QUADRILOGIA DI POESIE SU DANTE POETA, FILOSOFO E TEOLOGO. PRIMO COMPONIMENTO POETICO.

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PARAGRAFO N. 44

Io, B. C., voglio dedicare questa quadrilogia poetica a Dante, sommo poeta, a cui, però, rivolgo anche qualche critica e qualche rimprovero.

Io, B. Carrubba, mi domando come mai il politropo

e sincretico, Dante Alighieri, dalla mente così multi-

forme, colta, polifonica, raffinata, fertile, geniale,

creatrice, sublime e dalla parola faconda, ornata,

ricercata, forbita, decorata, pregiata e dal linguag-

gio plurilinguistico: letterale, allegorico, morale,

abbia potuto credere e seguire alla lettera la Bib-

bia e tutta la filosofia greco – romana, la filosofia

araba, la filosofia della Patristica, la filosofia scola-

stica e tutta la mistica degli ordini minori medio-

evali? E mi chiedo come mai Dante non ebbe

nessun dubbio sulla validità, sulla efficacia e sulle

verità di tutte queste dottrine e temi filosofici e

dogmi religiosi e sulle teologie del suo tempo?

Io, B. C., mi chiedo, ancora oggi, come l’onesto e

l’incorruttibile Dante abbia potuto credere, seguire

e dare ascolto a tutte le credenze, ai culti, alle dot-

trine, ai miracoli e ai precetti della religione cristi-

ana? Io, B. C., mi domando come sia stato possibile

che l’incolpevole esule Dante abbia creduto e ce-

duto ai precetti e ai dogmi della chiesa cattolica

come: la Predestinazione, l’Incarnazione di Gesù

Cristo, la Provvidenza divina, la Resurrezione di

Cristo, la Redenzione, la Confessione, la Grazia

e tutti gli altri dogmi che la Chiesa cattolica e

cristiana di Roma, ha elaborato, nel corso dei

secoli, e ha approvato nei vari concili. Secondo

me, la fandonia più grossa che la chiesa cattolica

ha saputo elaborare e costruire, dopo l’elabora-

zione di san Paolo, è stata, sicuramente, la cre-

denza della resurrezione dei corpi morti e risorti

destinati, in base al loro libero arbitrio, o all’In-

ferno o al Purgatorio o al Paradiso, che sono,

senza dubbio, concetti immaginari e luoghi uto-

pistici fittizi ed inesistenti.

Un’altra panzana, inaudita e assurda, che è

diventata un dogma per la chiesa cattolica

di Roma è, certamente, il dogma della verginità

di Maria, divenuta madre di Gesù Cristo, che è,

anche, figlio di Dio. Questo dogma è stato risolto,

secondo me, svelato e spiegato da Gran Magro,

medico ateo, quando dice: “Figlio di Dio?” fece

“Di un centurione romano, vuoi dire. Sai come

vanno subito in caldo le indigene coi militari in

colonia”. (Da “Diceria dell’untore” di Gesualdo

Bufalino. Cap. XIII. Pag. 97).

La risposta a questi miei interrogativi iniziali è,

secondo me, abbastanza facile e chiara.

Dante Alighieri fu un uomo, fortemente, radicato

nel suo tempo storico, sociale, morale e cultu-

rale del Medioevo e, perciò, ricevette, studiò,

ereditò, credette e prese, per oro colato, tutta

la mentalità ascetica, mistica, teologica e reli-

giosa della filosofia Patristica, araba, della teo-

logia scolastica e della mistica Medievale.

Questo radicamento di Dante Alighieri nel suo

tempo, storico, sociale, politico, culturale, reli-

gioso, teologico e mistico, spiega, chiarisce e

illustra l’acriticità di Dante e il conformismo del

poeta nei confronti della chiesa di Roma e dell’

Impero germanico. Per questo motivo Dante

non sviluppò mai il senso critico nei confronti

della tradizione teologica, filosofica e mistica.

Dante Alighieri, comunque, nella Divina Com-

media mandò all’Inferno sia molti Cardinali e

sia molti Papi condannati all’inferno perché,

secondo Dante, i Papi erano più propensi a

seguire più i loro interessi personali che rifor-

mare lo Stato della Chiesa in senso pauperistico

più vicino agli ideali di san Francesco d’Assisi.

Infatti Dante si aspettava una rinascita dello

Stato Pontificio a favore di una chiesa povera

e unita e sperava in una rinascenza degli ideali

evangelici. Ma i Papi del suo tempo erano più

attratti dagli affari politici, a difesa dei quali

combatterono assiduamente contro i Ghibellini.

Papa Bonifacio VIII, nemico personale di Dante

Alighieri, per conquistare nuovi territori alla

Chiesa fece guerra ad alcuni principi romani,

ma ci rimise la vita ad Anagni, nel settembre

del 1303. Dante fu, dunque, un pedissequo

assertore della mentalità teologica, fu, anche,

un meticoloso seguace della filosofia scolastica

e fu, anche, un ardente ammiratore della misti-

ca medievale. Nonostante questa conforma-

zione culturale, politica, filosofica e teologica

medievale, Dante ha saputo esprimere, rappre-

sentare ed interpretare tutta la complessa e l’ar-

ticolata età medievale. Io, B. C., giudico la Divina

Commedia, una bellissima e ponderosa opera

poetica, letteraria e filosofica perché ha saputo

illustrare, esaltare e magnificare, per l’appunto,

gli ideali e i valori del cristianesimo, del cattoli-

cesimo e della mistica medievale.

MODICA 28 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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