V
DALLE NOVELLE AL TEATRO
Le novelle degli ultimi due volumi sono particolari e si differenziano da tutte le altre composte precedentemente, perché tessono e tramano vicende surrealistiche, in quanto molte di esse raccontano vicende di sogni allucinanti e onirici; in tal modo esse si accostano, molto, alla produzione surrealistica delle novelle di Kafka. Anche Luigi Filippo d’Amico conferma questo rapido accostamento tra le novelle surreali di Pirandello e le novelle del genere fantastico di Kafka, come scrive nel suo libro “L’uomo delle contraddizioni” a pag. 23, “né di Kafka che pure aleggia nelle sue ultime novelle“. Pirandello sistemò in ogni volume 15 novelle, tranne il XII volume che ne comprende 12 e il XIV volume che ne comprende 8. Le novelle non hanno né un ordine cronologico né tematico; l’unica legge delle novelle, nei 15 volumi, è quella del caos, perché sono inserite nei volumi secondo l’intenzione e la volontà misteriosa e arcana di Pirandello, senza rispettare l’ordine tematico e l’ordine della loro composizione. Pirandello riscrisse e trasformò molte novelle in romanzi e in commedie teatrali. Fra le principali novelle di Pirandello ricordo: Lumie di Sicilia scritta nel 1900 e successivamente riscritta e portata in scena nel 1910. La Morsa fu trasformata in atto unico e messa in scena nel 1910. La Patente fu trasformata in atto unico nel 1918. La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, del 1915, fu trasformata in commedia nel 1917 con il titolo Così è (se vi pare). La morta addosso del 1918 fu trasformata in atto unico nel 1923 con il titolo L’uomo dal fiore in bocca. Anche la novella “Quando s’è capito il giuoco” (1913)fu trasposta da Pirandello nella commedia teatrale “Il giuoco delle parti” (1918). Nel 1929 Pirandello aveva scritto la commedia “Sogno (ma forse no)” (1929) sul tema del sogno. Sullo stesso tema Pirandello scrisse le ultime novelle, oniriche e surreali, “Effetti di un sogno interrotto” e “Una giornata”. Quest’ultima novella è stata trasposta dai registi e fratelli, Paolo e Vittorio Taviani, nel film “Tu ridi”.
VI
Sintesi della novella “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero”.
Introduzione.
Questa novella è inserita nell’ultimo volume “Una giornata” della sua produzione novellistica ed occupa la XIV posizione dell’intero volume. La novella, benché scritta nel 1916 – 17, è stata inserita nell’ultimo volume e ciò comprova, secondo me, il caos tematico e cronologico della disposizione e della posizione delle novelle all’interno di ogni volume. La novella “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero” fu scritta nel 1915 e poi, nel 1917, fu trasposta da Luigi Pirandello nella commedia dal titolo “Così è (se vi pare)”, che rende ancora più chiaro e lineare il messaggio della novella e della filosofia sociale di Luigi Pirandello. Il titolo “Così è (se vi pare)” sta ad indicare che la vicenda tra il signor Ponza e sua suocera, signora Frola, è così ingarbugliata tanto che è difficile da credere e da comprendere da parte dei lettori e da parte degli spettatori; perché gli altri non potranno mai conoscere la verità sui veri rapporti personali che intercorrono tra i due congiunti. Infatti l’uno afferma l’esatto opposto dell’altra, in modo tale che l’apparente familiarità che c’è tra i due è solo apparenza, mentre, in realtà, i loro rapporti sono basati su convincimenti personali e opposti fra di loro. In questo modo, i protagonisti rasentano la pazzia dei sentimenti e ciò spiega, anche, l’anomalia dei comportamenti sociali. Ed infatti il tema della novella è la pazzia, ma non la pazzia accertata clinicamente, ma la pazzia sociale, dov’è molto difficile distinguere tra pazzia vera e pazzia falsa, e dove i convincimenti personali si scontrano con la drammaticità della pazzia altrui, dando luogo, così, a situazioni particolari, paradossali e a rapporti anomali, rispetto alla normalità della vita civile, comune e regolare dei cittadini. In altre parole, la storia viene presentata dal narratore in un certo modo apparente, ma i compaesani di Valdana conoscono e vedono, soltanto, l’apparenza e la sembianza della situazione e perciò non possono conoscere mai l’intera verità per cui essi restano nel dubbio e nell’incertezza fino alla fine e ciò spiega e giustifica il titolo della commedia teatrale “Così è (se vi pare)”.
VII
Trama e sintesi della novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero.
La novella racconta, – tramite la voce narrante della vicenda, che è poi, anche, un testimone oculare della vicenda e che partecipa, fino alla fine, come giudice dei fatti narrati, – il rapporto paradossale, strano e particolare che il signor Ponza intrattiene con la signora Frola. La voce narrante racconta e dice che il signor Ponza è venuto ad abitare nella cittadina di Valdana da circa tre mesi ed è andato ad abitare in un appartamento fuori città, mentre ha affittato un altro piccolo appartamento per la signora Frola, sua suocera, al centro della città. La voce narrante spiega che non si capisce perché la signora Frola, che si dice suocera del signor Ponza, non vada ad abitare presso la figlia, sposata con il signor Ponza. La spiegazione la dà il signor Ponza, il quale afferma che la signora Frola, poveretta, non pare, ma è pazza, perché lei crede che sua figlia sia ancora viva; mentre il signor Ponza afferma che sua figlia è morta da quattro anni. Il signor Ponza afferma, inoltre, che, ora, lui si è risposato con una seconda moglie. Ma egli, per spirito di carità, asseconda la pazzia della signora Frola, la quale crede che sua figlia sia, ancora, viva. Il signor Ponza affitta, così, un secondo appartamento per la signora Frola, che, ogni giorno, passa a casa del signor Ponza a vedere la seconda moglie del signor Ponza, che lei crede sua figlia. La signora Ponza, con un panierino, dall’alto del terzo piano, cala, ogni giorno, dei bigliettini alla signora Frola che la rassicurano sulla sua salute. Subito dopo però arriva la signora Frola che afferma, invece, che il pazzo è il signor Ponza che è convinto, al contrario, che la prima moglie è morta davvero e che questa nuova moglie è la seconda moglie. Ma, in realtà, la signora Frola racconta che il signor Ponza ha risposato la prima moglie cioè sua figlia. Il narratore afferma che nessuno riesce a capire questa situazione ingarbugliata e a scoprire come, in realtà, stiano i fatti. Allora il narratore spiega che sarebbe più semplice chiedere direttamente alla seconda moglie del signor Ponza chi lei sia in realtà; se è la figlia della signora Frola o è la seconda moglie del signor Ponza. Ma la moglie dice a lui: che è la seconda moglie e alla signora Frola dice, invece, che è la sua figliola; in questo modo, la signora Ponza non chiarisce la sua posizione e la sua identità, cosicché nessuno dei compaesani di Valdana riesce mai a capire e a sapere la verità di come stiano i reali e veri rapporti tra la signora Frola e suo genero signor Ponza. Ma sia il signor Ponza che la signora Frola hanno una reciproca stima e fiducia lui verso lei e lei verso lui, cosi ché essi si incontrano spesso e si frequentano giornalmente, tanto che “La signora Frola va spesso a trovare il genero alla Prefettura per aver da lui qualche consiglio, o lo aspetta all’uscita per farsi accompagnare in qualche compera; e spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e ogni sera il signor Ponza va a trovare la signora Frola, nel quartierino mobiliato; e ogni qual volta per caso l’uno si imbatte nell’altra per via, subito con la massima cordialità si mettono insieme; egli le dà la destra e, se stanca, le porge il braccio, e vanno così, insieme, tra il dispetto aggrondato e lo stupore e la costernazione della gente che li studia, li squadra, li spia, e, niente! non riesce ancora in nessun modo a comprendere quale sia il pazzo dei due, dove sia il fantasma, dove la realtà”. Anche il finale della commedia teatrale è molto simile al finale della novella: nessuno riesce a capire la verità della situazione e della reciproca posizione fra il signor Ponza e la signora Frola.
VIII
Finale della commedia “Così è (se vi pare)”
IL PREFETTO (commosso) Ma noi vogliamo rispettare la pietà, signora. Vorremmo che lei ci dicesse…
SIGNORA PONZA: – Che cosa? La Verità? È solo questa: che io sono, sì, la figlia della signora Frola. TUTTI – Ah!
SIGNORA PONZA: E la seconda moglie del signor Ponza.
TUTTI: Oh! E come! SIGNORA PONZA: – si, e per me nessuna! Nessuna! (verità).
IL PREFETTO: – Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l’una o l’altra!
SIGNORA PONZA: Nossignori. Per me io sono colei che mi si crede.
LAUDISI: Ed ecco, o signori, come parla la verità. Siete contenti? Ah! Ah! Ah! Tela.
IX
Conclusione della novella.
Con questa risposta, secondo me, B. C., la moglie del signor Ponza lascia tutti di stucco e in sospeso perché non dice chi lei sia veramente: se è la figlia della signora Frola oppure se è la seconda moglie del signor Ponza. Anche Luigi Filippo d’Amico, nel suo libro, “L’uomo delle contraddizioni” (Sellerio 2007) conferma che Pirandello fino all’ultimo non volle mai svelare chi fosse in realtà la signora, come scrive a pagina 79, dove dice: “Si favoleggia che gli fu offerta una forte somma perché Pirandello, rivelasse quale era la “verità”: quella del Signor Ponza o quella della Signora Frola? Pirandello ovviamente rispose con una mefistofelica risata“.
X
Una novella surrealistica dell’ultima produzione di Pirandello è
Di sera, un geranio (1934).
Trama e sintesi della novella “Di sera, un geranio”.
Ogni novella di Pirandello ha il proprio fascino e la propria originalità. Questa novella Di sera, un geranio è, fra tutte le bellissime e affascinanti novelle pirandelliane, una novella, come al solito, particolare, insolita ed unica nel suo genere. È originale perché essa non ha nessun protagonista vivente, non ha nessun personaggio che si muove in carne ed ossa, nessuna vicenda da raccontare; la novella racconta, invece, in terza persona il momento della morte di un uomo qualsiasi e anonimo. La novella inizia, per l’appunto, descrivendo il distacco dell’anima dal corpo di un uomo. Ora l’originalità e la singolarità della novella consiste nel fatto che di ogni uomo si può raccontare ogni attimo della sua vita, dai suoi primi momenti di vita fino ai suoi ultimi respiri, ma non si può descrivere cosa avviene subito dopo che è stato emesso l’ultimo respiro; la novella inizia, invece, proprio da questo momento e cioè dopo la morte. La voce narrante descrive le prime sensazioni e le prime riflessioni del morto. Ecco l’incipit della novella: “S’è liberato nel sonno, non sa come”. La prima sensazione del distacco dal corpo è uguale a quella che si prova quando ci si tuffa nell’acqua del mare e si rimane a galla; in questo caso il protagonista rimane nell’aria, sospeso ed invisibile, al centro della sua cameretta alleggerito dal peso del suo corpo morto. Allora il protagonista prova la sensazione che il suo corpo pesante rimane giù, mentre la sua anima risale su leggera e impalpabile. Ora egli si è liberato dal suo corpo; ora si è svegliato in un’altra vita, ma non sa chi sia veramente. Si sente sospeso, a galla, nell’aria da dove guarda la stanza, dove è rimasto negli ultimi giorni della sua vita. Ora l’anima del morto è separata dai suoi sensi, ma li percepisce ancora una volta e “giudica” la realtà circostante della sua camera. Sente ancora un minimo rumore, vede ancora un barlume di luce, vede ancora il letto con le coperte, “sotto le quali s’indovina un corpo che giace inerte”. Il protagonista aveva paura di morire e si sentiva, piano piano, mancare del tutto. Aveva paura di morire e per questo fissava oggetto per oggetto e aveva timore di addormentarsi. Paura vera, poiché è morto nel sonno. Quel corpo inerte è proprio Lui; uno che non c’è più. Ricorda, ancora, le ultime parole che lui ebbe a dire con il dottore, il quale gli disse che ormai c’era poca speranza di sopravvivere anche all’operazione. Ora l’anima prova per il suo corpo più rancore che antipatia. E non è vero che egli si sentiva solo nel suo corpo come pensavano gli altri “Lui non era quel suo corpo; c’era anzi così poco; era nella vita lui, nelle cose che pensava, che gli si agitavano dentro, in tutto ciò che vedeva fuori senza più vedere sé stesso“. Ora egli sente uno sgomento per il disgregarsi del suo corpo e il suo diffondersi in ogni cosa. Ora egli si sente un oggetto tra i tanti della sua camera: “l’orologio sul comodino, il quadretto alla parete, la lampada rosea sospesa in mezzo alla camera”. Lui ora è come quelle cose: “quelle cose che per sé stesse non hanno alcun senso e che ora dunque non sono più niente per lui”. L’anima capisce che è proprio questo distacco dalle cose che è il morire: diventare una cosa inerte, morta, priva di vita. La voce narrante dice che l’anima del morto ora esce dalla camera e vola alta nel cielo, da dove vede la vasca dell’acqua giù nel giardino. L’acqua entra nella vasca ora esile, ora a spruzzo, e ora vi cade a goccia a goccia. Sull’orlo della vasca, l’acqua entra dentro un buco in cui affluiscono tante foglioline bianche e verdi che sono risucchiate dalla bocca dello scarico. Le foglioline si affrettano nella bocca dello scarico e fanno ressa tutt’attorno ad essa. Altre nuotano sull’acqua verde lievemente. E la bocca dello scarico è come la bocca della morte che fa la misura, che stabilisce la vita dei fiori e appiana tutto. L’anima del morto percepisce ora anche l’illusione dei sensi che “a poco a poco si svuota di cose che pareva ci fossero e che invece non c’erano: suoni, colori“. Ora l’anima sente solo freddo, silenzio, niente e la morte è proprio “questo niente della vita com’era”. Il finale della novella è sorprendente perché quando sembra che l’anima accetti il silenzio della morte, improvvisamente ed inavvertitamente, cambia aspirazione e vuole ritornare nella vita seppur in una cosa inanimata e provare anche per poco il respiro della terra. L’anima allora vuole provare la fragranza del verde così fresco e nuovo. Vuole essere come le “bianche radici vive abbarbicate a succhiar l’umore della terra nera“. Ora l’anima vorrebbe sciogliersi o nella fragranza del verde dell’erba o nel respiro del “vapore ancora sensibile che si dirada e che vanisce, ma senza finire, senz’avere più nulla vicino”. L’anima vorrebbe ritornare sulla terra, anche se in un oggetto inanimato, inorganico, come una pietra. Meglio in un geranio rosso, giù nel giardino. Ed ecco il bel finale della novella: “Oh guarda giù, nel giardino, quel geranio rosso. Come s’accende! perché?
Di sera, qualche volta, nei giardini s’accende così, improvvisamente, qualche fiore; e nessuno sa spiegarsene la ragione“.
XI
Commento e conclusioni mie personali sulle novelle di Luigi Pirandello.
È evidente che all’interno del corpus novellistico di Pirandello non c’è, secondo me, B. C., né un ordine tematico, né uno sviluppo cronologico. Le novelle sono paragonabili ai frammenti di uno specchio rotto ciascuno dei quali riflette la realtà secondo una sua inevitabile deformazione e una particolare rifrazione. Dalla lettura delle novelle si ricava un senso amaro e penoso della vita, la quale addossa ai protagonisti un enorme carico di dolore, di sgomento e di sofferenza. Pirandello sembra credere, insomma, soltanto alla ragione come strumento per giungere alla verità relativa come si evince dall’intero corpus delle novelle. Io, B. C., inoltre, suppongo e reputo che dalle novelle di Pirandello emerga una visione di vita del novelliere conosciuta come Pirandellismo. Infatti, Pirandello, descrive i personaggi e le loro storie sempre in situazioni particolari, assurde, inconsuete, paradossali, quasi inverosimili e quasi incredibili. Pirandello analizza il carattere, le fobie, le manie, le idiosincrasie e i ragionamenti di molte persone e personaggi, penetrando dentro la loro psiche e la loro personalità mettendo a nudo la loro essenza interiore e chiarendo, di volta in volta, il perché essi agiscano in quel modo e non in un altro. Certe volte i drammi dei personaggi scadono nell’umorismo o nel ridicolo ma essi sono soltanto la facciata della tragedia che stanno vivendo, come nella novella “La realtà del sogno”, dove i due protagonisti, marito e moglie, vivono a loro modo, il loro dramma personale e lo vivono parallelamente senza mai congiungersi. Pirandello stesso distingue persona da personaggio, le persone sono quelle vere, sono gli uomini che soffrono e gioiscono nella loro vita; mentre i personaggi sono le persone che agiscono in pubblico e recitano molte parti che non gli piacciano o che magari odiano. La grandezza artistica e letteraria di Pirandello consiste nel fatto che egli sa descrivere molto bene le persone e i personaggi e le situazioni in cui vivono. Egli sa mettere a nudo le passioni e le tragedie delle persone, ma sa anche cogliere la loro meschinità o la loro generosità di uomini di tutti i ceti sociali: dai contadini più poveri ai borghesi più ricchi, dai piccoli borghesi ai nobili più blasonati. Io, Biagio Carrubba, affermo con piacere e sicurezza che Pirandello nelle sue novelle e, in tutte le opere, riesce benissimo a svelare e a discoprire il mondo interiore degli uomini dandone una rappresentazione icastica, cioè nuda e cruda della realtà, senza falsi sentimentalismi o dolci illusioni. Ogni personaggio di Pirandello esprime una tragica condizione esistenziale, diversa da ogni altro uomo e per questo motivo, unica e inconfondibile e degna di essere giustificata e rispettata. Ma ogni situazione umana è nello stesso tempo giudicata da punti di vista diversi; può apparire, ora, tragica e comica nello stesso tempo. E la grandezza dell’arte pirandelliana sta, secondo me, tutta qua: Pirandello riesce a far sorridere e a far piangere contemporaneamente, come negli stessi anni ci riusciva un altro grande del cinema: Charlie Chaplin, sia nel bellissimo film “Il monello” e sia nell’altro stupendo film “Tempi Moderni”. Io, B. C., penso e affermo che la lettura delle novelle di Pirandello sia una lettura suggestiva, gradevole e piacevole e che il tempo dedicato ad essa sia un tempo speso bene perché le novelle di Pirandello riescono a dare vigore all’anima, a ricreare e a rigenerare lo spirito di ogni lettore attento e curioso della psiche umana. La produzione, creativa ed originale, della novellistica di L. Pirandello, crea e suscita, certamente, secondo me, grandi suggestioni nell’animo dei lettori e desta una coscienza critica e lucida nella mente dei lettori di ogni tempo.
Modica 12/11/2019 Prof. Biagio Carrubba
Rivisto oggi 15 luglio 2023
Pubblicato martedì 05 settembre 2023
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