
Breve biografia di
PublioVirgilio Marone
I
Publio Virgilio Marone nacque ad Andes presso Mantova il 15 ottobre del 70 a.C., da famiglia agiata. Il nome originale di Virgilio era però Publius Vergilius Maro; la trasformazione da Vergilius a Virgilius nacque a partire dal V secolo e si impose definitivamente nel Medioevo quando Virgilio era considerato un mago e quindi il cognome passò da Vergilio a Virgilio tenendo conto del termine latino virga che indicava la “bacchetta magica”. Nel 55 a.C. si recò a Milano per approfondire gli studi, poi intorno al 53 a.C. si trasferì a Roma e cominciò a scrivere le prime opere giovanili, a cui gli studiosi hanno dato il titolo Appendix Vergiliana. Dall’anno 50 al 42 a.C. si trasferisce o a Napoli, o nella sua terra d’origine, e dal 42 al 39 a.C. scrisse la sua prima opera importante le Bucoliche (Bucolica), opera che gli diede grande fama. Nel 39 a.C. a Roma entrò in rapporti col circolo culturale di Mecenate che era l’uomo più fidato del Princips Cesare Ottaviano Augusto. Nel 37 a.C. Virgilio, sotto l’influsso ed il condizionamento di Mecenate e di Cesare Ottaviano, scrisse la sua seconda opera le Georgiche (Georgica) terminata nell’anno 29 a.C. Nello stesso anno Virgilio lesse le Georgiche ad Ottaviano che stava rientrando a Roma ed i due si incontrarono ad Atella (Campania), dove il Princeps si era fermato per curarsi da un mal di gola. La lettura durò quattro giorni, Virgilio veniva sostituito da Mecenate quando la voce gli si incrinava per la fatica. Ottaviano fu molto entusiasta dell’opera. Quindi Virgilio, su sollecitazione ed iniziativa dello stesso Princips Ottaviano Augusto, cominciò a scrivere l’Eneide. Lo stesso Cesare Augusto seguiva in itinere, attraverso un rapporto epistolare, la composizione dell’Eneide che durò più di dieci anni, dal 29 al 19 a.C. anno della morte di Virgilio. Nel 26 a.C., un altro poeta del Circolo Mecenate, Sesto Properzio, annunciò la composizione dell’Eneide con queste parole: “Cedete poeti romani e voi poeti di Grecia, un’opera più grande dell’Iliade sta nascendo.” Nel 22 a.C. un evento molto importane e familiare, descritto nella “Vita Vergilii” di Elio Donato, è la lettura del VI canto dell’Eneide da parte di Virgilio a Cesare Ottaviano Augusto e alla sorella Ottavia la quale, ascoltando i versi che si riferivano alla morte di suo figlio Tu Marcellus erit, per la forte commozione svenne e si riprese solo con grande difficoltà. Nel 19 a.C. Virgilio, sollecitato da critici ostili, andò in Grecia per controllare i luoghi e gli ambienti dell’Eneide e ad Atene incontrò Cesare Augusto, che stava rientrando in Italia; i due fecero ritorno insieme dalla Grecia in Italia, ma Virgilio a Megara fu colpito da un’insolazione che gli provocò una grave malattia. Durante la traversata di ritorno Virgilio si aggravò e sbarcato a Brindisi chiese al suo amico Vario Rufo di bruciare l’Eneide perché sentiva la sua opera non compiuta e questo lo rendeva insoddisfatto; il suo amico non lo accontentò e Virgilio morì qualche giorno dopo, il 22 settembre dell’anno 19 a.C. a soli cinquantuno anni. Nei giorni precedenti alla morte si dice anche che dettò il suo famoso epitaffio, anche se è più probabile che questo venne scritto dall’amico Vario Rufo come accenna il critico Francesco dalla Corte, il quale, per l’appunto, scrive: “Tutto fa credere che un poeta come Vario abbia anche provveduto a dettare il distico che, apposto sul sepolcro, fu ritenuto di Virgilio stesso”. Dalla voce Virgilio nell’Enciclopedia Virgiliana, Vol. VI, p.96. Il distico riferito dalla “Vita Vergilii” di Elio Donato, afferma: “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc/Parthenope: cecini pascua,rura, duces” (Mantova mi generò, mi rapì la Calabria, mi tiene ora Napoli; cantai i pascoli, i campi, i duci). Ma a salvare definitivamente l’Eneide fu lo stesso Cesare Ottaviano Augusto il quale con il suo potere ordinò a Vario Rufo e Plozio Tucca di pubblicare l’opera, così com’era senza essere compiuta. I due editori Vario Rufo e Plozio Tucca rispettarono la volontà di Cesare Ottaviano Augusto, pubblicando l’opera incompleta nel 18-17 a.C., nello stesso stato in cui l’aveva lasciata Virgilio, tranne qualche piccola modificazione e soppressione di qualche brano incompleto. Infine la “Vita Vergilii” di Elio Donato si conclude parlando dei denigratori dell’Eneide. E. Donato riferisce che lo stesso Virgilio si difendeva da questi denigratori, dicendo: “È più facile togliere la clava ad Ercole anziché un verso ad Omero”, tuttavia decise di partire per correggere e rivedere tutta l’opera per soddisfare la malignità dei critici”. Brano tratto da “Virgilio” di Luca Canali, p.132. Elio Donato nella sua “Vita Vergilii” attesta che la decisione di Virgilio di bruciare l’opera fu impedita per l’ordine del Princeps e così scrive: “A tale proposito rimangono i seguenti versi composti da Sulpicio di Cartagine.
“Virgilio aveva ordinato che voraci fiamme distruggessero
quel poema che cantava la storia del duce Frigio.
Ma Tucca e Vario rifiutarono, e anche tu, o grandissimo Cesare,
non lo permettesti e così ben provvedesti alla storia del Lazio.”
Da Virgilio di Luca Canali pag.130
II
L’Eneide (Aeneis)
Il genere e l’opera
L’Eneide è un poema epico mitologico, dato che racconta la storia dell’eroe troiano Enea e dei suoi compagni di viaggio, i quali per volontà del Fato intraprendono il viaggio di andata, ma in effetti è un viaggio di ritorno (nostos) da Troia all’Italia, per fondare una nuova città: Lavinio. Enea (Aeneas) stesso, quindi, è il fondatore di questa città ma poi il figlio Iulo (Ascanio) fonderà, a sua volta, la città di Albalonga e dai suoi discendenti nascerà la città di Roma, fondata per volontà e per iniziativa dei fratelli Romolo e Remo, intorno al 753 a.C. Enea, quindi, è il capostipite della famiglia romana della Gens Iulia attraverso il figlio Iulo, a cui apparteneva il grande Caio Giulio Cesare e poi il pronipote: il Princeps Caio Ottaviano Augusto. L’avvio dell’Eneide nasce dalla volontà del Princeps di celebrare la sua grande vittoria ad Azio svoltasi il 2 settembre del 31 a.C., contro Marco Antonio e la regina Cleopatra. A questo punto il Princeps diede l’incarico di scrivere la propria celebrazione al poeta Virgilio, che accettò ben volentieri l’offerta e si mise all’opera. L’Eneide è dunque un’opera di fondazione eponimica divina e regale. Il mutamento di prospettiva dell’opera: dall’encomio a Cesare Ottaviano alla fondazione di Roma è così scritto e spiegato bene dal grande critico di Virgilio, Ettore Paratore: “Tuttavia, mentre la composizione dell’Eneide procede con ritmo costante (sia pure in modo desultorio, senza seguire l’ordine definitivo dei libri), il primitivo piano di lavoro subisce un’inversione di prospettiva: non più le imprese di Ottaviano al centro dell’epos, con il contorno marginale delle vicende mitiche relative alla fondazione di Roma; bensì l’avventura del progenitore Enea, da Troia alle rive del Lazio, come argomento del grande poema nazionale, con i fasti della storia romana, sino ad Azio ridotti a mera proiezione profetica.”. Secondo me, Biagio Carrubba, questo mutamento di prospettiva è talmente vero che Virgilio finì di essere scrittore bucolico e georgico e passò ad essere un poeta politico ed ideologico a servizio dell’Impero, con il compito di rafforzare, divulgare e diffondere la politica e l’ideale del Princeps. Infatti credo che se non ci fosse stata questa svolta, Virgilio avrebbe continuato a scrivere opere bucoliche e georgiche. L’inizio dell’Eneide riprende sicuramente i due celebri incipit dell’Iliade e dell’Odissea, sintetizzandoli in un nuovo incipit del tutto originale e personale ma uguale per bellezza ai due incipit omerici. L’Eneide comincia in media res e vede Enea che naviga nel Mare della Sicilia diretto verso l’Italia, ma Enea all’inizio del viaggio non conosce bene né il tragitto, né la rotta che porta da Troia a Roma e quindi chiede, continuamente, a diversi profeti di indicargli la meta finale. A metà del viaggio arriva in Sicilia e qui una gran tempesta lo sballotta e lo trasporta a Cartagine, presso la regina Didone. L’Eneide è composta da 12 libri che per numero, quantità e qualità si rifanno alle due opere di Omero: l’Iliade e l’Odissea. L’Eneide vuole essere dunque la sintesi e la continuazione ideale delle due opere omeriche, in versione latina.
Modica 27/06/2020 Prof. Biagio Carrubba
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