GLI EPIGRAMMI PIU’ BELLI
DELL’ANTOLOGIA PALATINA (7).
VII
Gli epigrammi più belli di Paolo Silenziario.
Paolo Silenziario figlio di Ciro nacque nel 520 d.C. Era di ricca famiglia e fu dignitario della corte di Giustiniano e fu anche suocero di Agazia Scolastico. Compose molti poemetti ecfrastici sulla Chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli. Morì nel 575 d.C.
È noto soprattutto per i suoi epigrammi d’amore di cui riporto i più belli.
1
Dall’antologia palatina, Liber V, 217.
“Sotto forma d’oro, Zeus, penetrato nella bronzea camera
di Danae, recise il cinto della Vergine intatta.
Io affermo che questo è il senso del mito: né mura di bronzo
né catene resistono all’oro onnipossente. L’oro prevale
su tutti i guardiani e su tutte le chiavi; l’oro piega le donne
dai sopraccigli superbi. Fu l’oro che soggiogò anche
la mente di Danae. Nessun amante preghi la Pafia,
se ha solo argento da offrire.”
2
Dall’antologia palatina, Liber V, 219.
“Rubiamo, Rodope, i baci e l’opera di Cipride, così amabile
e così contrastata. È bello restare nascosti ed eludere guardiani
occhiuti: più dolci gli amplessi furtivi di quelli palesi.”
3
Dall’antologia palatina, Liber V, 228.
“Per chi, dimmi, accorcerai ancora i ricci, per chi curerai
le mani, arrotondando la punta delle unghie? A che scopo
ornerai il mantello con il fiore marino del murice, se più non
stai accanto alla bella Rodope? Se con questi occhi non vedo
Rodope, non voglio neppure mirare l’aureo splendore dell’aurora.”
4
Dall’antologia palatina, Liber V, 232.
“Bacio Ippomene e ho la mente fissa a Leandro; incollata
alle labbra di Leandro, porto nel cuore l’immagine di Xanto;
abbraccio Xanto e il mio animo ritorna a Ippomene.
Rinnego sempre chi ho fra le braccia, e or l’uno or l’altro
accolgo in alterni amplessi, cercando di fare ricca provvista
d’amore. Se uno mi critica, resti nella povertà monogama.”
5
Dall’antologia palatina, Liber V, 241.
“Addio” sto per dirti, ma torno indietro, freno la voce e
ancora ti resto vicino. La terribile separazione da te
mi sgomenta come l’odiosa notte d’ Acheronte.
Il tuo fulgore è simile a quello del giorno, ma il giorno
è muto, mentre tu mi porti quella favella che vince,
in dolcezza, il canto delle Sirene; ad essa sono appese
tutte le speranze dell’anima mia.”
6
Dall’antologia palatina, Liber V, 252.
“Gettiamo, mia cara, le vesti: nude a nude appressandosi,
le membra si allaccino. Nulla sia tra di noi:
quel fine tessuto mi pare il muro di Semiramide.
Si congiungano i petti e le labbra;
sul resto cali il silenzio: odio la loquacità impudente.”
7
Dall’antologia palatina, Liber V, 255.
“Vidi due amanti appassionati: con frenesia impaziente
configgendo a lungo le labbra nelle labbra, non si saziavano
di un amore infinito; ma, pur anelanti di penetrare l’uno
nel cuore dell’altra, alleviavano appena la tortura di un limite
invalicabile scambiandosi fra loro le morbide vesti.
L’uno somigliava in tutto ad Achille, quale l’eroe si mostrava
nel palazzo di Licomede; la fanciulla poi, cinta dalla tunica
fino al candido ginocchio, ritraeva l’immagine di Febe.
Di nuovo le labbra erano premute, perché li divorava
un’incessante follia amorosa. Sarebbe più facile dividere
il tortuoso intreccio di due ceppi di vite, cresciuti
in un viluppo annoso, che quelli amanti, con le morbide membra
serrate in un nodo dalla mutua stretta delle braccia.
Tre volte beato chi, mia cara, è legato in tali catene,
tre volte beato; ma noi bruciamo divisi.”
8
Dall’antologia palatina, Liber V, 264.
“Perché mi rimproveri i capelli anzi tempo canuti e gli occhi
umidi di lacrime? Sono gli scherzi del mio amore per te,
le cure di uno sterile desiderio, i segni dei dardi,
l’effetto di lunghe veglie notturne. Anche i fianchi
sono già segnati da rughe precoci e la pelle pende
flaccida intorno al collo. Quanto il fiore della fiamma
è giovane, tanto il mio corpo invecchia per il rodìo
dell’angoscia. Via, sii pietosa, concedimi i tuoi favori;
subito il mio corpo rifiorirà e il capo tornerà nero.”
9
Dall’antologia palatina, Liber V, 270.
“Come alla rosa non servono corone, così a te, mia signora,
non occorrono vesti né reticelle ornate di pietre preziose.
Le perle la cedono alla tua pelle né l’oro ha in sé lo splendore
della tua chioma libera dal pettine. Certo l’ametista indiana
ha la grazia di una bellezza fiammante, ma ben più fioca
dei tuoi occhi. Le labbra roride poi e l’armonia del tuo seno
intriso di miele sono il cinto della Pafia.
Tante meraviglie mi sopraffanno; solo i tuoi occhi mi incantano,
dove alberga una dolce speranza.”
10
Dall’antologia palatina, Liber V, 275.
“Giaceva immersa nel sonno pomeridiano la graziosa Menecrate
col braccio avvolto intorno alle tempie. Mi feci animo
e salì sul suo letto; quando avevo percorso con gioia metà
del cammino amoroso, la fanciulla si destò dal sonno e
con le bianche mani prese a strapparmi tutti i capelli.
Benché lei resistesse, io compii l’opera d’amore.
Inondata di lacrime lei mi disse: “Miserabile,
dunque hai soddisfatto il tuo desiderio, a cui opposi tanti no,
rifiutando dalla tua mono molto oro. E ora andrai subito
da un’altra, a stringerla al petto:
non siete che insaziati operai di Cipride”.”
11
Dall’antologia palatina, Liber V, 279.
“Cleofantide tarda. Già per la terza volta la lucerna comincia
ad abbassarsi lentamente e a morire. Magari con la lucerna
si spegnesse anche la fiamma del cuore, né più mi bruciasse
con le lunghe insonnie del desiderio. Quante volte giurò
per Citerea: “Verrò stasera”, ma quella non ha rispetto
né per gli uomini, né per gli dei.”
Per finire io, Biagio Carrubba, riporto il giudizio critico sugli epigrammi amorosi ed erotici di Paolo Silenziario preso dall’Antologia Palatina, edizione Casini, p.784: “Gli epigrammi di Paolo Silenziario, per numero e per valore, predominano gli erotici, poiché Paolo Silenziario fu essenzialmente poeta d’amore. Non ricco di novità riguardo a temi, schemi, motivi, situazioni e richiami esterni, rivela invece una sua originalità nell’espressione diretta ed immediata del sentimento erotico.”
Modica, 08/05/2020 Prof. Biagio Carrubba
Commenti recenti