LE ELEGIE D’AMORE DI SULPICIA, (I SEC. a.C.) NIPOTE DI M.V. MESSALLA CORVINO (64 a.C. – 8 d.C.).
ELEGIE DI SULPICIA
Introduzione
Il “CORPUS TIBULLIANUM” è composto da 4 libri, poi riuniti in 3 libri dagli amanuensi che trascrissero l’intero Corpus poetico elegiaco di Tibullo. Il primo e il secondo libro sono composti dalle elegie di Albio Tibullo (50 a.C. – 18 a.C.). Il terzo libro, quello unificato, comprende, invece, le elegie di un poeta sconosciuto di nome Ligdamo. Dopo queste elegie vi è il “Panegyricus Messallae” di autore ignoto. Seguono poi le “Elegie Sull’amore Di Sulpicia”, e le elegie di Sulpicia. Ma è facile comprendere che tutte le elegie che riguardano Sulpicia sono scritte o da Sulpicia stessa oppure da un altro poeta che parla con la voce di Sulpicia. Io, Biagio Carrubba, credo che a comporre tutte le elegie sia stata Sulpicia stessa, che parla in prima persona, e esprime i sentimenti di una donna verso il suo giovane amante di nome Cerinto. Penso che i sentimenti di una donna verso il suo amore siano diversi dai sentimenti di un uomo verso la donna, ma reciproci fra di loro. In questo caso mi sembra che a parlare e ad esprimere i suoi sentimenti sia una donna che ama il suo amore e aspira a diventare la sua unica donna. Inoltre penso che Sulpicia sia la prima grande poetessa romana conosciuta da noi e che ha scritto questo bel canzoniere d’amore, componendo elegie molte belle. Credo che Sulpicia, in queste elegie, esprima idee e situazioni che si possano ricollegare, per certe situazioni consimili, alla grande poetessa Saffo (VII sec. a.C.), la quale nelle sue poesie ha saputo esprimere e trasmettere il suo amore e le sue passioni per i suoi amori maschili e femminili. A conferma di questo mio giudizio, riporto il commento critico su questa opera di Luca Canali che, nella sua “STORIA DELLA POESIA LATINA”, a pagina 124, così scrive: “Di Sulpicia, la misteriosa poetessa tramandata dal Corpus Tibullianum, sono bellissime alcune brevi elegie, d’intensità e d’eleganza formale non inferiori, e semmai talvolta superiori, a quelle di Tibullo stesso”. Io, Biagio Carrubba, credo che la bellezza di queste elegie derivi da tanti fattori diversi: il primo motivo è quello che si riferisce al tema del servitium amorische era il tema dominante di tutta l’elegia romana a cominciare dallo splendido canzoniere di Catullo. In questo caso a parlare dei suoi sentimenti amorosi è Sulpicia che si dichiara servitrice d’amore. Infatti è lei che aspira a stare con il suo giovane amante e a temere per la vita del suo amore e si augura che lei, Sulpicia, vorrebbe stare sempre con lui, anche se dovesse affrontare i pericoli della caccia. Si dichiara schiava d’amore verso Cerinto di cui teme, in anticipo, qualche tradimento; ma lei lo perdona, purché lui tenga le lacrime a quando ella si mostrerà crudele verso di lui. Si ripete, insomma, il tema del servitium amoris ma a parti invertite. Questa volta a soffrire è Sulpicia, mentre Cerinto è l’amato che domina il rapporto amoroso. Questo mio giudizio è confermato anche dal commento di Luca Canali che nell’opera “La poesia d’amore antica” a pagina 623, nella nota esplicativa alla IV elegia, così scrive: “Per una volta le parti s’invertono: tocca alla donna innamorata parlare di servitium amoris ed essere sottomessa”. Sulpicia aspira a diventare la sua unica donna anche se teme che lui possa diventare un fedifrago. I sentimenti di Sulpicia sono molto sinceri e casti e così lei vorrebbe che i sentimenti di Cerinto fossero fedeli e sinceri come i suoi. Alcune elegie non sono molto comprensibili nelle sue enunciazioni, ma l’intero corpus è chiaro e netto nel far trasparire l’amore e la passione di Sulpicia verso Cerinto. E ciò si capisce chiaramente nell’elegia XVII (IV 11) quando lei esprime tutta la sua volontà e il suo desiderio di voler guarire da un morbo che l’ha colpita e si augura che anche Cerinto desideri la guarigione di lei. Io, Biagio Carrubba, credo che, per l’appunto, l’amore sia l’affetto più bello e più intenso tra uomini e donne perché è il sentimento più forte che spinge ad uscire dalla depressione e dalla malattia per potersi unire e congiungere con il proprio amore. In queste elegie, Sulpicia esprime anche i suoi timori e le sue preoccupazioni verso Cerinto che la potrebbe tradire, ma nonostante questi timori ella è propensa a perdonarlo e, per questo motivo, lei partecipa volentieri ai furtivi convegni notturni amorosi con lui. Sulpicia, quindi, prega gli dei affinché proteggano il loro amore e lo conservino puro e casto. Credo, inoltre, che Sulpicia domini il rapporto amoroso con Cerinto e che non sia la sua schiava. Io, Biagio Carrubba, infine credo, che Sulpicia, in questo breve canzoniere d’amore, si mostri una donna esperta, disinibita e sicura di sé, che prende l’iniziativa amorosa con Cerinto il quale rimane nell’ombra, ma vivo per tutto il canzoniere d’amore. Questo breve canzoniere d’amore è importante anche perché per la prima volta una poetessa romana confessa, rivela e manifesta nel canzoniere il suo amore in modo palese, affermando così il principio della sua libera autodeterminazione. Credo, in definitiva, che questo canzoniere risulti ancora attuale e moderno perché sia Saffo sia Sulpicia conducano una battaglia comune per l’emancipazione sentimentale, sessuale e culturale delle donne. Quasi un femminismo ante litteram.
MODICA, 23/10/2024
PROF. BIAGIO CARRUBBA
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