I più bei epigrammi sul tema de “Epigrammi che volevano accattivarsi la simpatia e la stima degli Imperatori Tito, Domiziano, Nerva e Traiano” di Marcus Valerius Martialis, poeta latino di origine spagnola, vissuto nel I° secolo d.C. a Roma.

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Oh gente Flavia, quanto danno ti ha arrecato il terzo rappresentante.
Valeva quasi la pena non avere avuto gli altri due.
Epigrammi. Liber de spectaculis n. 33

La mia lettura degli epigrammi di Marcus Valerius Martialis è giunta alla fine del percorso poetico del poeta latino, di origine spagnola. Questa volta ho scelto e selezionato il tema, importante e fondamentale, che riguarda gli “Epigrammi che volevano accattivarsi la simpatia e la stima degli Imperatori Tito, Domiziano, Nerva e Traiano”. Marziale ha dedicato, per causa di forza maggiore – data la sua posizine di poeta-cliente – a questi Imperatori, molti epigrammi scritti in tutti i suoi libri, lungo tutto l’arco della sua vita, nella Roma del I° sec. d.C.. Marziale ha tenuto, benché fosse dipendente da loro, sempre un contegno dignitoso e un atteggiamento altero, dovuti, ovviamente, sia al tempo cronologico in cui egli scrisse gli epigrammi, sia al carattere degli Imperatori romani e alla politica da essi seguita e svolta nel loro imperio. Io, Biagio Carrubba, credo che Marziale non abbia avuto nessuna difficoltà a scrivere questi epigrammi perché credo che egli sia stato un cittadino romano ligio alle leggi in vigore e sia perché fu un uomo “Integrato” nella società romana del suo tempo. Anzi Marziale partecipava con passione e con attenzione alle vicende politiche e sociali messe in pratica dai vari Imperatori, che si succedevano al vertice dello Stato imperiale romano. Penso, inoltre, che Marziale sia stato un “Conformista” alla Morale e alla Religione del suo tempo, e, certamente, non fu un poeta “Iconoclasta” del suo tempo e non ebbe “un animo da emarginato”, come ipotizza il grande latinista Luca Canali nel libro “Antologia della poesia latina a pag. 1219”. (Ed. Mondadori I Meridiani). Credo, invece, che Marziale abbia avuto una coscienza critica verso gli Imperatori, a cui, di volta in volta, si rivolgeva come dimostra l’epigramma n. 33 del libro sugli Spettacoli, che io ho riportato come epigrafe di questo articolo. Marziale scrisse il primo libro di epigrammi (Liber de spectaculis) nell’80 d.C. in occasione della inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio, voluto e finanziato da Vespasiano, padre di Tito, che lo inaugurò con splendidi spettacoli di gladiatori. L’inaugurazione durò quasi tre mesi e fu festeggiata con sfarzosi spettacoli di combattimenti tra gladiatori e belve nell’arena dell’Anfiteatro al fine di rallegrare, tenere buoni e far divertire il popolo romano, che partecipava in massa ai giochi dei gladiatori, alle naumachie e ai ludi mitologici. Il destinatario del primo libro di epigrammi sugli spettacoli è l’Imperatore Tito, che frequentava spesso l’Anfiteatro e interveniva direttamente nei duelli mortali fra i gladiatori, offrendo soldi ed oro ai vincitori, come Marziale ci informa negli epigrammi 20 e 27. Inoltre Marziale, in questo libro, elogia non solo l’Anfiteatro Flavio, ma soprattutto loda l’Imperatore Tito che viene paragonato a un Dio per la sua potenza divina (il Numen; da ciò la parola italiana Nume). Marziale ribadisce, più volte, la potenza divina di Tito sugli elementi naturali, sugli animali e sugli uomini. Su questo aspetto è molto importante leggere e conoscere la nota esplicativa dal libro “Epigrammi” dell’edizione BUR, dove a pag. 130 la curatrice così scrive: <<Si credeva, o si fingeva di credere, che la potenza religiosa, il numen, dell’Imperatore facesse sentire la sua influenza sugli animali e in generale sulla natura>>. Io, Biagio Carrubba, credo che, nonostante l’elogio e l’adulazione di Marziale verso gli Imperatori, vale la pena leggere questi epigrammi perché li reputo, ancora una volta, piacevoli, pungenti, lodativi ed encomiastici verso gli Imperatori romani e perché sono scritti, come al solito, con sarcasmo, brio e vivacità poetica molto alta e notevole.

Epigrammi selezionati per l’elogio all’Imperatore Tito

“La barbara Menfi non stia ad esaltare il miracolo delle piramidi;
il lavoro assirio non vanti Babilonia;
i molli Ioni non siano lodati per il tempio di Diana;
l’altare costruito con corna di capra non procuri gloria a Delo;
i Cari non portino alle stelle con lodi esagerate la tomba di Mausolo
che si libra nella vuota aria. Tutti i monumenti restano inferiori
all’anfiteatro di Cesare: la fama celebrerà solo questo per tutti”.
Epigrammi. Liber de spectaculis epigr. n. 1.

“Se un elefante pio e supplice piega le ginocchia davanti a te,
oh Cesare, quell’elefante che poco fa incuteva tanta paura al toro,
fa ciò senza aver avuto alcun ordine e senza essere stato ammaestrato.
Credi a me: anch’egli sente la presenza del nostro Dio”.
Epigrammi. Liber de spectaculis epigr. n. 17.

“Non ti stupire, oh Leandro, se le onde notturne
ti hanno risparmiato: erano onde di Cesare.
Epigrammi. Liber de spectaculis epigr. n. 25.

“Un’antilope che fuggiva di gran carriera i veloci molossi,
e con abili manovre aggiungeva ritardo su ritardo agli inseguitori,
si fermò supplichevole e simile a uno che prega davanti
ai piedi di Cesare, e i cani non toccarono la preda.
……………………………………………………………………….
Questi doni li procurò l’avere riconosciuto l’Imperatore.
Cesare è un Nume: questa sua potenza è sacra, si è sacra.
Credetelo: una bestia selvatica non sa mentire”.
Epigrammi. Liber de spectaculis epigr. n. 29(30).

“Perdona questi miei versi improvvisati: non merita,
oh Cesare, di dispiacerti colui che si affretta di piacerti”.
Epigrammi. Liber de spectaculis epigr. n. 31(32).

Epigrammi adulatori all’Imperatore Domiziano

“Oh fausto giorno natalizio di Cesare, più sacro di quello in cui l’Ida,
consapevole dell’avvenimento, diede al mondo il ditteo Giove,
vieni lungo, ti prego, e più numeroso di quelli della vita di Nestore,
e risplendi sempre con un volto come questo o ancora più bello.
Possa egli (Domiziano) onorare per molti anni Minerva
per mezzo della corona aurea di Alba, e moltissime corone
di quercia passino per le sue mani possenti;
possa egli (Domiziano) onorare le età che si rinnovano
al ritorno del grande lustro e i sacri riti che si svolgono
nel romano Tarento. Sono grandi veramente, oh Dèi,
questi favori che chiediamo, ma sono dovuti al mondo:
quali voti sono eccessivi per un così potente Dio?”.
Epigrammi. Liber quartus epigr. n. 1

“Oh Sesto, facondo sovrintendente della biblioteca Palatina,
che ti avvantaggi da vicino dell’ingegno del nostro Dio,
– infatti tu puoi prendere visione dei lavori letterari
del signore sul loro nascere e puoi conoscere
i segreti pensieri del sovrano -, trova un posto in qualche parte
anche per i miei libretti, dove ci saranno Pedone, Marso e Catullo.
Accanto al poema del nostro Dio sulla guerra capitolina
poni l’opera insigne del sublime Virgilio”.
Epigrammi. Liber quinrtus epigr. n. 5

“Oh mio carissimo Marziale, ti mando questo sesto libretto:
se tu lo correggerai col tuo orecchio finissimo, egli oserà
presentarsi con minore trepidazione e con minore timore
alle auguste mani di Cesare”.
Epigrammi. Liber sextus epigr. n. 1

“Non c’era prima d’ora una sala capace di contenere i commensali
della mensa imperiale e le imperiali vivande: qui ti si addice,
oh Germanico, bere il divino nettare e vuotare le coppe riempite
dalla mano di Ganimede. Voglia tu essere, ti prego, tardi commensale
di Giove: se hai fretta, vieni qui tu stesso, oh Giove”.
Epigrammi. Liber octavus epigr. n. 39

“Benché tu, oh Cesare, vincitore dei condottieri e vincitore di te stesso,
ci dia tante volte grandi doni e sia disposto a darcene di più grandi,
il popolo non ama te per i doni, ma ama i doni per te”.
Epigrammi. Liber octavus epigr. n. 56

“Mentre il popolo ti presenta le sue lamentose suppliche,
anch’io ti presento, oh Augusto, i miei modesti carmi:
so infatti che un Dio può badare nello stesso tempo
agli affari politici e alle Muse, e che anche questa ghirlanda ti piace.
Proteggi, oh Augusto, i tuoi poeti: noi siamo la tua dolce gloria,
noi siamo il primo oggetto dei tuoi pensieri e siamo la tua delizia.
A te non si addice soltanto la corona di quercia e la corona di Febo:
ti sia data anche la nostra corona civica di edera”.
Epigrammi. Liber octavus epigr. n. 82

“Vedendo il tempio dei Flavii nel cielo imperiale, Giove rise
del suo falso sepolcro Ideo, e durante il banchetto, umido
di molto nettare, mentre porgeva le coppe al suo Marte e
guardava Febo e nello stesso tempo Diana –
con costoro stavano Ercole e il pio Mercurio – disse:
<<Voi mi avete innalzato un monumento a Creta;
guardate quanto sia più importante essere padre dell’Imperatore>>”.
Epigrammi. Liber nonus epigr. n. 34

“Oh Cesare, per le tante meraviglie del tuo circo, che superano
gli splendidi spettacoli degli antichi Imperatori,
molto ti debbono i nostri occhi; le nostre orecchie però
riconoscono che ti debbono di più, perché coloro che
sogliono declamare i loro versi assistono agli spettacoli”.
Epigrammi. Liber nonus epigr. n. 83

“Se io fossi invitato a cena in due luoghi celesti diversi,
da parte di Cesare e da parte di Giove, ammesso che
il cielo fosse vicino e il Palatino lontano, darei questa risposta
da riferire agli Dèi: <<Cercate qualcuno che preferisca
essere commensale del Tonante: quanto a me, ecco,
ho un impegno in terra presso il mio Giove>>”.
Epigrammi. Liber nonus epigr. n. 91

Epigrammi elogiativi all’Imperatore Traiano

“Oh Reno, padre delle ninfe e dei fiumi che sono alimentati
dalle nevi odrisie, possa tu godere sempre di limpide acque
e non essere calpestato e consumato dalla barbara ruota
dell’ insolente bifolco, e, tornato in possesso dei tuoi aurei corni,
possa tu scorrere romano su ambedue le sponde: il Tevere, tuo signore,
ti prega di rimandare Traiano al suo polpolo e alla sua città.
Epigrammi. Liber decimus epigr. n. 7″Oh Cesare Traiano,

gli Dèi ti concedano tutto ciò che meriti,
e ti assegnino come definitivo ciò che ti hanno dato.
Tu che restituisci al padrone i diritti di cui era stato privato,
– egli non sarà un esule per i suoi liberti -,
sei degno di difendere la sicurezza dei clienti:
e ne sei capace, solo che tu voglia mettere in pratica
la verità di quello che affermo”.
Epigrammi. Liber decimus epigr. n. 34

Epigrammi elogiativi all’Imperatore Nerva

“Invano venite a me, oh povere Lusinghe dalle labbra consunte:
io non intendo celebrare il nostro signore e Dio.
Non c’è più posto per voi in questa città; andate lontano,
ai Parti portatori turbanti e baciate ignobili, servizievoli
e supplicanti come siete, le suole di quei re imbellettati.
Qui non c’è un padrone, ma un Imperatore, il più giusto
fra tutti i senatori, per cui mezzo è stata riportata al mondo
dalla dimora stigia la semplice Verità dagli incolti capelli.
Se hai cervello, oh Roma, bada a non usare sotto un tale Imperatore
il linguaggio che usavi sotto il suo predecessore”.
Epigrammi. Liber decimus epigr. n. 72

“Oh rigido sopracciglio e corrugata fronte dell’austero Catone,
oh figlia dell’aratore Fabrizio, oh maschere di sussiego,
oh regole morali e tutto ciò che non appartiene
alla nostra vita privata andate via! Ecco, i miei versi:
<<Evviva i Saturnali!>>: ciò è lecito e arreca piacere
sotto il tuo governo, oh Nerva. Oh severi lettori, imparate a memoria
le pesanti opere di Santra: io non ho nulla da spartire con voi:
questo libro è interamente mio”.
Epigrammi. Liber undecimus epigr. n. 2

“Oh riti sacri e Lari dei Frigi, che l’erede di Troia preferì portar via
piuttosto che le ricchezze di Laomedonte destinate al fuoco,
oh Giove scolpito adesso per la prima volta nell’oro che non sarà
mai distrutto, oh sorella, oh figlia che appartieni interamente
al sommo padre, oh Giano che scrivi già per la terza volta
nei fasti consolari il nome di Nerva, vi rivolgo una pia preghiera:
proteggete voi tutti questo Imperatore, proteggete il Senato;
i senatori prendano ad esempio, nella condotta della vita,
l’Imperatore, l’Imperatore prenda ad esempio se stesso”.
Epigrammi. Liber undecimus epigr. n. 4

Avete letto, avete criticato, o forse vi siete disgustati dell’atteggiamento adulatorio di Marziale? Non lo so; so, soltanto, che Marziale ha espresso, ancora una volta, la sua poetica di un “Realismo poliedrico, policromatico e poliumorale” e ha mostrato la sua spontaneità, la sua sincerità sulla Roma pagana e difficile da vivere del I° sec. d.C.. Io, Biagio Carrubba, credo che, benché Marziale sia stato costretto a vivere una vita grama di poeta-cliente, abbia dimostrato, non solo tutta la sua inclinazione e tendenza elogiativa ed adulatoria, ma abbia anche voluto e saputo scrivere e manifestare tutta la sua coscienza critica e  la sua severità verso gli Imperatori della sua epoca.

Modica 10/ 02/ 2016 Prof. Biagio Carrubba

Modica 10/ 02/ 2016
                                                                                                                              Prof. Biagio Carrubba

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