
PARAGRAFO N. 57
Lucifero, con queste parole di speranza e di invocazione, finì di parlare.Passarono alcuni minuti di silenzio e Satana ricominciò a parlare: <<Sappiate, però, che la nuova conformazione strutturale dell’Inferno, cioè l’ampia scarpata, la profonda gola e la stretta calle, furono formate da un violento terremoto che aprì la scarpata profonda e ripida in mezzo ai cerchi e ai gironi, creando e formando, così, l’ampia e alta strada che permette, oggi, alle anime, perse e dannate, di scendere direttamente dal primo cerchio all’imbocco del lago ghiacciato di Cocito. Così come voi, tu e il tuo amico, siete scesi percorrendo direttamente questa nuova apertura. Infatti, voi avete disceso velocemente l’ampia strada che porta direttamente al lago ghiacciato di Cocito e poi da me. Invece la decisione di installare i maxi schermi è mia; sono stato io a volere i maxi schermi, fissandoli nell’inferriata del lago ghiacciato di Cocito, per mettere al corrente tutti i demoni di ciò che succede sulla Terra. Questi maxi schermi li ho voluti installare io per conoscere, in tempo reale, le condizioni dell’umanità e di vedere le trasformazioni della Terra dovute ai cambiamenti climatici>>. Dopo questo discorso Satana tacque definitivamente; noi, io e Dante, restammo lì integri, calmi e decisi a proseguire il nostro viaggio infernale. Subito dopo, quel savio gentil di Dante, per confortarmi, mi disse che non dovevo avere più paura di Satana perché ormai il diavolo non poteva né fermarci e né impedirci di uscire fuori dall’Inferno.
Il discorso di Satana, invece di intenerirci e persua-
derci, ci irritò, ci sconvolse e ci sconquassò a tal
punto che decidemmo di prenderlo in giro, burlarci,
deridere, schernire e beffarci di Lui. Io, B. C., passan-
do davanti a Lucifero, presi coraggio e cominciai a
beffeggiarlo, a fargli sberleffi e boccacce; invece
Dante, passando davanti a lui, cominciò a fargli
pernacchie in faccia. Io e Dante guardammo Sa-
tana che, fissandoci, rimase incredulo e immobile
sotto i nostri occhi, sbarrati, aperti e sgranati di
meraviglia. In ultimo, io, B. C., alzai le mani, e gli
mostrai ambedue le fiche e gli gridai con un tono
di voce perentorio: <<Togli, Lucifero, ch’a te le
squadro!>> (Inferno. Canto XXV. Versi 2 – 3).
Lucifero, con le sue tre facce, ci guardò di sbieco
e di sottecchi, e molto infastidito, arrabbiato e in-
cazzato, sia per la sua indole, sia per le boccacce
viste e sia per le aspre pernacchie udite, aprì le ali
e iniziò a sollevarle, con molta forza e forte velocità,
“sì che tre venti si movean da ello” (Inferno. Canto
XXXIV. Verso 51) producendo, così, una gran quan-
tità di vento che, a un tratto, ci sbalzò, ci spinse e
ci scagliò molto in avanti e ci sbarattò davanti all’
imboccatura della natural burella. (Inferno. Canto
XXXIV. Verso 96). Io, B. C., calcolai che il nostro
atteggiamento provocatorio e beffardo nei con-
fronti di Satana, impotente a fermarci, durò 2 ore.
Satana, vistosi umiliato, sbigottito e schernito da
noi, abbassò la fronte, chiuse gli occhi e ricominciò
a maciullare l’anima, persa e dannata, di Hitler
che, a sua volta, ricominciò a lamentarsi, a guaire
e a ululare. Dopo questo atto di sfida a Satana, io
e Dante scappammo, in fretta e furia, e ci infilam-
mo dentro la natural burella che ci avrebbe por-
tato direttamente in cima al Purgatorio. Quando
il gran vento, soffiato da quelle maledette ali,
cessò, noi ci fermammo. Noi, io e Dante, insieme,
nonostante i capitomboli e i ruzzoloni che pren-
demmo, durante il trascinamento del vento, un
po’ frastornati, un po’ storditi e un po’ ammaccati,
ci alzammo in piedi. Quindi, poco dopo, ci rialzam-
mo, riordinammo gli abiti, ci ricomponemmo nella
mente e negli atteggiamenti, poi ripristinammo
l’equilibrio psicofisico e, infine, scoppiammo a ride-
re, a crepapelle, perché avevamo capito che aveva-
mo superato, per nostra fortuna, la prova della sfi-
da con Satana, beffeggiandolo e irridendolo. Poi,
io e Dante, risalimmo, con passo lesto e ampio, il
cunicolo semibuio della natural burella, scavato
nella roccia e pieno di gradini a pioli che ci permi-
sero di salire dal centro della Terra fino alla som-
mità della crosta terrestre, dove era situata l’alta
e maestosa montagna del Purgatorio. La natural
burella era un traforo, semibuio e freddo, largo
come un tunnel autostradale, che si prolungava
versoe fino all’uscita della porta del Purgatorio.
Noi, io e Dante, sapevamo, anche, che la derisi-
one e la denigrazione a Satana era dovuta, anche,
al nostro coraggio e alla forza morale che ci prove-
niva dal fatto che ormai eravamo fuori dalla sua
portata di azione delle sue ali. E inoltre sapevamo
che ormai eravamo lontani da lui ed eravamo agli
sgoccioli del nostro viaggio nell’Inferno di Dante.
Mentre, io e Dante, percorrevamo la natural burella, io, B. C., ebbi un balenio nella mente che mi fece ricordare il bellissimo lacerto di Gesualdo Bufalino da Diceria dell’untore che qui voglio riportare e trascrivere per la sua infinita bellezza letteraria e poetica: “Pazienza, non ora. Del resto non manca più molto, la mia musica stessa è agli sgoccioli. Una fuga, è stata, una fuga. Ho corso attraverso la vita, senza capirci niente. Ma ormai, tra una o due parasanghe c’è il mare: le saette di Artaserse non mi raggiungono più”. (Diceria dell’untore. Cap. XVI. Pag. 123). La salita del cunicolo, salendo la scala a pioli, si rivelò affaticante ed estenuante, per me, che salivo con il peso del mio corpo, invece fu più leggera e più lieve per Dante, dato che saliva soltanto con il peso della sua anima. Il viaggio si rivelò, per me, scomodo e duro, tanto che ebbi il bisogno di riposarmi un po’ dentro una nicchia scavata nella roccia del cunicolo. Io e Dante percorremmo tutta la salita della prima parte della natural burella, in 6 ore.
Il nostro atteggiamento provocatorio e beffatore è durato 2 ore.
Il viaggio nella prima parte della natural burella è durato 6 ore.
MODICA 29 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
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