IO, B. C., DESIDERO L’ATEISMO.
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Continuazione del paragrafo precedete, sulla prova dell’esistenza di Dio da parte di Dante. Continua, anche, la mia confutazione sulla prova di Dante sull’esistenza di Dio.
Io, B. C., penso, reputo e giudico, inoltre, che la prova provata che Dante Alighieri concepisce Dio come il Punto geometrico, che abbia una forma, una dimensione e una massa, è data dal fatto che lui stesso, nel XXXIII canto del Paradiso, abbia trasformato il Punto geometrico, con forma, dimensione e massa, in un raggio divino fatto di pura luce. Ecco i versi con i quali Dante trasforma il punto geometrico del XVII canto del Paradiso in un raggio di pura luce che è vera in sé stessa.
ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l’alta luce che da sé è vera.
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
(Paradiso. Canto XXXIII. Versi 52 – 57).
Io, B. C., penso, reputo e giudico che Dante Alighieri abbia potuto fare queste trasformazione, dal Punto geometrico al raggio divino di pura luce, soltanto perché considera il Punto geometrico con una forma, con una dimensione e con una massa. Infatti, io, B. C., penso, reputo e giudico che senza queste tre proprietà della forma, della dimensione e della massa, non si può costruire il raggio di pura luce. Dante Alighieri insiste molto sul raggio divino di pura luce, cioè su Dio, il quale viene definito da Dante: “O somma luce” (Verso 67). Dante poi continua a guardare il vivo raggio (Verso 77), ma lui, Dante, fattosi più sicuro e più ardito, fissa e guarda con attenzione il raggio divino e penetra, con i suoi occhi e con la sua mente, nella luce etterna (Verso 83). Finalmente Dante riesce a vedere cosa c’è dentro il raggio divino e vede ogni cosa, la quale, mentre nell’universo è squadernata, dentro il raggio luminoso divino, ogni cosa è legata, con amore, come in un volume. (Versi 85 – 87). Infine, Dante vede, anche, che la forma universale tiene insieme le sostanze e gli accidenti, che sono uniti in un reciproco armonioso rapporto (versi 88 – 93). Infine, Dante, addentrandosi sempre di più dentro il raggio divino di pura luce scopre tre cerchi di tre colori diversi, ma della stessa grandezza. Ecco le terzine con le quali Dante Alighieri descrive ed esprime la sua netta e chiara visione dei tre cerchi dentro il vivo lume di Dio, il quale rimaneva sempre uguale a sé stesso, ma era lo stesso Dante che, a mano a mano che entrava dentro il raggio divino si mutava, perché la sua vista, guardando dentro il raggio di luce, prendeva forza e vigore e così Dante contemplava, dentro il raggio divino di pura luce, i tre cerchi dello stesso colore, ma di grandezza diversa. (Versi 112 – 114).
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;
e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
(Paradiso. Canto XXXIII. Versi 115 – 120)
Quindi, Dante trasforma il Punto geometrico, prima nel raggio di pura luce e poi vede, dentro il raggio di luce, 3 cerchi perfetti che rappresentano: Dio Padre, suo figlio unigenito e lo spirito santo. Il primo cerchio rappresenta Dio padre, il secondo cerchio rappresenta il suo unico figlio unigenito, Gesù Cristo, il terzo cerchio rappresenta lo Spirito Santo. Quindi è lo stesso Dante Alighieri che, alla fine del Paradiso, trasforma il Punto geometrico del XVII canto del Paradiso in qualcos’altro, ancora più radicale e più confacente a Dio. Cioè Dante Alighieri trasforma il Punto geometrico prima nel raggio divino che contiene al suo interno 3 cerchi dello stesso colore e della stessa grandezza; uno concentrico all’altro, da cui si sprigiona una luce eterna, con la quale Dio guarda il mondo, lo sorveglia e lo controlla, sia con la Prescienza divina, sia con la Predestinazione e sia con la Provvidenza divina, ma non può intervenire e non può nemmeno modificare né correggere i fatti contingenti che avvengono nel mondo, così come il movimento di una nave, che scende lungo un fiume, non può essere deviato dalla vista di chi osserva la rotta della nave. Dante stesso aveva raffigurato il rapporto tra Dio e il mondo e cioè tra Dio, essere necessario e i fatti contingenti di questo mondo con il paragone della nave che scorre lungo un fiume. Ecco le terzine con le quali Dante Alighieri esprime e rappresenta il rapporto tra Dio e i fatti contingenti del mondo.
<<La contingenza, che fuor del quaderno
de la vostra matera non si stende,
tutta è dipinta nel cospetto etterno;
necessità però quindi non prende
se non come dal viso in che si specchia
nave che per torrente giù discende.
(Paradiso. Canto XVII. Versi 37 – 42).
Insomma, io, B. C., penso, reputo e giudico che Dante Alighieri aggiunge, in più, al punto (geometrico) del XVII canto la luce divina. Quindi, alle tre dimensioni, di forma, dimensione e massa, Dante aggiunge anche la luce divina. In conclusione, Dante aggiunge una quarta proprietà, la luce; e ciò vuol dire che Dio possiede ben 4 proprietà che sono indispensabili alla sua esistenza. Ma, io, B. C., come già ho spiegato, Dio non può avere nessuna proprietà, né fisica né metafisica, perché la loro esistenza conferisce a Dio il fatto che egli è stato creato da qualcuno che gli ha conferito e trasmesso le 4 proprietà. Ma ciò non è possibile perché Dio è eterno e quindi non è stato mai creato da nessuno. Insomma, la prova di Dante sull’esistenza di Dio è falsa e sbagliata, perché Dio, con le sue 4 proprietà, non può esistere. Quindi rimane valida la mia tesi sull’inesistenza di Dio: Dio non esiste perché non può possedere nessuna proprietà, né fisica né metafisica, quindi Dio si può pensare solo come vuoto, cioè come niente, per cui Dio non esiste, non ha nessuna esistenza, particolare e oggettiva, per cui dio, essendo niente, vuoto, non esiste. In definitiva, io, B. C., per risolvere questo aspetto della vexata quaestio dico e affermo cheDio non può essere paragonato ad al punto geometrico, né al raggio divino e né ai 3 cerchi, perché anche il Punto più insignificante e più invisibile che ci possa essere nell’universo ha sempre una forma, una dimensione e una massa. Quindi, io, B. C., ne deduco che Dio non può essere un Punto o un raggio divino o un cerchio perfetto perché se Dio fosse un punto o un raggio divino o un cerchio perfetto avrebbe, anche lui, una forma, una dimensione e una massa, la qual cosa toglie ed esclude l’esistenza di Dio. Per procedere in questo mio ragionamento del terzo ed ultimo argomento, io, B. C., penso, reputo e giudico che, se Dante Alighieri abbia potuto trasformare il Punto geometrico nel raggio divino e poi nei tre cerchi concentrici dello stesso colore, lo ha potuto fare perché il punto geometrico presenta sia una forma, sia una dimensione e sia una massa, che si trasformano, per l’appunto, nel raggio divino e nei tre cerchi concentrici. Invece, io, B. C., escludo, categoricamente e logicamente che Dio abbia una forma, una dimensione e una massa, perché se Dio avesse una forma, una dimensione e una massa significherebbe che Dio fosse stato creato da un Dio creatore, ma ciò non è possibile perché non possono esserci due Dii, uno creatore e uno creato, per cui Dio è inesistente. Inoltre, io, B. C., penso, propugno e asserisco che Dio non esiste e non può esistere perché non può avere né una forma, né una dimensione e né una massa, per cui, infine, proclamo, assicuro e asserisco l’inesistenza di Dio. In definitiva e in conclusione, io, B. C., penso, dico, e affermo che a proposito della vexata quaestio, cioèdell’esistenza e o della non esistenza di Dio, si può dire quello che diceva il filosofo Epicuro sulla vita e sulla morte. Il filosofo greco affermava che: quando c’è la morte non c’è la vita e quando c’è la vita non c’è la morte. Quindi anch’io, B. C., dico che quando c’è Dio non c’è l’universo e quando c’è l’universo non c’è Dio. E siccome io, B. C., poiché conosco e percepisco soltanto l’universo, attraverso la scienza e i risultati degli astronomi e degli scienziati del big-bang, escludo, categoricamente e aprioristicamente, l’esistenza di Dio e affermo, invece, l’inesistenza di Dio, come volevasi dimostrare all’inizio di questo lungo libro, culturale, filosofico, teologico e pragmatico.
Modica, 23/12/2023
prof. Biagio Carrubba
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