Introduzione a “I Piccoli Idilli”
e all’INFINITO di G. Leopardi.
I piccoli idilli sono cinque canti, che Leopardi definì: “situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo”, (Da Memorie e disegni letterari 12 che si trova nei I Mammut, Newton edizione, vol. I, pag. 1113), sottolineando il carattere soggettivo ed esistenziale di questi testi, in contrapposizione al significato civile e tendenzialmente oggettivo delle coeve canzoni. Queste poesie, composte tra il 1818 e il 1821, sono: “L’INFINITO”, “LA SERA DEL DÌ DI FESTA”, “ALLA LUNA”, “IL SOGNO”,” LA VITA SOLITARIA”. La parola Idillio deriva dalla parola greca eidylion che significa “piccola immagine” o “quadretto campestre”. L’Eidylion indicava una poesia breve, a volte dalla struttura dialogica, che rappresenta un sentimento amoroso sullo sfondo di un paesaggio agreste. Questo tipo di poesia si riferiva alla vita campestre descritta da Teocrito, nei cui scritti tali tematiche sono espresse con forme raffinate. Il termine idillio finì per indicare la poesia bucolica e la rievocazione nostalgica e ingenua della vita campestre. In tal senso, il modello dell’idillio di Teocrito fu imitato dai greci Mosco e Bione di Smirne e, nel mondo latino, da Tibullo, Ovidio e Virgilio.
Il primo idillio scritto da Leopardi, nel 1819, “L’INFINITO”, scritto quasi in contemporanea con l’idillio “ALLA LUNA” con il quale formano due poesie gemelle, perché nascono dal medesimo colle da dove il giovane poeta, già consapevole del suo stato fisico infelice e della sua futura tristezza esistenziale, guardava la luna e l’orizzonte. Nello stesso colle Leopardi andava, pieno di angoscia, per restare solo, scrutarsi dentro e ricordare il tempo trascorso della sua fanciullezza come fa nella poesia “ALLA LUNA” o per fantasticare e immaginare cosa c’era dietro l’azzurro del cielo come fa nella poesia “L’INFINITO”.
Nei Canti, i cinque idilli occupano le seguenti posizioni numeriche:
L’Infinito numero XII
La sera del dì di festa numero XIII
Alla luna numero XIV
Il sogno numero XV
La vita solitaria numero XVI
L’INFINITO (Idillio nr. XII)
Introduzione alla poesia “L’INFINITO”.
L’INFINITO è la poesia numero XII dell’opera “Canti” di Leopardi. Questa poesia, contemporanea “Alla Luna”, del 1819, composta a Recanati, mostra tutto il genio poetico del giovane Leopardi. Il tema della poesia è la contrapposizione tra il finito e l’infinito, tra il temporale e l’atemporale, tra il materiale e l’immateriale, tra il presente e il passato. L’idillio è una scintillante poesia di creatività poetica; una poesia di infinita bellezza, tutta piena di un linguaggio sobrio e indefinito. La poesia è la sintesi universale e sublime di tanti precedenti componimenti letterari illustri sullo stesso tema e di tante osservazioni e riflessioni personali, da Leopardi trascritte nello Zibaldone, e altre riflessioni che il poeta stava scrivendo sulla vita e sull’infinità dell’universo. La poesia “L’INFINITO” è bellissima perché è tutta pervasa dal sentimento attivo e positivo verso la vita e l’universo; questa prospettiva poi cambierà in una visione di vita pessimistica, nichilistica e amara. Questo idillio fu pubblicato per la prima volta nel nr. 12 del Nuovo Ricoglitore di Milano del dicembre 1825, come primo degli idilli. Gli altri idilli sono: LA SERA DEL DÌ DI FESTA, ALLA LUNA, IL SOGNO, LA VITA SOLITARIA.
Testo della poesia “L’Infinito”.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani 5
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce 10
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare. 15
Parafrasi della poesia “L’INFINITO”.
Questo solitario colle mi è stato sempre caro e anche questo cespuglio, che mi sta davanti e che mi toglie la visuale dell’estremo orizzonte, mi è stato tanto caro; ma stando seduto e guardando mi immagino nella mente sterminati spazi che stanno al di là della siepe, immagino sovrumani silenzi e una profondissima quiete, tanto profonda che il cuore quasi ne ha paura. E mentre sento frusciare il vento tra questi alberi io confronto l’infinito silenzio al rumore di questo vento; e mi ricordo l’eternità e le stagioni che passano e il tempo presente con i suoni di questo momento. Così immagino che il mio pensiero sprofondi in questa grande immensità del tempo: e questa mia contemplazione mi è dolce e quasi quasi mi fa smarrire in questo mare dell’immaginazione.
La sintesi della poesia “L’INFINITO”.
Un colle solitario e una siepe sono stati da sempre cari al poeta anche se, quest’ultima, gli preclude la visione di gran parte dell’estremo orizzonte. Ma il poeta, stando seduto ed osservando, si raffigura nel pensiero, al di sopra della siepe, illimitati spazi, sovrumani silenzi e una quiete assoluta che gli fanno provare nel cuore, per breve tempo, tanta paura. Il poeta, non appena avverte il fruscio del vento tra le piante accanto a lui, lo paragona all’infinito silenzio ed immagina l’eternità, il passato e l’età presente con la sua vivacità e con il suo fragore. Per questa intuizione del tempo che trascorre velocemente, il pensiero del poeta viene travolto dal vorticoso volo del tempo che passa. Il constatare la velocità del tempo, nella sua immaginazione, si trasforma in contemplazione del suo pensiero che si immagina nell’immensità dell’infinito. Io, Biagio Carrubba, credo che il “naufragar mi è dolce in questo mare” debba essere inteso come contemplazione perché il contemplare provoca nel poeta la dolcezza dell’immaginazione, mentre il naufragare del suo pensiero, se inteso come sprofondare, come interpretano la maggioranza dei critici, gli provocherebbe soltanto angoscia ed ansia. Il tono emotivo dell’ultimo verso è uguale al primo verso: come il colle (Tabor) era caro al poeta così il suo pensiero gli è dolce nella vastità dell’immaginazione.
Il tema della poesia “L’INFINITO”.
Il tema della poesia è la Sehnsucht, cioè l’aspirazione struggente ed inappagata all’infinito che comporta un atteggiamento di inquietudine e di nostalgia e desiderio di conoscere ciò che esiste al di fuori dei limiti del finito ed è sofferenza per l’impossibilità di appagare tale desiderio. La Sehnsucht è la ricerca di qualcosa di indefinito nel futuro; più precisamente, si potrebbe tradurre il termine con “desiderio del desiderio”: deriva infatti dai termini das Sehnen, il desiderio ardente, e die Sucht, la dipendenza.
Il messaggio della poesia “L’INFINITO”.
Il messaggio della poesia è il piacere che il poeta prova quando immagina ciò che sta al di là del cielo azzurro, cioè dell’orizzonte terrestre. Il poeta immagina “interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete”. Queste caratteristiche dell’infinito spaziale sono ovviamente opposte alle corrispettive caratteristiche fisiche e terrestri perché sulla terra, per quanto sterminata, non esiste uno spazio illimitato. Allo stesso modo, sulla terra, non c’è, e non potrà mai esserci, un silenzio assoluto così come non potrà mai esserci una quiete profonda, perpetua e continua. Ma altresì a queste immagini dell’infinito spaziale Leopardi intuisce ed aggiunge l’infinito temporale con la potenza del suo pensiero poetante sulla velocità inarrestabile del tempo che travolge sé stesso, cioè l’eternità, il passato e il presente con tutto il suo fragore incessante.
La tesi della poesia “L’INFINITO”.
La tesi della poesia è la dolcezza che prova il poeta quando immagina l’infinito spaziale che si trova oltre l’infinito terrestre e che lui può immaginare solo nella sua mente. Oggi, a distanza di quasi due secoli, l’uomo ha visto con i suoi occhi l’infinito spaziale che sta oltre l’orizzonte terrestre, grazie ad i voli spaziali che gli astronauti effettuano dal 1969 ad oggi. Il loro racconto e la loro descrizione assomiglia molto a queste tre caratteristiche immaginate da Leopardi: “interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete”. Io, Biagio Carrubba, credo che il verbo dell’ultimo verso della poesia, naufragar, a differenza di come fanno la maggioranza dei critici, si debba interpretare come contemplazione dell’infinito e non come sprofondare nell’infinito. In questo modo Leopardi non si perde nei suoi sensi ma, anzi, attraverso la contemplazione scruta attentamente l’infinito restando attivo e lucido nella mente dato che la genesi dell’idillio è di origine razionale e non emotiva. Leopardi, contemplando l’infinito, dimentica i suoi dolori terrestri e così allevia la sua sofferenza quotidiana.
Analisi della forma della poesia “L’INFINITO”.
Il genere della poesia.
Il genere della poesia è lirico perché esprime i sentimenti e la Weltanschauung di Leopardi.
La metrica della poesia.
La poesia è composta da quindici versi endecasillabi sciolti.
Il linguaggio della poesia.
La poesia è formata da un linguaggio altamente letterario e poetico perché composta da moltissime figure retoriche e da molte parole di origine latina.
Le figure retoriche della poesia sono: sintagmi vaghi ed indefiniti, una similitudine, allitterazioni, enjambement (vv. 4-5 / 5-6 / 9-10 / 12-13 / 13 – 14), una metafora (naufragio dell’ultimo verso) e il polisindeto dei vv. 11 – 13.
Il tono emotivo della poesia.
Il tono emotivo della poesia è positivo (raro nella poesia di Leopardi), perché il poeta prova e descrive un atteggiamento di piacevolezza nell’immaginare l’infinito; infatti la contemplazione dell’infinito implica un atteggiamento positivo, attento, vivace e razionale da parte del poeta. Nell’idillio, emerge, oltre all’atteggiamento positivo, laico e razionale di Leopardi, anche l’affettuosità per la sua vita quotidiana e per l’attaccamento simpatetico al monte Tabor che il poeta frequentava nelle sue passeggiate come attesta questo lacerto di Mestica: “Uscendo dalla città per la porte di monte Morello, Giacomo solea legarsi per un piccolo sentiero al colle detto popolarmente monte Tabor…Ai tempi del poeta era veramente ermo, folto di alberi e irto di sterpi a manier di siepi”. Ma nell’ultimo verso si mette in rilievo l’aspetto emotivo del poeta perché il naufragar gli è dolce.
La lexis della poesia.
La lexis della poesia è chiara ed originale, composta da uno stile altamente letterario. Tutto l’idillio, nella sua struttura e nella sua sintassi, appare compatto dall’inizio alla fine come una statuetta di marmo perfetta nei suoi contorni. Una caratteristica fondamentale, che dà all’idillio un tono particolare, è la costante ed efficacissima, dislocazione a sinistra dei complementi oggetto che danno a L’INFINITO un fascino particolare.
La bellezza della poesia.
La bellezza della poesia “L’Infinito”, così come è confermato da tutti i critici, è data da diversi motivi.
1) La perfetta simmetria della sua composizione; la poesia, infatti, è divisa in due parti perfettamente uguali, entrambe formate da sette versi e mezzo ognuna. Nella prima parte Leopardi descrive l’infinito spaziale mentre nella seconda parte descrive l’infinito temporale.
2) La poesia è costruita con la tecnica dell’opposizione delle parti e delle parole: questo/quello; infinito spaziale/infinito temporale; presente/passato; suono/silenzi; immensità/finitezza.
3) Il linguaggio poetico è molto letterario, ricco di sintagmi vari ed indefiniti e di figure retoriche.
4) L’aspirazione alla Sehnsucht è un’aspirazione umana, sia personale di Leopardi ma anche della cultura romantica in generale. Leopardi, in questo caso, è il poeta della Sehnsucht universale perché questa è insita in ogni uomo, in quanto ogni uomo aspira a raggiungere l’infinito.
5) La poesia esprime un atteggiamento razionale e logico, come tutti i critici attestano; Leopardi, cioè, non si abbandona negli ultimi due versi ad un misticismo religioso, ma esprime la sua Weltanschauung che è razionale, materialistica ed atea.
6) Un ulteriore motivo di bellezza dell’idillio è, senza dubbio, la metafora finale del naufragio, nel pensiero del poeta, che contempla nella sua immaginazione l’infinito. Infatti, io Biagio Carrubba, credo che l’espressione “in questo mare” sia una metafora dell’immaginazione come attestano molti passi dello Zibaldone come ad esempio pagina 167: “Veniamo alla inclinazione dell’uomo all’infinito. Indipendentemente dal desiderio del piacere, esiste nell’uomo esiste nell’uomo una facoltà immaginativa, la quale può concepire le cose che non sono, e in un modo in cui le cose reali non sono. Considerando la tendenza innata dell’uomo al piacere, è naturale che la facoltà immaginativa faccia una delle sue principali occupazioni dell’immaginazione del piacere” (tratto dallo Zibaldone – I Mammut – Newton Editore – Pag. 70). Ma, l’immergersi nel mare dell’immaginazione, non è una estasi mistica (come confermano tutti i critici), non è uno svanire nell’assoluto infinito, ma è semplicemente una piacevolezza e un godere che proviene al poeta dal mondo delle sue sensazioni e dal piacere intellettuale che ogni poeta riesce a costruirsi con la propria attività mentale, logica, immaginativa ed astratta.
7) Il componimento dell’Idillio è dovuto alla formidabile e prodigiosa memoria del giovane poeta, il quale ricordando a memoria tutti i sintagmi e le espressioni dei grandi poeti italiani, riusciva ad assemblare molti emistichi e componeva la sua nuova composizione poetica facendone un testo nuovo, personale ed originale, e conferendo all’Idillio la tesi e lo stile voluti da Leopardi e che corrispondevano alle “situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo”.
8) Il Leopardi nel comporre l’INFINITO fa uso delle sue conoscenze astronomiche che aveva già appreso e studiato nella sua preparazione scientifica a cui ricongiunge il linguaggio poetico dei grandi scrittori italiani così da farne un Idillio personale, originale, geniale e nuovo.
9) L’Infinito si distingue anche per il formidabile accordo dei ritmi musicali dei versi come il celebre Incipit: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” dove salta subito agli orecchi la musicalità del verso.
10) Un altro motivo molto importante della bellezza di questo Idillio è dovuto anche alla poetica della rimembranza che il Leopardi svilupperà in seguito.
Modica 07/08/2018 Prof. Biagio Carrubba
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