La poesia “L’arrivo della primavera” fa parte della silloge Anthologia Latina, composta intorno al 534 d.C., in ambiente cartaginese. La silloge poetica raccoglie molte poesie latine su molti temi poetici della tradizione latina ad iniziare dal I° sec. d.C.. Questa poesia è attribuita dagli studiosi ad un certo Pentadius frater cui Lattanzio dedicò l’Epitome delle Divinae Institutiones del 314 d.C.. Gli studiosi collocano la data della poesia negli anni del 200 d.C. (III sec. d.C.). Le poesie di Pentadio sono sei: quattro epigrammi e due brevi elegie: De fortunae De adventu veris. Sono versi echoici cioè versi nei quali il primo emistichio dell’esametro è uguale al secondo del pentametro. La poesia “L’arrivo della primavera” descrive, per l’appunto, l’inverno che va via e l’arrivo della primavera con tutte le sue caratteristiche primaverili. La poesia è dolce e piacevole ed il ritmo di essa è a cadenza alta e bassa dato che il secondo emistichio è uguale al primo emistichio dell’esametro, come fa l’altalena quando ritorna al punto di partenza. La poesia riserva però un finale inaspettato e straniante cioè presenta un aprosdòketon; il finale della poesia afferma che: è bello morire anche in primavera e durante un amplesso. Infatti, nel finale della poesia emerge una nota malinconica e quasi drammatica perché entra in azione l’inaspettata e cruenta morte. Io, Biagio Carrubba, affermo che morire non è bello né in primavera né durante un amplesso, né mai, perché penso che la morte sia un evento traumatico, spaventoso e contro natura che colpisce a torto e a tradimento ogni uomo che non vuole morire di sua volontà.
Testo della poesia.
L’arrivo della primavera
L’inverno fugge, Zefiro rianima ogni cosa,
lo Scirocco rende tiepida l’acqua, l’inverno fugge.
Il campo partorisce, la terra freme
al caldo e ovunque il campo partorisce.
Lieto esplode il verde, l’albero s’infoglia,
nelle valli al sole il verde esplode lieto.
Già l’usignolo piange il figlioletto
offerto a mensa, l’usignolo piange.
Scroscia l’acqua dal monte per i lisci
macigni e rimbombando scroscia l’acqua.
D’ogni fiore si tinge il suolo al soffio
d’oriente, e odorano le valli d’ogni fiore.
Nelle spelonche risuonano i muggiti,
che le cime rinviano ancora alle spelonche.
I grappoli si gonfiano sui tralci,
tesi fra gli olmi i grappoli si gonfiano.
Le note travi infanga già la rondine
stridendo al nido tra le note travi.
Sotto i platani verdi è un bel dormire,
far corone di fiori sotto i platani.
Adesso è dolce anche morire, o fili del fuso correte,
ché in un amplesso è dolce anche morire.
Modica, 23/11/2024
Prof. Biagio Carrubba
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