INTRODUZIONE ALLA CANZONE “ALL’ITALIA”.
(CANZONE N. I) DI G. LEOPARDI.
Il giovane Leopardi nel dicembre del 1817, turbato dalle sensazioni provocate dalla cugina Gertrude Cassi, scrisse la sua prima elegia d’amore: “Il primo amore”. Nel 1818 il giovane Leopardi scrive la sua prima bella canzone civile “All’Italia”; essa rivela la straordinaria cultura del giovane poeta, perché tutta la poesia è intrisa di richiami ai classici della letteratura italiana e soprattutto emerge vividamente la fresca lettura del Foscolo, il quale è sentito vicino e quasi parafrasato. Ma al di là dei richiami foscoliani e degli altri poeti, la poesia assume il suo potente carattere di alta capacità letteraria e retorica, la poesia mostra, anche, un inteso ed originale stile e tono del giovane Leopardi che poi sarà lo stile della lexis inconfondibile del Leopardi adulto. La canzone petrarchesca è composta da 7 strofe di 20 versi ciascuna, endecasillabi e settenari, per un totale di 140 versi.
Parafrasi e costruzione diretta della poesia “ALL’ITALIA”.
1ª strofa.
O patria mia, vedo le mura, gli archi
Le colonne, le statue e le torri solitarie
Dei nostri antenati, ma non vedo
La gloria conquistata con le armi delle quali
Essi furono pieni. Ora tu fatta debole e inerme,
mostri la tua fronte nuda e il petto scoperto.
Quali ferite io vedo in te? In che misere
Condizioni io ti vedo, o bellissima donna!
Io, ora, chiedo al destino e alla gente:
chi l’ha ridotta in questo stato misero?
Ma la cosa peggiore e che essa ha le mani
Legati con le catene. E ora con i capelli
Sparsi e senza velo
Siede a terra sola e triste,
nascondendo la faccia,
tre le ginocchia e piange.
Piangi, perché ne hai buoni motivi, o Italia mia,
tu che sei nata per vincere gli altri,
sia nella buona sia nella cattiva sorte.
Se gli occhi tuoi fossero due fonti vive,
il pianto non potrebbe adeguarsi alla tua
miseria e alla tua vergogna,
perché fosti signora e ora sei schiava.
Chi parla di te e ricorda la tua gloria
Non può non dire: essa fu grande,
ora non è più quella?
Dov’è la forza antica, dove sono l’armi,
il valore? Chi ti strappo la spada?
Chi ti tradì? Quale smisurata potenza
Ti tolse il mantello e la corona?
Quando e come sei caduta
In così bassa condizione?
Nessuno combatte per te?
Datemi le armi a me: qua le armi a me.
Io solo combatterò, solo io morirò.
O cielo, fai che il mio ardore
Sia fuoco nei petti degli italiani.
Dove sono i tuoi figli? Sento il suono
Dei carri, delle armi e dei tamburi:
essi combattono in terre lontane (in Russia).
Io vedo un fluttuare di soldati e
Di cavalli. Non ti conforta ciò?
Non osi guardare l’esito del
Combattimento? O Numi! O numi!
I tuoi soldati combattono per altro popolo.
Oh misero colui che muore non
Per difendere la sua patria, che muore
Non per la sua donna e per i suoi figli,
ma muore per difesa di gente straniera
e morendo non può dire:
“Genitrice terra mia,
la vita che mi desti ecco ti rendo”.
Oh fortunate e care e benedette
Le epoche antiche, nelle quali i soldati
andavano di corsa per difendere la patria;
e voi terre delle Termopili sarete
sempre onorate e famose,
dove i Persiani e il fato furono assai meno forte
di qualche squadra di soldati coraggiosi!
Io credo che le piante, i sassi, il mare
E le montagne narrino al passeggero
Come le schiere perché coprirono tutta quella sponda
Con i corpi che erano fedeli alla Grecia,
Cosicché Serse, vile e inferocito, fuggì
Per l’Ellespondo, e divenne scherno
Fino agli ultimi suoi nipoti;
e allora sul colle d’Antela, dove i soldati
greci morendo si resero immortali,
salì il poeta Simonide, guardando
l’aria, il mare e il suolo.
Ed egli, con le due guance piene di
Lagrime, con il petto ansante e con
Il piede vacillante, prese in mano la lira
Declamò e cantò: “O voi, soldati beati,
che per difendere la Grecia che vi aveva
dato al mondo avete dato il corpo ai nemici.
Quale amore attirò le vostre menti
Nelle armi e nei pericoli e
Quale amore vi attirò a morte precoce?
Perché così lieta, o soldati,
vi parve l’ora estrema, tanto che
correste lieti alla morte?
sembrava che ciascun di voi andasse
non a morte ma a danze o a un banchetto:
ma vi attendeva il buio Tartaro e
e le acque morte dei fiumi degli inferi:
né le vostre spose c’erano accanto
quando sul campo di battaglia
moriste senza baci e senza pianto.
Ma non moriste senza dare
Moltissime pene e immensa angoscia ai Persiani.
Come un leone, dentro una mandria di tori,
Salta ora su questo, ora azzanna un altro,
Così l’ira e la virtù greca infuriava
Tra le schiere persiane.
Vedevi qua cavalli abbattuti e cavalieri;
vedevi i greci intralciare la fuga
i carri e le tende ai vinti;
vedevi come i greci eroi, bagnati e
sporchi di sangue barbarico,
provocarono infiniti danni ai Persi;
vedevi come un eroe cadeva l’uno sopra l’altro.
Oh viva, oh viva: voi sarete immortali
Fino a quando sulla terra si parlerà di voi.
Quando le stelle emetteranno uno stridio e
saranno strappate dal cielo e saranno
precipitare nel profondo mare e spente,
nemmeno allora la vostra memoria o
l’amore per voi finirà o diminuirà.
La vostra tomba è un’ara;
e le madri verranno qui per mostrare
ai loro figli le orme del vostro sangue.
Ecco io mi inginocchio e mi prostro al suolo
E bacio questi sassi e queste zolle
che saranno lodate e illustri
Eternamente dall’uno all’altro polo.
Deh fossi io qui sotto terra con voi,
e questa pura terra fosse bagnata del sangue mio.
Anche se il fato ha voluto diversamente,
anche se non consente che io muoia in guerra
per la Grecia, almeno il fato faccia si
che la mia modesta e umile fama presso
i posteri, se gli Dei lo vogliono,
possa durare tanto quanto duri la vostra”.
Confronto Leopardi – Foscolo.
Il confronto tra la poesia di Leopardi e la poesia di Foscolo è inevitabile, ma è anche istruttivo e proficuo. I due grandi poeti sono quasi coevi; hanno molti punti in comune come la conoscenza dei classici greci e latini, la profonda conoscenza della letteratura italiana ed europea ed in comune hanno anche la cultura illuministica francese e tedesca e una Weltanschauung atea e materialistica. Eppure i due grandi poeti raggiungono risultati filosofici diversi ma non opposti. Il primo confronto tra la poesia di Leopardi e quella di Foscolo si può fare nella canzone “All’Italia” di Leopardi. Oltre al tema sulla decadenza dell’Italia, Leopardi riprende versi foscoliani come il numero 108: “L’ira de’ greci petti e la virtute”. Foscolo celebra Maratona, Leopardi celebra le Termopili. Ma il confronto tra i due massimi poeti del primo ottocento si può fare, senza dubbio, comparando “La Ginestra” da una parte e “I SEPOLCRI” dall’altra parte. Foscolo scrive “I SEPOLCRI” nel 1806; Leopardi scrive “La Ginestra” nel 1836 e descrive e riprende situazioni chiaramente riferite ai versi di Foscolo. Il verso 36 de “La Ginestra”: “di dolcissimo odor mani un profumo” è chiaramente foscoliano così come i versi dal 270 al 288. Ma i due grandi poeti vivono due vite molto diverse e così sviluppano due Weltanschauung contrapposte. Foscolo vince la morte con la poesia e con i valori civili della società umanistica, Leopardi vince la morte accusando la natura di essere “rea, che de’ mortali/madre è di parto, e di voler matrigna”.
Ecco il brano nel quale Foscolo esprime la sua visione materialistica della vita:
“Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, /
ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve/
tutte cose l’obblio nella sua notte; /
e una forza operosa le affatica/
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe /
e le estreme sembianze e le reliquie/
della terra e del ciel traveste il tempo”.
Leopardi esprime il suo materialismo e il suo ateismo nei bellissimi versi tratti dal Canto “Amore e Morte”.
“Me certo troverai, qual si sia l’ora/
che tu le penne al mio pregar dispieghi, /
erta la fronte, armato, /
e renitente al fato, /
la man che flagellando si colora/
nel mio sangue innocente/
non ricolmar di lode/
non benedir, com’usa/
per antica viltà l’umana gente;/
ogni vana speranza onde consola/
se coi fanciulli il mondo, ogni conforto stolto/
gittar da me; null’altro in alcun tempo/
sperar, se non te sola;/
solo aspettar sereno/
quel dì ch’io pieghi addormentato il volto/
nel tuo virgineo seno”.
Credo che il risultato del confronto tra la bellezza delle poesie dei due grandi poeti non può non essere che quello di parità. Foscolo ha scritto versi straordinari e Leopardi versi magnifici. L’unica grande differenza tra i due grandi poeti è che Foscolo rimase, ed è tuttora, un poeta d’élite a differenza di Leopardi che è, ovviamente, molto più popolare e conosciuto.
Modica 11/ 09/ 2018 Prof. Biagio Carrubba
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