LA MIA ANTOLOGIA LATINA N. 2. DA “I CANTI” DI G. V. CATULLO (84 a. C. – 54 a. C.). DAL N. 1 AL N. 75.

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CARME 1

A chi donerò questo prezioso nuovissimo

libretto ancora lucido di pomice?

A te, Cornelio, a te che alle mie cose

attribuivi un senso fin dagli anni

in cui, unico fra noi, tu affrontavi

la storia universale in tre libri

così colti e tormentati, mio Dio.

Valga quel che valga, il libretto

è tuo: Musa, vergine mia,

fa’ che mi possa sopravvivere.

CARME 2

Passero, svago della mia ragazza –

gioca con te, ti tiene sempre in grembo

e quando hai fame ti dà l’unghia e tu

mordicchi provocato – quando lei,

questa mia nostalgia della luce,

cerca il gioco – perché? – un ristoro

da una sua pena (è la mia fede) pace

da un fuoco greve – potessi

giocare insieme a te così, placare

questa torbida angoscia del mio cuore.

CARME 3

Piangete, Amori e Brame dell’Amore,

e quanto è gentilezza sulla terra:

morto è il passero della mia ragazza,

morto lo svago della mia ragazza,

quello che amava più della sua vista:

delizioso era e la riconosceva

come una bimba conosce sua madre

né mai s’allontanava dal suo grembo,

vi saltellava sopra in lungo e in largo

e pigolava ma solo per lei.

Ora scende il cammino delle tenebre

da cui, si dice, non tornò nessuno.

O buio maledetto della morte

che inghiotti tutto ciò che è gentilezza!

Che passero gentile mi hai rapito.

O che disgrazia! O sventurato passero!

Per causa tua la mia ragazza piange

 e i begli occhi si gonfiano e s’arrossano.

CARME 5

Dobbiamo, Lesbia mia, vivere e amare,

le proteste dei vecchi tanto austeri

tutte, dobbiamo valutarle nulla.

Il sole può calare e ritornare

per noi, quando la breve luce cade

una eterna notte resta da dormire.

Baciami mille volte e ancora cento

e dopo ancora mille e dopo cento,

e poi confonderemo le migliaia

tutte insieme e non saperle mai,

perché nessun maligno porti male

sapendo quanti sono i nostri baci.

CARME 7

Mi chiedi, Lesbia,  quanti dei tuoi baci

mi basteranno, mi saranno toppi –

quante le sabbie libiche distese

laggiù a Cirene fertile di silfio

tra il fiammeggiante oracolo di Giove

e il sacro sepolcro dell’antico Batto,

quante stelle in silenzio nella notte

contemplano i segreti amori umani,

tante volte basterà baciarti

e sarà troppo al tuo Catullo folle,

il conto che il curioso non può fare

né la lingua maligna maledire.

CARME 11

Furio, Aurelio, compagni di Catullo

quando andrà in fondo all’India più remota

dove le onde dell’aurora battono

sorde le rive,

tra gli Ircani e i voluttuosi Arabi

i Sagi, i Parchi armati di saette,

al Nilo dalle sette fauci dove

colora il mare,

o quando varcherà le erte Alpi

dietro i ricordi di Cesare il grande,

al Reno della Gallia, e tra i selvaggi

Britanni più lontani,

pronti, voi e io, a provocare

ogni destino che gli Dèi vorranno –

farete alla mia donna questo spiccio

brutto discorso:

“Io la saluto con i suoi trecento amanti,

che abbraccia tutti insieme, ma nessuno

ama davvero e a tutti uno per volta

rompe la schiena,

e non si volti indietro più al mio amore

caduto per sua colpa come al margine

del prato cade un fiore che l’aratro

tocca e va oltre”.

CARME 31

Sirmione, pupilla delle isole e delle penisole

quante nel vasto mare e nei limpidi laghi sostiene

l’uno e l’altro Nettuno,

con quanta gioia ti rivedo

appena credendo a me spesso di avere lasciato

i campi di Tinia e Bitinia, e di vederti al sicuro!

Oh, cosa è più dolce che liberi dagli affanni

deporre ogni peso dall’animo e giungere al fine

al nostro focolare, stanchi di straniere fatiche,

e trovare riposo nel letto così a lungo sognato.

E’ questo l’unico vero compenso per tanti travagli.

Salve, leggiadra Sirmione, esulta del padrone che torna;

esultate anche voi, onde del lago di Etruria;

rida tutto ciò che sa ridere nella nostra dimora.

CARME 37

Lercia bettola e voi bettolieri

numero nove dagli Imberrettati,

credete solo voi d’avere un cazzo

e di fottervi tutte le ragazze

e che il resto del mondo sia cornuto?

Seduti in fila da coglioni in cento,

in duecento, sapete che potrei

metterlo in bocca a tutti voi lì seduti?

Be’ sappiatelo bene. Voglio scrivere

o arrapati tutti i vostri nomi

sull’intera facciata del casino.

Perché la mia ragazza che è scappata,

amata come mai sarà amata,

per cui mi son battuto molto e bene,

si trova lì seduta insieme a voi,

con lei ve la spassate che è un piacere.

Tutti. Ma ciò che è peggio, la gentucola,

quella che va a puttane per le strade.

In testa a tutti, o capelluto,

figlio di Spagna terra di conigli,

Egnazio, rimediato dal barbone

e dal piscio spagnolo per i denti.

CARME 40

Ravido, poverino, ma che idea

buttarti a testa bassa sui miei giambi.

Non hai pregato un Dio come si deve

e lui t’ispira una lotta perduta?

O forse hai voglia di notorietà?

Che cerchi? Fama a tutti i costi?

E l’avrai, dal momento che hai voluto

fare all’amore con l’amore mio.

La pena da scontare sarà lunga.

CARME 43

Salve, ragazza dal naso non piccolo,

dal piede non grazioso, occhi non neri,

dita non lunghe, bocca non ben netta,

conversazione non troppo elegante,

amante di un fallito in quel di Formia.

In provincia ti dicono graziosa?

Vieni paragonata alla mia Lesbia?

Tempi stupidi. Tempi senza spirito.

CARME 58

Celio, Lesbia, la mia Lesbia, lei,

Lesbia, la sola che Catullo ha amato,

più di se stesso ha amato e tutti i suoi,

ora per tutti i vicoli e gli incroci

succhia il seme magnanimo di Remo.

CARME 68 (Ultimi versi)

Soltanto questo dono, un dono fatto di canto,

a compenso di tutto il tuo bene, ho potuto renderti, Allio,

perché questo giorno, o un altro, o un altro ancora, non coprano

il tuo nome di un velo di ruggine impenetrabile.

Gli Dèi vi aggiungeranno in abbondanza quei doni

che Temi soleva recare alla pietà degli antichi.

Siate felici, tu e la donna che è la tua vita,

la casa che fu la gioia mia e della mia donna,

colui che mi ha consentito l’approdo nel porto,

colui dal quale è derivato, per me, tutto il mio bene,

e la donna a me più cara di tutti e di me stesso,

la mia luce. Finché lei vive, vivere è dolce per me.

CARME 72

Una volta dicevi, Lesbia, “Per me non c’è che Catullo,

neanche Giove vorrei al posto suo”.

A quel tempo t’amavo non come la gente un’amante,

ma come un padre ama i figli, ama i generi.

Adesso ti conosco. Per questo, se brucio di più,

mi vali molto meno. Mi sei molto di meno.

“E’ tanto strano”. Ma un’offesa così ti costringe

ad amare di più e a voler bene meno.

CARME 75

Lesbia mia, la tua colpa ha così deformato il mio spirito,

distrutto da sé stesso nella sua fedeltà,

che se diventi buona non sa più volere il tuo bene,

e se tutto farai, non cesserà d’amarti.ù

MODICA, 21/10/2024

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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