IO E DANTE SCENDIAMO GIÙ PER LA DISCESA DELLA SCARPATA, FINO ALL’IMBOCCO DEL LAGO GHIACCIATO DI COCITO.

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PARAGRAFO N. 6

“La strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni”

Karl Marx

Io e Dante, incuriositi e suggestionati da quella scarpata,

ampia e larga, e da quella gola, stretta e buia, fummo, così,

presi dall’eccitazione del macabro. Io e Dante cominciammo,

dunque, a discendere l’ampia e alta scarpata e poi la cupa e

buia calle. Io e Dante avevamo nelle mani, una per ciascuno

di noi, le due lampade che ci furono utilissime per illuminare

il nostro cammino e il percorso dall’entrata fino alla fine della

calle buia e umida. Dunque, il primo tratto della scarpata inizi-

ava con una strada larga e in discesa. Poi proseguiva con un

altro tratto di strada, sempre ampia, ma con il fondo curvo,

a schiena di asino, come le strade romane, pavimentate da

lastre di pietra dura e scura.

Le anime dannate, quando arrivavano nel tratto lastricato di basole, correvano ancora con più velocità, agevolati dalla strada piana e in discesa che conduceva le anime, perse e dannate, ad avere buone intenzioni, perché pensavano e speravano di arrivare prima nel proprio cumulo, credendo che la vita dell’Inferno fosse meno terribile del modo come se l’erano immaginata, quando erano in vita. Quindi le anime, perse e dannate, speravano di trovare e gustare un cibo già bello e pronto, come il pollo alla diavola, pensando alla famosa frase dell’eroe spartano Leonida, quando dopo la sconfitta della battaglia elle Termopili, rivolgendosi ai soldati che stavano per morire, insieme a lui, disse loro: <<Spartani, stasera ceneremo all’inferno>>. Le anime, perse e dannate, pensavano, così, di mangiare all’Inferno una buona pietanza, così come è cotta e condita, sulla Terra. Invece, le anime matricole, appena arrivate nei cancelli, venivano strattonate, spinte e lasciate senza mangiare dai diavoli, cornuti e custodi dei cancelli, dalla livrea a strisce orizzontali verdi – blu (livrea n. 10). Poi i diavoli cornuti dei cumuli, dalla livrea verde – gialla (livrea n. 11), le scaricavano violentemente nel cumulo; infine i diavoli dei cumuli le trascinavano dentro la baracca con l’aiuto dei loro arpioni, roncigli, forconi e altro, dove venivano prese in consegna dai diavoli cornuti delle baracche, dalle livree con strisce verticali rosse – azzurre (livrea n. 12). Io e Dante, guardando i cumuli delle anime, perse e dannate, ci accorgemmo che a queste anime, matricole, toccava lo stesso trattamento che ricevevano i poveri ebrei quando arrivavano nei campi di concentramento dei lager nazisti. Infatti gli aguzzini tedeschi invitavano i poveri ebrei, appena arrivati, ad entrare in una stanza per farsi la doccia. Gli ebrei, illusi di potersi rinfrescare riposare e ignari di tutto ciò che gli stava per accadere, entravano tranquillamente nella camera a gas, dove invece venivano asfissiati e uccisi dal gas che entrava nella stanza attraverso la doccia. Così, allo stesso modo, le nuove anime, perse e dannate, venivano scaricate nei cumuli; poi venivano trascinate dentro le baracche dove speravano di mangiare e gustare il pollo alla diavola e invece, dentro le baracche, cominciavano a patire e a soffrire le pene dell’Inferno.

Tra i basoli c’erano, anche, gli occhi di tigre, cioè le piccole

pietre bianche, che intercalate tra le lastre di pietra nera,

avevano la funzione di brillare nel buio, e avevano, anche,

la funzione di rimarcare le pietre irregolari e sporgenti e

di far vedere meglio e di far seguire la strada buia di notte.

Noi, io e Dante, dopo avere osservato, con piacere e diletto,

il tratto di strada curvilinea ben assestato e levigato e

lavorato dalla natura, camminammo, di buon passo,

e percorremmo l’ampia e ripida scarpata e arrivammo,

così, dopo circa 5 ore di tempo, in fondo alla calle che

si restringeva in un sentiero scivoloso e rialzato,

rispetto al piano della distesa del lago ghiacciato

di Cocito.  La costa era cosparsa anche di ronchi.

Dunque, scendemmo il primo tratto, poi attraversammo

il secondo tratto ricurvo e, infine, arrivammo giù fino

all’imbocco e nel cupo del lago ghiacciato di Cocito.

L’ultimo tratto della gola proseguiva con un sentiero,

stretto e ripido, che portava giù in fondo fino all’imboc-

co della postazione dell’androne, delimitato dalla can-

cellata semicircolare da cui partiva, poi, la strada prin-

cipale, ampia e grigia, che portava alla grande ed impo-

nente statura di Lucifero. Dunque, grazie alle lampade,

ai mantelli antipioggia e alle scarpe antiscivolo, riuscim-

mo ad arrivare alla grande porta dell’inferriata. Quindi,

uscimmo dal sentiero, scendemmo i gradoni, naturali

rocciosi, della costa e vedemmo, in lontananza, i vari

e grandi cumuli, adiacenti alle baracche, delle anime,

perse e dannate, dei condannati all’Inferno. Pochi

metri prima di scendere sulla costa, io e Dante, ci accor-

gemmo che c’era una grossa novità, rispetto a come era

l’Inferno lasciato da Dante e Virgilio tanti secoli prima.

Infatti, fatti pochi passi, vedemmo una grande e alta

inferriata di ferro che aveva le ante aperte. La grande

porta dell’inferriata immetteva sull’androne racchiuso,

dalla parte opposta, da una cancellata alta di ferro che

immetteva sulla strada principale del lago ghiacciato di

Cocito. A metà altezza della porta dell’inferriata, io e

Dante, vedemmo che c’era una grande scritta, sempre

forgiata in ferro, che raffigurava questa frase semicirco-

lare, scritta a stampatello, ad imitazione della frase che

si trovava all’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz

“Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi). La frase am-

moniva ed annunciava: CHI ENTRA QUI, L’INFERNO LO

RENDE SCHIAVO DI LUCIFERO.

Poi, io e Dante, guardammo più attentamente e vedemmo che l’inferriata proseguiva con le sue sbarre, alte e strette, e circoscriveva, con la sua circonferenza, il lago ghiacciato di Cocito. Il recinto ferrato era addossato alla costa rocciosa e ronchiosa, che digradava a gradoni e circondava il lago ghiacciato di Cocito. Io e Dante ci accorgemmo, anche, che dall’alto della scarpata proveniva una debole ed espansa luce che schiariva un po’ il percorso fatto. Io e Dante, ci accorgemmo che, anche, la grande inferriata, era sorvegliata e presidiata da molti diavoli, cornuti e custodi dell’inferriata che indossavano la livrea a strisce oblique gialle – azzurre (livrea n. 6). Davanti all’inferriata principale c’era un diavolo custode con la livrea a strisce oblique gialle – azzurre (livrea n. 6), che vigilava e sorvegliava, con i suoi tridenti e con i suoi arpioni, soltanto chi arrivava dalla calle ed entrava nell’androne. L’anima, persa e dannata, veniva presa in consegna dal diavolo cornuto dell’androne dalla livrea rossa – nera (livrea n. 13). Il diavolo dell’androne consegnava poi l’anima matricola, persa e dannata, al diavolo della cancellata dalla livrea a strisce verticali rosse – blu (livrea n. 14). Quindi, io e Dante, arrivammo, spediti, davanti all’inferriata; ci fermammo un po’ di tempo per riposarci e guardare il nuovo spettacolo che si presentava ai nostri occhi. Guardammo in faccia i diavoli dell’inferriata dalla livrea a strisce oblique gialle – azzurre (livrea n. 6). Subito dopo, un altro diavolo cornuto, fra questi diavoli dell’inferriata, dalla livrea a strisce oblique gialle – azzurre (livrea n. 6), ci guardò attentamente, ci squadrò dall’alto in basso, ci illuminò il viso con la sua lampada di luce, ci riconobbe; e siccome era stato avvertito della nostra presenza e del nostro passaggio, ci guardò malamente ma non ci trattenne; quindi ci fece passare dentro la cancellata. Poi il diavolo, cornuto e custode, con una grande e perplessa sorpresa, ci segui con uno sguardo incredulo e truculento. Io B. C., guardai, attentamente, l’inferriata, la quale circondava tutto il lago ghiacciato di Cocito e vidi da vicino, di dietro e di sbieco, che, sulle sbarre dell’inferriata, erano attaccati dei grandi schermi, rivolti verso l’interno del lago ghiacciato di Cocito, che trasmettevano immagini, colori, musiche, personaggi e dialoghi del mondo terrestre. Le immagini, i colori, le musiche, i personaggi e i dialoghi dei maxi schermi, venivano veduti e ascolti sia dai demoni cornuti, mentre lavoravano con le anime, perse e dannate, sia da Satana in persona, che veniva, così, a conoscenza, in tempo reale, di tutto ciò che succedeva nell’Inferno della Terra.

MODICA 19 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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