La famosa poesia “Non chiederci la parola” di Eugenio Montale. Dall’opera poetica “Ossi di seppia”.

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La famosa poesia “Non chiederci la parola”
di Eugenio Montale.
Dall’opera poetica “Ossi di seppia”.

I
Introduzione alla poesia: Non chiederci la parola.

La poesia “Non chiederci la parola”, scritta nel 1923, apre la sezione Ossi di seppia dell’omonimo libro. La poesia riprende la carica polemica contro la retorica e l’eloquenza della poesia dannunziana ed esprime la consapevolezza di Montale sul ridimensionamento della poesia durante l’ascesa del fascismo.

TESTO DELLA POESIA
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a sé stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non volgiamo.

La parafrasi della poesia.
Non chiederci la poesia che allinei da ogni lato
il nostro animo confuso e con parole intense
lo spieghi e lo faccia risplendere come un fiore di croco
solitario che risplende in mezzo ad un prato asciutto.

Ah dolore per l’uomo che se ne va senza preoccupazioni,
fiducioso in sé stesso e negli altri,
e non fa attenzione alla sua ombra che la calura
proietta sopra un muro con poca calcina.

Non domandarci la formula poetica, o magica, che può darti nuove verità,
bensì domandaci qualche verso scabro e scarno come un ramo.
Oggi possiamo dirti solo questo:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Il tema della poesia.

Il tema della poesia è il ridimensionamento del valore persuasivo della poesia nel tempo del fascismo trionfante ed imperante. Montale sa che la poesia di quel periodo storico non può esprimere nessuna verità diversa dalle parole d’ordine del fascismo. La poesia non riesce a scrutare gli abissi dell’anima per renderla chiara e visibile. Il poeta è consapevole della sua incapacità di poter dare una formula magica che possa aprire le porte della verità ai lettori, perché sa soltanto ciò che non è, sa soltanto ciò che non vuole. Può dare solo qualche verso disseccato e sliricizzato come un ramo secco e storto. Il poeta sa che non è un fascista e non vuole essere un fascista. Montale si ricollega alla poesia del Palazzeschi che in altri termini aveva cantato la morte della poesia e dei poeti.

La sintesi della poesia.

Nella prima strofa la poesia esprime l’impossibilità del poeta di poter scrivere poesie che abbiano la capacità di poter far risplendere l’anima umana triste e di poterle dare quella forma lineare e chiara di modo che brilli come un fiore di croco in mezzo ad un prato arso e spento. Nella seconda strofa la poesia dichiara che è doloroso vedere l’uomo sicuro di sé stesso e degli altri, mentre invece l’uomo dovrebbe vedere la sua ombra stampata su un muro scalcinato. Fuori dalla metafora e dalla simbologia, l’uomo sicuro di sé dovrebbe guardare con attenzione la sua ombra che è invece l’emblema della sua realtà, opaca ed effimera. L’uomo sicuro di sé non guarda dentro di sé, non si cura delle precarietà della vita e non osserva quanto di oscuro c’è dentro di sé (rappresentato dall’ombra proiettata sul muro scalcinato). Nella terza strofa il poeta ribadisce di non possedere formule magiche capaci di infondere fiducia al lettore, svelandogli i misteri della vita e dell’universo. Può solo esprimere il sussurro di una forma poetica scarna ed essenziale, poiché oggi è capace di dire soltanto ciò che non è e ciò che non vuole essere. La poesia rappresenta un esempio chiaro di poesia ermetica poiché il poeta nasconde il suo pensiero sotto parole enigmatiche e ambigue. Ovviamente il poeta non vuole essere né un poeta vate né un fascista.

Il contesto storico sociale e politico dell’opera poetica.

Il contesto sociale è quello di un intellettuale della media borghesia che conscio del proprio valore etico, culturale ed economico diventava un forte oppositore del regime fascista e forte del suo valore etico firmava il “Manifesto degli intellettuali Antifascisti” redatto da Benedetto Croce nel 1925.

Il contesto filosofico, poetico e quello liberale gobettiano e crociano.

Il contesto letterario della poesia è quello del simbolismo francese, del decadentismo italiano che va da Pascoli a D’Annunzio. Molto importanti sono anche i riferimenti a Gozzano, Sbarbaro, Saba, Campana. Inoltre, come già accennato in precedenza, la poesia richiama la poetica di Palazzeschi, il quale nella sua famosa canzonetta “Lasciatemi divertire” aveva trattato lo stesso tema e cioè la svalutazione della poesia e dei poeti. Mentre però Palazzeschi usava toni e modi burleschi ed ironici, Montale usa modi e toni severi e solenni. Confrontiamo i due finali: Palazzeschi conclude così: “Ahahahahahahah! /Ahahahahahahah! /Ahahahahahahah! /Infine/io ho pienamente ragione, /i tempi sono cambiati, /gli uomini non domandano più nulla/dai poeti:/e lasciatemi divertire!”. In questo finale è evidente l’amara ironia del poeta. Montale invece conclude così: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, /sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. /Codesto solo oggi possiamo dirti, /ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Qui è evidente lo sconsolato pessimismo del poeta.
Analisi della forma.

Il genere della poesia.

Il genere della poesia ha due piani di lettura: il primo è quello simbolico ed ermetico; il secondo è quello politico, sociale e metafisico. Questa è una poesia simbolica perché l’ombra dell’uomo sicuro di sé è la sua coscienza che simboleggia anche la precarietà della vita sociale di allora, dei miti fascisti. Il muro scalcinato rappresenta il mondo fascista di allora, privo di prospettive di progresso, provato dalla guerra. È una poesia ermetica poiché Montale non dice apertamente il suo pensiero politico e filosofico ma lo nasconde nel verso finale: “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Il genere della poesia è anche politico perché si riferisce ai miti del fascismo da cui il poeta non si lascia ammaliare. La poesia è di carattere sociale perché si rivolge ai giovani antifascisti di allora.

La metrica della poesia.

La metrica della poesia è composta da versi di varia lunghezza: prevalgono i versi endecasillabi (vv 3, 4, 8, 11, 12); i vv 1 e 9 sono versi doppi (ottonario più settenario); i vv 2 e 10 sono versi martelliani cioè doppi settenari. La rima segue lo schema ABBA, CDDC, EFEF. Le rime, legate da schemi tradizionali, congiungono talora dei significati sprigionati dall’accostamento di valori metaforici (fuoco/croco; sicuro/muro). I vv 6 e 7 hanno la rima ipermetra amICO – canICOla. La poesia è composta da tre quartine. La seconda strofa si interpone come digressione che introduce un anti-tema l’uomo sicuro e si diversifica anche sintatticamente dalla prima e terza quartina che hanno una costruzione sintattica simile. La terza quartina riprende e ribadisce il tema e la tesi della prima quartina.

Le figure retoriche della poesia.

Le figure retoriche della poesia sono molte: la metafora (Parola al posto di poesia), la simbologia (le lettere di fuoco al posto di parole indelebili) la similitudine (come un croco, perduto in mezzo a un polveroso prato), la simbologia dell’ombra che rappresenta la precarietà dell’esistenza, ma anche l’insicurezza interiore, l’inconscio, i dubbi e le incertezze della vita, la metafora (uno scalcinato muro al posto di un ambiente difficile cioè la società fascista con i suoi falsi e retorici miti), l’imperativo negativo dei versi 1 e 9 che equivale ad una apostrofe verso il lettore con la sua insistenza nel voler chiedere e domandare risposte che il poeta non ha.

Il tono emotivo della poesia.

Il tono emotivo della poesia è dominato dai due inviti che il poeta rivolge al lettore nei vv 1 e 9. Il poeta non sa niente sul significato della vita e sul mistero dell’universo e quindi non può rispondere a tali richieste. Il tono della poesia è dominato dal risentimento del poeta verso i lettori che lo incalzano poiché non riesce a rispondere alle loro insistite domande e nel frattempo il suo messaggio negativo sulla pena di vivere. Il tono della poesia esprime dunque un risentimento del poeta, un disagio verso la società fascista e una disarmonia contro la natura ostile.

La lexis della poesia.

La lexis della poesia è, apparentemente e superficialmente, chiara e semplice, quasi impoetica, ma in effetti è ricca di figure retoriche e di allitterazioni e piena di parole dal suono duro e scabro. Il linguaggio pietroso esprime la concezione negativa del poeta e descrive anche la desolata aridità di certe immagini (polveroso prato, scalcinato muro) e l’asprezza contorta di certe collocazioni (storta e secca). La lexis è dunque una lexis nuova e dura che riesce ad esprimere in pieno l’alta lezione etica che è sottesa nella poesia. È una lexis personale che esprime bene la constatazione del vivere arido descritto con tanta disincantata fermezza.

Il linguaggio poetico della poesia.

Il linguaggio poetico della poesia è costituito da parole aspre e scabre, con suoni duri e allitteranti. Ma questo linguaggio poetico, nuovo e moderno, nella letteratura italiana è lontano dal linguaggio aulico della poesia accademica. Il linguaggio poetico presenta anche una ambiguità teoretica e cioè il dubbio se esso debba considerarsi un linguaggio soltanto metaforico o un linguaggio che corrisponde alla tecnica del correlativo oggettivo di Thomas Stearns Eliot. Molti critici sostengo che le immagini concrete di Montale sono dei correlativi oggettivi come “Polveroso prato” e “scalcinato muro”. Io credo invece che essi sono semplicemente delle metafore o delle simbologie della tradizione simbolista perché, secondo me, Montale ancora non conosceva la teoria del correlativo oggettivo di Eliot. Montale conoscerà la poetica di Thomas Stearns Eliot soltanto più tardi e l’opera poetica nella quale metterà in pratica l’uso dei correlativi oggettivi sarà la bellissima “Le occasioni”.

Le espressioni più belle della poesia.

La poesia ha molte espressioni belle, a cominciare dall’incipit, inusuale nella letteratura italiana, con l’imperativo negativo: “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco/lo dichiari e risplenda come un croco/perduto in mezzo a un polveroso prato”. Bella anche l’immagine dell’ombra che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro. Molte forte anche l’ultima strofa con il secondo imperativo negativo e con il suo finale pessimistico e amaro: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, /sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. /Codesto solo possiamo dirti, /ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

La Weltanschauung del poeta.

La Weltanschauung è quella di un poeta che vuole essere chiaro e modesto, che non ha illusioni sulla bellezza e sulla felicità della vita. Il poeta esprime tutto il suo pessimismo esistenziale, ma né negativo né cupo, né ineluttabile, ma un pessimismo attenuato e fiducioso nel valore della cultura e della dignità dell’uomo.

Gli aspetti estetici della poesia.

La poesia presenta diversi aspetti estetici che la rendono bella e piacevole. Il primo è, senza dubbio, la musicalità interna della poesia, fatta da molte allitterazioni benché formate da suoni aspri e duri. Un secondo aspetto estetico della poesia è dato dalle belle immagini delle due similitudini “come un croco/perduto in mezzo a un polveroso prato” e “sì qualche storta sillaba e secca come un ramo”. Il terzo aspetto è dato dal messaggio etico della poesia: io non so niente e quindi non posso rispondere sul mistero della vita, ma questa modestia è solo indice di rigore morale e intellettuale. Il messaggio esprime il disagio del poeta di fronte ai miti e alle parole d’ordine del fascismo dai quali non si lascia ammaliare e anzi se ne distacca con una dignità e una altezza laica tutta montaliana.

Commento e mie valutazioni personali sulla poesia.

Io trovo questa poesia molto bella per diversi motivi. Il primo motivo è dovuto al suo messaggio etico e cioè al fatto che Montale non si faceva illusioni sulla vita e tanto meno sulle false certezze del fascismo. Questa presa di consapevolezza del poeta è propria di chi è conscio delle sue possibilità, di chi non vuole mettersi in mostra agli occhi degli altri ma di chi ha un alto senso della propria modestia. Il poeta ha una percezione giusta della realtà e non si esalta per essa, anzi conosce perfettamente il male di vivere che la natura presenta agli uomini. Il secondo motivo è conseguente al primo: come la modestia del poeta lo fa diventare misurato e realista così il poeta ridimensiona il valore della poesia che non è in grado di svelare nessun enigma esistenziale e naturale. Il terzo motivo è l’appello del poeta contro l’uomo sicuro di sé stesso e incurante della precarietà della vita. Il poeta è contro anche a coloro che si credono tutti di un pezzo e non si guardano dentro, mostrando sempre un’unica faccia e dicendo sempre di poter risolvere ogni problema: vale a dire il comportamento arrogante e presuntuoso dei fascisti di allora. Montale descrive molto bene questo atteggiamento nella seconda strofa che mi fa ricordare il bellissimo film “Il federale” con Ugo Tognazzi. Un altro motivo che mi fa amare questa poesia è quello delle immagini e delle similitudini che il poeta ha saputo esprimere: “come un croco/perduto in mezzo ad un polveroso prato” che mi fanno ricordare la Ginestra del Leopardi, dispersa nelle campagne romane, profumate dal suo olezzo. La seconda similitudine, “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo”, è davvero originale e onesta in quanto nessuno aveva mai paragonato la poesia ad un ramo contorto e secco.

Caducità e attualità della poesia.

Sono trascorsi quasi 100 anni dal 1925 ad oggi 2019, da quando Montale scrisse il suo primo capolavoro poetico. Oggi, i tempi storici sono cambiati moltissimo. Viviamo in pieno XXI secolo e già sono passati quasi due decenni dalla distruzione delle torri gemelle a New York che ha cambiato il corso della storia contemporanea e postcontemporanea. Viviamo nel pieno della guerra siriana e libica; e in periodi di insicurezza sociale. Forse queste guerre si estenderanno in altre guerre provocando la terza e definitiva guerra mondiale; o per usare un termine di modo diventerà una guerra globalizzata. Penso che la poesia di Montale sia ancora attuale poiché esprime in forma universale il male di vivere eterno, sociale ed umano di ogni tempo. Credo che abbiano ragione sia Montale che Palazzeschi: il primo ha descritto il male di vivere in forma metafisica e razionale, il secondo lo ha descritto in forma scherzosa, ma amara. Penso che la poesia rimanga ancora oggi un bel gioco e i poeti non debbano rinunciare a divertirsi ed appagarsi della poesia, ridotta a scanzonato libero gioco.

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Modica 30 aprile 2019                                                                                             Prof. Biagio Carrubba

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