Una breve biografia di Giuseppe Ungaretti.

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Una breve biografia di Giuseppe Ungaretti.

Giuseppe Ungaretti nacque il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da Antonio Ungaretti e da Maria Lunardini, entrambi di Lucca. Ecco come Ungaretti ricorda il padre: “Mio padre era tornato dal Mar Rosso con le gambe che lo zappare infaticabile nella fanghiglia aveva idro pizzato”. “Una terapia sbagliata lo porta alla cancrena, all’amputazione, all’amputazione alla morte. Il piccolo Giuseppe ha appena due anni”. (Da Andrea Cortellessa – Ungaretti – Einaudi tascabili – pagina 4). Ungaretti ricorda così la Madre: “Era una donna energica, e quando alzava la voce faceva tremare. Non la vidi mai piangere che una volta, quando venne la notizia di Adua” (Ungaretti – Einaudi Tascabili – a cura di Andrea Cortellessa – pag. 5). Il padre di Ungaretti morì nel 1890, in seguito ad un infortunio riportato durante lo scavo del Canale di Suez dove lavorava come operaio. La madre gestiva un forno di pane. Continuò questa gestione anche dopo la morte del padre e ciò le permetteva di vivere insieme a due figli. Giuseppe Ungaretti frequentò l’école Suisse Jacot di Alessandria fino al 1905. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, un poeta toscano che viveva ad Alessandria nella “Baracca rossa”, una casa di legno a due piani, ricoperta di lamiera e dipinta di rosso. Durante gli anni di scuola fece amicizia con Moammed Sceab e cominciò a scrivere i primi versi. Lesse Leopardi e Baudelaire, Mallarmè e Nietzsche. Nel 1912 lasciò l’Egitto e dopo una sosta in Italia arrivò a Parigi, qui seguì e ascoltò le lezioni di Bergson, di Bèdier, di Lanson, e di altri illustri docenti al College di Francia e alla Sorbona. Conobbe anche De Chirico, Modigliani, Salmon. Nell’estate del 1913 il suo amico Moammed Sceab, che abitava con lui nello stesso albergo in rue des Carmes si suicidò. Nel 1914 Ungaretti, in occasione della Mostra futurista, conobbe a Parigi Papini, Soffici e Palazzeschi che lo invitarono a collaborare a “Lacerba”. Nel 1915 Ungaretti si trasferì a Milano. Pubblicò le prime poesie su “Lacerba” nel numero di febbraio. A fine anno fu chiamato alle armi e venne mandato sul Carso, soldato semplice del 19° Reggimento di Fanteria. Nel 1916 in dicembre uscì a Udine il suo primo volume di poesie, “Il porto sepolto”. Nel 1918 alla fine della guerra si stabilì a Parigi. Nel 1919 Ungaretti pubblicò un volume di poesie, “Allegria di Naufragi”. Nel 1920 sposò Jeanne Dupoix. Nel 1921 Ungaretti si trasferì a Roma dove lavorò presso l’Ufficio stampa del Ministero degli esteri. Nel 1923 uscì l’edizione de “Il Porto sepolto” con la prefazione di Benito Mussolini. Nel 1924 Ungaretti scrisse una prefazione a un volumetto che raccoglieva tre prose di Blaise Pascal, tradotte dal Locatelli, tra le quali la “Preghiera per chiedere a Dio il buon uso delle malattie” (dal libro. Per conoscere Ungaretti a cura di Leone Piccioni Oscar Mondadori pagina 32). In questa circostanza Ungaretti scoprì tutta l’ansiosa ricerca di Dio di Pascal. Intanto aveva iniziato a scrivere le poesie della sua seconda opera poetica, ma questa scoperta di Pascal gli fece cambiare indirizzo e lo avvicinò sempre di più alla religione. Lo stesso Ungaretti così scrive sul volumetto di Pascal: “La mia poesia stava più per non accorgersi di paesaggi, stava per accorgersi invece con estrema inquietudine, perplessità, angoscia, spavento, della sorte dell’uomo”. Il poeta dirà anche che Pascal agì profondamente in lui e “che la mia conversione religiosa, se così si può chiamare, si sia determinata anche grazie a Pascal, e alle sue opere che sono all’indice dei libri proibiti” (dal libro. Per conoscere Ungaretti pagina 32 – 33). Nel 1925 gli nacque la figlia Anna Maria, soprannominata Ninon. Nel 1828 Ungaretti, in periodo della Pasqua, va al monastero di Subiaco ospite dell’amico Vignanelli e “in piena crisi religiosa, segue la liturgia di Pasqua e partecipa agli esercizi spirituali” (dal libro. Per conoscere Ungaretti pagina 34). In questa occasione Ungaretti abbraccia definitivamente la religione cattolica e rimarrà per sempre un fedele credente. I motivi poetici e culturali del cambiamento di Ungaretti sono i seguenti. 1) La partecipazione alla rivista “La Ronda”, uscita a Roma tra il 1919 e il 1922, diretta da Vincenzo Cardarelli. La rivista letteraria si fa portavoce di un organico “ritorno all’ordine”, di un nuovo classicismo. La rivista proponeva il superamento delle esperienze d’avanguardia e proponeva un ritorno alla tradizione italiana con la riproposta di Petrarca, Manzoni, Leopardi. Il modello di stile fu riconosciuto dai rondisti nella prosa delle Operette Morali che portò alla definizione di un concetto dell’arte come esercizio formale, estraneo, ad implicazioni ideologici e contenutistiche e che si esplicò nella raffinatezza della cosiddetta “prosa d’arte”. Nel 1930 Ungaretti stesso esprimeva in modo chiaro questo senso e ritorno al classico come spiega nello scritto: “Ragioni di una poesia” del 1949: “Le mie preoccupazioni in quei primi anni del dopoguerra erano tutte tese a ritrovare un ordine, un ordine … in quegli anni io rileggevo umilmente i poeti, i poeti che cantano…. cercavo il loro canto, non cercavo l’endecasillabo del tale, era il canto della lingua che cercavo nella sua costanza attraverso i secoli… era il battito del cuore che volevo sentire in armonia con il battito del cuore dei miei maggiori di una terra disperatamente amata” (Da Vita di un uomo pagina LXXI – LXXII). Il recupero della metrica classica: l’endecasillabo, il settenario, il novenario; l’uso della analogia e il linguaggio dei simbolisti francesi; sempre in questo scritto scriveva: “Il poeta d’oggi cercherà dunque di mettere a contatto immagini lontane, senza fili. Se tenta di mettere a contatto immagini lontane, sarà anche perché, in un paese che ha trovato tanta emigrazione, egli, nato, altrove, può avere nostalgia di climi assenti. Quando dal contatto d’immagini, gli nascerà luce, ci sarà poesia, e tanto maggiore poesia, per quest’uomo che vuole salire dall’inferno a Dio, quanto maggiore sarà la distanza messa a contatto” (Da Vita di un uomo pagina LXXX). I motivi religiosi del cambiamento di Ungaretti sono i seguenti. La conversione alla religione cattolica nel 1928. sempre nello stesso scritto Ungaretti spiega così la sua crisi religiosa: “Ma subito dopo, e forse non erano nemmeno passati due anni, l’esame di coscienza doveva prendere un carattere spasmodico. Inquietudine, perplessità, angoscia non potevano non sconvolgere allora l’animo di un poeta, del poeta dell’Inno alla Pietà”. Non si trattava più d’intendere più la misura per chiarirsi il sentimento del mistero; ma di spalancare gli occhi spaventati davanti alla crisi di un linguaggio – si trattava di cercare ragioni di una possibile speranza nel cuore della storia stessa: di cercarle, cioè, nel valore della parola così scrive il poeta “Oggi il poeta sa e risolutamente afferma che la poesia è testimonianza d’Iddio, anche quando è pura bestemmia. Oggi il poeta è tornato a sapere, ad avere gli occhi per vedere, e, deliberatamente, vede e vuole vedere l’invisibile nel visibile. Egli sa che spetta solo a Dio leggere infallibilmente nell’abisso dei singoli e conoscere veramente il passato, il presente e l’avvenire. Egli sa che anche il cuore umano non è quella buca che credono i libertini piena di lordura. Egli sa che nel cuore umano non si troverebbe che debolezza e ansia – e la paura, povero cuore, di vedersi scoperto” (Da Vita di un uomo pagg. LXXX – LXXXI). Tutti questi motivi portarono al cambiamento di Ungaretti che intanto stava scrivendo le poesie di “Sentimento del tempo” che è un’opera decisamente nuova rispetto all’Allegria”, anche se riprende molte delle novità formali che essa conteneva. Su questa conversione religiosa il poeta ha scritto che “Di ritorno a Marino, d’improvviso seppi che la parola dell’anno liturgico mi si era fatta vicina nell’anima” (dal libro. Per conoscere Ungaretti pagina 34). Nel 1928 in seguito alla crisi spirituale Ungaretti si converte alla fede cristiana e compone la stupenda e bellissima poesia “La Pietà”. Ecco come Ungaretti ricorda la pubblicazione della Pietà: “LA PIETA’ fu pubblicata per la prima volta, in un testo da me tradotto, nella “Nouvelle Revue Francaise”, al posto d’onore, e suscitò, dato il momento storico, diffuso turbamento. È la prima manifestazione risoluta di un mio ritorno alla fede cristiana che, anche se altre mire prima mi seducevano, nella mia persona dissimulandosi non cessava d’attendere. Nacque, durante la settimana santa, nel monastero di Subiaco, ospite del mio compagno don Francesco Vignanelli, monaco a Montecassino” (da Ungaretti Vita d’un uomo. Tutte le poesie a cura di Leone Piccioni. Mondatori classici pagina 539). Nel 1930 compone la poesia “La Madre”, dopo la morte della madre. Nel 1930 nacque il figlio Antonietto Benito. Nel 1931 esce l’edizione definitiva de “L’allegria” che contiene questa premessa ricca di aperte professioni di fedeltà al duce: “Sono lieto e fiero, dopo tanti anni di vedere che in un punto il mio animo non muta né potrà mutare: suggerita nel 1914 dall’uomo che si affacciava allora per la prima volta la mio cuore, nell’edizione del 1919 e in questa d’oggi intitolata a Lui, essendo futile davanti alla grandezza delle sue fatiche, Popolo, è per me l’immagine della fedeltà e, per questo, tra le tutte mie poesie la più cara”” (da Salvatore Guglielmino in Guida al Novecento pagina 245). Tra il 1930 e il 1933 compie una serie di viaggi per fare delle conferenze sulla letteratura italiana. Nel 1933 uscì a Firenze la sua seconda opera poetica “Sentimento del tempo”, presso la casa editrice Vallecchi e a Roma, presso l’editore Novissima. Nel 1936 esce la seconda edizione di “Sentimento del Tempo” che comprende altre poesie scritte tra il 1933 e il 1935. Nel 1936 gli viene offerta la cattedra di lingua e letteratura italiana dalla Università di San Paolo del Brasile che lui accetta e vi si trasferisce nello stesso anno. Nel 1937 gli muore il fratello Costantino, l’unico fratello che aveva. Nel 1939 gli muore il figlioletto Antonietto, l’unico figlio maschio che aveva. Leone Piccioni racconta così la morte del giovane figlioletto: “Nel ’39, Antonietto ha nove anni: è un bambino alto per la sua età, magro, sfilato, sorridente. È colto da un attacco di appendicite, il medico non ne capisce nulla, lo costringe a prendere purghe, sopraggiunge la peritonite, il bambino muore. I genitori non sapranno mai darsene pace: la vita di Ungaretti ne è sconvolta”. Nel 1942 in seguito all’entrata del Brasile in guerra dovette rientrare in Italia e viene nominato professore di Letteratura Italiana presso l’Università di Roma. Nel 1945 pubblica presso l’editore Mondatori “Poesie disperse” con uno studio di Giuseppe De Robertis e l’apparato critico delle varianti dell’“Allegria” e “Sentimento del tempo”. Nel 1947 Ungaretti pubblica il libro di poesie “Il Dolore”.
Nel 1950 Ungaretti pubblica “La terra promessa”.
Nel 1952 Ungaretti pubblica “Un Grido e Paesaggi”.
Nel 1958 muore la moglie Jeanne Dupoix.
Nel 1960 pubblica “Il taccuino del Vecchio”.
Nel 1964 tiene un ciclo di conferenze alla Columbia University di New York.
Nel 1969 esce l’edizione definitiva di tutte le sue poesie con il titolo “Vita d’un uomo”. Ungaretti stesso su questo volume ha detto: “Se lo rileggo – dichiara il poeta in una intervista – ridisegno tutta la mia vita nel suo sviluppo. È un diario e ha il carattere di diario anche dove l’animo trabocca e sembra oltrepassarmi” (da Salvatore Guglielmino pagine 245 – 246). Nel 1970 Ungaretti muore nella notte tra il 1° e il 2° giugno. I funerali del poeta si svolgono il 4 giugno nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura a Roma: la salma è tumulata al Verano accanto a quella della signora Jeanne. Il grande critico letterario Carlo Bo, ha salutato per l’ultima volta il poeta con queste ultime, bellissime parole: “Giovani della mia generazione in anni oscuri di totale delusione politica e sociale, sarebbero stati pronti a dare la vita per Ungaretti, e cioè per la poesia” (da Vita d’un uomo pagina LXIII). Toccante è anche il ricordo di Leone Piccioni: “Ora che Ungaretti da poco ci ha lasciati alla nostra restante esperienza terrena, anche se ogni sempre ci manca ( perché ci manca il soccorso perpetuo della sua vitalità, della sua disponibilità totale, del suo lume profetico, e del suo sorriso infantile, accanto ai suoi momenti di amarezza fonda o di impennate polemiche o di allegrezza piena), proviamo a ricapitolare i punti focali per i quali la sua poesia si presenta con caratteri di unicità e di sicura permanenza, e la sua personalità sempre ci appare irripetibile e sola” (dal libro. Per conoscere Ungaretti pagina 19).

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Modica 09 aprile 2019                                                                          Prof. Biagio Carrubba

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