa, ma é anche gioiosa” e si rende conto che ora gli dà angoscia lasciarla. Ma durante  la sua breve vita Gesù non ha mai perso il contatto con suo Padre ed ora non vede l’ora di tornare da lui perché la Via Crucis lo fa tremare di paura e lo angoscia più del dovuto e sa che la morte gli trasfigurerà il bel viso. Gesù ha fretta di risalire in cielo e sa che alla morte sarà ricongiunto al Padre. Gesù sa anche che le sue ultime riflessioni sulla Terra sono troppo umane e quasi hanno dimenticato la natura divina della sua missione. E ancora una volta Gesù rivolgendosi al Padre gli dice di non badare alle sue parole che possono sembrare quasi “deliranti”, ma deve considerare questo suo parlare “come un desiderio d’amore”. Gesù é venuto sulla Terra per fare la volontà del Padre  e non é venuto di sua iniziativa ma solo per attuare il piano segreto e di imperscrutabile di Dio per la salvezza dell’umanità.

In mezzo allo sconforto e alla tristezza del momento, Gesù guarda dentro se stesso e avverte tutta la sua umana debolezza e il suo “stato umano d’abiezione” che lo fanno sentire l’ultimo degli uomini e il più umile fra gli umili. Ma la realtà non è così; egli é il figlio unigenito di Dio che dona la sua vita per la salvezza dell’umanità e paga di persona con il suo sangue: “il debito dell’inquità alla iniquità”.

Il testo 13 termina con lo sgomento di Gesù che guarda con afflizione il lavoro dei soldati romani che lo “afferrano, lo alzano alla croce piantata sulla collina”. Ma Gesù fino all’ultimo non capisce il motivo della sua passione e della sua morte e con questo verso finale finisce il suo triste lamento:

[…] Ma tu solo conosci questo mistero.”

I passi evangelici che fanno riferimento a questo testo sono diversi, ne scelgo e ne riporto solo alcuni:

[…] Da me, io non posso fare nulla, Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio é giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. […]”

Giovanni 5-30

[…] Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di dio. Io sono venuto nel nome del padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.”

Giovanni 5-41, 42, 43

[…] sono disceso dal cielo non per far el amia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa é la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. […]”

Giovanni 6-38,39

[…] In verità, in verità vi dico: << se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte.. […]”

Giovanni 8-51

[…] Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma lo offro da me stesso, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio […]”

Giovanni 10-17,18

Il testo 14 corrisponde pressappoco alla dodicesima stazione e cioè alla morte di Gesù in croce. Ora nel testo di Luzi la prima cosa che si nota è che a parlare non è più Gesù Cristo ma il discepolo più caro e più amato, cioè l’apostolo Giovanni che guarda e osserva con tristezza e malinconia Gesù morente e crocifisso sulla croce.

Giovanni ascolta e capta le ultime stentate e sussurrate frasi di Gesù morente sulla croce. Giovanni dapprima ascolta l’ultimo dialogo della vita di Gesù con i due ladroni poi ascolta il consiglio che Gesù gli dà. Questi due ladroni sono anche il simbolo della doppia natura umana, quella buona e quella egoistica. Il primo ladrone più egoista dell’altro si rivolge a Dio e gli dice: “Sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi”. L’altro ladrone più umano e comprensivo lo redarguisce dicendogli: “non hai timore di Dio” e poi rivolgendosi a Cristo gli dice: “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E Gesù, ripresi i sensi, lo rassicura: “Stasera sarai con me in Paradiso”. Questo dialogo lo riferisce Luca nel suo Vangelo il che significa che Luca lo ha riferito a Giovanni. Invece Giovanni riporta altre parole di Gesù rivolte a lui che lo invita a prendere a casa sua (di Giovanni) Maria la madre di Gesù Cristo. Dopodiché Gesù chiede dell’acqua perché ha sete ma gli porgono una spugna imbevuta di aceto e Gesù dice “tutto è compiuto. E, chinato il capo spirò”. I passi evangelici che fanno riferimento alle ultime parole di Cristo in croce sono:

[…]Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: << Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. […]>>

Luca 23-33, 34

[…] Gesù, gridando, a gran voce, disse: << Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò>>”

Luca 23-46

Il testo 15 corrisponde perfettamente alla tredicesima e quattordicesima stazione della Via Crucis tradizionale cioè “Gesù deposto dalla croce” (13) e “Gesù deposto nel sepolcro” (14) , e alla quindicesima stazione e cioè alla probabile e invisibile resurrezione di Gesù Cristo.

Il testo 15 descrive la deposizione di Gesù Cristo dalla croce e viene sepolto nella tomba del “discepolo nascosto, il ricco Giuseppe di Arimatea”. Gesù fu avvolto in un lenzuolo bianco e deposto dentro la tomba chiusa con “un masso fatto rotolare subito a chiudere l’ingresso”. Dopo tre giorni di morte le donne andarono a portare gli aromi a Gesù ma videro con meraviglia e sbalordimento che l’ingresso della tomba era aperto e non trovarono più Gesù coricato dentro la tomba. Ma videro “due angeli in vesti sfolgoranti che esclamano: << Perché cercate tra i morti colui che é vivo?>>” le donne sbigottite corsero “ ad annunciare l’evento miracoloso agli apostoli stupiti ed increduli”. Per primi alla tomba vuota arrivarono Pietro e Giovanni, e questi racconta che molti non credettero invece lui credette alla resurrezione. Chi non credette erano coloro che

non avevano ancora compreso la scrittura che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.[…]”

Giovanni 20-9, 10

Tra coloro che non credettero alla resurrezione vi era il discepolo Tommaso, il quale esclamò:

Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo.[…]”

Giovanni 20-25

Quando Gesù ricomparve fra i suoi discepoli disse a Tommaso:

Perchè mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”

Giovanni 20-29

Il testo 16 corrisponde quasi completamente alla possibile quindicesima stazione della Via Crucis e cioè alla Resurrezione di Gesù vera e propria della Pasqua cristiana. Questo testo inizia con due bei versi: “Dal sepolcro la vita è deflagrata. La morte ha perduto il duro agone“. Infatti, il Redentore risorge dal sepolcro e la vita rinasce ed esplode di nuovo in Gesù Cristo così come era stato prescritto nelle Sacre Scritture e voluto da Dio. La morte ha perduto la sua battaglia contro Gesù e Dio. Essa non fa più paura né a Gesù né agli uomini i quali hanno visto che essa può essere vinta e sconfitta dalla Resurrezione con l’esempio di Gesù Cristo. Gli uomini si sono riconciliati con Dio per mezzo del sacrificio di Gesù che si é immolato per la salvezza dell’umanità. Ora secondo Luzi l’umanità ha una nuova stabile alleanza con Dio e così gli si riapre un’altra volta la via della salvezza ma questa via ha la porta stretta, per cui è necessario ancora una volta l’aiuto e il soccorso di Dio. L’intera opera teatrale e poetica termina con l’ultima supplica di Luzi a Dio

Tu (Dio), guida e presidio, non ce lo negare.

L’offesa del mondo è stata immane.

Infinitamente più grande è stato il tuo amore.

Noi con amore ti chiediamo amore.

Amen”

I passi dell’insegnamento di Gesù e del suo Kerigma sono tanti ne riporto alcuni tra i più belli e significativi:

[…] Gesù disse: << Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e cred ein me, non morrà in eterno>> […]”

Giovanni 11-25

[…] Gli disse Gesù: << Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da or alo conoscete e lo avete veduto>> […]”

Giovanni 14-6,7

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il padre è più grande di me.”

Giovanni 14-27,28

Di nuovo Gesù parlò loro e disse: <<Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.>>”

Giovanni 8-12

 il ladrone montesano

Il mio giudizio personale sul “La Passione”di Mario Luzi

Io, Biagio Carrubba, credo che nella storia dell’antica Roma che va dal 753 a.C. al 476 d.C. vi sono stati molti eroi e uomini eccezionali che hanno mostrato tutto il loro valore etico ed ideologico a cui hanno sacrificato la loro vita personale. Tra questi miti vi sono certamente due giovani temerari ed intrepidi che hanno esibito tutto il loro coraggio dando un alto esempio di se stessi: il gladiatore Spartacus e il riformatore religioso Gesù Cristo. Io credo che sia Spartacus che Gesù siano stati due grandi eroi che hanno fatto qualcosa di eccezionale per rinnovare la società romana ma anche lanciato il loro messaggio libertario ed escatologico alle future generazioni. Entrambi hanno in comune il fatto che sono morti crocifissi da parte dell’esercito romano ma sono differenti l’uno dall’altro, Spartacus non aveva ricevuto alcuna istruzione e non conosceva la storia romana ma era coraggioso, impavido ed intraprendente invece Gesù conosceva in parte le Sacre Scritture e su di esse concepì e costruì tutta la sua utopistica ideologia messianica. Dunque la loro morte è il risultato delle loro azioni e della loro tenacia nel lottare per ciò che volevano ottenere. Entrambi hanno avuto due esistenze completamente diverse ma la morte in croce li accomuna creando intorno a loro un alone di libertà e misticismo. Il gladiatore Spartacus combattè con le armi della rivolta la Repubblica Romana organizzando un esercito di duecentomila schiavi contro il fortissimo esercito romano. Spartaco si presenta come nobile e coraggioso tra gli schiavi di allora mentre Gesù con l’insegnamento delle sue parabole promette ai suoi discepoli la vita eterna nel regno dei cieli. La morte di Spartaco avvenne per mano del console Crasso nel 73 a.C. Invece la morte di Gesù avvenne nel 33 d.C. per mano del governatore romano Ponzio Pilato, su istigazione dei sacerdoti ebrei. Alla fine della rivolta Spartacus morì in croce sulla strada che da Roma portava a Napoli, la sua fine gloriosa fu ed è ancora oggi un modello di vita per la conquista della libertà materiale, politica e sociale. Anche Gesù Cristo morì per le sue idee religiose e teologiche sulla strada che da Gerusalemme portava al Calvario lasciando anche lui un modello di vita spirituale, religiosa e mistica. Sia Gesù che Spartacus hanno lasciato un sentimento di fascino per tutti coloro che vogliono conquistarsi la libertà personale e spirituale.

Alla fine di questa breve analisi del confronto tra Spartacus e Gesù io mi chiedo: quale via tra i due modelli di vita oggi è praticabile? Credo nessuno dei due, perché entrambi impossibili, impraticabili ed utopistici. Ma se dovessi proprio sceglierne uno allora sceglierei di morire combattendo per la libertà. Infatti credo che se fossi rinchiuso in un monastero solo per predicare e lodare Dio ventiquattro ore su ventiquattro non riuscirei a resistere nemmeno un giorno: perché o morirei o diventerei folle. La conferma di questo mio pensiero l’ho avuta in questi mesi guardando una trasmissione dedicata alla vita reclusa che svolgono frati e suore di clausura all’interno dei vari ordini e distribuiti in tutto il territorio. Infatti non riuscirei a sopportare la monotonia che caratterizza la vita monastica, mentre resisterei più di qualche giorno in un campo di battaglia perché mi permetterebbe di vivere un po’ di più. Quindi tra la vita e la morte sceglierei Spartacus anche perché io, Biagio Carrubba, amo la libertà terrena più di ogni altra cosa, più della stessa vita eterna prospettata e promessa da Gesù Cristo.

 Foto tratta dal film la Passione di cristo Mel Gibson

I motivi della bellezza de “La Passione” di Mario Luzi

Io, Biagio Carrubba, credo che i motivi della bellezza del fascino de “La Passione” di Mario Luzi siano questi:

  • il linguaggio lucido e razionale di tutta l’opera. Infatti il linguaggio è comune e semplice ma costruito e basato su figure retoriche ricercate come l’ellissi, la sinchisi e tante altre. In definitiva la lexis di Mario Luzi è personale e quasi luziana ma è anche coinvolgente ed accattivante per il lettore che si immedesima alla Passione di Gesù Cristo e anche all’interpretazione e alla rappresentazione che ne dà l’autore.

  • la sapiente costruzione del mondo interiore di Gesù Cristo. Infatti Mario Luzi descrive dettagliatamente tutti i sentimenti in progress e in itinere che Cristo prova in interiore homine dall’odio verso la turba alla nostalgia verso il Padre, dalla debolezza alla abiezione e dall’amicizia verso i discepoli all’amore per la bella e terribile terra.

  • la sintesi dell’opera come poesia e come teatro. Infatti Luzi riesce a scrivere un’opera religiosa che è adatta per la sacra rappresentazione liturgica della Via Crucis del Colosseo nel 1999, ma è anche nel contempo un’opera poetica perchè costruita su molte figure retoriche e spirituali

  • l’opera rinnova molto la Via Crucis tradizionale innovandone il linguaggio liturgico.

  • la Passione richiama alla mente molti film che ricostruiscono la Via Crucis di Gesù Cristo. Tra questi ne cito tre per la loro bellezza: Il Vangelo secondo Matteo di Pierpaolo Pasolini (1964), bellissimo film in bianco e nero che ripropone ancora oggi la drammaticità, la sofferenza e il dolore di Gesù Cristo durante la Via Crucis mettendo in primo piano il dolore della madre nel vedere il figlio crocifisso. Un altro film divertente è Il ladrone di Pasquale Festa Campanile (1980) con due bravissimi attori Enrico Montesano ed Edvige Fenech. Il protagonista Montesano recita nel ruolo del ladrone che con i suoi imbrogli e peripezie vorrebbe imitare il miracolo di Gesù ma ovviamente non vi riesce. Alla fine muore crocifisso alla destra del Signore redarguendo il ladrone che sta alla sinistra di Gesù. Il terzo film, ultimo in ordine cronologico (2004) è La Passione di Mel Gibson, questo film molto bello per la crudezza delle scene mette in primo piano tutta il contrasto tra il politeismo e il monoteismo. Infatti i romani e i sommi sacerdoti ebrei condannano Gesù per il suo ereticismo e la sua blasfemia e lo irridono per la sua follia incomprensibile che avrebbe portato alla distruzione il Giudaismo tradizionale.

 Biagio Carrubba

Modica, 18 Ottobre 2013

Foto Autore biagio Carrubba

Share Button

Replica

Puoi usare questi tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>