Introduzione alla canzone libera: “SOPRA IL RITRATTO DI UNA BELLA DONNA” SCOLPITO NEL MONUMENTO SEPOLCRALE DELLA MEDESIMA (Canto XXXI) di G. Leopardi.

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Introduzione alla canzone libera:
“SOPRA IL RITRATTO DI UNA BELLA DONNA”
SCOLPITO NEL MONUMENTO SEPOLCRALE DELLA MEDESIMA
(Canto XXXI) di G. Leopardi.

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Questa seconda sepolcrale, bellissima come la prima, e scritta negli stessi anni, approfondisce i temi della prima e ne continua il tono e lo stile anche se per certi aspetti se ne discosta in alcuni punti, tanto da risultare una poesia autonoma e bella in sé per sé. È probabile che nel busto della bella signora Margherita Canton, scolpito dal Tenerani a Roma, Leopardi riveda la bella Aspasia. La scultura del busto fu iniziata da Tenerani nel 1831 e terminata nel 1833. Per questa supposizione ed analogia, io Biagio Carrubba, suppongo che questa poesia possa rientrare nel ciclo di Aspasia e anzi, si potrebbe dire, che essa è l’ultima eco del ciclo di “Aspasia” con la quale Leopardi chiude definitivamente la partita. Chiuso il ciclo di Aspasia, Leopardi passerà al tema più aperti e culturali e meno personali e scriverà la “Palinodia al marchese Gino Capponi”. Il tema della poesia “Sopra il ritratto di una bella donna” è la morte vista nel suo aspetto materiale e più lugubre e cioè il momento del trapasso del corpo vivo alla putredine della carne. La morte cancella in modo definitivo la bellezza della donna e con essa anche l’idealità che di essa se ne fa l’uomo. Credo che sia questa anche l’interpretazione che ne dà Ugo Dotti nella introduzione al suo bel libro “G. Leopardi – Canti” (ed. Feltrinelli 2006, pag. 125), secondo il quale il vero tema della poesia è racchiuso nell’ultima strofa: i due grandi interrogativi sono le due grandi domande che vogliono esprimere la vera essenza e il mistero irrisolvibile della natura umana. Anche per me l’ultima strofa è la domanda fondamentale della poesia; per me essa è la logica conclusione delle due sepolcrali e di tutta la filosofia del Leopardi. Si può dire che il Leopardi sia il poeta delle domande in quanto le sue poesie sono ricchissime di domande a cui allora era impossibile dare delle risposte. Io, Biagio Carrubba, penso che già oggi la scienza stia dando alcune risposte agli interrogativi sulla morte, capendo come avviene il trapasso dalla vita alla morte. Già negli Stati Uniti alcuni istituti scientifici stanno sperimentando molte soluzioni per studiare il rallentamento delle cellule e degli organi fondamentali che provocano la morte. Sono certo che al massimo tra cinquanta anni la scienza riuscirà a vincere la morte cosi ché una parte dell’umanità riuscirà a vivere per sempre (e tra questi spero di esserci anche io). Io credo che se il Leopardi vivesse oggi non scriverebbe più poesie con tutte queste domande e sarebbe certamente un poeta meno infelice, perché grazie ai mass-media e alla sua popolarità avrebbe qualche soldo in più e grazie alla scienza qualche malanno in meno. La poesia è composta da quattro strofe per un totale di 56 versi, intensi e belli, anche se il tono rimane cupo e mesto e il tema del canto è appesantito dai ragionamenti lugubri e pessimistici del poeta.

Testo della canzone libera.

“Sopra il ritratto di una bella donna
scolpito nel monumento sepolcrale della medesima”

Tal fosti: or qui sotterra
polve e scheletro sei. Su l’ossa e il fango
immobilmente collocato invano,
muto, mirando dell’etadi il volo,
sta, di memoria solo
e di dolor custode, il simulacro
della scorsa beltà. Quel dolce sguardo,
che tremar fe, se, come or sembra, immoto
in altrui s’affisò; quel labbro, ond’alto
par, come d’urna piena,
traboccare il piacer; quel collo, cinto
già di desio; quell’amorosa mano,
che spesso, ove fu porta,
sentì gelida far la man che strinse;
e il seno, onde la gente
visibilmente di pallor si tinse,
furo alcun tempo: or fango
ed ossa sei: la vista
vituperosa e trista un sasso asconde.

Così riduce il fato
qual sembianza fra noi parve più viva
immagine del ciel. Misterio eterno
dell’esser nostro. Oggi d’eccelsi, immensi
pensieri e sensi inenarrabil fonte,
beltà grandeggia, e pare,
quale splendor vibrato
da natura immortal su queste arene,
di sovrumani fati,
di fortunati regni e d’aurei mondi
segno e sicura spene
dare al mortale stato:
diman, per lieve forza,
sozzo a vedere, abominoso, abbietto
divien quel che fu dianzi
quasi angelico aspetto,
e dalle menti insieme
quel che da lui moveva
ammirabil concetto, si dilegua.

Desiderii infiniti
e visioni altere
crea nel vago pensiere,
per natural virtù, dotto concento;
onde per mar delizioso, arcano
erra lo spirto umano,
quasi come a diporto
ardito notator per l’Oceano:
ma se un discorde accento
fere l’orecchio, in nulla
torna quel paradiso in un momento.

Natura umana, or come,
se frale in tutto e vile,
se polve ed ombra sei, tant’alto senti?
Se in parte anco gentile,
come i più degni tuoi moti e pensieri
son così di leggeri
da sì basse cagioni e desti e spenti?

Parafrasi e costruzione diretta della poesia

“Sopra il ritratto di una bella donna
scolpito nel monumento sepolcrale della medesima”.

Tu fosti, così bella e viva, come appari ora scolpita nel busto marmoreo: ora sei qui sottoterra e sei polvere e scheletro. Il tuo simulacro, custode della tua memoria, del tuo dolore, della tua bellezza scomparsa sta muto posato immobile ed invano sulle tue ossa e sul fango, guardando il passare veloce del tempo. Il tuo dolce sguardo, che fece tremare tanti, ora è immobile come appare dal busto, il tuo labbro era tanto pieno di piacere che sembrava traboccare da un vaso ripieno, il tuo collo, già tanto desiderato dagli altri, la tua mano dolcissima, che spesso fece diventare gelida la mano che strinse e il seno che, visibilmente, fece diventare pallido il viso della gente, ebbero vita per qualche tempo: ora tu sei fango ed ossa e questa tomba raccoglie, conserva e nasconde la vista ripugnante e miserevole (di te). Il destino riduce in questo stato ripugnante qualunque bellezza femminile che era stata capace di far sorgere negli uomini l’idea perfetta della bellezza. La forza del destino, di far trapassare la vita nella morte, è il mistero impenetrabile della natura umana. Infatti oggi, in vita, la grandezza della bellezza, affascina ed è fonte di pensieri ineffabili e di sentimenti sublimi ed eccelsi; la bellezza sembra dare agli uomini un segno, un’anticipazione e una speranza certa di un destino immortale, di un modo fortunato e di un mondo d’oro per gli uomini, come una visione splendida lanciata da Dio su queste terre desertiche: domani, per la lieve forza della morte, quella che fino a poco tempo prima era stata la magnifica bellezza femminile, diventa un aspetto abominevole, abbietto e sozzo a vedersi, e la bellissima idea della perfetta bellezza svanisce dalle menti degli uomini, così come vi ci si era formata. Un bel concerto fa nascere desideri infiniti e crea nel libero pensiero, per virtù propria, visioni elevate sublimi, tanto che, il misterioso spirito umano si eleva, per il gran mare dell’universo, come un coraggioso nuotatore che nuota per divertimento nello sconfinato oceano; ma come una nota stonata ferisce l’orecchio e quindi abbassa il livello del concerto, così la morte annienta la bellezza e allora, tutto quello immaginato e sognato, si trasforma immediatamente in nulla.
O natura umana, se tu sei, in tutto, fragile e vile, se sei polvere ed ombra, perché riesci a creare la bellezza femminile in modo così alto e intenso? E se sei, anche solo in parte, alta e nobile, per i tuoi degni sentimenti e per i tuoi pensieri, perché così facilmente li fai nascere e morire dalla materia così bassa e da un corpo che imputridisce e si disfa nella materia putrefatta?

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Modica, 05 settembre 2018                                                                            Prof. Biagio Carrubba

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