
I miei versi sono lascivi,
ma la mia vita è onesta.
Epigr. Liber primus epigr. 4
La lettura continua e scrupolosa degli epigrammi di Marcus Valerius Martialis mi ha portato a trovare i componimenti più osceni e più lussuriosi di tutta la produzione poetica del poeta spagnolo. Essi costituiscono la parte più cospicua e numerosa: sono più di 100 e io ne riporto in questo articolo 65. Il tema di questi epigrammi volgari è quello de “Il sesso osceno, lussurioso, erotico, pornografico, meretricio e incestuoso”. Essi costituiscono il nerbo, la forza, la vigoria e il punto di forza di tutta la composizione epigrammatica di Marziale; sono il piatto forte, piccante ed eccitante degli epigrammi del poeta spagnolo; sono gli epigrammi che hanno dato la gloria e la fama, discussa e contestata da molti critici, al poeta latino. Ciò che colpisce, subito, in essi è, senza dubbio, il loro realismo che Marziale prende dalla strada e dalla vita di tutti i giorni. Il poeta spagnolo ci parla e ci descrive molti uomini e molte donne che lui conosceva bene, girando per le strade della Roma del I° secolo d.C., mentre svolgeva il mestiere di cliente. Essi riguardano il mondo della lussuria e coinvolgono tutti gli uomini e le donne che nella loro vita esercitano le fantasie erotiche e soddisfano i bisogni sessuali e si dedicano in pieno ai sensi, al godimento sessuale e ai piaceri della vita. Questi epigrammi non generano né allegria né simpatia, ma, certamente, sono importanti perché descrivono la vita reale dei costumi romani e sanno suscitare e creare la curiosità e l’osservazione di Marziale, che ci presenta la realtà romana legata al sesso e a tutte le sue manifestazioni perverse e oscene, ma consone e accettate dalla mentalità di quei tempi. Infatti, Marziale osserva molti casi di uomini e donne che si prostituiscono per motivi diversi: perversioni sessuali, motivi culturali, comportamenti sadici ed interessi economici. Marziale dunque descrive, non solo la Roma ufficiale, fredda, ipocrita, intrigante e maliziosa, ma ci fa entrare, addirittura, dentro le case delle famiglie comuni, dove si svolge una vita affettuosa, calda, passionale, sensuale, lasciva e smaliziata, svelandoci così gli usi leggittimi e illeggittimi legati al sesso. Marziale compone una serie di epigrammi con i quali svela l’ipocrisia di molti uomini che appaiono socialmente severi, ma che poi, in realtà, nel chiuso delle loro case sono dei sodomiti o dei cinedi. Il ciclo che Marziale dedica a questi falsi moralisti è messo in evidenza, molto bene, da una nota del libro “Epigrammi” edito dalla casa editrice BUR, dove a pagina 160 del libro la curatrice spiega il ciclo dedicato a questi falsi ipocriti: <<Marziale si scaglia spesso contro gli ipocriti che ostentano un aspetto irsuto e virile e un atteggiamento austero, richiamandosi al mos maiorum o ai dettami di qualche setta filosofica, ma in privato si comportano ben diversamente, cfr. 1,24,96; 2,36; 6,56; 7,58; 9,27,47; 12,42>>. Marziale, nella descrizione di questi personaggi e di tanti altri, ha un contegno di distacco e di distanza cosicché non appare mai un voyeur, ma un poeta riservato che segue la poetica del realismo più crudo e più oggettivo della letteratura latina del I° sec. d.C.. Questo crudo realismo è, però, guarnito dall’umorismo e dall’ironia di Marziale, che mitiga ed attenua l’oscenità e la lascivia del sesso libidinoso. In questo modo Marziale mette in pratica il principio poetico di Catullo che aveva scritto che gli epigrammi dovevano destare un prurito piacevole (Catullo 16, 7-9). Infatti, Marziale scrive: <<Ai carmi scherzosi è stata imposta questa legge: che non possono piacere se non producono prurito>>. (Epigr. Liber Primus n. 35). E a noi lettori contemporanei tutto questo ci lascia un prurito estetico notevole, fastidioso, ma piacevole e ammirevole. Credo, inoltre, che il diletto e il gaudio che suscitano questi epigrammi sia dovuto al fatto che Marziale riesce a comporre un mix di facondia, di fantasia, di varietà e di raffinatezza; tutti elementi che, nel loro giusto equilibrio e combinazione, riescono a creare il fascino e la bellezza degli epigrammi. Consiglio, dunque, che, nonostante il tema volgare e osceno e il linguaggio scurrile e crudo, di leggere questi epigrammi perché li reputo, ancora una volta, provocanti, intriganti, curiosi e piccanti.
“Lo vedi, Deciano, quell’uomo dai capelli scomposti,
la cui fronte aggrottata fa paura anche a te,
che ha, sempre, sulla bocca i Curii e i Camilli
assertori di libertà? Non credere al suo cipiglio:
ha preso marito ieri.”
Epigrammi liber primus epigr. n. 24
“Oh Lesbia, fai sempre l’amore con la porta
incustodita ed aperta, e non cerchi di nascondere
le tue segrete relazioni amorose, e ti dà piacere più
il guardone che l’amante, e non ti riescono gradite
le gioie dell’amore, se restano nascoste. Perfino,
le meretrici escludono i testimoni con tendine
e chiavistelli, e rare sono le fessure nelle pareti
dei lupanari del Summemmio. Impara il pudore
almeno da Chione o da Iade; anche i sepolcri
servono di riparo alle svergognate prostitute.
Il mio rimprovero ti sembra troppo severo?
Io ti vieto, o Lesbia, di farti vedere,
non di farti fottere.”
Epigrammi liber primus epigr. n. 34
“Un mercante di schiavi mi chiese 100.000 sesterzi
per un giovinetto: io risi, ma Febo glieli diede subito.
Di ciò si dispiace il mio cazzo, si lamenta
tra se stesso contro di me e loda Febo per farmi dispetto.
Ma a Febo il membro ha procurato
2.000.000 di sesterzi: dammi questa somma
ed io ti comprerò un giovinetto più caro.”
Epigrammi liber primus epigr. n. 58 2
“Poichè, oh Bassa, io non ti vedevo mai in compagnia
di maschi e nessun pettegolezzo ti assegnava un amante
e una schiera di persone del tuo sesso eseguiva
intorno a te tutti i servizi, senza che un uomo
si avvicinasse, mi sembravi-lo confesso- una Lucrezia.
Ma tu, oh Bassa, -che vergogna!- fottevi quelle donne.
Osi accoppiare tra loro due fiche, e la tua stravagante
lussuria compie con frode le funzioni del maschio.
Hai inventato un prodigio che può stare alla pari
con l’enigma tebano, che cioè ci sia adulterio
là dove non c’è l’uomo!”
Epigrammi liber primus epigr. n. 90
“O come sei svenevole con tua madre, oh Ammiano!
Com’è svenevole con te tua madre, oh Ammiano!
Ti chiama fratello ed è chiamata sorella.
Perchè vi attraggono questi termini piottosto sospetti?
Perchè non vi piace essere quel che siete?
Credete che ciò sia un gioco o uno scherzo?
Niente affatto! La madre, che desidera
essere una sorella, non si contenta
di essere né una madre, né una sorella.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.4
“Mi dai, oh Postumo, baci a metà bocca:
per questo ti ringrazio: puoi togliere
anche metà da questa metà.
Vuoi farmi un piacere ancora più grande,
davvero indicibile? Tieniti, oh Postumo,
tutta questa metà!”
Epigrammi liber secundus epigr. n.10
“Cosa potrò pensare del profumo di mirra
dei tuoi baci e del fatto che hai sempre addosso
uno stano odore? Tu, oh Postumo, hai sempre
un buon odore, e la cosa desta in me dei sospetti.
Non ha un buon odore, oh Postumo,
chi ha sempre un buon odore.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.12
“All’ingresso della Suburra, là dove pendono
le sferze insanguinate dei carnefici,
e molte botteghe di calzolai si affacciano
sull’Argileto, sta seduta una barbiera.
Questa barbiera però, oh Ammiano,
non fa la barba, ti dico che non fa la barba.
Allora cosa fa? Succhia e spenna!”
Epigrammi liber secundus epigr. n.17
“Oh Postumo, tu dài baci ad alcuni,
la destra ad altri. Mi dici:
<<Quale delle dure cose preferisci?
Scegli!>>. Preferisco la mano.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.21
“Oh Galla, siccome sei innamorata di Filerote,
che hai affrancato dalla schiavitù a prezzo
della tua intera dote, lasci che i tuoi tre figli
muoiano di fame. Tanto sei indulgente
verso la tua vecchia fica, che non può più
essere attratta da un onesto amore.
Ti concedano gli dèi di essere
l’eterna amanta di Filerote,
oh madre più snaturata di Ponzia!”
Epigrammi liber secundus epigr. n.34
“Perchè, oh Zoilo sporchi la tinozza,
lavandoti l’ano? Se vuoi sporcarla di più,
tuffaci, oh Zoilo, la testa.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.42
“Al tuo membro che non stava ritto
sono stati tagliati, oh Glitto, gli accessori.
Oh pazzo, che bisogno c’era del ferro?
Eri già un Gallo.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.45
“Oh Illo, in tutto il tuo scrigno spesso non hai
che un solo denario, e per giunta più logoro del tuo culo:
ebbene questo denario non te lo porterà via
né il fornaio né l’oste, ma colui che andrà superbo
del suo enorme pene.
Il povero stomaco sta a guardare il pranzo del culo:
l’uno muore di fame, l’altro si rimpinza sempre.”
Epigrammi liber secundus epigr. n.51
“Ti depili il petto, le gambe e le braccia,
e hai rasato i peli che cingono la tua minchia.
Fai ciò, oh Labieno -chi non lo sa?-
per la tua amante. Per chi, oh Labieno,
depili il tuo culo?”
Epigrammi liber secundus epigr. n.62
“Mi chiedi, oh Matrinia, se riesco a fare
l’amore con una vecchia;
ci riesco anche con una vecchia;
ma tu non sei una vecchia,
ma sei un cadavere. Potrei,
oh Matrinia, fare l’amore anche
con Ecuba e con Niobe, a patto che
quella non fosse ancora diventata
una cagna e questa un macigno.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.32
“Oh Faustino, la guercia Licoride ama
un giovane simile al coppiere troiano.
Come vede bene la quercia!”
Epigrammi liber tertius epigr. n.39
“Oh Polla, tentando di nascondere le rughe
del tuo utero con un impasto di farina di fave,
tu spalmi il tuo ventre, non le mie labbra.
Lascia che il tuo difetto, che potremmo
anche ritenere lieve, si mostri
nella sua schietta natura: il difetto
che nascondiamo viene ritenuto più grave.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.42
“Oh Scevino, sei l’amante di Aufidia,
tu che eri stato il suo sposo;
quello che era stato tuo rivale,
ora è il suo sposo.
Perchè come moglie di un altro
ti piace e come moglie tua no?
Forse che non ti si drizza,
quando ti senti sicuro?”
Epigrammi liber tertius epigr. n.70
“Poichè al ragazzo fa male il pene e a te, oh Nevolo,
il culo, pur non essendo un indovino, so bene ciò che fai!”
Epigrammi liber tertius epigr. n.71
“Tu dormi, oh Febo, con giovani forniti
di un grosso arnese, e ciò che in te
è floscio in loro è ben diritto.
Che cosa vuoi di grazia, oh Febo, che io sospetti?
Avrei preferito ritenerti un uomo effeminato,
ma corre voce che tu non sei un cinedo.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.73
“Già da tempo, oh Luperco, il tuo pene non si drizza più,
e tuttavia tu pazzo ti sforzi perchè si drizzi.
Ma non hanno nessun effetto né la ruca
né le cipolle eccitanti, e la lasciva santoreggia
non ti dà più nessun aiuto.
Con le tue ricchezze hai cominciato
a corrompere bocche innocenti.
Ma neppure eccitato in tal modo il tuo arnese si sveglia.
Come potrebbe uno stupirsi abbastanza
o credere che ciò che non si drizza
ti costa, oh Luperco, molto caro?”
Epigrammi liber tertius epigr. n.75
“Oh Basso, le vecchie ti eccitano,
le ragazze non ti interessano,
ti piace una vecchia vicina alla tomba
e non una bella donna. Non è questa,
di grazia, una follia, non è pazzo il tuo pene,
dal momento che con Ecuba
puoi godere e con Andromaca no?”
Epigrammi liber tertius epigr. n.76
“Cosa hai da fare tu, oh betico Gallo,
con un buco femminile? La tua lingua
deve leccare organi maschili.
Perchè il tuo arnese è stato mutilato
con un coccio di vaso samio, se a te,
oh Betico, piaceva tanto la fica?
Dovresti essere mutilato nella testa.
Infatti benché tu sia un Gallo riguardo
al tuo arnese, tuttavia, non rispetti
i sacri riti di Cibele:
riguardo alla bocca sei un maschio.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.81
“Corre vove, oh Chione, che tu non sei stata mai posseduta,
e che non c’è cosa più pura della tua fica.
Tuttavia fai il bagno senza coprire quella parte che dovresti:
se hai del pudore, sposta la fascia sul viso.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.87
“Vuoi sapere quant’è sottile il tuo culo?
Col tuo culo, oh Sabello, puoi inculare.”
Epigrammi liber tertius epigr. n.98
“Perchè, oh giovane Illo, mi hai negato ciò che
mi avevi dato ieri, divenuto improvvisamente
così duro, tu che dinanzi eri arrendevole?
Dài già la colpa alla barba, all’età, ai peli.
Quanto sei lunga tu, oh notte, che da sola
rendi vecchio un uomo! Perchè mi deridi?
Dimmi, oh Illo, come mai tu che ieri
eri un fancuiullo, sei oggi un uomo?”
Epigrammi liber quartus epigr. n.7
“Oh Gallo, correva voce che tu non eri un figliastro
della tua matrigna, finchè ella fu sposa di tuo padre.
Ma questo, finchè tuo padre era vivo, non si poteva provare.
Oramai il padre non c’è più, oh Gallo,
ma la matrigna è in casa. Si chiami pure
dalle ombre infernali il grande Tullio e assuma
pure la tua difesa Regolo in persona:
non potresti essere assolto.
Infatti la donna che non ha cessato
di essere matrigna dopo la morte del padre,
non è stata mai, oh Gallo, una matrigna.”
Epigrammi liber quartus epigr. n.16 6
“Non ho detto, oh Coracino, che tu sei un cinedo;
non sono tanto avventato, né ardito, né capace
di dire volentieri il falso. Se ho detto, oh Coracino,
che sei un cinedo, possa meritarmi l’anfora
dell’adirata Ponzia e il calice dell’adirato Metilio:
te lo giuro sui rigonfiamenti sirii, lo giuro
sui furori berecinzii. Ma che cosa ho detto?
Una cosa insignificante e di poco conto,
che è nota a tutti e che tu non negherai:
ho detto, oh Coracino, che sei un leccatore.”
Epigrammi liber quartus epigr. n.43
“Oh Papilo, ti piace farti inculare, ma quando
tutto è finito piangi. Perchè, oh Papilo,piangi:
oh ti dispiace che sia stato fatto ciò che
tu vuoi che si faccia?
O ti penti dell’osceno prurito?
O piuttosto piangi, oh Papilo,
perchè hai cessato di essere inculato?”
Epigrammi liber quartus epigr. n.48
“Perchè, oh Taide, mi dici continuamente vecchio?
Nessuno, oh Taide, è vecchio per metterlo in bocca.”
Epigrammi liber quartus epigr. n.50
“Non c’è nel popolo, non c’è in tutta la città
uno che possa provare di avere posseduto Taide:
eppure sono molti a desiderarlo, molti a chiederlo.
Io domando: è così onesta Taide?
Tutt’altro è una succhiona!”
Epigrammi liber quartus epigr. n.84
“Tu, oh Lesbia, tu vuoi che il mio pene stia
sempre dritto per te. Ma il pene, credimi,
non è un dito. Per quanto tu gli stia sopra
con le mani e con dolci paroline,
il tuo viso imperioso è contro di te.”
Epigrammi liber sextus epigr. n.23
“Il tuo membro, oh Papilo, è tanto lungo quanto il tuo naso;
cosicchè tu puoi odorarlo, ogniqualvolta lo drizzi.”
Epigrammi liber sextus epigr. n.36
“Carino non ha più alcuna traccia
del suo deretano aperto fino all’ombelico;
e tuttavia sente prurito fino all’ombelico.
Oh, da quale prurito è affetto l’infelice!
Non ha deretano, eppure è un cinedo.”
Epigrammi liber sextus epigr. n.37
“Se tu, oh Aulo, proibisci a Sestiliano di dire
<<così grossi>>, <<così grosse>>,
quell’infelice farà fatica a unire tre parole.
Mi chiederai: <<e con questo che vuole?>>.
Ti dirò qual è il mio sospetto:
Sestiliano ama i grossi e le grosse.”
Epigrammi liber sextus epigr. n.54
“Gellia ha un solo amante.
La cosa è più vergognosa: ha due mariti.”
Epigrammi liber sextus epigr. n.90
“Oh Celia, tu ti concedi ai Parti, ai Germani, ai Daci;
non disprezzi i letti dei Cilici e dei Cappadoci;
per godere il tuo amplesso l’uomo di Menfi
naviga dalla città di Faro e il nero indiano,
dal mar Rosso; non hai a sdegno di cazzi dei
circoncisi giudei e l’Alano sul suo cavallo
sarmatico si ferma da te. Per quale motivo,
pur essendo una ragazza romana,
non ti senti attratta da nessun pene romano?”
Epigrammi liber septimus epigr. n.30
“Tu infilzi dei ragazzoni, oh Camillo,
a porte aperte, e desideri essere visto
nell’atto di compiere queste prodezze,
affinchè i liberti e gli schiavi ereditati
dal padre e qualche maligno cliente
dalla lingua pungente non diffondano altri segreti.
Oh Amillo, chi vuole dimostrare con testimoni che non si fa
infilzare, spesso fa ciò che fa senza testimoni.”
Epigrammi liber septimus epigr. n.62
“Oh Filenide che sei la più lesbica fra le lesbiche,
a buon diritto chiami amica la donna
con cui hai sporchi rapporti.”
Epigrammi liber septimus epigr. n.70
“Aulo (Pudente) ama Testilo e arde di un amore non minore per Alessi;
ora forse ama anche il mio Giacinto.
Ecco, come puoi ora dubitare che il mio amico Aulo
non ami i poeti, dal momento che ama i favoriti dei poeti?”
Epigrammi liber octavus epigr. n.63
“Oh Flacco, se sentirai in uno stabilimento di bagni
un applauso, sappi che lì c’è il membro di Marone.”
Epigrammi liber nonus epigr. n.33
“Oh Pontico, tu non fotti mai, ma hai come amante
la tua affezionata mano sinistra, che diviene così
ministra di Venere: credi che ciò sia una cosa da nulla?
E’ un delitto, credimi, un grosso delitto, quale a stento
tu stesso puoi comprendere con la tua mente.
Come sai, Orazio fece l’amore una sola volta
per mettere al mondo tre figli; lo stesso fece
Marte perché la casta Ilia partorisse due figli:
entrambi avrebbero perduto tutto se,
masturbandosi, avessero affidato alle loro mani
il loro sporco piacere. Sappi che la stessa natura
ti dice: <<Oh Pontico, ciò che tu mandi in rovina
con le tue dita è un uomo>>.”
Epigrammi liber nonus epigr. n.41
“Tu parli sempre dei Democriti, degli Zenoni, dei Platoni,
che non hai mai letto, e di tutti quei filosofi che sono effigiati
negli irsuti busti, come se fossi un allievo
e successore di Pitagora. Naturalmente
la tua barba ti scende sul petto
non meno lunga rispetto alla loro.
Ma ti fa piacere sentirti dentro le molli chiappe
una dura verga: il che è vergognoso anche
per gli uomini che puzzano di becco e per i pelosi.
Dimmi ,oh Pannico, tu che conosci le origini e le dottrine
delle scuole filofofiche, che dottrina è l’offrire il deretano?”
Epigrammi liber nonus epigr. n.47
“Oh Fabullo, hai una bella moglie, onesta, giovane:
perché dunque chiedi il diritto dei tre figli?
Ciò che chiedi con voce supplichevole
al nostro signore e dio, lo potrai avere
da te stesso, se ti si drizza ancora.”
Epigrammi liber nonus epigr. n.66
“Tutte le volte che Marulla ha soppesato e misurato
a lungo con le sue dita un pene eretto,
sa dirne il peso in libbre e frazioni di once;
quando poi lo stesso pene, dopo il lavoro fatto
e gli sforzi sostenuti, pende simile
a una cinghia allentata, Marulla sa dire
quanto peso ha perduto.
Questa non è una mano, ma è una bilancia.”
Epigrammi liber decimus epigr. n.55
“Un mattino si presentarono a Fillide
due uomini per fotterla, e ciascuno
desiderava possederla nuda per primo.
Fillide promise di concedersi ad entrambi
nello stesso tempo e lo fece:
uno le alzò il piede e l’altro la tunica.”
Epigrammi liber decimus epigr. n.81
“Oh Ligeia, perchè ti depili la vecchia fica?
Perchè tormenti le ceneri del tuo cadavere?
Tali raffinatezze si addicono alle fancijulle; 9
ma tu ormai non puoi pensare
neppure di essere una vecchia.
Questo, oh Ligeia, credimi, non si addice
alla madre di Ettore, ma alla sposa.
Ti sbagli se pensi che questa tua sia una fica,
per cui nessun pene sente più interesse.
Perciò, oh Ligeia, se hai un po’ di pudore,
non strappare la barba a un leone morto.”
Epigrammi liber decimus epigr. n.90
“Oh Galla, mi chiedi perché non ti voglio sposare?
Sei troppo colta: il mio membro fa spesso errori di grammatica.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.19
“Quel membro di Lino così sfacciato e noto
a molte fanciulle non si drizza più.
Provvedi tu, o lingua!”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.25
“Oh Telesforo, mia dolce consolazione e mia deliziosa voluttà,
quale non ho mai provato in tutti i miei passati amori,
oh fanciullo, dammi baci umidi di vecchio falerno e coppe,
a cui hanno già bevuto le tue labbra.
Se a ciò aggiungerai le vere gioie di Venere,
direi che io sono più felice che non Giove con il suo Ganimede.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.26
“Quel pazzo di Nasica assalì Ila,
lo schiavo del medico Eucto,
e gli fece quel servizio.
A mio avviso era sano di mente.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.28
“Tu dici che gli avvocati e i poeti mandano un cattivo odore dalla bocca.
I succhiatori, oh Zoilo, mandano un puzzo peggiore.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.30
“Ogni qualvolta oltrepassi la soglia di una camera
fornita di cartellino, accolto dal sorriso o di un fanciullo
o di una fanciulla, non ti accontenti di una porta,
di una tenda o di un catenaccio, ma pretendi
un segreto più grande: fai chiudere ogni minima fessura,
e ogni forellino fatto dall’ago di persona lasciva.
Un pudore così delicato e timoroso non lo trovi,
oh Cantaro, in nessun uomo che faccia l’amore
con un fanciullo o con una fanciulla.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.45
“Ormai, oh Mevio, il tuo membro non si drizza
se non in sogno e comincia a pisciarti sui piedi,
ormai le dita si stancano a palpare questo floscio
arnese che, per quanto sia sbattuto,
non alza più il capo morto.
Perchè affatichi inutilmente vagine e culi?
Cerca luoghi più alti:
è lì che vive un vecchio membro.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.46
“Oh Filomuso, quando facciamo il bagno,
tu ci guardi e chiedi ripetutamente
perché ci siano con me dei giovani
così ben provveduti e così lisci di pelle.
Risponderò con franchezza alla tua domanda:
sfondano il sedere ai curiosi , oh Filomuso.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.63
“Natta chiama uccellino il membro del suo drudo,
al cui confronto Priapo è un eunuco.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.72
“Oh Ligdo, mi giuri sempre che verrai, quando ti chiamo,
e fissi l’ora e il luogo. Dopo che per lungo tempo sono rimasto
invano sul letto tutto teso per il desiderio, spesso la mia mano sinistra
fa il servizio che avresti dovuto fare tu.
Cosa ti posso augurare, oh bugiardo,
per questo tuo lodevole comportamento?
Che tu, oh Ligdo, abbia a portare l’ombrello
a una padrona guercia.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.73
“Una volta eri ricco: ma allora preferivi i ragazzi
e per lungo tempo non hai praticato donne.
Ora corri dietro alle vecchie.
Quale tiranno è la povertà! E’ lei, oh Caridemo,
che ti ordina di fottere.”
Epigrammi liber undecimus epigr. n.87
“Oh Labieno, hai venduto tre poderetti;
oh labieno, hai comprato amasii.
Oh Labiano, eserciti la sodomia con tre poderetti.”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n. 16
“Oh Callistrato, per far vedere che tu
non hai segreti con me, sei solito
dirmi spesso che sei stato inculato.
Oh Callistrato, non sei tanto franco,
quanto vorresti far credere.
Chi confessa tali atti, ne tace parecchi altri.”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n. 35
“Il barbuto Callistrato ha preso come marito
il muscoloso Afro con tutte quelle formalità
con cui una fanciulla suole sposare un uomo.
Si sono accese le fiaccole, il velo ha coperto
il volto, e non ti sono mancati i tui canti, oh Talasso.
E’ stata fissata anche la dote.
Non ti sembra anche questa una enormità, oh Roma?
Aspetti forse che anche l’uomo partorisca?”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n.42
“Tu dici che la bocca dei cinedi puzza.
Se questo, oh Fabullo, è vero, come tu dici,
che odore manda, secondo te,
la bocca dei leccatori di fiche?”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n. 85
“Oh Instanio Rufo, leggi pure gli oscenissimi libretti
di Musseto, che gareggiano coi libretti sibaritici,
e i versi pieni di arguzie eccitanti.
Sia però con te la tua ragazza, affinchè
tu non abbia ad intonare l’imeneo con le libidinose mani,
divenendo uno sposo senza sposa.”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n. 95
“Benché tu, oh Basso, abbia come moglie una ragazza,
quale a stento si augurerebbe di avere il più esigente
dei mariti, ricca, nobile, dotta, casta, spossi i tuoi fianchi
con i chiomati schiavetti che ti sei procurato
col denaro della sposa. Così, quando il tuo membro,
comprato con migliaia di sesterzi,
torna dalla sua signora, è fiacco, e né il suono di dolci paroline,
né le carezze di tenere mani valgono a svegliarlo.
Abbi finalmente un po’ di pudore o andiamo in giudizio.
Codesto membro, oh Basso, non è tuo: lo hai venduto.”
Epigrammi liber duodecimus epigr. n.97
Avete letto e avete gustato gli epigrammi osceni, pornografici, lussuriosi, meretrici ed erotici di Marziale? Sono sicuro che, anche questa volta, vi siete divertiti e che siete divenuti più euforici, più erotici e più licenziosi di prima.
Modica, 24 gennaio 2016
Prof. Biagio Carrubba
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