Una recensione al bel libro postmoderno “SOTTO SPECIE UMANA” di Mario Luzi.

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Una recensione al bel libro postmoderno
“SOTTO SPECIE UMANA” di Mario Luzi.
I
Introduzione e presentazione dell’opera poetica.

L’opera poetica SOTTO SPECIE UMANA fu pubblicata da Mario Luzi nell’ottobre del 1999, quindi ad un passo dal nuovo millennio, ma il poeta dedica pochi versi all’imminente inizio del XXI secolo. Questi pochi versi si trovano nella Poesia n. 136, pag. 246. Dall’opera poetica. Luzi. POESIE ULTIME E RITROVATE (2014). Il filo conduttore del discorso, che lega tutte le poesie dell’opera poetica postmoderna, è il viaggio, immaginario e reale, che il poeta compie in varie città italiane e straniere tra cui: Siena, Roma, Lugano, Assisi e l’Umbria e altre. Il punto di partenza del viaggio è, ovviamente, Firenze e il fiume Arno. La poesia che descrive compiutamente Firenze e il fiume Arno è la poesia n, 16, pag. 51. Il principio, illuminante, razionale e rassicurante, che guida e illumina il poeta, nel suo viaggio, viene espresso nella poesia n. 8 pag. 40. Ecco i versi finali della poesia che illustrano il principio escatologico del viaggio.

Così scende
la vita, scende incontrastato,
pare, il suo sfacelo
a rigenerarsi nella morte
per il dopo, per il principio.

La meta del viaggio, che il poeta si prefigge, è chiara nella sua mente ed è espressa nella poesia n. 69 pag. 135. Ecco i versi finali della poesia che illustrano il principio escatologico del viaggio.

Prendimi, mare aperto, annullami,
ma restituiscimi alle origini,
riportami alla roccia, alla sorgente…
Questo splende nell’ambiguo alone,
mi affascina, mi confonde…

Oppure con questi altri versi espressi nella poesia n. 90 pagg. 176 – 177, che indicano il fine e la meta del viaggio.

Dove corre il sangue, dove annega?
come l’acqua, come i fiumi
ritorna alla sorgente
il sangue, scende e sale
dalla morte alla resurrezione
O sanguis meus…

L’aspirazione del poeta è, dunque, quella di ritornare alla sorgente, al principio, al cominciamento, cioè alla sua rinascita nella casa del padre cioè nella casa di Dio. Il poeta, nella poesia n. 60 pag. 119, dà una definizione e una rappresentazione di Dio. Ecco i versi finali della poesia.

Chi è, non è nessuno
ma c’è, onnipresente,
colui che raccoglie questo dialogo
e passa tra gli effimeri che passano
nel vento inesauribile del mondo…

II

Come il fiume sfocia nel mare e rinasce a nuova forma e a nuova vita nelle acque del mare, così il poeta muore nella vita terrena ma rinasce a vita nuova nella volta celeste, nel regno di Dio. In questo modo il fiume, che trascina con sé gli oggetti che trova durante il suo fluire, diventa il simbolo della vita che porta con sé tutte le varie esperienze che l’uomo fa e se li porta nel nuovo e luminoso regno di Dio. La poesia che esprime e chiarisce il paragone tra il fluire del fiume e il trascorrere della vita dell’uomo è la poesia n. 28 pagg. 69 – 70. Ecco la poesia, in cui il poeta stabilisce la similitudine tra il fluire del fiume e lo scorrere della vita deli uomini.

Piove fitto, pluvia
antica primavera
sulle antiche mura,
dilava la città,
di noia
e di tempo defluvia,
le porta vita,
ne sente
– e se ne inebria –
il primo insulto
in tutti i suoi giardini,
in tutte le sue altane
ancora risecchite
di spoglie anche le allevia,
scorie, ceneri, immondizie
franate in rigagnoli e fossati
tutto corre al fiume…
Il fiume non si oppone,
accoglie ciò che il tempo
dell’uomo e la natura
gli propina, altro ancora
in momenti di turgore
lui medesimo rapina,
li assolve poi nella sua magnificenza,
li prepara alla disparizione
e al ritorno, dove? alle stesse rive
tra case, muraglioni, rupi, in volti alle finestre,
fronde d’alberi, nuovi
effimeri firmamenti cittadini.

Questa poesia, sopra riportata, rappresenta, secondo me, il manifesto e il modello esemplare della poesia postmoderna di Mario Luzi perché esibisce le strofe mobili e allungate, mostra i versi a gradini e a incastro, adopera un linguaggio alto e aulico, ricercato e prezioso, usa concetti e immagini rare, preziose e creative, non fa riferimento alla società italiana ma parte dalla descrizione del fiume Arno di Firenze per esprimere e rappresentare i suoi sentimenti con una lexis personale e originale e infine adopera la punteggiatura in modo personale e originale, infatti non c’è in tutta la poesia un punto fermo che chiude il ritmo del discorso che scende leggero e veloce nella lettura.
Per tutti questi motivi e caratteristiche ecco un bel esempio di poesia postmoderna luziana, anche se nella poesia mancano i famosi trapassi luziani che la renderebbero ancora più veloce e vorticosa.

III

Il poeta compie il viaggio, come un pellegrino, e M. Luzi lo spiega e lo illustra nella poesia n. 10 pag. 42.

Fra i monti in piena estate.
Altri
e lontani in quell’azzurro
brulicavano i paesi. Come fulmine
in cristallo la chiamata venne.
A che? Lo avrebbe poi la roccia
sinuosa del cammino
mostrato e occultato mille volte
il termine del pellegrinaggio.
Continuamente era e non era chiaro,
chiara era la usa dura andatura
desiderata, necessaria.
Oh non mancasse mai strada al suo lungo
insaziabile itinerario!

Il poeta non ha, ben chiaro, la destinazione finale del viaggio per cui intraprende diverse strade che lo porteranno alla meta finale. La meta del poeta è, secondo me, un santuario dell’Umbria. La descrizione di questo santuario si trova nelle poesie n. 121, 122, 123 nelle pagine 224 – 228. Io, B. C., ho intuito e forse capito che si tratta del monte La Verna (poesia n. 121), dove c’è il santuario nel quale san Francesco d’Assisi ricevette le stimmate. La poesia n. 123 descrive il corpo dolorante di san Francesco nel momento in cui riceve le stimmate. Ecco l’incipit della poesia.

Corpo dolorante
in ogni sua parte,
pestato, mazzolato
in tutta la carne,
slogato, disciliato
nelle giunture,
negli arti. Impedite
si cercano le mani.

Le mani sono impedite, secondo me, perché hanno ricevuto le stimmate. Luzi di fronte a questo miracolo rimane turbato e stupefatto ma accetta, con fede, il miracolo religioso.

IV

Il poeta, in tutta l’opera poetica, non fa nessun riferimento alla società politica e sociale italiana di fine secolo. Non c’è un solo verso che richiami l’Italia del 1999 e ciò perché, ormai, il poeta M. Luzi si considerava lontano dai problemi, concreti, politici e sociali, italiani, ma soprattutto perché voleva volare alto nel cielo, spinto e sospinto dalle sue esigenze interiori, personali ed estetiche. Come al solito e nello stile di M. Luzi, i temi e i contenuti delle poesie sono innumerevoli e molteplici. Tutte le poesie si susseguono l’una dopo l’altra, senza soluzione di continuità. La variabilità dei toni e delle forme è continua e costante in tutta l’opera poetica postmoderna. Infatti il libro poetico è tutto incentrato e concentrato a descrivere e ad illustrare l’ambiente naturale e climatico di Firenze, della Toscana e dell’Italia. Le poesie ambientaliste e naturaliste prevalgono su quelle di argomento e di contenuto escatologico e religioso. Il poeta si sente, perfettamente, integrato e compenetrato con il mondo della natura e si muove a suo agio tra boschi, fiumi, valli e l’ambiente silvestre. Il poeta si sente a suo agio, anche, con la comunità umana in cui vive. Il maggior numero di poesie, contenuto nell’opera poetica, parla e descrive i fiumi che scorrono nelle vallate, le catene montuose, i boschi, gli uccelli di boschi, il variare delle quattro stagioni, la luce del giorno e il buio della notte, il vento, l’aria, il fuoco, il caldo e il freddo durante le stagioni. Ma il cruccio principale del poeta rimane quello di voler capire, scoprire e decifrare quale sia il progetto del mondo e quale sia il fine e la meta che gli ha dato il suo creatore così come il poeta lo aveva esplicitato e chiarito nella prima poesia, introduttiva dell’opera poetica. Ecco il testo della poesia, introduttiva e dichiarativa. (Pag. 29).

Mondo, non sono circoscritto in me,
hai voluto che fossimo ciascuno
un progetto di vita
nel progetto universale.
So bene che dobbiamo mutuamente
tu ed io crescere insieme –
era scritto nella pietra
del suo estremo miglio
e ben dentro di sé. Amen.

Le poesie, escatologiche e religiose, intrecciate con quelle naturalistiche e ambientaliste, trattano, invece, argomenti e temi di natura filosofica e teologica, temi cari al poeta già da lunghi anni. La domanda fondamentale che il poeta si pone durante il tragitto è quella espressa nella poesia n. 31, nei versi finali, a pag. 74.

Tempo e pioggia,
tempo e profusione
di mondo a se medesimo. Ci assorbe
in sé o ci dissolve
quell’afflusso di vita
alla vita che risorge?
Che n’è di noi, siamo chiamati o esclusi
dalla rigenerazione
dell’aria, degli elementi?

Le risposte, a questa domanda e ad altre domande che il poeta si pone, sotto il nome di Lorenzo Malagugini, poste all’inizio del libro, e cioè il progetto di vita di ciascuno inserito nel progetto universale di Dio, si trovano alla fine del libro, tranne la poesia n. 55, la quale, situata al centro dell’opera, espone in modo chiaro e netto la risposta data dal poeta sull’argomento. La poesia esprime, illustra ed espone il punto di vista della Specie Umana che parla sul senso della vita e sul senso della storia che le ha dato il suo creatore. Gli ultimi versi della poesia esprimono, anche, l’incertezza, i dubbi e l’agnosticismo del poeta stesso che non riesce a dare e a trovare le risposte, giuste e definitive, sul senso della vita e sul senso della storia voluti dal suo creatore. Ecco i versi finali della poesia. (pag. 110 – 111). Dal libro LUZI. POESIE ULTIME E RITROVATE. Garzanti editore, 2014.

Oh vorrei finire,
essere cancellata
dal detto e dal dicibile
giacché non fui pregiata
per utilità o per grazia,
non ritenuta, scartata
per improprietà o inconvenienza,
gettata via, orfana, superflua:
altro senso se ce l’ho
lo ignoro e lo porto su di me
come soma o come scorno.
Dicono, però, loro –
gli angeli, suppongo – che non c’è
al non essere ritorno,
non c’è revoca al nulla
per quanto effato e pronunciato,
ma sarà
tutto perdonato, tutto santificato.

V

Suddivisione interna dell’opera poetica.

L’opera poetica postmoderna si apre con una pagina introduttiva nella quale Mario Luzi espone “Il diario di Lorenzo Malagugini”. Il poeta cerca di individuare i temi del diario e ne trova uno. “Tuttavia quello del noviziato incessante di lui mi pare riconoscibile”. Da Luzi. Poesie ultime ritrovate. Garzanti editore (2014). Pag. 27. Subito dopo segue una dichiarazione d’intenti di Lorenzo Malagugini “Alter ego del poeta), pag. 29.

Prima parte. Temporada I.                                                              Contiene 10 poesie.
Seconda parte. Temporada II.                                                       Contiene 12 poesie.
Terza parte. Resurrexit.                                                                   Contiene 9 poesie.
Quarta parte. Stat.                                                                            Contiene 18 poesie.
Quinta parte. Promenade humaine I.                                           Contiene 22 poesie.
Sesta parte. Promenade humaine II.                                             Contiene 14 poesie.
Settima parte. 7.                                                                                 Contiene 13 poesie.
Ottava parte. 8.                                                                                   Contiene 7 poesie.
Nona parte. Due giornate e una notte di pellegrinaggio.           Contiene 5 poesie.
Decima parte. Vigilie e insonnie.                                                   Contiene 18 poesie.
Undicesima parte. 11.                                                                      Contiene 13 poesie
Per un totale di 141 poesie.

VI

Motivi per cui l’opera poetica è un’opera poetica postmoderna.

1. Il primo motivo, per cui l’opera poetica risulta un’opera postmoderna, è, secondo me, il seguente. Le strofe hanno una forma allungata e mobile, mentre i versi sono disposti: a gradini, a incastro, sparsi e dispersi fra i versi, e quindi frastagliati tutti fra di loro.
2. Il secondo motivo è dovuto al fatto che la mobilità e la flessibilità delle strofe e dei versi corrisponde alla mobilità, alla velocità e alla pluralità delle stratificazioni sociali delle società democratiche, sociali e politiche postmoderne.
3. Il terzo motivo è, secondo me, dovuto al fatto che i temi e i contenuti delle poesie sono molto variabili e variegati fra di loro e il passaggio da un tema a un altro e da un contenuto all’altro è molto rapido, vertiginoso e vorticoso, tanto che il lettore, molte volte, perde il filo del discorso e deve ricominciare a rileggere la poesia per recuperare il messaggio e la tesi della poesia. Ma una volta che il lettore riesce a riprendere il filo del discorso allora la coesione e la coerenza delle poesie viene a galla e così il lettore capisce e comprende l’intero discorso postmoderno del poeta che viene dispiegato e illustrato in tutta l’opera poetica postmoderna.
4. Il quarto motivo è, secondo me, dovuto al fatto che i trapassi da un contenuto all’altro sono così rapidi e veloci, che superano in altezza e in velocità i famosi voli pindarici di Pindaro. In questa opera poetica postmoderna il lettore stenta a ricollegare, secondo me, i voli pindarici e trapassi luziani, ma alla fine riesce a capire quali sono i trapassi delle poesie luziane, tanto che io, Biagio Carrubba, definisco questi trapassi postmoderni come trapassi luziani. Nella retorica classica i trapassi da un argomento all’altro e la variazione nel ritmo o nella struttura del periodo sono chiamati metabole.
5. Il quinto motivo è, secondo me, dovuto al fatto che i temi e i contenuti sono scelti dal poeta che segue più le sue esigenze interiori e più le sue mire estetiche, che non i problemi concreti e politici del suo periodo storico, allontanandosi, così, completamente dai temi sociali e politici dell’Italia di fine secolo.

VII

Le più belle poesie dell’opera poetica.

Tra le poesie più belle dell’opera poetica io, Biagio Carrubba, ho scelto le seguenti.

Testo della prima poesia. (Seconda parte, pag. 47).

Salì, luce da luce,
si librò sopra ogni altra,
alta
s’infranse quella voce
sulla nota che non era
ed ecco ne piovevano i frantumi
muti – luminescenti
nella mente degli astanti,
nell’amniotico sopore
dei già quasi nascenti,
nella memoria dei defunti.
O cielo, era già stato
il tempo che verrà, era futuro
il tempo patito e delibato…
quando? sempre, nell’eternità.

Testo della seconda poesia. (Quarta parte, pag. 83).

Luglio celeste,
luglio, limpido, instante.
Sono tutt’uno il senso e l’intelligenza,
scende pienamente l’idea nella sua forma,
abitano ciascuna il proprio nume
le cose e ne risplendono.
Si empie l’immagine di essenza.
Entra lei, Caterina, sdutta adolescente
in sé radiosamente. Oh anima,
anima imperante.

Testo della terza poesia. (Quinta parte, pagg. 108 – 109).

L’inverno e la sua fine
escono da quei monti
nel cielo
alla battaglia,
esitano l’uno
e l’altra, essi, rapiti
a quella luce
di politissimo cristallo,
\ alla flagranza delle valli,
e ora
un poco si osservano a distanza,
un poco si mischiano e si azzuffano
finché grandine o vento non sbaraglia
l’incertezza dello scontro.
Ci ottenebra, noi stille
sorprese in medio campo
un infittito scroscio,
ci affoga
l’uragano, sgombra
poi il sole
i celesti rimasugli
del furente nubifragio.
È inverno o primavera? Non lo sappiamo,
siamo
e non siamo niente
nella molteplicità
continua delle apparenze,
però dentro la vita, dentro
il meraviglioso istante.

Testo della quarta poesia. (Nona parte, pagg. 208 – 209).

Occhieggia di laggiù
nel buio tunnel
un grano di chiarore.
S’approssima l’uscita.
Ecco, siamo al sole;
si aprono nell’aria
molte porte, si schiudono sipari.
L’Umbria porge
montagne e luminarie
a chi si inoltra
nelle sue gole. Sconosciuta
ma chiara tra lo spazio
e il tempo, fortemente una misura
cattura il viaggiatore
e lo trattiene.
Regni e prigionie
attirano la mente
e i sensi di chi viene.
Là, in piena terra
della terra si medica le offese
Assisi con pazienza celestiale.
La vita che arriva
fin quassù ha girovagato
i monti, solo tuo raggiungimento
il desiderio spira
su spira di salire ancora,
sola crescita la felicità
di farlo, oh grazia vittoriosa!

Testo della quinta poesia. (Decima parte, pag. 230).

Notte. Lo disorientò
il risveglio. Vibrò una persistenza
in lui di vita. Un’ansia
lo affollò
e protese
freneticamente al suo riarmo,
annaspando risalì su
dal fondo
dal suo rotto letargo,
eppure emerso
non si ritrovava in nessun punto
della storia sua e del mondo.
Oh festa, oh tramutamento
per grazia di tutto l’universo.
Pregò, oh vieni giorno.

VIII
I 5 motivi della bellezza dell’opera poetica.

Il primo motivo della bellezza di questa opera poetica è, secondo me, certamente, la rappresentazione della vita che scorre come un fiume che trascina con sé tutto ciò che incontra nel suo fluire, ma per rinascere a nuova vita nelle acque del mare. Anche le poesie n. 64 e 65, pagg. 125 – 128, rappresentano e stabiliscono il parallelismo tra il fluire del fiume e lo scorrere della vita.
Il secondo motivo della bellezza di questa opera poetica è, secondo me, certamente, la rappresentazione del viaggio che il poeta compie, come un pellegrino, per raggiungere la sua meta finale. Questo viaggio mi fa ricordare il viaggio compiuto da Giorgio Caproni che, per l’appunto, descrive l’ultimo suo viaggio nel famoso poemetto “CONGEDO DEL VIAGGIATORE CERIMONIOSO”, dove il poeta si congeda dai suoi amici e scende nell’ultima stazione dalla quale non riparte più.
Il terzo motivo della bellezza di questa opera poetica è, secondo me, certamente, quello che esprime ed emana tutta la tristezza e la mestizia del viaggio di commiato del poeta.
Il quarto motivo della bellezza di questa opera poetica, secondo me, è dovuto, certamente, alla struttura delle strofe e dei versi tipicamente postmoderni ideati dal poeta nelle opere precedenti. Infatti, secondo me, B. C., le strofe, allungate e mobili, e i versi, ad incastro e a gradini, rappresentano la mobilità e la velocità delle società postmoderne.
Il quinto motivo della bellezza di questa opera poetica è, secondo me, certamente, dovuto al linguaggio poetico adoperato dal poeta. Questo linguaggio è, senza dubbio, ricchissimo, eccellente, pieno di neologismi, eccelso, raro e prezioso che unito ad una lexis, personale e originale, conferiscono ed esibiscono la forma postmoderna della poesia luziana. Inoltre c’è, secondo me, ancora, un altro motivo di bellezza che rende, trasforma e trascende il libro, da postmoderno e poetico, a un libro, affascinante, magico e profetico, ed è l’innumerevole frequenza di immagini e di concetti, nuovi e creativi, che si riverberano e si dispiegano in tutta l’opera poetica. Alla fine della lettura il lettore viene quasi stordito da queste immagini creative e libere che lo trascinano in un percorso terrestre e celestiale, così come è voluto e sviluppato e illustrato da Mario Luzi.

IX
Giudizi sintetici di Stefano Verdino e di Giorgio Cavallini.

Secondo Stefano Verdino: “Mario Luzi ha scritto un libro che si apparenta ai De rerum natura della classicità ma esprime un nuovo e sorprendente anelito che incrocia la parola poetica e umana nell’essenziale dell’evento e nel mondo. […] Le varie contrade umane, il paesaggio, le stagioni, gli eventi atmosferici, gli umani, il minimo suono di una nota, gli attimi di pensiero, le ossa, insomma la natura nel suo vario concerto è qui chiamata a manifestare la sua peculiare essenza e ad invadere e travalicare l’io che è “ingombro all’uomo”. È un – pieno invaso di mondo – che continuamente – flagra – nel suo codice di magnificenza, stupore e grazia”. Dalla quarta pagina di copertina. Garzanti editore (1999). Questo giudizio di Stesano Verdino si contrappone e varia, secondo me, dal giudizio espresso da Giorgio Cavallini, per il quale l’opera poetica, oltre a manifestare l’amore di Luzi per la natura, il poeta toscano mostra tutta la sua volontà e desiderio di volare alto sopra la specie umana. Ecco il giudizio del critico letterario: “L’esserci nella vita e nel mondo, però, non esclude una tensione che si protende verso un oltre, un dove celeste: così come questa, a sua volta, non implica distacco dall’esperienza umana, immessa nel flusso continuo della vita, nel perenne suo manifestarsi e trasformarsi e rigenerarsi. La poesia più limpida che esprime questa tensione e questo protendere è la poesia n. 139 che inizia per l’appunto con la parola oltremondana. In mattino, lucentezza oltremondana, la luce del mattino oltrepassa la soglia della fisicità per attingere un oltre (oltremondana è detta, fin dall’inizio, la sua lucentezza.” Ecco il testo dell’intera poesia. Poesia n. 139. 11 parte (pag. 250).

Mattino, lucentezza oltremondana.
In noi uno risponde
presente! Non si sa a quale chiama
dal cielo, dalla terra, dall’abisso
che gli tiene,
pure riluttanti, insieme.
Frasi,
lo siamo di una preghiera arcana.
Orante chi? Si forma
lei, chissà,
nel travaglio delle ere,
nella devastazione dell’età.
L’essere offende
a sé stesso il suo sorriso,
oggi paradiso è qui.
Da Mario Luzi. Cantore della luce. Cittadella editrice 2003. (Pagg. 147 – 148).

X
Mio giudizio personale.

Io, Biagio Carrubba, ritengo che le due interpretazioni dei due autori siano entrambe giuste ed utili perché l’una non esclude l’altra. Io, personalmente, condivido di più la seconda ipotesi perché penso che, per l’appunto, Mario Luzi ormai era proteso verso l’alto verso Dio perché voleva ritornare nella casa del Padre. Ma la risposta più chiara che M. Luzi dà del senso della vita e del senso della storia è la poesia n. 119 (pag. 222) nella quale M. Luzi confessa la sua incapacità a decifrare la vita e la storia con questi versi:

Perché, vita, diceva,
ti scagli
contro te
nei figli
che hai generato –
a che fine?… decifro
male il progetto,
ma c’è, è scritto con parole
che ancora non intendo,
ma c’è dunque perché infuri?

Finale.

L’opera poetica, SOTTO SPECIE UMANA vuole essere, dunque, la rappresentazione, la decifrazione e l’interpretazione dell’ultimo viaggio del poeta nella sua Toscana e nell’Italia centrale, per cercare di capire e scoprire la verità sul tema della resurrezione dopo la vita terrena. Il poeta, in questo viaggio, si immerge nella natura, la scruta e la osserva con uno spirito umile e semplice, come facevano i pellegrini che, nel Medio Evo, arrivavano fino a Rona per conoscere e vedere la città e ricevere la benedizione dalla Chiesa e dal Papa. Certamente il tema dell’ultimo viaggio del poeta, che vuole dare il suo commiato alla vita e ai suoi amici, ispira una malinconia e una tristezza che emanano in tutta l’opera poetica postmoderna. Infatti l’opera poetica è tutta percorsa e pervasa da un senso triste e mesto che richiama, certamente, il componimento poetico, triste e mesto, di Giorgio Caproni che ha per titolo CONGEDO DEL VIAGGIATORE CERIMONIOSO nel quale il poeta livornese si commiata dai suoi amici con questi versi finali.

Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.

Scendo. Buon proseguimento.

Ma la tristezza e la nostalgia sono attenuate dall’attesa, fiduciosa e trepidante, che il poeta spera di ricevere dal nuovo secolo e dal nuovo millennio. La poesia che esprime questa fiducia e questa forza è la poesia n. 136 pag. 298. Ecco i bei versi che esprimono la forza e la carità che poeta nutre verso il nuovo millennio.

Rude, appena un po’ sedotto
da scorie e da parabole, ma pieno
di forza e carità – così
lo aspetta il nuovo secolo
e lui non mancherà – Orfeo in lui
e lui in Orfeo, ne è certo, giusto si ri-
desterà.

Questa poesia esprime e attenua, secondo me, la nostalgia e la malinconia degli ultimi anni di vita del poeta perché Mario Luzi ormai si sentiva di non essere più un poeta, ma si sente di essere un vate profetico.

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Modica 22 febbraio 2019                                                                                                       Prof. Biagio Carrubba

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