UN’ANALISI DI ALCUNE NOVELLE DI LUIGI PIRANDELLO
I
Le bellissime, deliziose e suggestive novelle di Pirandello sono in tutto 225; alcune sono brevissime, altre sono lunghissime. Luigi Pirandello le raccolse tutte, dal 1922 al 1936, con il titolo “Novelle per un anno”. Alcune, fra le novelle più famose, sono: “Il treno ha fischiato”; “Tu ridi”; “La Giara”; “Felicità”; “Dal naso al cielo”; “La carriola”; “Soffio”; “C’è qualcuno che ride”; “Visita” e altre. I primi 11 volumi contengono le novelle scritte dal 1894 al 1920. Il XII volume contiene la novella “Pubertà” scritta nel 1926, una delle poche, composta negli anni del 1920, perché Pirandello era concentrato ed impegnato a scrivere le più importanti e belle opere teatrali e per le sue tournées in Europa e in America del Sud. I volumi XIV e XV contengono tutte le novelle scritte fra il 1931 e il 1936. La nona novella “Il buon cuore” del XV volume fu pubblicata postuma nel 1937. Le novelle di questi due ultimi volumi sono molto diverse dalle novelle dei primi volumi perché alcune novelle hanno come soggetto principale i sogni; infatti i personaggi sognano, mescolando insieme realtà e sogno, come nella novella “Effetti d’un sogno interrotto” (XV volume) o come nell’ultima novella “Una giornata” del XV volume. Invece la novella “Di sera, un geranio” (XIV volume) racconta e descrive le sensazioni di un uomo appena morto, che rimane a galla nella sua camera da dove guarda il suo letto dove il suo corpo giace, senza vita; ed è, ancora, disteso morto sul letto; e, da lì sopra, l’anima del protagonista osserva tutto ciò che vedeva e godeva fino all’ultimo momento della sua vita. Il finale di molte novelle è sempre fuorviante e sorprendente. È, sempre, diverso da come il lettore non se lo aspetta. Il più delle volte, il finale è, sempre, tragico ed esiziale, come nella novella “Dal naso al cielo” (VIII volume), oppure nella novella “Pubertà” (XII volume), dove la giovane donna si suicida senza un perché e senza un motivo reale ed incombente. Anche la novella “Nell’albergo è morto un tale” (XIII volume) il finale è micidiale; infatti c’è uno che muore in una stanza d’albergo senza sapere chi è e chi è stato e senza sapere come è morto. Un tale qualsiasi, un anonimo. “Mah niente. Nell’albergo è morto un tale…”. Invece nella novella “Lucilla” (XIV volume), una fanciulla di 20 anni, ma che aveva il corpo di una ragazzina di 8 anni, il finale è tutto intriso di tristezza e di immaginazione, dal momento che Lucilla viene presa in giro e derisa da Nino, il quale le fa trovare un sudicio ragazzaccio di 14 anni per marito. Ma lei, delusa e sconcertata, scappa via e fugge tra i boschi, guardando il cielo, “dove vorrebbe sparire, sparire, se Dio, come spera, vorrà alla fine darle le ali”. L’unica novella nella quale il finale è positivo, logico, gradevole e piacevole è nella novella “Felicità” (XII volume), nella quale la figlia del duca di Rosabia, vincendo ogni resistenza paterna e ogni difficoltà creatale dal marito, truffatore e ladro, riesce, alla fine, a ottenere ciò che ardentemente lei desiderava più di ogni altra cosa al mondo. Lei voleva, a tutti i costi, un figlio e alla fine, nel finale della novella, lei partorisce e ha un bambino, tutto suo, e così lei “levò alto sulle braccia il suo bambino al sole che entrava festivamente, con la frescura degli orti, dai balconi spalancati”. Come si evince da questa mia rapida e sintetica analisi di alcune novelle di Pirandello, il finale è quasi sempre drammatico e tragico con la morte che incombe e sopravviene in qualche personaggio della storia, mentre fuori la vita dei personaggi continua, concitata e anonima, il suo corso. In questo modo la vita degli uomini e delle donne si consuma indifferentemente e indaffaratamente, come avviene nella novella “Candelora” (XIII volume), nella quale tutto si incentra sul dramma della gelosia, del rancore e della vendetta per arrivare al suicidio finale della moglie. A questo punto il marito si butta su di lei e piange disperatamente. “E rompe in un pianto disperato abbattendosi sul cadavere di Loretta”. Questa contrapposizione fra la vita in movimento e la morte indifferente indica in modo chiaro ed evidente lo stile e l’esposizione delle storie fantastiche di Pirandello. Questa contrapposizione fra la vita e la morte è il marchio ed il segno distintivo delle novelle fantasiose ed originali di Pirandello. Io, B. C., riporto, ora, un lacerto della novella “L’uscita del vedovo” (II volume) nel quale questa contrapposizione fra la vita dell’uomo e la morte indifferente viene bene esplicitata e descritta dallo stesso Pirandello in modo chiaro e semplice: “Il mondo seguitava a vivere intorno a lui; col tramenio incessante, con le mille cure, le brighe giornaliere, svariate: lui n’era rimasto fuori, là serrato in quel cerchio di diffidente clausura, in quella casa vuota, ma pur tutta piena, come l’anima sua, degl’irti sospetti della moglie”. Ma la novella, modello, esemplare, perfetta, che esprime la contrapposizione fra la vita indaffarata degli uomini che continua quotidianamente e la morte, anonima e indifferente, di tanti che muoiono senza lasciare traccia e di cui nessuno ha notizia è sicuramente la novella “Leviamoci questo pensiero” (XII volume).
II
Un’altra incredibile ed eccezionale novella è, senza dubbio, la bella novella “Soffio” (XIV volume). La novella fa parte, certamente, del genere “fantastico – onirico – surreale”. Il protagonista si accorge di avere, involontariamente e inavvertitamente, il potere di uccidere altre persone, facendo il semplice gesto di soffiare fra il pollice e l’indice, “Come a far volare una piuma che tenessi tra quelle due dita”. Il protagonista a questa scoperta esclama: “Ah la vita cos’è! basta un soffio a portarsela via”.Il protagonista si accorge, allora, che aveva già ucciso, inconsapevolmente, il suo amico Calvetti. Dopo il protagonista va fra la gente e, con il suo gesto, uccide ancora tante altre persone. “Novecento sedici in una sola notte”. Poi incontra un giovane dottore il quale gli dice che in paese è scoppiata un’epidemia. Allora il protagonista pensa che sia lui la causa di questa epidemia: “Ero io, ero io; la morte ero io”. Poi facendo sempre lo stesso gesto uccide altre persone per la strada e ne uccide altre sei in ospedale. Poi arriva davanti a un giardino e guarda una giovinetta vestita con un abito celeste. Invece di soffiare fra il pollice e l’indice, si intenerisce di tanta dolcezza e guarda, invisibile, la ragazza e la mira da lontano. A questo punto il protagonista, davanti alla fanciulla, comincia a non sentire più il suo corpo perché diventa invisibile; infatti la sua immagine è sparita, soffiata via, “non avevo un corpo e non avevo ombra”. Infine il protagonista dice che “il suo sguardo era l’aria stessa che accarezzava senza che lei se ne sentisse toccare”. Su questa novella mi piace riportare il commento e il giudizio di Luigi Filippo d’Amico nel suo libro “L’uomo delle contraddizioni” (Sellerio 207), quando a pagina 103 pensa e suppone che sia lo stesso Pirandello, per fare un dispetto a suo genero che teneva lontano, in Cile, sua figlia, “che si attribuisce un misterioso potere mortale, e si prende la soddisfazione di uccidere un personaggio che appunto rappresenta il genero, con un soffio”.
III
Io, B. C., giudico e reputo che, sul piano della composizione stilistica, la lexis e lo stile di composizione delle novelle siano sempre chiari e limpidi e ciò predispone le novelle di Pirandello ad una lettura amena, leggiadra e piacevole, creando così, nel lettore, molte immagini fantastiche e piene di suggestioni. Io, B. C., reputo e ritengo che la delicata e fragile bellezza delle novelle di Pirandello stia proprio nel fatto che le novelle rappresentino delle trame e delle vicende, sempre uniche, irripetibili, fantastiche, strabilianti, inverosimili, ma, nello stesso tempo, le novelle sono, anche, realistiche, veritiere e quotidiane tanto che il lettore, in qualche modo e in qualche circostanza, le ha sentite raccontare nella realtà in cui vive; le ha già conservate nella sua memoria. Io, B. C., reputo che, per tutti questi motivi, fantastici e realistici, e per il fascino che tutte le novelle emanano, il lettore, alla lettura di esse, provi un sussulto nel cuore ed è smosso dal risveglio dei sui sensi e della sua fantasia. Queste novelle pirandelliane contengono, secondo me, un equivoco di fondo, come ho cercato di mostrare e spiegare sopra, analizzando alcune novelle. Esse non sono vere e proprie novelle perché non hanno un lieto fine; ma sono, invece, piccoli e grandi drammi che finiscono in tragedia. Ogni novella presenta una condizione umana particolare ed eccezionale, come nelle novelle “Soffio” e “Cinci” (Volume XIV). Tutte le novelle sono scritte, secondo me, in modo meraviglioso e particolare perché hanno un linguaggio chiaro, preciso, ricercato e articolato. La lexis delle novelle è personale, articolata, ricercata e forbita. Essa presenta, a volte, un periodare paratattico, secco, conciso e incisivo. Altre volte la lexis si riduce a una frase nominale. Ma, molte altre volte, il periodare delle novelle è composto da periodi ipotattici, lunghi, aperti, spezzati da una folta e fitta punteggiatura personale. Le frasi sono divise da molte virgole e da molti punti e virgola cosicché il periodare complessivo è molto allungato fino a rasentare ed avvicinarsi al perfetto periodare ciceroniano. Tutte le novelle presentano, anche, una trama e un procedere dell’azione, particolare e singolare, presentando situazioni ingarbugliate e vicende difficili che si concludono, nella maggioranza dei casi, con la malasorte dei protagonisti, come nella novella “Uno di più” (XIV volume), dove la bambina innocente, morendo improvvisamente, salva l’unione, disgraziata e miserabile, dei suoi genitori. Il punto di vista delle novelle è sempre soggettivo, arguto e sarcastico, e ciò provoca nel lettore una lettura lirica, suggestiva e personale, ma nello stesso tempo procura, nel lettore, una passione e un avvicinamento caldo e personale verso la vicenda narrata. Pirandello si rivela, secondo me, uno scrittore e uno psicologo universale perché è capace di svelare i sentimenti interiori delle loro individualità e ciò provoca nel lettore una lettura godibile, amabile, accattivante, ammaliante e sorprendente. Pirandello scrisse novelle per tutta la vita. L’ultima novella, lui vivente, intitolata “Effetti d’un sogno interrotto” fu pubblicata il 9 dicembre del 1936, dal Corriere della sera, il giorno prima della sua morte, avvenuta il 10 dicembre 1936, a Roma, nella sua casa – studio, in via Antonio Bosio n. 15, assistito dai suoi tre figli: Stefano, Lietta e Fausto. Luigi Filippo d’Amico, nel suo libro “L’uomo delle contraddizioni” (Sellerio 2007), ha descritto, nelle pagine 174 – 175, efficacemente, la narrazione e la descrizione dei suoi ultimi giorni di vita. Ecco le sue parole: “Il 9 dicembre si accentuarono le difficoltà di respirazione e quando Lietta finalmente si accorse che erano stati compromessi i polmoni, aggredì il medico inetto (- Imbecille… imbecille – mormorava il maestro) e cercò il numero uno dei medici romani, l’osannatissimo Frugoni. Era ormai troppo tardi, come troppo tardi arrivò la bombola d’ossigeno. Troppo tardi, per impartirgli l’estrema unzione, giunse don Giuseppe De Luca (il sacerdote che aveva cura degli artisti), con il quale Pirandello aveva già avuto dei sereni colloqui. Don Giuseppe trovò lì, impotenti e disfatti, intorno al piccolo letto, Stefano, Lietta e Fausto, dai quali il padre qualche giorno prima aveva scritto di voler fuggire. In quel grigio mattino dell’autunno romano le fantasie e le sofferenze del grande ed infelice artista erano cessate.”
IV
Pirandello voleva scrivere una novella al giorno per un anno, da cui il titolo “Novelle per un anno”, ma ne scrisse soltanto 225; più altre novelle sparse e non incluse nei volumi definitivi che sono 15. L’ultimo volume “Una giornata” fu pubblicato postumo nel 1937. Nel 1938, nell’almanacco letterario Bompiani, fu pubblicato uno scritto intitolato “Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla Terra”, nel quale, ancora una volta, Pirandello ribadisce la sua volontà e la sua determinazione a volere essere sepolto nella sua isola nativa. Ecco le parole definitive di Pirandello di questo scritto: “Sono caduto, non so di dove né perché, caduto un giorno in un’arida campagna di secolari olivi saraceni, di mandorli e di viti affacciata sotto l’ondata azzurra del cielo sul nero mare africano…”.
Ecco i titoli dei 15 volumi:
Volume 1 – Scialle Nero.
Volume 2 – La vita nuda.
Volume 3 – La rallegrata.
Volume 4 – L’uomo solo.
Volume 5 – La mosca.
Volume 6 – In silenzio.
Volume 7 – Tutte e tre.
Volume 8 – Dal naso al cielo.
Volume 9 – Donna Mimma.
Volume 10 – Il vecchio Dio.
Volume 11 – La giara.
Volume 12 – Il viaggio.
Volume 13 – Candelora.
Volume 14 – Berecche e la guerra.
Volume 15 – Una giornata.
Modica 12/11/2019 Prof. Biagio Carrubba
Rivisto oggi 15 luglio 2023
Pubblicato martedì 05 settembre 2023
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