PARAGRAFO N. 46
DANTE COMPIE IL MIRACOLO DI COLLOCARE
L’IMPERATORE TRAIANO NEL PARADISO.
Sia i concetti, le teorie, le dottrine della filosofia scola-
stica, e sia i dogmi, le credenze metafisiche e religiose,
della chiesa cattolica di Roma, sono, secondo me,
soltanto il frutto delirante di filosofi, teologi e mistici
affetti, impressionati, complessati e concitati da delirium
tremens. Questi teologi e filosofi medievali erano, secondo
me, incapaci di distinguere la realtà dalla fantasia; inoltre
questi profeti medievali erano, anche, fantasiosi mentitori,
ma avevano, anche, la capacità di raccontare fatti immagi-
nari e deformare la realtà, consapevolmente o inconsape-
volmente, come il monaco profetico Gioacchino da Fiore.
In particolare sia i dogmi della chiesa di Roma, sia le dot-
trine, i precetti e i concetti sono diventati, nel corso del
tempo, idee, principi e valori fondamentali della Chiesa
cattolica e Apostolica di Roma. Ora, io, B. C., stupefatto
e sbalordito, mi chiedo, ancora, come sia stato possibile
che Dante, l’esule immeritevole, abbia potuto credere e
recepire questi concetti, dogmi e precetti come fossero
verità assolute intoccabili e dogmi immodificabili.
Io, B. C., penso e suppongo che Dante non è riuscito a
sfuggire alla magia e alla bellezza di questi pseudocon-
cetti, di queste pseudo dottrine, di questi culti, di queste
catechesi e di questi dogmi. Io, B. C., invece, reputo e giu –
dico i dogmi, i culti, le catechesi e le dottrine della chiesa
di Roma sono immense baggianate, stupidaggini, invenzi-
oni religiose, ammantate e trasformati in sacri principi,
precetti, dottrine, culti e dogmi religiosi. Il poeta, Dante
Alighieri, mitopoietico e mitostorico, nella sua Divina
Commedia, ha scritto, descritto e cosparso, infatti, tanti
episodi inverosimili, frutto della sua fantasia religiosa,
che non stanno né in cielo né in terra, e sono, soltanto,
una elucubrazione della sua fede acritica e mistica con-
forme alla cultura religiosa apostolica, cristiana-ebraica.
Dante è talmente acritico nei confronti della chiesa e
della fede cristiana che, nella Divina Commedia, trasfor-
ma e descrive un episodio stupefacente e falso, in un
fatto inverosimile, che ha del miracoloso e del fantastico.
È la storia dell’imperatore romano Traiano, politeista,
che Dante, per le preghiere di Papa Gregorio IX, lo
risuscita lo fa diventare cristiano e lo porta, addirit-
tura, dal limbo al paradiso.
Le tre terzine della fantastica resurrezione dell’Impera-
tore Traiano, si trovano nel canto XX del Paradiso, versi
103 – 109.
“D’i corpi suoi non uscir, come credi,
gentili, ma cristiani, in ferma fede
quel d’i passuri e di quel d’i passi piedi.
Ché l’una de lo inferno, u’ non si riede
già mai a buon voler, tornò a l’ossa;
e ciò di viva spene fu mercede:
di viva spene, che mise la possa
né’ prieghi fatti a Dio per suscitarla,
sì che potesse sua voglia esser mossa”.
Lo stesso discorso vale per Rifeo troiano
riportato, in altri versi dello stesso canto.
Io, B. C., dunque constato che anche Dante,
incredibilmente, ha operato, nella Divina
Commedia, i suoi miracoli, perché suggestio-
nato del miracolo di Papa Gregorio IX, che
fece risuscitare l’Imperatore Traiano. Dante,
a sua volta, fece un altro grande miracolo,
cioè quello di collocare l’Imperatore politeista
romano nel Paradiso della Divina Commedia.
MODICA 28 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
Commenti recenti