
LA FILOSOFIA DI PIRANDELLO
Pirandello prese le idee teoriche e filosofiche del suo relativismo dal filosofo francese Henri Bergson e anche dal filosofo austriaco George Simmel, due filosofi a lui contemporanei. Pirandello riporta e ripropone le sue basi teoriche e filosofiche del relativismo sociale nei due saggi: Arte e Scienza e L’Umorismo del 1908. In sintesi secondo Pirandello la vita è un flusso continuo di energia che si espande in tutto l’universo. Questo flusso di energia è inarrestabile e non si può fermare. Pirandello chiama il flusso di energia vita, mentre l’uomo che costruisce idee, filosofia, scienza, arte e religione lo definisce forma e dunque con queste realizzazioni teoretiche l’uomo fa il tentativo di dare ordine alla vita e di bloccare il flusso dell’energia vitale. Per Pirandello invece la forma si trasforma in convenzioni sociali che a loro volta si trasformano in pregiudizi soggettivi che a loro volta determinano il carattere e la struttura dei vari personaggi. Partendo da questa contrapposizione e contrasto nel 1922 il critico Adriano Tilgher affermò che tutta l’opera pirandelliana si basava sul contrasto tra forma e vita, tra la vita definita caotica e contraddittoria, che ribolle dentro ogni personaggio e la forma che si sforza di fermare la vita e di irrigidirla per poterla conoscere meglio. Queste idee filosofiche sul relativismo sociale ed assoluto, che Pirandello distribuì in tutte le sue opere teatrali, nelle novelle e nei romanzi, in un certo qual modo, anticipano le idee personali di Pirandello che lo avvicinano alla letteratura esistenzialistica e anche alla filosofia dell’esistenzialismo. Una prova concreta di questa anticipazione di Pirandello della letteratura esistenzialistica la porta in modo chiaro e netto il libro di Luigi Filippo d’Amico “L’uomo delle contraddizioni” (Sellerio editori – 2007) nelle pagine 26 – 27 dove scrive: “Nei suoi scritti richiami a movimenti artistici sono a tratti riscontrabili; Pirandello sentiva le “novità” dei suoi tempi e a volte le precedeva, come nel caso dell’alienazione e del delitto gratuito.
IV
Nel 1915, Pirandello mise in scena una commedia in tra atti, Se non così (dal 1921 La ragione degli altri), realizzata a Milano dalla compagnia di M. Praga e da I. Gramatica.
Nel 1916, Pirandello scrisse la novella “All’uscita” che Pirandello definì “Mistero profondo”.
Nel 1917, Pirandello compose le bellissime commedie “Così è (se vi pare)”, “Il piacere dell’onestà” e “L’innesto” e pubblicò l’atto unico “A vilanza” scritta insieme a Nino Martoglio.
Nel 1918, il figlio Stefano, dopo tre anni di prigionia, ritornò a casa.
Nel 1919, Pirandello, d’accordo con i figli, decise di rinchiudere la moglie in una clinica neurologica: Antonietta non uscì mai più da quella casa di cura. In questa clinica morì nel 1959. Pirandello compose la bellissima commedia “L’uomo, la bestia e la virtù”.
Nel 1920, molte commedie di Pirandello sono rappresentate in molti teatri italiani.
Nel 1921, Pirandello pubblicò la tragedia teatrale: “Sei personaggi in cerca di autore”, che per le novità tematiche e sceniche presentate, apportò una rivoluzione teatrale rispetto al teatro tradizionale.
Nel 1922, Pirandello lasciò l’insegnamento all’istituto Magistero di Roma per dedicarsi completamente alla composizione delle sue opere di narrativa e di teatro. Subito dopo cominciò a viaggiare all’estero per seguire le compagnie teatrali che mettevano in scena le sue commedie.
Nel 1923, Pirandello compose altre commedie e compose, anche, lo scritto politico “Nel primo annuale della marcia su Roma”. A fine anno si recò a New York per assistere alla prima della sua commedia: “Come prima, meglio di prima” e alla tragedia: “Sei personaggi in cerca d’autore”.
Nel 1924, Pirandello aderì al partito fascista con una lettera pubblica. Pirandello, subito dopo il delitto Matteotti, si schierò pubblicamente con Mussolini, chiedendo la tessera del Partito Fascista.
Nel 1925, Pirandello diventò il direttore del teatro itinerante, “Compagnia del Teatro d’Arte di Roma” con il quale fece numerose tourneès: in Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Sud America.
Marta Abba diventò la prima attrice, ma fu anche una intima amica per la quale egli nutrì una profonda passione. Pirandello assunse la direzione e la regia delle opere teatrali per curare e seguire personalmente l’allestimento delle proprie opere. Il teatro, dopo molti successi internazionali, ebbe vita breve; infatti chiuse il sipario nell’agosto del 1928 a Viareggio. Pirandello, per reazione, per stizza e delusione, si rifugiò a Berlino, in Germania. Da quel momento in poi Pirandello continuò il suo girovagare in tutta Europa arrivando persino negli USA. Viaggiava sia per interessi economici che per seguire le prime mondiali delle sue opere, che si tenevano in tutta Europa e in America del Sud. Questi viaggi erano, però, interrotti da molti rientri in Italia, perché Luigi Pirandello era richiamato, molte volte, dai figli, con i quali trascorreva il periodo estivo a Castiglioncello in Toscana.
Nel 1929, Pirandello fu nominato membro della neonata Reale Accademia d’Italia fascista.
Nel 1930, in Germania fu messo in scena il dramma “Questa sera si recita a soggetto”.
Nel 1931, Pirandello pubblicò diverse novelle fra cui “Soffio”.
Nel 1934, l’Accademia Reale di Svezia gli conferì il prestigioso premio Nobel per la letteratura.
Nel 1935, Pirandello scrisse le “Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla Terra”.
Nel 1936, Pirandello, mentre assisteva alle riprese del film Il Fu Mattia Pascal, si ammalò di polmonite e morì il 10 dicembre del 1936. Il regime fascista rispettò il suo testamento che imponeva un funerale povero e silenzioso, mentre il regime fascista avrebbe voluto celebrare un sontuoso e pomposo funerale di Stato.
V
Finale.
Io, B. C., riporto il commento speciale che Luigi Filippo d’Amico, nel suo libro “L’uomo delle contraddizioni” (Sellerio 2007), ha scritto su questo funerale. “Le sue volontà furono praticamente rispettate, ma le autorità fasciste – ignorando che quelle carte avevano più di trent’anni – considerarono un dispettoso sabotaggio il non potere magnificare al mondo, con grandiose onoranze, la figura di un italiano che con la sua arte aveva acquistato l’ammirazione di tutti, e che inoltre per molti anni si era dichiarato fascista e fervente estimatore di Mussolini: si pensava a Santa Maria degli Angeli con fanfare e corazzieri a cavallo” (pag. 13). Nella pagina seguente, pagina 14, Luigi Filippo d’Amico, in occasione della sua esumazione, ha espresso il suo giudizio sul funerale di Pirandello ed ha scritto “Ma ora per l’esumazione Pirandello, io, Luigi Filippo d’Amico, penso, reputo e presumo che, Pirandello, che aveva vestito l’elegante divisa di Accademico d’Italia, (e mio zio Antonio Baldini, anche lui Accademico, diceva che lo scrittore sembrava nato apposta per indossarla) non voleva certo, da morto, che gli fosse messa la camicia nera, come di rito”. Invece, io, B. C., penso, reputo e presumo che Luigi Pirandello avrebbe voluto vestire l’elegante divisa dell’Accademia dell’Italia perché Pirandello morì, secondo me, convintamente e fermamente, fascista. Infine io, B. C., penso e reputo che se, nel teatro, Pirandello fu un vero titano e un grandioso gigante anticonformista; in politica, invece, Pirandello fu un mediocre fascista e si comportò, fino alla fine, come un nano conformista.
Modica 12 novembre 2019 Prof. Biagio Carrubba
Rivisto oggi 15 luglio 2023
Pubblicato martedì 05 settembre 2023

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