Introduzione.
La poesia-canzone fa parte dell’album musicale “Scacchi e tarocchi” di Francesco De Gregori del 1985 di cui è autore e interprete.
Testo della poesia-canzone “La storia” (siamo noi).
La Storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta
escluso.
La Storia siamo noi queste onde del mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono “Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera”.
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso
dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti
a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto
da perdere.
E poi la gente, (perché è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perché nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto
di grano.
Il tema della poesia-canzone.
Il tema della poesia è il concetto di storia intesa come processo imperscrutabile e progresso inarrestabile degli uomini. La storia è vista, descritta e definita in vari modi nella poesia ma ciò che risulta evidente dal testo è che la storia è fatta soprattutto dal popolo, dalla gente comune, dalla gente attiva che agisce e produce e non soltanto dagli individui prescelti dalla sorte o da Dio. Dunque i protagonisti della poesia sono la storia e il popolo che agisce dentro lo storia e fa la storia.
Francesco De Gregori, insomma, esclude, “l’astuzia della ragione” di G.W.F. Hegel (Stoccarda 1770 – Berlino 1831) e anche la concezione provvidenzialistica della religione cattolica e delle filosofie teleologiche greche antiche e di quelle teologiche moderne. Inoltre De Gregori nella poesia non fa cenno alla teoria della storia di Karl Marx.
La poesia è costruita in modo particolare e poetico per dare maggiore vivacità alla poesia ed i versi cambiano in base al canto e al controcanto della voce del poeta e della gente che lui ascolta.
La poesia è divisa in diverse parti:
I versi 1 – 7 sono prettamente poetici perché formati da varie metafore (metafore di invenzione);
I versi 8 – 11 rappresentano una specie di “controcanto” alla voce del poeta espressa nei primi sette versi;
Nei versi 12 – 15 De Gregori rappresenta la storia come forza al di sopra degli individui quindi indipendente e sovraindividuale la quale nel suo cammino e percorso non si ferma davanti a niente e nessuno e anzi travolge e devasta ogni cosa.
In questi quattro versi la storia diventa la Tyche degli antichi greci la quale, in quanto dea e giudice, “dà torto e dà ragione” (v.15). La Dea Tyche dà ragione a chi segue la storia e dà torto a chi non la segue;
Nei versi 16 – 18 emerge, con chiarezza e fermezza, la tesi del poeta e cioè che la storia è fatta soprattutto dal popolo e dalla gente comune la quale nella storia impegna la propria vita e rischia tutta la sua esistenza e ogni persona in questo gioco esistenziale può vincere o perdere tutto. Come scrive il poeta: “Siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere” (vv. 17-18).
Ma ciò che emerge in primo piano è la concezione della storia come frutto dell’opera della gente comune che si batte per realizzare i propri fini e non quelli dell’astuzia e della ragione di Hegel o il concetto di provvidenza di Dio o del logos di Aristotele.
La gente comune diventa la protagonista della storia e qui il poeta usa la prima persona al plurale, noi, perché anche lui si sente di far parte della gente comune anche se la Storia è fatta non solo da gente comune e dal popolo ma anche, e soprattutto, dalle grandi personalità degli uomini che hanno maggior peso e maggior valore rispetto alla massa degli uomini che contribuiscono a fare la storia ma non la determinano, ma sono concomitanti nell’influire con i grandi personaggi storici, come è avvenuto nella rivoluzione francese in cui i capi politici, come Roberspierre, erano sostenuti dalle folle parigine;
Nei versi 19 – 22 la poesia prosegue affermando che la Storia è fatta dalla gente comune, ma attiva, la quale parte sempre sapendo cosa fare ma rischia la propria vita come nelle guerre.
Nei versi 23 – 26 il poeta ritorna ad una visione della storia di forza sovraindividuale e metafisica perché dice che la storia è fatta dagli scienziati e dagli incolti ed è questa etorogeneità di tutta l’umanità che dà i brividi a tutti ma è la storia a dare i brividi perché nessuno riesce a fermarla e quindi essa produce il cammino nonostante la volontà dei singoli;
Nei versi 27 – 28, nella poesia ritorna la concezione della storia come prodotta da noi del popolo, e cioè dai padri e dai figli che partono per la guerra;
Nei versi 29 – 30 emerge un’altra volta la concezione della storia come dea indipendente e come processo che sta al di sopra delle forze umane. Infatti la storia non lascia nascondigli e non lascia la mano agli uomini e procede per conto suo seguendo i suoi fini, inconoscibili agli uomini;
Nei versi 31 – 32 la poesia termina ritornando all’incipit e cioè alla tesi forte, con una chiusa poetica e cioè con l’ultima metafora inventiva: “la storia siamo noi, questo piatto di grano”.
Sintesi della poesia.
In questa poesia-canzone, De Gregori espone il concetto della storia inteso come processo e progresso che sta al di sopra degli uomini. La storia è definita in vari modi:
come la dea greca, Tyche,
come una forza sovraindividuale ed indipendente che domina gli uomini,
come forza razionale che non lascia nascondigli e che non lascia la mano agli uomini.
Ma ciò che più emerge dalla poesia è l’immagine che a fare la storia non sono solo i grandi uomini ma è anche il popolo che agisce e che non ha paura di agire e di vivere.
Il messaggio della poesia.
Il messaggio della poesia è dato dal fatto che la storia è fatta da tutti: sia dai grandi personaggi storici, sia da persone umili, sia dal popolo. Mentre la filosofia di una volta affermava che a fare la storia erano solo i grandi uomini. Anche il grande Voltaire pensava che soltanto i grandi uomini e le persone illuminate facessero la storia come lo spirito dei sovrani illuminati.
Ma è solo con il Romanticismo che si afferma il concetto di popolo che fa la storia perché è stato il Romanticismo ad affermare la trasformazione delle masse in popolo, popolo che ha i suoi obiettivi, come la patria e la libertà, e lotta per raggiungerli.
La tesi della poesia.
La tesi della poesia è data dal fatto che la Storia è scritta da gente comune e quindi implicitamente il poeta invita la gente, che si sente esclusa, a non autoescludersi dalla storia e quindi a non emarginarsi dagli altri per così insieme sentirsi uniti nel partecipare alla Storia.
La tesi della poesia è data dal fatto che storia e popolo corrono su due binari paralleli tra di loro che non si incontrano mai, ma sia la Storia che il popolo hanno l’obiettivo comune di non farsi schiacciare da una sorte cieca ed imprevedibile. Il popolo e la gente comune devono contribuire a formare una Storia chiara, razionale che ci vede bene e dove ognuno possa aiutare sé stesso e gli altri.
Il genere della poesia.
La poesia è una poesia-canzone di argomento sociale e filosofico.
Il linguaggio della poesia.
Il linguaggio della poesia è molto poetico perché è formato da diverse “metafore di invenzione” quali:
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo;
La storia siamo noi queste onde del mare;
questo rumore che rompe il silenzio,;
questo silenzio così duro da masticare.;
la Storia siamo noi, siamo noi questo piatto
di grano.
Il tono emotivo
Il tono emotivo della poesia è solenne e grave perché indica ed incita gli uomini comuni a partecipare alla storia e a non sentirsi esclusi e a non isolarsi dagli altri.
La lexis della poesia.
La lexis della poesia è originale e personale perché composta da un linguaggio poetico alto ed accompagnato dalla melodia del canto della voce del poeta.
La bellezza della poesia.
I motivi che rendono bella, interessante e melodica questa poesia-canzone sono:
L’uso accorto e numeroso delle metafore di invenzione. Oltre alle metafore di invenzione ci sono altre figure retoriche come l’epifora, l’ellissi e l’iperbole che servono a dare un alto tono poetico a tutta la poesia;
L’uso di due intercalari che servono a richiamare l’attenzione del lettore ed ascoltatore sul discorso. Gli intercalari sono attenzione (v. 3) e bella ciao (v. 28). Quest’ultimo intercalare richiama alla mente la bellissima canzone “Bella ciao” cantata dai partigiani durante la seconda guerra mondiale;
La poesia-canzone di De Gregori richiama anche la bellissima e struggente poesia di Eugenio Montale sullo stesso argomento della storia. La poesia di Montale “La Storia” è pubblicata nell’opera “Satura”. Montale tratta male la storia perché non ci crede e perché la storia non sa un bel niente degli uomini, come scrive nei versi 24 – 25: “La storia non è magistra/ di niente che ci riguardi”. Invece De Gregori rivaluta la storia perché è fatta dalla gente del popolo che vuole lottare per conquistare i propri ideali. In De Gregori inoltre emerge la concezione solidale e cooperativa degli uomini. Un’altra particolarità tra le due poesie è che De Gregori addirittura usa una parola, nascondigli, usata da Montale nella sua poesia.
Un altro motivo di bellezza è l’uso di due voci: la voce principale del poeta (primo canto) e la voce del contro canto (vv- 8 – 11). In questi versi De Gregori immagina di ascoltare una voce suadente ed ammaliante che lo vorrebbe convincere che non ha importanza come si entra nella storia ma il poeta ribatte che è meglio entrare nella storia come persone normali ed oneste e come cittadini che partecipano attivamente al bene comune invece che essere un delinquente, un ladro o un assassino o un mafioso pur di entrarci. Il primo esempio di questo modo di passare alla storia in modo negativo e sciocco è quello di Erostrato, un pastore, che pur di passare alla storia bruciò il tempio mausoleo di Alicarnasso nel 356 a.C.;
La tesi della poesia è quella che invita tutti a non sentirsi esclusi dalla storia e quindi anche la gente comune, anche gli umili, devono entrare nella storia non con atti criminali ma come gente normale, comune, onesta e pulita anziché come delinquenti che rubano agli altri o come assassini violenti come è successo ultimamente con un ex muratore che ha sparato a carabinieri che svolgevano il loro onesto lavoro. E’ meglio essere un normale e leale uomo comune e non entrare nella storia per atti violenti che non servono a niente e contribuiscono ad alimentare un clima di negatività e di violenza nella storia.
Il titolo stesso della poesia è già molto forte perché identifica la storia con il popolo e con la gente attiva che non vuole emarginarsi e che non lascia la propria sorte solo ai grandi uomini ma la storia siamo noi gente comune.
A tutti questi motivi di bellezza se ne aggiunge un settimo che è dato dal fatto che la storia non si ferma davanti a nessuno e dà i brividi a tutti perché nessuno la riesce a fermare e lei prosegue, al di sopra di tutti, per il suo cammino guidando l’umanità verso un destino di cui non si conosce né il fine e né la fine.
Il Professore Biagio Carrubba. Modica, 14 Maggio 2013
Modica 20/ 04/ 2017 Prof. Biagio Carrubba
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