
La Passione (3)
Mario Luzi
I primi tre testi de “La Passione” di Mario Luzi intitolati:
I “Gesù nell’orto degli ulivi”
II “Gesù condotto di fronte alle autorità terrene”
III “La sentenza”
corrispondono grosso modo alla prima stazione della Via Crucis tradizionale che si rinnova ogni anno per Pasqua e che rappresenta le quattordici stazioni della condanna a morte di Cristo da parte del governatore romano Ponzio Pilato.
I tre testi di Mario Luzi cominciano dall’Ultima Cena di Gesù Cristo (testo I), segue poi l’apparizione di Gesù dinnanzi a Ponzio Pilato (testo II), ed infine Gesù Cristo ascolta e riceve la condanna a morte da parte del governatore romano.
Nel Primo testo (I) Mario Luzi mette in rilievo la paura, l’incertezza e l’esitazione di Gesù Cristo difronte alla passione e la morte che lo attende. Mentre nei Vangeli Cristo si mostra sicuro di sé e del suo sacrificio ed è conscio della sua rivoluzione liturgica e religiosa rispetto alla tradizione ebraica invece, nel testo del Luzi Gesù è talmente impaurito e debole che “farnetica” dinnanzi alla previsione della morte e, spera che tutto ciò scritto nelle Scritture “sia revocabile” ma, accetta tutto questo solo per obbedire ed eseguire la volontà del Padre Dio Onnipotente. Poi, guarda con titubanza e sconforto la folla che arriva nell’orto degli ulivi e, mostra molta paura provocata
dalla folla e dalla visione di Giuda che con il suo bacio pubblico lo tradisce consegnandolo ai sommi sacerdoti.
Infatti, il bacio costituisce l’inizio della sua Passione e del processo che lo porterà ed esser condannato a morte prima dai sacerdoti ebrei e poi dal Ponzio Pilato.
Ecco un passo del Vangelo dove Gesù si mostra non curante del sua imminente condanna a morte:
“[…] Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto. […]”
Luca 49-50
Nel secondo testo (II) Mario Luzi ancora una volta mette in evidenza le incertezze e le titubanze di Gesù Cristo difronte ai sommi sacerdoti e alla folla fuori dal Sinedrio, che lo attendono per percuoterlo e schernirlo. Le riflessioni di Cristo sulla folla ed i suoi nemici sono improntate sulla sua impotenza difronte al potere degli uomini e sulla sua debolezza difronte al potere del male:
“ che ha sulla terra […] le sue sedi e i suoi nascondigli […]”.
Lui, Gesù Cristo ha avuto come armi di difesa soltanto l’amore, ma constata che la predicazione dell’amore non basta a far cambiare la natura brutale, maligna e feroce degli uomini. Inoltre, Gesù Cristo si rammarica della giustizia umana che è imparziale come gli uomini nell’emettere giudizi. Infatti, Luzi afferma che “la presunzione di saziarla … viene dal demonio” tanto che, anche in nome della giustizia divina si commettono “empietà, soprusi, disegni miserabili, perfidie, ipocrisie” in nome di Cristo.
Ecco un passo del Vangelo dove Gesù Cristo mostra la sua giustizia divina innanzi a quella umana:
“[…] Gli rispose Gesù: <<Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’altro. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande.>> […]”
Giovanni 19-11
Nel terzo testo (III) Mario Luzi presenta Gesù Cristo davanti a Ponzio Pilato e ai sommi sacerdoti.
Cristo guarda con costernazione e sgomento l’atteggiamento dei giudici e della turba che lo schernisce e lo guarda con disprezzo. Gesù Cristo si fa tante domande sulla incomprensibilità dei giudici e non capisce il loro atteggiamento accusatorio. Addirittura, si chiede a cosa è servita la sua incarnazione, cioè il fatto di aver preso le sembianze umane, e se questa è stata utile o inutile. Non riesce a capire perchè il Padre ha voluto che lui si sacrificasse per salvare l’umanità e , non capisce nemmeno perchè “il prezzo del perdono e del ricominciamento” devono essere la sua passione, la sua morte e la sua resurrezione. Per tutti questi pensieri e questi quesiti che Cristo si pone, gli sembra di delirare tanto che, conclude rivolgendosi al Padre “Deliro, non badare, aiutami, ti supplico”.
Gesù constatando la sua incomprensione difronte alla volontà del padre e all’atteggiamento beffardo della turba e dei giudici e, alla famosa indifferenza di Pilato che lo vuole salvare dalla morte, Gesù Cristo capisce che le sue domande sono inopportune e inefficaci rispetto alla volontà imperscrutabile di Dio.
Mentre qui, il Luzi continua a descrivere Gesù Cristo come un giovane smarrito e vittima degli eventi umani e divini e, succube della tracotanza e dell’arroganza umana, nei vangeli Gesù durante tutto il processo si mostra fiero della sua predicazione e della sua rivoluzione religiosa. tanto che, difronte alle accuse di Pilato ribadisce la sua fierezza ed il suo orgoglio di essere figlio di Dio.
Infatti all’accusa di Pilato, Gesù risponde:
“Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re?
Rispose Gesù: Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.”
(Giovanni 18-37)
Il linguaggio dei tre testi e dell’intera opera “La Passione” di Mario Luzi è dall’inizio alla fine, lucido, logico, razionale, alto, lineare e presenta soltanto alcune figure retoriche sparse lungo tutti i testi dell’intera opera, senza intaccare la discorsività diretta e la prosa immediata dei monologhi interiori di Gesù rivolti al Padre. Difatti questo linguaggio quasi prosastico più che essere un linguaggio poetico è un linguaggio per la lettura espressiva e teatrale per l’opera perché è rivolto ad una comprensione mediata e comprensibile da parte di un pubblico vario, vasto e numeroso che lo ascolta durante il percorso dell’intera Via Crucis al Colosseo di Roma.
Quindi, il linguaggio de La Passione è sia prosastico che di poesia poiché le poche ma incisive figure retoriche presenti nell’opera danno a La Passione un fascino ed una dimensione poetica che è anche adatta ad un pubblico solitario, poco numeroso e che lo legge per un suo rinnovamento culturale e religioso. Il lettore preso dalla bellezza dell’opera scopre un linguaggio solenne e serio come si addice alla tragedia e passione di Cristo, descritto nei suoi momenti di maggiore sofferenza umana e divina.
Io, Biagio Carrubba condivido e apprezzo molto il giudizio di Frate Pietro Sorci che afferma:
“[…] In ogni caso sono da preferire testi in cui risuoni, correttamente applicata, la parola biblica e che siano scritti in un linguaggio nobile e semplice. Uno svolgimento sapiente della Via Crucis in cui parola, silenzio, canto, incedere processionale e sostare riflessivo si alternano in modo equilibrato contribuisce al conseguimento dei frutti spirituali del pio esercizio.[…]”
Cristo Crocifisso Via Vivente-Via Crucis con la lettera agli Ebrei, p.11
Biagio Carrubba
Modica, 25 settembre 2013
Commenti recenti