
Il fior fiore poetico dell’ultima opera poetica.
Lasciami, non trattenermi
di Mario Luzi.
I
Introduzione e presentazione dell’opera poetica.
Il libro poetico postmoderno “Lasciami, non trattenermi” è l’ultimo dono, oblativo e meraviglioso, che ci ha donato il grande poeta toscano Mario Luzi. (Garzanti editore 2009). Il libro è un regalo che M. Luzi ha lasciato a tutta l’umanità; e noi lettori, fedeli e testamentari, della sua opera poetica abbiamo il compito di leggerla, di capirla e di analizzarla per sviscerarlo, capire e carpire il suo ultimo messaggio estetico, esistenziale ed escatologico. Anch’io, B. C., mi voglio cimentare a svolgere, modestamente, questo lavoro di ermeneutica nella speranza di rendere più chiaro e più preciso il messaggio poetico ed estetico di Mario Luzi. Penso che il tema dominante e predominante di tutta l’opera poetica, postmoderna e postuma, sia, da parte del grande poeta, quello di celebrare la natura, quello di esaltare la vita e quello di esultare e tripudiare l’Essere, così come li ha visti e vissuti il poeta, nell’ultima parte della sua vita. Secondo me, B. C., M. Luzi ha voluto celebrare la vita, la natura e l’Essere come epifania e teofania di Dio, secondo la tradizione e la dottrina della Chiesa Cristiana e della Religione Cattolica Romana. Secondo M. Luzi, Dio, avvolto nella sua luce abbagliante, emana il suo splendore divino, con i suoi raggi e con le sue spere, agli uomini che hanno la forza di ascoltare la sua parola e la volontà di guardare la sua luce pura, nitida, trasparente, accecante e abbacinante. Io, B. C., ho già analizzato l’aspetto del viaggio ultraterreno, dantesco e magnifico, nella mia precedente recensione, dando preminenza alle poesie che si riferiscono al percorso ultraterreno, teologico e trascendente di Mario Luzi verso il Paradiso terrestre. Ora, in questa recensione dell’ultima sua opera poetica, mi cimento a mostrare e mettere in rilievo tutte le poesie che celebrano, glorificano e illuminano il suo immanentismo terrestre e lo spirito vitale che dominano la natura, la vita e l’Essere, come epifania e teofania di Dio. Il messaggio centrale e importante di tutta l’opera consiste, secondo me, nel celebrare, lodare e magnificare, da parte di M. Luzi, il suo amore per la natura, per la vita e per l’Essere, così come sono stati visti e vissuti dal poeta. La prima poesia dell’opera è un componimento poetico dedicato e riservato all’ex moglie; componimento nel quale Mario Luzi espone la sua ottica cristiana e religiosa di M. Luzi. Ecco i versi del componimento poetico nei quali M. Luzi esprime tutta la sua volontà e visione cristiana della vita: “Per aiutarci a meritare il cielo, / dice Madre Teresa di Calcutta, / il Cristo ci ha posto sotto esame/ riguardo la nostra carità/ pratica, attiva verso i deboli, / i diseredati, i poveri. Che hai fatto, / tu?”. Poi cominciano le poesie celebrative della natura, della vita e dell’Essere. Per capire questa celebrazione è necessario, però, individuare, capire e leggere tutte le poesie che fanno parte della celebrazione e della glorificazione della natura, della vita e dell’Essere. Io, B. C., penso, suppongo e affermo che la tesi e il messaggio di tutta l’opera postuma, postmoderna e profetica, sia, per l’appunto, la seguente. Mario Luzi ha voluto lasciarci il suo avvertimento e il suo monito di lasciare, intatta e sana, la natura, la realtà e l’essere, così come Dio li ha creati, senza distruggere la loro bellezza e le meraviglie naturali e celesti. L’altro avvertimento che M. Luzi ci ha lasciato è quello di frenare e limitare l’inquinamento e il degrado mondiale, con l’aiuto e l’intervento della scienza e con il comportamento di tutti gli uomini di buona volontà. Questa speranza di salvaguardare la bellezza del mondo è, ovviamente, secondo me, una pura utopia; ma io, B. C., dico che, sostenendo e credendo, fortemente, in questa utopia si può fare nascere un pungolo e un richiamo a chi, effettivamente, può ridurre e rallentare il degrado e l’inquinamento mondiale che oggi imperversano in tutto il mondo. Penso, infine, che, per riconoscere questa tesi e questo messaggio poetico, sia necessario distinguere tutte le poesie di questo argomento, dai tanti altri argomenti sparsi e dispersi nell’intera opera.
1. Le poesie autobiografiche sono le seguenti. Poesia n. 1, 7, 9, 10, 13, 34, 35, 54, 56, 57, 58.
2. Le poesie, che celebrano l’ambiente naturale, il regno animale e la Toscana, sono le seguenti poesie. Poesia n. 3, 5, 11, 12, 16, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 30, 31, 42, 43, 44, 53, 59, 62, 63, 64.
3. Le poesie, che celebrano la realtà sociale, le donne, gli uomini, nel loro tempo e nella loro storia, e la vita, sono le seguenti. Poesia 14, 15, 18, 27, 31, 32, 33, 36, 39, 40, 41, 50, 52, 53.
4. Le poesie, che celebrano l’Essere come epifania e teofania di Dio, sono le seguenti. poesie n. 14, 19, 23, 48, 60, 61.
5. Le poesie, multi tematiche, cioè quelle che sono attraversate da questi temi incrociati fra di loro, sono le seguenti. Poesia n. 11, 12, 14, 15, 18, 19, 55, 64, 66, 67.
II
Leggere “Lasciami, non trattenermi” è come entrare in un giardino segreto, fiorito e aulente, pieno di tanti fiori multicolori e di vario genere. Come entrare nel giardino profumato e aulente significa godere con l’olfatto tutti i profumi e inebriarsi con la vista di tutti i colori dei fiori che esibiscono, esprimono ed espongono la bellezza dei petali, dei colori e dei profumi, come appaiono agli occhi e all’olfatto dei visitatori; così, sfogliare, consultare e leggere il libro, “Lasciami, non trattenermi” significa godere e dilettarsi delle belle poesie che vi sono contenute. Come ogni visitatore del giardino rimane incantato e stupefatto dalle varie tonalità dei colori, così ogni poesia del libro incanta e diletta i lettori perché ogni poesia è policroma, rara, preziosa, particolare, striata di tante sfumature emotive e sentimentali e di tanti motivi diversi che riempiono l’animo e soddisfano il cuore di ogni lettore. Io, B. C., fra tutte queste belle poesie, policrome, polisemantiche e politematiche, ho scelto il fior fiore di esse per analizzarle e far vedere e mostrare tutta la sensibilità e l’amore che M. Luzi aveva verso la natura, la vita e l’Essere. Le poesie scelte, da me, per questo tema sono le seguenti. La poesia n. 17, 20, 46, 47, 68, 69, 70.
III
Mario Luzi e la poesia del XXI secolo.
Sono passati, appena, 15 anni da quando M. Luzi ci ha lasciati, definitivamente, e sembrano, invece, 15 decenni o 15 anni luce. Infatti sembra che, oggi aprile 2019, viviamo in un altro secolo e in un altro mondo, rispetto all’epoca postmoderna di Mario Luzi. E, per molti versi, ciò è vero e ciò è dovuto, ovviamente, alla velocissima e incredibile produzione e creazione delle scienze e delle tecnologie attuali. L’età postmoderna è, ormai, finita completamente, nella quale visse il grande poeta toscano. Siamo entrati nell’epoca postcontemporanea (2010 – 2019) ma già siamo entrati in un’altra epoca nuova, più pericolosa e più precaria, dominata dagli irruenti e disastrosi fenomeni climatici mondiali che, da un decennio a questa parte, avvengono, imperversano e dominano in tutto il mondo. Ormai l’inquinamento mondiale ha effetti disastrosi in ogni parte del mondo. Il modo di dire “Il tempo è impazzito” è diventata una frase usuale e comune in tutto il Mondo. Anche da noi, in Italia, ogni anno si verificano fenomeni climatici disastrosi e rovinosi, come la siccità dei fiumi e l’aridità dei terreni e delle campagne fertili e la distruzione di moltissime colture agricole. Io, B. C., penso che, ma è opinione comune, perché ripetuta da tutti gli scienziati del Mondo, che i prossimi due decenni siano decisivi e determinanti per la sorte dell’umanità intera sul pianeta Terra. Essa è condannata, dapprima, all’involuzione sociale e vitale e, poi, alla sua estinzione globale. Forse ci sarà una piccola minoranza che si potrà salvare emigrando in altri pianeti. Questa prospettiva imminente e disastrosa mi fa ricordare il bel film “I sopravvissuti” degli anni ’70 nel quale questa fine è stata illustrata e prevista e presagita dal film. Quindi i prossimi due decenni saranno terribili e terrificanti per i popoli di tutto il Mondo. Ovviamente ci saranno differenze tra i popoli ricchi e poveri; e tra le classi sociali abbienti e facoltose, da una parte, e le classi sociali povere e affamate, dall’altra parte, all’interno di uno stesso popolo. Su questi temi e previsioni, anche M. Luzi ne ha parlato e discusso nel libro “Le nuove paure. Conversazione con Renzo Cassigoli”. (Passigli editore 2003). In questo libro M. Luzi parla delle paure e delle malattie che il poeta ha intravisto all’inizio del nuovo secolo. A pagina 93 Cassigoli afferma: “Su un muro ho letto uno slogan, diceva così: – ai poveri i cibi transgenici, ai ricchi i cibi biologici -. […] l’opulenza del primo mondo è resa possibile dalla miseria e dalla fame del terzo e quarto mondo (pag. 94)”. Luzi gli risponde: “I prodotti transgenici sono un altro strumento di sopraffazione e di dominio del mondo occidentale. (pag. 94)”. Oltre a queste tematiche ambientali Mario Luzi illustra la sua concezione che la poesia avrà nel XXI secolo. A pagina 50 Cassigoli parlando di un libro di M. Luzi Vero e verso, afferma: “È questa una poesia sofferente e malata, in un’epoca sofferente e malata?”. Mario Luzi gli risponde: “Il tema della poesia diventa la crisi della stessa poesia, come espressione della crisi della conoscenza generale, dovuta alle grandi e tragiche esperienze storiche del 900”. E Luzi continuando nel suo discorso afferma: “Il compito della poesia è servito a dare quella coscienza e quella consapevolezza che le altre discipline non davano, dal momento in cui avevano perso i riferimenti con la realtà.” La risposta, che Mario Luzi dà alla divisione fra poesia e altre discipline, si trova a pag. 62 quando afferma: “Il suo linguaggio (della poesia) è un linguaggio universale, non ha i contorni precisi della formalizzazione come la filosofia e la scienza, e può essere ricevuto, capito e trasformato da qualsiasi lettore.” Di fronte a questa prospettiva climatica disastrosa, io, B. C., affermo e reputo che la poesia dei nostri tempi deve cambiare e trasformarsi nella “poesia postcontemporanea e climatica” aderente e attinente ai problemi attuali che tormentano e condizionano la nostra società postcontemporanea. Allora io, Biagio Carrubba, spero che ci sia una nuova poesia postcontemporanea, parossistica e climatica, che richiami l’attenzione sui problemi climatici attuali così come sta facendo la fanciulla norvegese Greta che con i suoi interventi mediatici ha richiamato l’attenzione di tutti i popoli per risolvere e attenuare i rischi e i pericoli del clima disastroso di questi tempi. Io, B. C., definisco, allora, la nuova poesia, postcontemporanea e climatica, che deve avere lo scopo, soprattutto, di difendere la naturalezza e la bellezza attuali della Terra; anch’io, B. C., mi associo al messaggio e alla tesi del libro Lasciami, non trattenermi di M. Luzi. Infatti sono sicuro che anche M. Luzi ha lanciato il suo monito con questa ultima sua opera poetica postmoderna e profetica per evitare la devastazione della natura e la distruzione dell’intera umanità, come la esprime e la illustra il poeta nelle magnifiche poesie del libro. Ora, dopo 14 anni, dalla scomparsa definitiva di M. Luzi, è necessario che “la poesia postcontemporanea e climatica” di oggi, aprile 2019, deve esprimere, effondere, esporre, rivelare, esplicare, manifestare, motivare e sostenere tutta la protesta e le preoccupazioni per il clima, contemporaneo e postcontemporaneo; clima, impazzito e disastroso, che la poesia postcontemporanea e climatica deve saper tradurre in poesia esprimendo tutte le effusioni, i sentimenti, le idee, le meditazioni e le speranze di ogni poeta che vuole esprimere e far conoscere al mondo la sua protesta e la sua ribellione contro i potenti della Terra che non fanno niente per attenuare e limitare i guai e i danni di un clima fuori controllo. Il poeta postcontemporaneo e climatico, come me, ha il compito, ormai, di esprimere la propria ribellione e il proprio malessere contro la grande paura che nasce da questo clima, contemporaneo e postcontemporaneo, impazzito e disastroso, che atterrisce e spaventa tutti i cittadini di ogni città, di ogni popolo di tutti i continenti della Terra. Sulla nuova poesia, postcontemporanea e climatica, io, B. C., spero che, ben presto, possa conferire ad essa un nuovo contenuto e una nuova forma, confacenti alle tematiche climatiche del nostro tempo, impazzite e disastrose, che viviamo ogni giorno, sulla nostra pelle, sulla nostra salute e sulle nostre città e territori italiani e siciliani. La nuova poesia che io, B. C., definisco postcontemporanea e climatica deve riportare e registrare tutti gli eventi irregolari climatici che si scatenano in Italia e in Sicilia e che producono danni ingenti alle nostre distese ambientali e alle nostre colture agricole produttive molto importanti per tutta l’economia italiana e siciliana.
III
Introduzione alla I poesia del fior fiore.
(Poesia n. 17. Pag. 48).
Ecco la prima rosa, aulente e profumata, che io, B. C., ho incontrato nel giardino segreto di M. Luzi. Solo pochi aspiranti poeti ed amanti della poesia possono accedervi; io, B. C., mi pregio e mi fregio di questo privilegio assoluto per il fatto che sto leggendo e rileggendo il libro di M. Luzi. Secondo me, la I poesia è un roseto rosso con 1000 petali e con 1000 striature cromatiche tutte diverse fra di loro. Quando incontri questa fioritura di rose e ti viene incontro, ti abbaglia gli occhi con i suoi 100 colori e ti stordisce l’olfatto con i suoi 1000 profumi. L’incipit della poesia è bellissimo e stupefacente; due predicati nominali a cui segue la principale “l’effusione del cuore.” Segue un’altra principale che esprime tutta la libertà della mente umana: “l’alacrità primaria della mente/ dilaga”. Segue poi una immagine manzoniana: “si affollano parole e cose/ becchettandosi/ quasi ad un mangime/ di senso e verità.” Poi inizia la descrizione variopinta e metaforica della realtà esterna, dove tutto “si accende/ e si concilia l’animosa rissa.” Tutto questo spettacolo naturale non si deve né disperderlo né perderlo. Il poeta, poi, si rivolge a sé stesso e dice che ogni genere ha il proprio governo e il proprio principio. Infine il poeta conclude la poesia con una immagine creativa e immaginativa presa dalla filosofia di H. Bergson con il suo elan vital (slancio vitale). Mario Luzi chiude la bellissima poesia con lo stesso motivo filosofico di un principio vitale che “è forma, forma non formata/ ma formante”, come dire che la natura ha un principio e uno sviluppo che si forma in divenire e tutto in essa rifulge ed è piena di fulgore. E, infatti, tutto ciò che è naturale incanta e stupisce. E tu uomo, che guardi e studi la natura, “sii umile/ accoglilo com’è quell’incremento/ di vita.” Per questo motivo tu uomo non puoi distruggere né devastare la natura. Poesia stupenda e stupefacente.
Testo della poesia.
È libera, è pulsante
– La metrica ancora non la stringe –
l’effusione del cuore
l’alacrità primaria della mente
dilaga – verrà dopo se viene
il “fren dell’arte”.
Intanto
si affollano parole e cose
becchettandosi
quasi ad un mangime
di senso e verità,
si accende
e si concilia l’animosa rissa.
Disperderne lo sciame
è un’empietà, spregiarlo
è leggerezza. Sii umile,
accoglilo com’è quell’incremento
di vita, ha esso il suo governo,
è principio,
è forma, forma non formata
ma formante
quella vivida sostanza.
Introduzione alla II poesia del fior fiore.
(Poesia n. 20. Pag. 53).
Ecco il secondo fiore del giardino segreto di M. Luzi; è una bella fresia, tutta colorata di bianco con striatura violacee e gialle. Il poeta, in questa breve ma intensa poesia, esprime tuto il suo stupore di poeta che osserva la natura, la quale s’invola verso l’azzurro del cielo. L’incipit descrive gli alberi, che fioriscono e arborano, con l’aria “ariosamente”. Il cielo si innamora del suo azzurro. La poesia è, dunque, una pura glorificazione della natura e dei suoi elementi più semplici e gradevoli. Ogni albero respira ed esplode di vita e vorrebbe librarsi nel cielo “arborando”. Ogni vitalità “antica e incipiente” è presente a sé stessa; e non è, per niente, remissiva agli altri elementi vitali. Ogni essere è presente a sé stesso: “ogni erba, ombra, volo, / ogni risorgiva.” La poesia si conclude dicendo che “la somma equalità del giorno/ il verso del cucù” salgono verso l’alto. Negli ultimi versi interviene il poeta affermando che anche il lettore che vive e guarda la natura non deve essere uno spettatore passivo e inattivo, ma deve intervenire perché fa parte del mondo e lo deve proteggere. Poesia dedicata e brillante come lo sono, per l’appunto, le frese.
Testo della poesia.
Stanno sopra di te
ariosamente
gli alberi arborando,
s’invoglia del suo azzurro il cielo,
si sente persuasa
di sé, in sé precisa, a niente
remissiva ogni vita
antica ed incipiente,
ogni erba, ombra, volo,
ogni risorgiva.
Scande
la somma equalità del giorno
il verso del cucù.
Vivi e guardi, teste non sei
ma parte. Oh mondo, mondo.
Introduzione alla III poesia del fior fiore.
(Poesia n. 46. Pag. 99).
Ecco il terzo fiore del giardino segreto di M. Luzi: è una azalea. La poesia, breve ma intensa, descrive il nascere e il maturare dei fiori in piena estate. In estate ogni fiore e ogni elemento floreale esplode con i suoi accesi colori; in estate ogni elemento naturale si compie nel suo massimo grado; esprime l’essere di essenza. L’estate stessa guarda sé stessa e il suo splendore. In estate ogni cosa esibisce il suo essere “in piena certitudine”. In estate le acque, le nuvole si muovono sui monti. In questo affascinante e rigoglioso nascere e rinascere l’Essere si gloria di sé stesso e si trova in pieno immanentismo. “L’Essere si gloria/ di sé, brilla di finitudine. È.” E tutto questo esplodere di colori è possibile vederlo nel fiorire delle azalee, quando i colori di questi fiori esplodono e rifulgono in piena estate e il loro olezzo, gradevole e penetrante, inonda, profuma e si espande per tutte le distese ambientali, nazionali e internazionali.
Testo della poesia.
Tutto compiutamente
si riempie
l’essere di essenza.
L’estate è ferma,
dal suo celeste occhio guarda
sé stessa il suo splendore.
Si rapprende
in piena certitudine
la forza
tranquilla delle cose.
Stanno gli alberi
le acque, le nuvole venture là sui monti.
L’essere si gloria
di sé, brilla di finitudine. È
Introduzione alla IV poesia del fior fiore.
(Poesia n. 47. Pag. 100).
Ecco che si fa avanti un fiore, rarissimo e particolarissimo, com’è questa bella poesia, rarissima e particolarissima; è il glicine, che con il suo aureo pendere, dona una luce e una luminosità speciale al luogo dove nasce e cresce, così come questa poesia dona una luce intensa e brillante ai pittori, che sono i protagonisti assoluti della poesia. La poesia è un vero e sincero elogio ai pittori, perché sono i soli tra i mortali che, con i loro colori, sanno far nascere e rinascere l’Essere dal niente. Infatti i pittori sanno far risuscitare la vita di un quadro che ritrae, a sua volta, la realtà dell’Essere. L’incipit della poesia mostra i pittori, affaccendati e indaffarati, a cogliere e a dipingere “Il visibile più intenso e più ramoso”. I pittori sono i grandi maestri dello spazio incantevole. Essi, come per magia, mettono in chiaro l’enigma del mondo e il mistero della realtà e lo rappresentano con il giallo dell’oro e con il turchese del glicine. I pittori, beati o turbolenti, sia che pitturano o sia che disegnano “nel bilico del non essere o sul ciglio/ del nero precipizio.”, dipingono la realtà visibile e quella dell’increato, che li sfida e li sgomenta. Ma loro non si lasciano spaventare perché sanno resuscitare l’Essere dal niente, mentre noi comuni mortali non sappiamo suscitare niente dal niente. La poesia si conclude con due domande retoriche. La prima domanda dice: “È forse la creazione/ quella”. La risposta del poeta è: si è quella come una “fontana/ copiosissima di sé”. La seconda domanda dice: “O è vaniloquio umano?”. La risposta del poeta è che il compito della poesia non è un vaniloquio, perché come i pittori dominano i colori per dipingere nuove realtà nei quadri con colori nuovi, così i poeti dominano le parole per trasformarle in bellissime immagini e in sentimenti trasfigurati.
Testo della poesia.
Il visibile che i pittori vedono
più intenso e più ramoso,
i grandi
maestri dello spazio conveniente –
essi d’incanto
ne focalizzano l’enigma
e lo segnano nell’oro e nel turchese
ovvero lo stendono beati
o turbolenti
nel miscuglio di ogni colore e tinta
contro il nulla, nel bilico
del non essere, sul ciglio
del nero precipizio
da dove l’increato
li sfida e li sgomenta.
Perché loro, perché non tutti noi
mortali suscitiamo
dal niente l’essere in cui siamo
umilissimi dèi, ciascuno minimo,
ciascuno totale.
È forse la creazione
quella, lo è, fontana
copiosissima di sé –
O è vaniloquio umano?
Introduzione alla V poesia del fior fiore.
(Poesia n. 68. Pag. 128).
Subito dopo si incontra un altro bel fiore aulente e raro: è la fucsia, che si addice a questa bella poesia creativa e originale. L’incipit della poesia svela il tema della poesia: “il velo di torpore” che domina nella controra. Sono le prime ore del pomeriggio specialmente d’estate. Il tedio di queste ore domina la natura, conosce la noia degli uomini e partecipa al gioco delle luci e delle ombre del meriggio. Sono le ore di riposo assoluto. Il torpore di queste ore, tediose e silenziose, colpisce la nostra vita quotidiana piena di “fatica e di preghiera”. Il silenzio di queste ore di torpore conosce anche “l’ordine universale” della natura e la sonnolenza del silenzio. Il torpore riempie di sé ogni cosa nella controra. Per il perdurare del torpore, “tutta la natura soffre e prega”. Io, B. C., credo che questa poesia mostri una reminiscenza e una influenza della famosa poesia di Montale quando scrive i famosi versi della poesia “Spesso il male di vivere ho incontrato”. La seconda quartina, infatti, si avvicina molto ai versi di M. Luzi.
Testo della seconda quartina di E. Montale.
Bene non seppi, fuori dal prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua della sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Testo della poesia di M. Luzi.
Tace,
non dice: “ora”
nemmeno mormora: “labora”
il velo di torpore
e quieta lassitudine
della controra…
Eppure
non ignora
niente di noi
il frastaglio
di sole e di penombra
che tranquillo
gioca nelle celle
del nostro minimo letargo.
Non c’è pausa,
non c’è desistenza.
Sa il tenore
della nostra vita
di fatica e di preghiera
l’ordine universale
anche nella sonnolenza
del nostro silenzio
e lo riempie
di sé, ne porta vece
tutta la natura soffre e prega.
Introduzione alla VI poesia del fior fiore.
(Poesia n. 69. Pag. 130).
Vado avanti nel giardino segreto di M. Luzi e incontro un altro bellissimo fiore: è un ibisco, rosso abbagliante, come lo è questa bella poesia, luminosa e caldissima, che descrive un’azione e uno spettacolo estivo. È una poesia, certamente, polisemantica e metaforica, ed inizia con due splendide sineddoche. La prima sineddoche è l’incipit “Suda questa calura”. La seconda sineddoche è “Il rudere… ricuoce lo stantio afrore…”. Il poeta poi si immerge, completamente, nell’ambiente campestre e nel tempo assoluto di piena estate “nella soffocante afa”. Il poeta, quindi, pensa e ripensa alla storia passata e a ciò che si sta preparando per il futuro. Infine, il poeta conclude osservando un falò estivo e medita, metaforicamente, che quel fuoco brucia sia il passato che il futuro “sotto il sole, nelle stesse pietre”.
Testo della poesia.
Suda questa calura,
trasuda antichi fiati
e fortori di campagna
le diroccate mura
il rudere
della primitiva pieve
e del suo povero rure
ricuoce lo stantio
afrore
delle sue folte domeniche
nella soffocante afa.
Siamo in mezzo al tempo,
in un pieno mezzogiorno.
Molto è stato.
Come se e come seme
di ciò che oscuramente è preparato.
Bruciano l’avvenire e l’avvenuto
sotto il sole, nelle stesse pietre.
Introduzione alla VII poesia del fior fiore.
(Poesia n. 70. Pag. 131).
Proseguo e incontro l’ultimo fiore del giardino segreto di M. Luzi. È una camelia. Questa poesia prosegue la poesia precedente. Ma questa volta il poeta si trova in piena notte ma già si intravvede l’alba. Si trova presso una abbazia e sente il canto del giorno che sta per nascere. Allora il poeta si chiede: è questo “il cantico del Mondo” cioè il canto dell’Essere e di Dio? Il poeta si chiede se lo ha appreso e capito. Il poeta conclude che non basta né l’udito né l’uomo a seguire il ritmo del canto eterno perché “così pieno/di totalità, così profondo”.
Testo della poesia.
Notte alta, verso mattutino.
Era tra le muraglie
i corridoi, le celle
della povera abbazia
silenzio, quello?
aveva
quella vocalità
l’eterno?
e lui l’aveva
vertiginosamente appresa?
O era invece il cantico del mondo
così pieno
di totalità, così profondo –
non bastava
l’udito ad ascoltarlo,
l’uomo a seguirne il ritmo.
I
Introduzione e presentazione delle poesie.
Analisi del contenuto.
Sintesi delle poesie.
Il tema delle poesie, scelte da me, come già stato detto nella introduzione a questa recensione, è l’ammirazione e la glorificazione della natura, della realtà e dell’Essere così come li ha visti e vissuti M. Luzi durante l’intero arco della sua vita. Dunque le poesie esprimono, esaltano e tripudiano la bellezza della natura e contemplano ed esultano per l’Essere, così come è stato creato e voluto da Dio. Nella I poesia, per esempio, il poeta esalta la creatività della mente e l’effusione del cuore. E il poeta esulta per il principio vitale “Quella vivida sostanza”, che dà forma, forza e vigore a “l’animosa rissa”. Nella II poesia, per esempio, M. Luzi glorifica la bellezza degli alberi e di ogni singolo elemento che vive, respira e vibra sulla Terra. Poi si rivolge ad ogni singolo uomo e gli ricorda che il lettore non deve essere soltanto un teste, ma deve essere parte attiva e creativa perché lui fa parte del Mondo. Nella III poesia, il poeta ammira la natura, contempla e glorifica l’essere in sé che brilla di finitudine. È. Siamo in pieno immanentismo luziano con il quale il poeta espone ed esprime il suo atteggiamento religioso, che, pur esaltando la trascendenza di Dio, ne ritrova l’origine in una esigenza intima dell’uomo. Nella IV poesia, Mario Luzi elogia, omaggia e onora i pittori, perché sono i soli artisti che sanno risuscitare l’Essere dal niente e perché sanno dominare i colori così come i poeti sanno dominare, formare e creare nuove poesie. Nella V poesia, M. Luzi descrive ed esibisce il silenzio e la sonnolenza della controra e mostra tutto il movimento del sole e della penombra nelle ore del meriggio. L’ultimo verso mostra la natura come una materia viva e vivifica che soffre e prega. È un verso memorabile perché sintetizza in un solo verso due concezioni poetiche antitetiche: quella leopardiana e quella luziana. Nella prima metà del verso viene fuori la natura che soffre del Leopardi; nella seconda metà del verso viene fuori la natura che prega di Luzi. Ecco il verso finale: “Tutta la natura soffre e prega.” Nella VI poesia, M. Luzi presenta, invece, una immagine e una azione che si svolgono in pieno mezzogiorno ed in piena estate sotto una soffocante afa. Il poeta vede un falò e pensa che siano altri, sotto il sole, che “Bruciano l’avvenire e l’avvenuto” insieme. Nella VII poesia, M. Luzi, si trova, invece, in piena notte ma sta sorgendo l’alba. Il poeta ascolta il silenzio di quelle ore e gli sembra di sentire la voce della Terra. E si chiede se quella vocalità è il cantico del Mondo, dell’Essere e di Dio? E si risponde che, per ascoltare e capire, quel canto eterno e silenzioso della natura non basta l’udito dell’uomo, né l’uomo stesso può seguirne il ritmo.
II
Analisi della forma.
Genere e metrica.
Il genere delle poesie prescelto da M. Luzi è, senz’altro, il genere della poesia postmoderna e profetica, amplificata e rinnovata dal grande poeta toscano, con le sue opere poetiche composte dopo il 1985. I versi sono liberi e sciolti, mentre le strofe sono mobili e allungate per dare una maggiore ariosità e leggerezza ai componimenti poetici.
Il linguaggio poetico e la lexis delle poesie.
Il linguaggio poetico è alto e raffinato, forbito e ricercato. La lexis delle poesie è brillante e personale, perché è composta da periodi paratattici e ipotattici ricchi di figure retoriche difficili, belle e intense.
La stimmung delle poesie.
La stimmung delle poesie è speciale e particolare perché esprime tutta la meraviglia e lo stupore del poeta che si trova a contemplare e ad ammirare la bellezza della natura e dell’Essere. Egli vede nella natura, che si trova in splendida forma e in un cambiamento continuo come afferma in molte poesie dell’opera, una epifania e una teofania divina.
Lo stile delle poesie.
Lo stile delle poesie è sempre alto, personale e originale perché costruito su concetti elaborati e costruiti dalla mente del poeta nella sua ultima fase creativa. Questo stile poetico è basato, anche, su una costruzione di versi e di strofe armoniosa e simmetrica senza mai cadere in una lexis disordinata o caotica. Lo stile risulta quindi vario e variegato, brillante e brioso, personale e originale.
La bellezza delle poesie.
La bellezza delle poesie è cospicua e copiosissima ed emana dai versi, a gradini e ad incastro, e dalle strofe, mobili e allungate, creando così un effetto arioso e spazioso di ogni singola poesia. Infine le sette poesie prese in considerazione emanano, anche, dei profumi intensi e inebrianti e sono come fiori, coltivati e curati, nel giardino segreto di M. Luzi. Io, B. C., ho abbinato ad ogni poesia, multicolore e aulente, un fiore, profumato e curato di giardino; nella prossima recensione abbinerò, invece, ad ogni poesia, unica e irripetibile, di M. Luzi, un fiore silvestre e campestre anch’esso, unico e irripetibile, generato dalla natura, manifestazione dell’Essere e creato da Dio. Io, B. C., mi permetto di affermare che, oggi, aprile 2019, con tutte le scienze che abbiamo sull’astronomia e sui buchi neri, mi pare che la concezione immanentistica e trascendente di Mario Luzi, oggigiorno, risulti molto rimpicciolita, limitata e datata all’epoca e alle società postmoderne, cioè al tempo della vita di M. Luzi, ma la forma ornata, la creatività performante, la genialità celestiale e l’originalità di M. Luzi rimangono e rimarranno per sempre attuali, brillanti e evergreen. Oggi noi viviamo, invece, in pieno nelle società “postcontemporanee e climatiche” dove le scienze astronomiche e tutte le altre scienze e tecnologie sconvolgono, allargano e superano, ogni giorno, tutte le tradizioni, le concezioni e le conoscenze dell’età postmoderna.
Modica 13 aprile 2019 Prof. Biagio Carrubba
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