PARAGRAFO N. 54
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Mentre il diavolo, cornuto e custode, della porta laterale dell’Inferno, dalla livrea a macchia di leopardo (livrea n. 12), accompagnava l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni nella baracca n. 10, io e Dante seguivamo, da vicino, entrambi, il diavolo e l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni. Mentre io e Dante percorrevamo il tragitto che c’era tra la porta laterale dell’Inferno e la baracca n. 10, io B. C., durante il percorso cominciai a rimuginare le accuse e le colpe che Satana aveva rivolto e imputate all’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni e al suo partito di estrema destra, Fratelli d’Italia. Io, B. C., pensai e ripensai a tutti i fatti e agli atti politici accaduti negli ultimi giorni a Roma, voluti, organizzati e seguiti dal gruppo fascista di estrema destra Forza Nuova. Fatti incresciosi e incivili che hanno determinato le accuse e le colpe che Satana ha imputato e rivolto a Giorgia Meloni e al suo partito. Mentre io e Dante eravamo in visita nell’Inferno, in Italia, il 9 ottobre c’era stato l’assalto del commando squadrista di Forza Nuova alla sede generale della CGIL di Roma. Il 10 ottobre 2021 si svolsero le elezioni per eleggere il nuovo sindaco di Roma. Il 17 e il 18 ottobre 2021 vi fu il ballottaggio per le elezioni amministrative in varie regioni dell’Italia, con la chiara e netta sconfitta dei candidati della destra, presentati, voluti e sostenuti sia dalla Meloni, sia da Berlusconi e sia da Salvini. Io, B. C., conoscevo già i risultati di queste elezioni grazie alle mie facoltà di vedere e prevedere il futuro; facoltà che io avevo ricevuto dalla folgorazione del giorno prima. Quindi, io B. C., penso che, dopo le ultime elezioni amministrative, svolte in Italia il 17/18 ottobre 2021, che io già conoscevo in anteprima, previdi la sconfitta della destra sia di Giorgia Meloni, sia di Silvio Berlusconi e sia di Matteo Salvini, quasi ovunque in tutte le regioni italiane. Io, B. C., vidi arrivare, nell’Inferno di Dante, l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni, la segretaria e capa politica del partito politico di “Fratelli D’Italia”, intorno alle ore alle ore 17, in pieno pomeriggio, del 17 ottobre 2021. L’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni era arrivata direttamente dalla Terra all’Inferno di Dante. Lei entrò, come già Matteo Renzi, dall’antro laterale dell’Inferno che si trova vicino alla postazione del re del male, cioè Lucifero. Come Matteo Renzi, anche Giorgia Meloni giunse all’Inferno con tutte le scarpe e gli abiti che aveva addosso nel momento in cui la sua anima, ormai persa e dannata, si era distaccata dal suo corpo mortale. Dunque anche Giorgia Meloni giunse nella porta dell’antro che si trova giù nell’Inferno, attraverso i vari cunicoli che, partendo dalla crosta terrestre, arrivano al centro della Terra dove c’è la porticina laterale e secondaria dell’Inferno. Questa porticina è custodita e sorvegliata da un diavolo, cornuto custode, dalla livrea a macchie di leopardo (livrea n. 12), che ha il compito di sorvegliare chi entra e chi esce dalla porta laterale dell’Inferno. Ma il diavolo cornuto, custode della porticina, dalla livrea a macchie di leopardo (livrea n. 12), sa, perfettamente, che da quella porta laterale dell’Inferno, stretta e fredda, le anime infernali, perse e dannate, possono soltanto entrare e mai uscire dall’Inferno. Il diavolo, cornuto custode, tiene fra le mani dei forconi, rompigli e roncigli che gli servono per guidare e fare entrare le anime, perse e dannate, dentro l’Inferno. Il diavolo, cornuto e custode, dell’antro della porta infernale, accolse l’anima matricola di Giorgia Meloni, la fece entrare nell’inferno; poi il diavolo spiegò all’anima di Giorgia Meloni, che lei si trovava lì perché aveva fatto perdere il candidato di destra, Enrico Michetti, a sindaco di Roma, in quanto scelto e voluto proprio dalla Meloni. Il diavolo, cornuto e custode, spiegò all’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni che, anche se il suo corpo era rimasto vivo e combattivo, sulla Terra, la sua anima, persa e dannata, era ormai condannata e dannata nell’Inferno per l’eternità per la condanna, inesorabile, imperscrutabile, irripetibile e irreversibile che Satana, in persona, aveva preparata, voluta, stabilita e inflitta alla giovane leader bionda del suo partito Fratelli d’Italia. Io, B. C., penso e reputo che Satana abbia condannato l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni, non solo per questa ultima disastrosa sconfitta politica della capa politica di Fratelli d’Italia, ma anche e soprattutto perché la giovane anima bionda, persa e dannata, di destra non vuole spezzare il cordone ombelicale con il suo padre padrone storico Benito Mussolini e con gli altri partiti di destra discendenti dal partito fascista: MSI e ALLEANZA NAZIONALE. Quando il diavolo, cornuto e custode, della porta laterale, arrivò davanti al cancello della baracca n. 10 consegnò l’anima, persa e dannata, della Meloni al diavolo, cornuto e custode, del cancello, dalla livrea a strisce orizzontali verdi – blu (livrea n. 7), il quale la prese in consegna. Questo diavolo la depositò nel cumulo adiacente alla baracca. Noi, io e Dante, guardavamo, da vicino, con quale procedura e con quale velocità avvenivano tutte queste consegne fra i diavoli, cornuti e custodi. Poco dopo il diavolo, cornuto e custode, del cancello portò l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni dentro la baracca n. 10 e la consegnò al diavolo, cornuto e custode, della baracca, dalla livrea con strisce verticali rosse – azzurre (livrea n. 9).
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Subito dopo l’entrata dell’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni, il diavolo, cornuto e custode, della baracca le spiegò in che cosa consisteva la pena delle anime, perse e dannate, della baracca n. 10. Alle parole, pronunciate ad alta voce, dal diavolo, cornuto e custode della baracca n. 10, io e Dante, incuriositi dallo spettacolo, inedito e inaudito, che ci si prospettava davanti a noi, dentro la baracca, sgattaiolammo davanti il cumulo, superammo la soglia dell’entrata e ci infilammo, defilati, dietro la grande e ampia porta della baracca n. 10. Appena arrivammo dentro la baracca, vedemmo una grande massa di anime, perse e dannate, che si mettevano in fila e formavano due lunghe colonne. Le anime, perse e dannate, guardavano in alto dove erano appesi sul muro laterale della baracca dei maxischermi che proiettavano continuamente filmati, immagini, musiche e discorsi rivolti alle anime, perse e dannate, che erano costrette a guardarle. Io e Dante, inoltre, vedemmo che le file delle anime, perse e dannate, erano entusiaste ed estasiate da ciò che ascoltavano. Esse si muovevano in avanti verso l’angolo della baracca, dove giravano in tondo seguendo la curva e l’angolo della parete di fondo della baracca. Poi, io e Dante, vedemmo che la fila delle anime, perse e dannate, proseguiva seguendo il muro laterale di destra della baracca. Infine le due colonne arrivavano di nuovo all’angolo e giravano, di nuovo, verso la grande e ampia porta dell’entrata. Qui si fermavano alcuni minuti e poi la fila ricominciava il suo percorso, ripetitivo e continuo, senza mai finire la corsa e la marcia a cui erano sottoposte. L’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni, all’inizio della pena doveva infilarsi nella prima fila di destra che formava la prima colonna delle anime, perse e dannate, della baracca. Poi, lei, Giorgia Meloni, insieme alle altre anime, perse e dannate, della prima colonna, avrebbero eseguito un primo giro aderente a tutta la parete destra della baracca, lunga circa 100 metri. Poi, Giorgia Meloni avrebbe svoltato, insieme con le altre anime, perse e dannate, in fondo alla baracca, camminando vicino alla parete di fondo della baracca, eseguendo ed espiando la seconda pena. Poi, lei insieme alle altre anime della stessa colonna, avrebbe espiato la terza pena marciando lungo la parete di sinistra della baracca, altri 100 metri. Alla fine della parete, lei insieme alle altre anime, perse e dannate, avrebbe espiato la quarta pena del percorso punitivo. Infine, dopo questa pena sarebbe cominciata la quinta e ultima pena del percorso punitivo che la conduceva davanti alla grande e ampia porta d’ingresso della baracca. Il diavolo, cornuto e custode, della baracca, finì la sua spiegazione dicendole che ogni percorso fatto dalle anime era sorvegliato e osservato da altri diavoli, cornuti e custodi, controllori e punitori, dalla livrea a macchie rosse – verdi (livrea n. 16). Questi controllavano le anime, perse e dannate, che non eseguivano perfettamente le pene impartite da Satana. L’anima, persa e dannata, che non si adeguava alla pena e al percorso, veniva infilzata, pungolata e punta dai diavoli osservatori e controllori con i loro forconi e tridenti. Il diavolo, cornuto e custode, della baracca, con il suo tridente spinse l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni nella prima fila a destra, e sospinta dalle altre anime della stessa colonna, cominciò a guardare in alto, così come facevano tutte le altre anime. Da questo momento in poi, io e Dante, perdemmo di vista l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni perché ormai era confusa e indistinta tra le altre anime, perse e dannate, della prima colonna. L’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni vide in alto dei grandi schermi che proiettavano continuamente i vari e molti comizi che Benito Mussolini aveva fatto nella sua lunga carriera politica e come capo politico dello Stato fascista. Il primo, fra questi comizi trasmesso, fu quello memorabile e famoso di Benito Mussolini quando, il 10 giugno 1940, dichiarò guerra all’Inghilterra, con voce altisonante e sicura. Inoltre Mussolini manifestò un atteggiamento altezzoso e superbo che si riverberava e si manifestava anche nel colore e nell’espressione del viso. Egli mostrava, anche, un carattere e una indole pieni di prosopopea e di protervia. Mussolini declamava il suo discorso di guerra sicuro di aizzare, di esaltare e di spronare la folla, entusiasta e accondiscendente, che era presente, in quel giorno memorabile, a piazza Venezia, mentre urlavano e sventolavano fazzoletti di approvazione alla guerra. Anche tutte le anime, perse e dannate, che ascoltavano la proiezione del discorso dissennato ed esaltato di Mussolini dovevano rispondere e rispondevano sia con un atteggiamento serio e sottomesso e sia con il famoso saluto fascista: EIA, EIA, EIA, ALALA’. Poi le anime, perse e dannate, sempre disposte in fila, formando due colonne, posizionate una dietro l’altra, si spostavano in avanti e raggiungevano la parete di fondo e giravano tutte insieme e seguivano la parete di fondo della baracca larga 50 metri. Qui, le due file delle anime, perse e dannante, sostavano per patire la seconda pena stabilita per loro. Le anime, perse e dannate, dovevano guardare in alto dove due maxischermi erano appesi sul muro di fondo della baracca. Il primo maxischermo proiettava immagini sulla guerra coloniale fascista, voluta, ardentemente e violentemente, da Benito Mussolini in persona. Ad un certo momento durante un episodio di guerra di attacco delle milizie fasciste contro le popolazioni indigene veniva cantata una canzonetta scritta appositamente per tenere alto il morale dei soldati fascisti. La canzonetta era, ovviamente, la canzone “Faccetta nera”, molto popolare, allora, tra le milizie fasciste che la cantavano a squarcia gola:
Se mo dall’artipiano guardi er mare
moretta che sei schiava tra le schiave
vedrai come in un sogno tante navi
e un tricolore sventolar per te.
Faccetta nera, bell’abissina
aspetta e spera che già l’ora si avvicina
quando staremo vicino a te
noi te daremo un’altra legge e un altro Re.
A questo punto, le anime, perse e dannate, delle due file dovevano intonare e cantare le strofette della canzone. Chi non cantava la canzone veniva subito osservato, controllato e punito dai diavoli osservatori, controllori e punitori, dalla livrea a macchie rosse – verdi (livrea n. 16). L’altro maxischermo proiettava, invece, immagini e musiche dei soldati fascisti in Russia che si ritiravano dagli attacchi contro l’esercito russo. Difronte a queste sconfitte dei soldati fascisti, le anime, perse e dannate, delle due file, cominciano a disprezzare e a condannare i soldati dell’armata russa con un vocio di disapprovazione e di lamentele.
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Dopo la seconda sosta, le due colonne si rimettevano in marcia e camminavano lungo la parete laterale di destra della baracca. Le anime, perse e dannate, guardavano in alto e vedevano in un maxischermo le immagini di Mussolini, felice e innamorato, abbracciato con la sua amante Claretta Petacci. I due si mostravano in atteggiamento tenero e affettuoso e mostravano tutto il loro romanticismo. Ad un certo punto Benito Mussolini si allontanava da Claretta Petacci e pronunciava una frase altisonante e perentoria per manifestare tutta la sua superbia e protervia. Inoltre Benito Mussolini mostrava tutta la sua virilità ed esibiva tutto il suo machismo e diceva: “Io sono Benito Mussolini e sono il novello Capaneo. Ed io, Benito Mussolini, oso sfidare Dio e tutti gli dei perché <<Qual io fui vivo, tal son morto>>”. Subito dopo, le anime, perse e dannate, che ascoltavano questa vanteria, rispondevano subito facendo il saluto fascista con il braccio: alzavano, di scatto, il braccio destro e salutavano il Duce con il famoso saluto fascista EIA, EIA, EIA, ALALA’. Dopo la terza pena, le file delle anime, perse e dannate, si spostavano in fondo alla parete laterale, e qui iniziava la quarta pena dell’espiazione, con un fatto increscioso e incredibile. Ogni anima, persa e dannata, apriva una bottiglietta di purga di olio di ricino, la beveva e dopo un po’ di tempo defecava in modo diretto e immediato, lasciando per terra un lago di feci che sprigionavano ed emanava un fetore insopportabile e un lezzo nauseante. Subito dopo, i diavoli, cornuti e custodi della baracca, dalla livrea a strisce verticali rosse – azzurre (livrea n. 9), ripulivano immediatamente con i loro forconi e con le loro scope tutta la porcheria lasciata dalle anime, perse e dannate, perché il fetore delle feci non è né accettabile né sopportabile nemmeno all’Inferno. Intanto, le anime, perse e dannate, delle file si muovevano e si incamminavano verso l’entrata della baracca. Dopo la quarta pena, le anime, perse e dannante, sostavano nell’angolo tra la parete laterale della baracca e la porta principale della baracca, dove espiavano la quinta colpa. Le anime venute vicino all’entrata ascoltavano, ancora una volta, un discorso di Benito Mussolini che incitava tutte le folle fasciste a rimanere fedeli al fascismo. Benito Mussolini, ormai recluso nella sua casa della Repubblica di Salò, declamava, ancora una volta, e spronava le milizie fasciste rimaste a lui fedeli a combattere contro i partigiani italiani che si erano formate negli ultimi due anni di guerra per cacciare fuori dall’Italia i nazifascisti. Allora le due file delle anime, perse e dannante, prese dall’entusiasmo e dall’euforia di Mussolini pronunciavano, anche loro, un giuramento di fedeltà al fascismo: “Siamo fascisti, siamo fedeli a Mussolini. Noi fascisti saremo sempre fedeli al fascismo e saremo sempre obbedienti e pronti a dare la vita per seguire ed eseguire le parole e le idee del nostro Duce”.
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Dopo aver visto il percorso della grande pena che le anime, perse e dannate, di destra dovevano subire e patire e dopo avere ascoltato il giuramento delle anime, perse e dannate, delle due colonne, io e Dante, tristi e sconsolati per tutto lo spettacolo, patetico e miserevole, che vedemmo davanti ai nostri occhi, decidemmo di uscire dalla baracca n. 10. Ma, io, B. C., prima di uscire definitivamente dalla baracca cercai con gli occhi di rivedere e di ritrovare l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni. Guardai attentamente in mezzo alla confusione delle colonne e la intravidi e la riconobbi tra tante altre anime, perse e dannate. Vidi che lei, Giorgia Meloni, intratteneva una forte discussione con un diavolo cornuto, osservatore e controllore, che le intimava di dover eseguire, correttamente e per intero, il percorso di pena, come tutte le altre anime della sua fila. Invece lei, Giorgia Meloni, non cantava e si fermava continuamente, creando scompiglio a tutte le altre anime, perse e dannate, che erano vicino a lei. A questo punto intervenne un altro diavolo cornuto, osservatore, controllore e punitore, che cominciò a infilzarla, pungolarla e pungerla fino a quando l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni si mise in fila e smise di parlare e cominciò a muoversi e a camminare seguendo l’andamento della marcia e il ritmo solenne della fila. Allora, io B. C., intuii che l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni adesso proseguiva in modo adeguato e pertinente il percorso di pena a cui era sottoposta. Ed io, B. C., allora, immaginai quale doveva essere il grande patimento e la grande sofferenza che l’anima, persa e dannata, di Giorgia Meloni, doveva provare nel suo intimo e nei suoi sentimenti dal momento che lei doveva sottostare ed eseguire i comandi e gli ordini ricevuti da forze demoniache più grandi di lei, mentre lei, Giorgia Meloni, sulla Terra, era abituata e avvezza ad impartire gli ordini sia ai suoi commilitoni di partito e sia di assegnare i comandi, a bacchetta, ai suoi politici eletti nel Parlamento. A questo punto, io e Dante, uscimmo dalla baracca, silenziosamente e alla chetichella, percorremmo il cortile adiacente alla baracca e, in fretta, attraversammo il cancello della baracca n. 10. Il diavolo, cornuto e custode, del cancello ci vide, ammiccò un mezzo sorriso di approvazione e di compiacimento. Poi ci lasciò passare senza fare nessuna opposizione e senza pronunciare nessuna frase di rimprovero verso di noi. Infatti, il diavolo, cornuto e custode, del cancello poteva chiederci, per esempio, come mai eravamo riusciti ad entrare nella baracca senza chiedere l’autorizzazione di entrata al diavolo cornuto e custode della baracca? Oppure avrebbe potuto chiederci come eravamo riusciti ad uscire fuori dalla baracca, furtivamente e silenziosamente, all’insaputa e di nascosto del diavolo cornuto custode della baracca. Anche lui, il diavolo, cornuto e custode del cancello, avrebbe potuto farci perdere del tempo e ritardare la nostra uscita dalla baracca n. 10. Per fortuna non ci disse niente né ci rimproverò e così noi, io e Dante, fummo liberi di riprendere il nostro cammino e percorrere la strada principale, ampia e grigia, del lago ghiacciato di Cocito. Io e Dante, allora, entrammo nella strada principale, ampia e grigia, del Lago ghiacciato del Cocito. Io, B. C., mentre camminavo e percorrevo la strada, ripensai alle anime, perse e dannate, di destra e postfasciste che stavano scontando la pena nella baracca n. 10. E ripensai che queste anime, perse e dannate, che dovevano soffrire molto per la gran perdita del loro Duce e del ventennio fascista e pativano, anche, un grande dolore per la grande nostalgia che sentivano e provavano per i loro miti fascisti, per la loro mistica e per tutti i gerarchi che avevano guidato lo Stato fascista. Infine, io B. C., capii, allora, anche, quale doveva essere la legge del contrappasso che queste anime, perse e dannate, di destra, subivano e pativano, nella baracca n. 10, espiando la grande pena a cui erano soggette. Io, B. C., reputo che la legge del contrappasso che le anime, perse e dannate, subivano e pativano, consisteva nel fatto che quanto più tutte le anime di destra, postfasciste, si rammaricavano, amavano, ammiravano, con nostalgia e malinconia, il ventennio fascista, quanto più le anime, perse e dannate, della baracca n. 10, avrebbero voluto rivivere il glorioso periodo fascista, ma invece pativano la grande pena inflitta a loro da Satana in persona. Così la legge del contrappasso colpisce anche i postfascisti di oggi perché vorrebbero vivere in uno Stato fascista, ma sono costretti a vivere in uno Stato democratico che loro discreditano, disprezzano perché odiano la democrazia, le libertà sociali e politiche e la Repubblica dello Stato italiano. Insomma, sia le anime fascista di destra, perse e dannate, e sia i postfascisti di oggi viventi sulla Terra, amavano ed amano lo Stato fascista perché aveva abolito la democrazia liberale, aveva proibito tutte le libertà civili e politiche e perché aveva instaurato un regime autoritario, totalitario e liberticida e sperano e sognano di poter vivere e rivivere in uno Stato fascista, anche se non l’hanno mai vissuto direttamente, ma ne sono stati plagiati attraverso i racconti e i ricordi dei loro nonni, oppure attraverso le immagini dei filmati storici dell’epoca fascista. E da questo punto di vista, il ricordo e le immagini più struggenti e più dolorose per loro sono, certamente, le immagini prese dal vero delle morti di Benito Mussolini, di Claretta Petacci e di molti altri gerarchi fascisti uccisi, trucidati e appesi a testa in giù, come bestie da macello, il 28 aprile 1945, a piazzale Loreto a Milano, dove la folla impazzita per la gioia voleva linciarli, anche se erano già morti, da 24 ore. Il nostro incontro con Giorgia Meloni, con me e Dante, è durato 4 ore, dalle ore 17:00 alle ore 21:00 di domenica 17 ottobre 2021.
MODICA 29 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
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