
PARAGRAFO N. 61
Dopo tutte queste riflessioni, sensazioni ed emozioni che provai nella mia mente intorno al viaggio virtuale che avevo compiuto insieme a Dante, io B. C., allora, guardai la busta, lasciata da Dante sul mio tavolino dello studio. Capii e intuii subito che quella busta conteneva il suo testamento culturale, politico, religioso e personale. Io, B. C., intimidito e preoccupato per ciò che Dante mi aveva lasciato scritto in quella busta, la aprii, dispiegai i fogli della lettera e cominciai a leggerla a mente.
I
Caro Biagio,
sono molto soddisfatto e contento dell’occasione che mi hai dato di aver rifatto il viaggio nell’Inferno. Questo secondo viaggio mi ha permesso di conoscere la nuova conformazione naturale, strutturale, praticata, usata e percorsa dal primo cerchio fino al lago ghiacciato di Cocito, dell’Inferno di oggi, ristrutturato e rimesso a nuovo. Questo secondo viaggio nell’Inferno mi ha permesso, anche, di sapere chi sono le anime dei politici italiani, perse e dannante, che sono discese nell’Inferno degli ultimi due secoli. Ora, dopo questa mia seconda discesa, nell’Inferno, mi sono reso conto che le condizioni dell’Italia sono molto cambiate rispetto a quando io, da vivo, la conobbi, la frequentai e la attraversai, in lungo e in largo, data la mia condizione di esiliato politico e di ospite itinerante da una corte ad un’altra dell’Italia settentrionale. In quell’Italia, divisa in Comuni, Città indipendenti, Ducati, Signorie e in Marche, sempre in lotta fra di loro, io partecipai a tutti i problemi sociali, politici e culturali di allora. Debbo aggiungere, anche, che, col passare dei secoli, l’Italia divisa del ‘300 è, totalmente, cambiata in meglio, poiché ormai l’Italia di oggi è divenuta una Repubblica democratica unita e indivisibile. Anche la mia weltanschauung di oggi è molto cambiata rispetto alla mia visione politica, religiosa, culturale e sociale che ebbi tra la fine del 1200 e la prima metà del 1300. La mia anima, come tu ben sai, è morta con il mio corpo, ma il mio spirito profetico e poetico, per fortuna, è rimasto sulla Terra e ancora oggi gira e circola in tutta l’Italia e in tutto il mondo. In questi secoli, dopo la mia dipartita, il mio spirito profetico e poetico guarda dall’alto tutto il mondo e l’Italia in particolare, così che ho potuto conoscere, guardare e assistere a tutti gli avvenimenti politici, sociali e culturali che sono avvenuti e che si sono succeduti dal 1300 fino ad oggi. Ho visto e constatato, e sono contento di ciò, che la mia fama non è diminuita dal 1321, anzi è aumentata di molto fra tutti i popoli della Terra, e, soprattutto, è cresciuta in Italia. Certamente la comprensione del mio poema poetico non è facile, anzi la lettura è accidentata; vedo, però, e mi fa piacere, che anche tu, con le tue modeste facoltà mentali e culturali, ti cimenti a leggerla e a capirla fino in fondo per carpire e capire sia il mio punto di vista sull’Italia e sull’Europa di allora e sia per esplorare, conoscere e approfondire qual era la mia weltanschauung politica e la mia visione religiosa ed escatologica di allora. Ebbene, ora sono giunto al momento di confessarti la mia nuova weltanschauung e la mia nuova concezione politica e religiosa di oggi; orientamenti religiosi, politici e culturali, che ho formati, assimilati ed acquisiti in questi ultimi secoli. Io, Dante, sono rimasto in vita, nonostante la mia anima sia morta con il mio corpo il 14 settembre 1321, grazie al mio spirito poetico e profetico, salito in cielo ma sostato, anche, grazie alla mia opera, giù sulla Terra. Infatti, dal 1321 in poi, grazie al mio spirito poetico e profetico salito in cielo, io, Dante, vedo, osservo, discerno e giudico, da sempre, tutte le beghe dell’umanità e i problemi politici, culturali e sociali dell’Italia di oggi. Ebbene oggi posso dirti, con sicurezza e certezza, che il mio spirito poetico e profetico, dopo tutti questi secoli, è ormai completamente cambiato e si è rinnovato, rispetto alla concezione che avevo nel 1300. Quindi ti dirò e ti confesserò, caro Biagio, la mia nuova visione del mondo, dichiarandoti, espressamente, la palinodia di tutto ciò che scrissi e composi nelle mie opere poetiche, letterarie e filosofiche, compresa la Divina Commedia. In tutti questi secoli, che sono passati dalla mia morte, io Dante Alighieri, non ho mai visto nessun Dio girare per l’Universo e non ho mai esplorato né visitato nessun Inferno, nessun Purgatorio e nessun Paradiso. E non ho mai visto nessuna anima arrivare quassù; anzi ho osservato che l’anima di ogni uomo, di ogni donna e di ogni bambino muore insieme al proprio corpo, sia che la morte avvenga per cause naturali sia che la nece arrivi per cause accidentali, impreviste e sfortunate. Tutto il nostro viaggio, mio e tuo, che abbiamo fatto nei giorni scorsi è, come tu ben sai, un viaggio illusorio, immaginario e fantastico che tu, Biagio, hai fatto e immaginato nella tua mente e prodotto dal tuo cervello. Noi non abbiamo fatto nessun viaggio ultraterreno, così come non l’ho fatto neanche io quando scrissi la Divina Commedia, la quale è frutto, anch’essa, della immaginazione della mia mente ed è il prodotto del mio cervello. Date queste certezze assolute, io Dante, ora provo a trarre alcune conclusioni sulla mia nuova posizione e chiaroveggenza. Sono passato da una concezione teocentrica e geocentrica ad una concezione ateo-centrica e eliocentrica. Sono passato da una concezione politica monarchica e imperiale ad una concezione politica democratica e repubblicana. Ora, io, Dante, ho, più che mai, rispetto verso i più sfortunati del mondo, verso i più miseri e atei del mondo e cerco di capire anche i più diseredati della Terra, anche se continuerei a conficcare nell’Inferno della mia Divina Commedia tutti i delinquenti, gli omicidi e i ladri che, ancora oggi, esercitano e perpetuano la loro disonestà e la loro cattiveria e malvagità in mezzo alla brava gente.
II
Non mi sento più superbo e disdegnoso come quando ero vivo e parlavo con la gente illustre e con i nobili del mio tempo. Anzi sono diventato più umile e filantropo verso chi arranca e soffre giù sulla Terra. Inoltre, sono preoccupato per tutti i gravi problemi in cui si dibatte l’umanità che cerca affannosamente di ritardare, fronteggiare e dilatare i prossimi cataclismi che si abbatteranno sulla Terra nei prossimi decenni. Ho sentito dire, in questi giorni, dagli scienziati di tutto il mondo, che la Terra avrà, ancora, acqua e aria pulita per non più di 10 anni. Dopo di che comincerà l’apocalisse vera e propria che nel giro di qualche decennio devasterà e annienterà tutto il pianeta Terra. Ho sentito dire, però, anche, che la scienza sta facendo tutto il possibile per risolvere e rimandare le catastrofi che si preannunciano nei prossimi anni. Inoltre voglio proseguire questa mia lettera, inquietante e pessimistica, per informarti su un altro aspetto della mia cultura e della mia visione politica e religiosa, nuova rispetto a quella che avevo nel 1300. Allora amavo le suore, i frati, i monaci e tutti gli ordini monastici dei Francescani, dei Domenicani e dei Benedettini e mi piacevano, anche, i filosofi mistici, come Gioacchino da Fiore, Ugo di San Vittore, Riccardo di San Vittore, San Bernardo di Chiaravalle e San Buonaventura da Bagnoregio. Invece oggi non condivido più né la teologia, come scienza, né la mistica come scienza, perché, non essendoci più Dio, queste pseudoscienze sono, secondo me, diventate due scienze inutili e vane, sulle quali i mistici e i teologi dall’XI al XIII secolo hanno elaborato, soltanto, elucubrazioni inutili e inventate fino ad arrivare alla mistica ossessiva e delirante di santa Caterina da Siena. Dunque, sia la teologia e sia la mistica sono diventate, ora, vuote perché manca sia l’oggetto della loro scienza, cioè Dio, e sia perché manca, anche, la speculazione religiosa e teologica con i suoi pseudo dogmi della Trinità Divina e della incarnazione di Gesù Cristo, dovuta, miracolosamente, all’isterismo e al falso parto del ventre di Maria Vergine. Venuti a mancare sia il soggetto e sia i dogmi della teologia e della mistica, oggi, sono venuti a mancare, anche, secondo me, Dante, sia il soggetto e sia le argomentazioni delle riflessioni, delle meditazioni e delle contemplazioni dei teologi e dei mistici delle nostre società postcontemporanee. Invece i teologi e i mistici del XII e del XIII secolo avevano concepito ed elaborato, logicamente, una mistica comune alle loro teologie, basate sulla paura del nulla e costruite sulla paura della morte, che sono sentimenti umani, su cui non si può elaborare una teologia razionale. I teologi e i filosofi medievali avevano elaborato, invece, una mistica fondata sulla paura e sul nulla metafisico. Questa mistica è stata elaborata ed edificata, secondo me, anche e soprattutto, sulle bugie, sulle menzogne e sui dogmi voluti e imposti, prescritti, ordinati e obbligati dalla Chiesa cattolica e apostolica di Roma. Inoltre, questi teologi, filosofi e mistici medievali avevano elaborato, interpretato e commentato, a modo loro, sia i testi dell’Antico Testamento e sia i testi del Nuovo Testamento, testi a cui fu data ed elargita la definizione di Rivelazione di Dio. Da allora in poi i libri della Bibbia sono diventati testi sacri e immodificabili, equivalenti alla parola di Dio. Ma, secondo me Dante, la Rivelazione Divina è una grande balla, una grande costruzione metafisica e teologica, costruita sul nulla, dal momento che nessun Dio ha mai parlato e non ha mai rivelato la sua parola a nessun popolo, dato che Dio non esiste. Quindi, questi libri, sacri e intoccabili, né criticabili da altri filosofi e teologi, sono i libri base sui quali i filosofi medievali hanno elaborato e costruito le loro elucubrazioni metafisiche e teologiche. Anche i filosofi della filosofia Patristica e i grandi padri della Chiesa hanno elucubrato, anche loro, e hanno elaborato altre tesi personali, teologiche e mistiche formando, così, concetti e misteri che la Chiesa di Roma ha trasformato in dogmi attraverso i suoi Concili, che si sono svolti dal 325 d. C. fino ad oggi. Ma, come è evidente, secondo me Dante, la Rivelazione Divina è una grande menzogna, una grande bugia e una grande mistificazione della Bibbia, perché la Bibbia, nel suo complesso, è soltanto un libro storico, datato, obsoleto e scritto sia da patriarchi ebrei (come Mosè) e sia da profeti ebrei (come san Giovanni evangelista) che non hanno mai ricevuto nessuna parola di Dio né una rivelazione divina. L’unica conseguenza della nascita della cultura ebrea cristiana fu, sicuramente, la sconfitta del paganesimo, creando, così, la nascita delle società medievali e della cultura filosofica, teologica e mistica medievale. La Chiesa Romana, dal medioevo ad oggi, ha rinnovato sé stessa sempre attraverso i vari Concili che convoca, discute e approva per rinnovare e cambiare sé stessa con i vari dogmi e con le varie dottrine, di volta in volta, adeguate dalla Chiesa ufficiale di Roma alle nuove condizioni storiche e sociali italiane.
III
Un Concilio importante è stato il Concilio di Lione del 1254, quando la Chiesa di Roma approvò la nascita e l’esistenza del Purgatorio, che è un altro dogma, ma è anche un’altra grande invenzione fantasiosa e un’altra grande balla della Chiesa di Roma. Da tutto ciò, io Dante, deduco che la religione cristiana e tutte le religioni del mondo sono soltanto ideologie false e menzognere, perché fondate sulle menzogne e sulle bugie della Bibbia, la quale non contiene nessuna verità rivelata divina e su nessuna parola di Dio. Infatti, secondo me, Dante Alighieri, la Bibbia, la filosofia patristica, la filosofia di sant’Agostino e tutte le opere teologiche dei padri della Chiesa e di tutta la filosofia scolastica, non sono altro che elucubrazioni mentali e metafisiche, astratte e astruse, illogiche e irrazionali, perché costruite soltanto sulla credenza dei miracoli di un giovane ebreo e sul concetto di fede che è l’esatto opposto della verità, per cui tutte queste dottrine filosofiche e teologiche non sono altro che ragionamenti falsi che si possono buttare nel cassonetto dei rifiuti come spazzatura ingombrante, puzzolente, inutile e inservibile. Per quanto riguarda in particolare la Bibbia, il libro cardine e fondamentale di tutta la religione ebraica – cristiana, io Dante, oggi penso, con il senno di poi, che questi libri scritti da tanti autori ebrei non abbiano nessun carattere né sacro né divino, anzi sono dei libri che contengono tutta una sequela di balle, menzogne, frottole e baggianate a cui nessuno ormai crede più: dal primo libro, La genesi, fino all’ultimo libro, L’apocalisse. La Bibbia è, secondo me Dante, un libro profano e pseudo sacro; infatti, secondo me, la Bibbia contiene una sequela di patacche, dalla Genesi, prima patacca, fino all’ultima patacca, L’apocalisse, che contiene, a sua volta, l’ultima bugia: La Parusia. Infatti, secondo me, la Genesi contiene tante bugie e menzogne, patacche e racconti fantastici, come la nascita di Adamo ed Eva, come Eva indusse Adamo a mangiare la mela e come loro due furono cacciati dal Paradiso terrestre, e come queste, tante altre patacche che sono talmente tante che non si possono né contare né raccontare. Purtroppo tutte queste fantasticherie e bugie hanno avuto tanta importanza e tanta risonanza, prima nei quattro Vangeli e poi in tutti i filosofi della Patristica, a cominciare dal primo e più autorevole filosofo cristiano sant’Agostino d’Ippona, dato che la Bibbia costituisce il libro di fondazione di tutta la religione ebraica cristiana. Da questi libri pseudo sacri e filosofici sono nati, poi, anche, i famigerati dogmi della Chiesa di Roma Cattolica e Apostolica. I Vangeli sono, senz’altro, un’altra bella patacca e pieni di frottole, come i miracoli. Fatte queste considerazioni personali sulla Bibbia e sulla filosofia scolastica, ora, dopo tanti secoli di distanza dal Medioevo, io, Dante, ti dico, caro Biagio, e ti confesso che le religioni di tutto il mondo non sono altro che delle anestesie per tutti i popoli del mondo, i quali si addormentano nella speranza e nella illusione di vincere la morte. Ma questa speranza e immaginazione è, secondo me Dante, una pura chimera e una pura illusione perché la morte, che io ho provata sul mio corpo e sulla mia anima, è una legge ineliminabile ed insuperabile della natura, che non scomparirà mai. Io, Dante, suppongo, allora, per approfondire il concetto di morte, che nemmeno Dio, se esistesse, potrebbe eliminare la morte naturale, ma siccome Dio non esiste non la può eliminare. Allora l’idea del giudizio universale è falsa ed è una grande balla perché non vi sarà mai il giorno del giudizio universale, dato che non esiste un Dio che giudicherà i vivi e i morti. Quindi io penso che è inutile avere paura della morte perché non si può né eliminare né sconfiggerla, ma bisogna accettare la vita che contiene in sé la morte per mantenere in equilibrio la natura nascente e la natura morente. Quindi, quando la Chiesa di Roma dichiara ed esplicita il giudizio universale commette un’altra menzogna a cui la gente crede, illusoriamente e ingenuamente, per paura della morte, dal momento che non vorrebbe morire. In particolare, alcuni di questi mistici e teologi medievali avevano descritto e inventato una strada maestra, seguendo la quale l’anima si eleva fino alla visione di Dio. Un libro famoso che descrive, passo passo, questa strada maestra che eleva l’anima fino alla visione mistica di Dio è, certamente, il libro Itinerarium mentis in Deum di san Bonaventura di Bagnoregio. L’anima, dopo essere arrivata all’ultimo gradino della scala che porta fino a Dio, fuoriesce da sé stessa e contempla, faccia a faccia, Dio, uno e trino. QQQAQQuesta definizione dell’anima che fuoriesce da sé stessa veniva definita Estasi, dai teologi e dai mistici di allora o con una locuzione latina Excessus mentis, cioè lo stato mistico, nel quale l’anima del mistico trascende i limiti della condizione umana per unirsi alla luce e alla visione di Dio. Io stesso, Dante, ho trasposto la mia visione mistica dalla teologia e dalla filosofia alla mia Divina Commedia, la quale non racconta altro che il mio viaggio, con il quale io, Dante, sono partito da una condizione fisica e sensibile, iniziale, di peccato e di smarrimento a Firenze, e poi attraverso il processo della purgazione e della purificazione delle colpe, nel Purgatorio; sono arrivato, infine, alla descrizione e alla trascendenza della mia anima e alla visione di Dio, come ho ben scritto nell’ultimo canto della Divina Commedia. Ti riporto soltanto quattro terzine della mia Estasi, per darti un’idea della mia trascendenza divina con la quale, io stesso, Dante, nella mia Divina Commedia, che è una fiction, sono uscito da me stesso per contemplare Dio e sprofondare in Lui.
Oh, quanto è tosto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch’i vidi,
è tanto, che non basta a dicer ‘poco’.
Oh luce etterna che sola in te sidi,
sola t’intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arrivi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.
(Paradiso. Canto XXXIII. Versi 121 – 132).
IV
Dopo averti, caro Biagio, confidato ed espresso la mia visione teologica religiosa di allora, ora passo a esprimerti e a dichiararti la mia nuova visione terrena ed atea di oggi. Dunque, ora che sono in piena conoscenza e in piena coscienza di me stesso, confermo tutta la mia ritrattazione e abiuro la mia coscienza medievale, religiosa e mistica di allora, perché la mia visione di vita di allora non aveva nulla di razionale, di reale, di sperimentale e di scientifico. Ora, io Dante Alighieri, sono convinto, anzi, che tutta la mistica millenaristica e medievale del medio e del basso medioevo, elaborata da quei teologi e mistici di allora, non è altro che una invenzione fantasiosa di teologi visionari e filosofi metafisici. Detto questo, oggi, io, Dante, ti confesso le mie apostasie, religiose e filosofiche, alle quali ho creduto e le ho seguite alla lettera, durante la mia vita terrena. Ti dico, inoltre, che, ora, mi sono liberato sia dai miei pregiudizi religiosi e sia dalla mia estasi trascendente e ti confido la mia nuova visione scientifica, razionale, sperimentale e reale, adeguata all’attuale scienza delle società postcontemporanee. Quindi, come già ti ho detto, dato che non c’è nessun Dio, nessuna Trinità e nessuna incarnazione da pregare né da venerare, ti prego di riferire, a tutta l’umanità, queste mie nuove convinzioni che ho elaborato, concepito, acquisito e assimilato in questi ultimi secoli, guardando e seguendo l’evoluzione della scienza mondiale. Date queste premesse, io Dante, consiglio e suggerisco a tutti i frati, ai monaci, alle suore e a tutti gli ecclesiastici che lavorano in istituti religiosi di abbandonare i loro sai, le loro tonache e il loro abbigliamento religioso per vestirsi di abiti laici, moderni e postmoderni. Suggerisco, anche, ai preti, di spogliarsi del loro abito talare nero e di liberarsi, anche, del loro collare, bianco e stretto, che gli soffoca il collo, e consiglio loro di vestirsi con abiti moderni, laici e civici postcontemporanei. Infine dico, a tutti loro, di non seguire più la Bibbia che è diventato un libro ormai obsoleto, superato e datato, e consiglio loro di leggere, invece, ciò che oggi la scienza scrive per capire e conoscere i mutamenti climatici del mondo odierno e postcontemporaneo e per seguire lo zeitgeist del nostro tempo postcontemporaneo. Inoltre, io, Dante, dico e consiglio alle suore, in particolare, che abbandonino le celle di clausura dei loro conventi e di uscire fuori dai monasteri e dalle abbazie per godersi la vita, così come fa la maggioranza delle donne laiche e civili. Se le suore vogliono proprio amare qualcuno che non sia un Dio che non esiste e che non sia un Dio evanescente ed inesistente, allora io, Dante, credo che, per le suore e le monache, sia meglio che loro amino un uomo in carne e ossa con fedeltà e amicizia, fuori dal convento, formando una nuova famiglia e procreando nuovi figli nella propria casa. Auspico che le monache, le suore, le badesse e le novizie, anziché sprecare il loro tempo prezioso a pregare un Dio che non esiste, vivendo una vita di clausura, e anziché disprezzare e mortificare il proprio corpo, sano e giovane, inutilmente, abbandonino questi istituti religiosi mortificanti e si aprano ad una vita libera, laica, autonoma e piena di amore per un uomo da amare in carne e ossa. Io, Dante Alighieri, ti aggiungo che, oggi, la buona vita non va vissuta dentro un monastero o dentro una cella claustrofobica, ma la vita va goduta con le sue delizie e con le bellezze che la natura offre ogni giorno. La vita, inoltre, va assaporata inebriandosi delle bellezze che gli artisti, fortunati e geniali, producono, offrono e creano nelle loro arti: dalla pittura alla scultura, dalla poesia alla musica, dalla tecnica alla scienza. Ti dico che tutte queste arti e creazioni della mente umana suscitano profonde emozioni e sentimenti nell’animo umano e che vale la pena provarli, assecondarli, viverli e riviverli. Per tutte queste considerazioni sull’arte e sulla vita, io, Dante Alighieri, penso e suppongo che nemmeno Dio in persona, se esistesse, accetterebbe che le suore e le monache fossero relegate dentro celle di clausura, chiuse al mondo, ma penso e suppongo, che anche Lui desidererebbe che loro vivessero, gustassero e avessero il gaudio di tutto il bello che c’è nella natura e nella vita. E ora, per dimostrarti il mio cambiamento da uomo, vecchio e antico, come lo ero nel Medioevo, a un giovane uomo, rinnovato nello spirito, come lo sono ora, io, Dante, ti annuncio il mio mutato punto di vista sull’Amore e sul Ddl Zan. Infatti voglio continuare questa lettera riferendoti il mio mutamento di opinione sull’Amore.
V
Io, Dante Alighieri, sono passato, dalla esaltazione e dall’elogio dell’Amore cortese, stilnovistico, caritatevole, estatico, gaudioso, angelico, spiritualizzato e beatificato del Medioevo, all’Amore concreto, corposo, corporale, estetico, terreno, onesto, libidinoso ed erotico del mondo di oggi postcontemporaneo; convinzioni che ho appreso e maturato grazie alle mie nuove conoscenze, terrene e scientifiche, acquisite in questi 700 anni che sono trascorsi dalla mia morte. Spero, inoltre, che l’Amore che le suore e le monache dedichino a un Dio inesistente si trasformi in un Amore concreto, positivo e costruttivo verso un uomo in carne e ossa e che questo Amore sia espresso all’interno di una famiglia tradizionale, nucleare e rispettosa dei diritti e dei doveri dei coniugi. Per dimostrarti, ancore una volta, la mia nuova visione di vita laica, razionale, scientifica e postcontemporanea, e per confermare la mia apostasia, io, Dante, ti dico, ti annuncio e auspico, anche, che il Ddl Zan sia ripresentato nel prossimo 2022 e che esso possa essere convertito in legge, così da portare l’Italia ad essere una nazione europea pari alle altre nazioni europee sui diritti civili e sociali delle famiglie etero e omosessuali, e anzi, spero che l’Italia si ponga, riguardo ai diritti sociali e civili, all’avanguardia nei confronti di tutta l’Europa. Io, Dante, auspico per te e per tutta l’umanità, che ci sia più bisogno di scienza. Auspico, inoltre, che più tecnologia, più tecnica, più medicina, più ingegneria e più progresso scientifico ci vogliano per poter sperare di superare e risolvere i gravi problemi che, attualmente, i cambiamenti climatici e la pandemia, in corso in tutto il mondo, stanno procurando a milioni di cittadini di tutto il mondo. Secondo me, Dante, caro Biagio, non servono più né preghiere né fede, né misticismo né miracoli, perché queste pratiche religiose obsolete non sono altro che pregiudizi antichi e unilaterali, concetti e culti superstiziosi, ormai inadeguati e superati dalla nostra cultura postcontemporanea. Queste pratiche e riti religiosi non hanno più, secondo me, nessun valore pratico e perché non hanno più nessuna efficacia sulla realtà concreta. In conclusione, io Dante Alighieri, voglio darti una ulteriore prova della mia metamorfosi da uomo medioevale e da mistico sul concetto di Felicità, così come l’ho descritta nel XXXIII canto del Paradiso della Divina Commedia, quando ho descritto la Felicità come l’ho provata io nella visione mistica di Dio, espressa ed esplicitata in queste terzine:
Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch’i’ dico e un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch’i’ vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
(Paradiso. Canto XXXIII. Versi 85 – 93).
VI
Invece, oggi, io, Dante, penso che la felicità degli uomini consista, da una parte, nell’Amore che gli uomini devono tributare alla natura e riversare verso le donne, verso i bambini e verso tutto ciò che produce bene e benessere; dall’altra parte, io Dante, penso che oggi la felicità consista nella scienza che dona agli uomini la conoscenza che scopre, che analizza e che indaga la natura e l’universo per produrre altra e nuova scienza che sia utile, fattiva, costruttiva e risolutiva per il progresso e per il bene dell’umanità. Quindi, io Dante, per procedere con questa lettera, ti dico, caro Biagio, quale fu il mio momento in cui “la mia mente fu percossa / da un fulgore in che sua voglia venne” (Paradiso.Canto XXXIII. Versi 140 – 141), cioè quando la mia mente fu colpita da una folgorazione, con la quale io raggiunsi, così, la mia massima beatitudine. Ti confesso, anche, che la mia visione mistica si compii, compiutamente, quando, io, Dante, vidi e intravidi il mistero trinitario di Dio. Ebbene, proprio allora, nel finale della Divina Commedia, io Dante espressi, oltre alla visione mistica di Dio, anche e soprattutto, la mia grande immaginazione letteraria e poetica e manifestai la mia più alta fantasia e realizzai, così, la più alta fiction della mia mente. Quindi ti posso assicurare che, da parte di Dio, non c’è stata nessuna intrusione, nessuna infusione e nessuna inclusione divina nella mia mente e nel mio cervello dato che Dio non esiste e dato che io non l’ho mai incontrato a spasso per l’Universo. In ultimo, io, Dante Alighieri, per concludere questa lunghissima lettera, ti confesso che, secondo me, la religione cristiana è accettata passivamente e superficialmente dalla gente con un sentimento di rassegnazione. Io, Dante, penso che, ormai, nessuno crede veramente, alle religioni, ma esse si accettano per comodità mentale, così come si accetta Babbo Natale a cui nessuno crede, ma viene vissuto e accettato per la tradizione natalizia che si è istaurata e che è stata accettata dal Medioevo fino alla nostra società postcontemporanea. Insomma la religione cristiana si può paragonare all’effetto placebo della medicina, quando i medici per comprendere l’effetto delle medicine, somministrano delle false pillole che però hanno un effetto positivo sulla gente quando dicono che stanno meglio, anche se hanno ingoiato pillole prive di ogni sostanza medicamentosa. La religione cristiana e tutte le altre religioni del mondo hanno, per così dire, un effetto positivo e irrisorio e illusorio fin quando sono credute favole e messaggeri di Dio; ma quando il credente, maturo e cosciente, si rende conto che le religioni sono anche messaggeri di menzogne e di false illusioni, allora i credenti finiscono di credere alla loro religione e a tutte le religioni del mondo. Così come quando finisce la somministrazione della finta medicina finisce l’effetto positivo del placebo, allo stesso modo le religioni, quando finiscono di essere credute fabule e favole, finiscono di avere il loro effetto palliativo, cosicché anche l’adesione e l’accettazione dei credenti alla religione cristiana e alle altre religioni finiscono nell’animo e nella fede dei credenti. Allo stesso modo anche la supina ricezione di tutte le religioni, di tutte le confessioni e di tutte le sette religiose del mondo, termina così come termina l’effetto placebo. Quindi, io, Dante Alighieri, suppongo che nessuno crede alle varie e grandi religioni, alle confessioni e alle sette religiose del mondo come dottrine e teologie, ma, soprattutto, crede alle religioni perché è ammaliata ed è suggestionata dai loro culti, dalle loro liturgie e dai loro riti che sono fenomeni mistici irrazionali. I popoli, quindi, secondo me, Dante, seguono le loro religioni di Stato, soltanto per il quieto vivere, perché credere in Dio non costa niente. Inoltre gli uomini sperano che la loro religione possa assicurare loro la resurrezione dopo la morte.
VII
Ma è evidente che questo miracolo non avverrà mai, perché quando muore il corpo muore anche l’anima di quel corpo e quindi nessuna anima è mai salita in cielo. Per dimostrarti, caro Biagio, ancora una volta, il rinnovamento e la palingenesi del mio spirito, poetico e profetico, ti declamo e ti canto, anche, la bellissima canzone di Lucio Dalla “L’anno che verrà” la quale, secondo me, Dante, esprime, in forma originale e creativa, seguendo il ritmo della musica, tutta la mia nuova visione di vita che corrisponde, per l’appunto, alle immagini e alle parole della bellissima canzone di Lucio Dalla. Questa canzone di Lucio Dalla, è, secondo me Dante, un inno alla vita e un elogio alla modernità e una esaltazione della vita laica e spregiudicata degli uomini. La canzone espone, anche, tutta la speranza e l’utopia dei nostri giorni ed esprime, anche, una simpatia e una empatia verso la gente e verso la vita spensierata, in genere, e distrugge tutti i pregiudizi intorno al celibato dei preti. Infatti, secondo me, Dante, la canzone canta ed esalta l’immagine della indipendenza e della laicità dei preti, liberi di potersi sposare quando vogliono. Anzi, io Dante, sono convinto e sicuro che non c’è più bisogno di ordinare nuovi preti, i quali sono costretti, così, a privarsi di tutte le gioie e di tutti gli amori del mondo, in nome di un Dio che non esiste. Secondo me, Dante, Lucio Dalla ha scritto e cantato una fra le più belle canzoni, divertenti e utopiche, del XX secolo. Per questo motivo, io, Dante Alighieri, riporto tutto il testo della canzone di Lucio Dalla.
L’anno che verrà
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’
E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò
Da quando sei partito c’è una grande novità
L’anno vecchio è finito, ormai
Ma qualcosa ancora qui non va
Si esce poco la sera, compreso quando è festa
E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra
E si sta senza parlare per intere settimane
E a quelli che hanno niente da dire
Del tempo ne rimane
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando
Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno
Ogni Cristo scenderà dalla croce
Anche gli uccelli faranno ritorno
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno
Anche i muti potranno parlare
Mentre i sordi già lo fanno
E si farà l’amore, ognuno come gli va
Anche i preti potranno sposarsi
Ma soltanto a una certa età
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà
Saranno forse i troppo furbi
E i cretini di ogni età
Vedi, caro amico, cosa ti scrivo e ti dico
E come sono contento
Di essere qui in questo momento
Vedi, vedi, vedi, vedi
Vedi caro amico cosa si deve inventare
Per poter riderci sopra
Per continuare a sperare
E se quest’anno poi passasse in un istante
Vedi amico mio
Come diventa importante
Che in questo istante ci sia anch’io
L’anno che sta arrivando tra un anno passeràIo mi sto preparando, è questa la novità
Lucio Dalla
Anno di composizione 1979
Insomma io Dante Alighieri reputo che questa canzone “L’anno che verrà” di Lucio Dalla sia una goduria per la voce, per l’udito, per gli occhi e sia anche un gaudio e una delizia per lo spirito di chi l’ascolta e l’apprezza per le sue parole e per la sua creatività musicale e per il bel canto che esprime. Infine, io, Dante Alighieri, concludo questa lettera testamento e, come ultimo pensiero, caro amico Biagio, ti scrivo e ti dico che la mia apostasia è, ormai, ben consolidata, certa e irreversibile, perché io, Dante Alighieri, giudico che tutte le opere, considerate sacre dai cristiani, a cominciare dalla Bibbia per finire alla filosofia scolastica e medievale, reputo e considero che queste opere altro non sono che opere fraudolente, false, blasfeme, blasé e anche opere arzigogolate, perché non hanno niente di vero e di razionale, ma, invece, sono piene di patacche, di falsità e di menzogne, alle quali possono soltanto credere le persone prive di una cultura logica e scientifica.
Il sommo poeta.
Dante Alighieri
Lunedì 18 ottobre 2021
MODICA 29 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
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