GLI EPIGRAMMI PIU’BELLI (4) DI MARCUS VALERIUS MARTIALIS

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GLI EPIGRAMMI PIU’BELLI (4)
DI MARCUS VALERIUS MARTIALIS

4

Gli epigrammi più belli
sul tema de “La morte arriva sempre
all’improvviso, inaspettata e dovunque”
di Marcus Valerius Martialis,
poeta latino di origine spagnola
vissuto nel I secolo d.C. a Roma.

La lettura degli epigrammi di Marcus Valerius Martialis continua a suscitare in me un vivace stupore e una soave ammirazione verso di essi e, certamente, ciò è dovuto alla loro forza magica e alla malìa contenute nella loro poesia. Credo, infatti, che essi contengano una gradevolezza e un fascino che si rinnovano continuamente, componimento dopo componimento. Essi provocano in me, di volta in volta, un sussulto e un trasalimento nuovi e vibranti. Inoltre questi epigrammi mi fanno provare un’emozione ed una commozione improvvise e molto forti. Marziale riesce a fondere insieme, in questi epigrammi, la sorpresa dei contenuti e la leggerezza della forma. Sono contento, dunque, di poter presentare e di far scoprire ai lettori gli epigrammi di Marziale. Questa volta ho selezionato, fra tutti i suoi epigrammi, il tema centrale e significativo su “La morte che arriva sempre all’improvviso, inaspettata e miete vittime umane ed animali dovunque si trovino nel mondo”. Questo tema è svolto da Marziale in molti libri e durante la loro lunga composizione temporale. Credo, inoltre, che questi epigrammi mostrino un Marziale, austero e severo, attento ad osservare il proprio ambiente naturale e non soltanto la società umana e culturale della Roma del I secolo d.C. Egli si pone come un naturalista biologo che, con l’occhio attento ai piccoli avvenimenti naturali, sa cogliere la morte mentre svolge il suo ufficio ed il suo compito indefesso nel mondo naturale ed umano per dare un equilibrio tra tutte le specie viventi. Marziale sa essere obiettivo ed imparziale verso la morte e verso la vita, dunque sa anche essere il poeta che, con ritegno ed austerità, sa trattenere i suoi impulsi e le sue emozioni nel descrivere la lotta quotidiana ed incessante fra la vita e la morte, tra Eros e Thanatos. Questa capacità di Marziale tra il naturalista ed il poeta, misurato e raffinato, rende i suoi epigrammi sempre più vivi, vivaci, efficaci e sorprendenti sia nella loro forma sia nel loro contenuto. Io, B. C., ritengo, perciò, che la lettura e il godimento di questi epigrammi siano importanti e piacevoli per tutti colore che vogliono conoscere ed apprezzare gli epigrammi di Marziale e vogliono cibarsi di buona poesia e vogliono nutrire la propria anima con la letteratura classica latina. Quindi continuo a consigliare la loro lettura a tutti gli appassionati di poesia perché li trovo, ancora una volta, sorprendenti, stupefacenti, sobbalzanti e trasecolanti.

1

Da “Epigrammi, Liber Secundus”, epigr. 64.
“Mentre tu, oh Lauro, sogni di diventare ora un avvocato,
ora un retore, e non sai decidere sulla professione da prendere,
sei diventato più vecchio di Peleo, di Priamo e di Nestore,
e sarebbe per te, già tardi, prenderti il riposo.
Sono morti, in un solo anno, tre maestri di retorica:
muoviti, se hai un po’ di coraggio,
se hai un po’ di bravura. Se la scuola non ti attira:
scegli di fare l’avvocato, pensa che tutti i fori
scoppiano di processi: lo stesso Marsia
potrebbe fare l’avvocato. Orsù, rompi
ogni indugio: fino a quando dovremo attendere?
Mentre tu sei incerto sulla professione
da scegliere, potresti non essere più nulla.”

2

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 18.
“Là dove gocciola la porta, nelle vicinanze
del portico di Agrippa, e la strada sdrucciolevole
è sempre umida di acqua, una pesante lastra
di ghiaccio cadde sulla nuca di un fanciullo,
che passava sotto la volta gocciolante.
Il fragile pugnale, dopo aver portato a termine
il crudele destino dell’infelice, si liquefece
nel caldo sangue.
Che cosa mai la crudele Fortuna
non ha voluto che le fosse permesso?
O dove mai la morte non si annida,
se anche voi, acque uccidete? (La morte è dovunque).”

3

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 32.
“Un’ape è nascosta e risplende stretta in una goccia
di ambra: sembra che sia chiusa dentro il suo nettare.
Ha ottenuto il premio degno di tante fatiche: possiamo
credere che lei stessa abbia voluto morire così.”

4

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 44.
“Questo è il Vesuvio, verde, poco fa, di ombrosi pampini,
qui un’eccellente uva aveva riempito gli umidi tini.
Bacco amò questi monti più dei colli di Nisa.
I satiri, poco fa, su questo monte, intrecciavano
le loro danze. Questa era la sede di Venere,
a lei più gradita di Sparta. Questa località
era famosa per il nome di Ercole.
Ora tutto giace sepolto dalle fiamme
e dalla lugubre cenere: gli stessi déi
vorrebbero che al Vesuvio non gli
fosse stato permesso questo disastro.”

5

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 59.
“Mentre una vipera strisciava sui rami piangenti
delle eliadi, una goccia di ambra cadde
sull’animale che le stava di fronte:
mentre la vipera si meravigliava di essersi
impigliata in quella vischiosa rugiada,
chiusa improvvisamente nella morsa gelata,
s’irrigidì. Non essere superba, oh Cleopatra,
del tuo regale sepolcro, se una vipera giace
in una tomba più nobile della tua.”

6

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 60.
“Andate pure ad Ardea e nelle campagne di Castro,
e in tutte le terre bruciate dalla costellazione del Leone,
dal momento che il caso di Curiazio spedito agli Inferi
in mezzo ad acque tanto lodate costituisce una condanna
per il clima di Tivoli. In nessun luogo ti puoi sentire
sicuro della morte: quand’essa viene,
nel cuore di Tivoli c’è la Sardegna.”

7

Da “Epigrammi, Liber Quartus”, epigr. 63.
“Una madre, Cerellia, mentre navigava da Baia a Bauli,
morì annegata per colpa del mare infuriato.
Che donna virtuosa è perita per voi!
Un delitto simile voi, oh acque, non lo compiste
una volta per Nerone, neppure se
foste state comandate (da Nettuno).”

8

Da “Epigrammi, Liber Sextus”, epigr.15.
“Mentre una formica vagava all’ombra di un pioppo,
una goccia d’ambra avvolse la bestiolina.
Così quella che poco fa, in vita non era tenuta
in alcun conto, ora, morta, è divenuta una cosa preziosa.”

9

Da “Epigrammi, Liber Sextus”, epigr. 53.
“Andragora aveva fatto il bagno con noi,
aveva allegramente cenato, e al mattino
è stato trovato morto. Mi chiedi, oh Faustino,
la causa di una morte così improvvisa?
Aveva visto in sogno il medico Ermocrate.”

10

Da “Epigrammi, Liber Decimus”, epigr. 77.
“Oh Massimo, Caro non ha fatto mai un errore
più grosso di questo: è morto di febbre;
ma anch’essa ha commesso una nefanda azione.
Oh terribile febbre che hai provocato la morte,
fossi almeno stata una febbre quartana!
Egli doveva essere riservato al suo medico.”

11

Da “Epigrammi, Liber Decimus”, epigr. 85.
“Ladone, un barcaiolo del Tevere ormai vecchio,
acquistò un podere vicino al suo diletto fiume.
Poiché spesso il Tevere usciva dagli argini
e lo inondava con la sua piena, devastando
i campi con le violente acque, egli riempì
di sassi la barca ormai in riposo, che stava
sull’alta riva e la oppose al fiume.
Così tenne lontano la piena. Chi lo crederebbe?
Una barca sommersa arrecò aiuto al padrone.”

12

Da “Epigrammi, Liber Undecimus”, epigr 69.
“Ero la cagna chiamata Lidia, cresciuta tra
gli ammaestratori dell’anfiteatro, cacciatrice,
feroce nelle selve, mansueta in casa,
fedelissima al mio padrone Destro, che non
avrebbe preferito al mio posto il cane di Erigone,
né il cane che, seguendo Cefalo, l’uomo
di stirpe cretese, fu parimenti assegnato
alla Costellazione della dea portatrice di luce.
Non lunghezza di giorni, né l’inutile vecchiaia
mi rapirono, come fu il destino del cane
dell’eroe Dulichio: sono morta per il dente
fulmineo di uno spumante cinghiale,
simile al tuo, oh Calidone, o al tuo
o Erimanto. Ma non mi lamento sebbene,
sia giunta così presto nelle ombre infernali
non avrei potuto incontrare una morte più gloriosa.”

13

Da “Epigrammi, Liber Undecimus”, epigr 82.
“Filostrato tornava di notte alla sua casa di affitto
dalle terme di Sinuessa, dove aveva banchettato;
per volere del crudele destino mancò poco che morisse,
cadendo a testa in giù fino in fondo alla scala,
imitando Elpenore. Oh ninfe, non avrebbe corso
un sì grave pericolo, se avesse preferito bere
le vostre acque.”

14

Da “Epigrammi, Liber Undecimus”, epigr 93.
“Il fuoco ha distrutto la casa sacra alla poesia
del poeta Teodoro. Siete contente voi, oh Muse,
oh tu, Febo? Oh delitto, oh grande misfatto e
scelleratezza degli dei: il padrone non è morto
arso con la sua casa!”

Avete letto, avete riflettuto sul tema della morte che arriva proprio nel momento meno propizio ed inatteso. Sono sicuro che adesso siete più curiosi, più meravigliati, più attenti e più attratti dalla vita!

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Modica, 27 febbraio 2020                                                                                        Prof. Biagio Carrubba

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