IO E DANTE, PERCORRENDO LA STRADA CHE SVOLTAVA A SINISTRA, SUBITO DOPO, VEDIAMO ALTRE BARACCHE, SIMILI A QUELLE DI UN LAGER NAZISTA.

Share Button

PARAGRAFO N.  17

Abbandonata la prima baracca, io e Dante, camminando

sopra la strada larga e ampia del lago ghiacciato di Cocito,

arrivammo e vedemmo il grande cumulo della seconda

baracca. Io B. C., guardai oltre la strada principale e vidi

altri cumuli di altre baracche un po’ più lontane dalla

strada principale. Osservai che le anime, perse e dannate,

di questi cumuli erano ammassate e accalcate l’una

sull’altra. Io, B. C., vidi, da vicino, che da questi grossi

cumuli, alcune anime, perse e dannate, alcune volte,

fuoriuscivano e si aggrovigliavano fra di loro; altre

volte, alcune facce di anime, perse e dannate, strisciavano

verso l’alto e spuntavano fuori, perché riuscivano a farsi

largo e ad emergere dal sottofondo maleodorante, denso

e fitto delle anime del cumulo. Io e Dante, vedemmo

che le anime dei dannati, spaventate, infuriate, agitate

e irritate, venivano scaraventate dai diavoli cornuti del

cancello, dalla livrea a strisce orizzontali verdi – blu

(livrea n. 10). Le anime, perse e dannate, venivano get-

tate, alla rinfusa, in questi grossi cumuli, tenendo conto,

però, dei vari e differenti tipi di colpa e di peccato per i

quali le anime peccatrici erano state condannate e but-

tate giù, così alla rinfusa, in fondo all’Inferno, nel lago

ghiacciato di Cocito. I diavoli cornuti, custodi del cumulo,

dalla livrea verde- gialla (livrea n. 11), non dovevano,

però, sbagliare nel loro lavoro, perché se sbagliavano,

cioè se avessero fatto entrare un’anima dannata in un

cumulo diverso da quello destinato a loro, i diavoli del

cumulo avrebbero subito, a loro volta, una grave pena

corporale inflittagli dal capo cornuto della baracca.

Infatti se sbagliavano o si lasciavano sfuggire qualche

anima dannata, venivano puniti dal diavolo cornuto,

capo della baracca, il quale infliggeva loro una grave

tortura corporale. Per evitare di sbagliare, il diavolo

cornuto e custode del cumulo, guardava attenta-

mente l’anima, persa e dannata, dal momento della

sua entrata nel cumulo, fino alla sua entrata nella

porta della baracca; poi controllava e si accertava che

l’anima, persa e dannata, fosse entrata definitiva-

mente dentro la baracca, dove essa incominciava

a penare e a soffrire la sua pena, per sempre.

Inoltre il diavolo, custode e cornuto, del cumulo,

dalla livrea verde – gialla (livrea n. 11), spingeva

violentemente, con il suo arpione uncinato, l’anima,

persa e dannata e la scaraventava, con forza, dentro

la baracca. Il diavolo cornuto, dalla livrea verde – gialla

(livrea n. 11), custode del gran cumulo impediva, così,

che le anime dei dannati si allontanassero dal cumulo

e, nel caso che qualche anima, persa e dannata, riusciva

a fuggire, il diavolo la riprendeva e la riportava dentro il

proprio cumulo, aggiungendo, però, un aggravio di pena

corporale. L’anima del dannato ricominciava, in questo

modo, a patire la pena per la quale era stato condannato

da Minosse o da Lucifero.

Da tutto questo orribile, opprimente ed eterno spettacolo, io e Dante capimmo subito che l’Inferno di Dante si era ridotto come ad una baraccopoli simile alle baraccopoli dei lager tedeschi e si era trasformato in un campo di concentramento nazista, dove i poveri ebrei morivano o di stenti, o di fame o per logoramento mentale o per consunzione fisica o asfissiati dalle camere a gas. Primo Levi ci ha descritto, con le sue bellissime opere, letterarie e poetiche, memorabili e storiche, la vita e la morte dei poveri ebrei sia nelle baracche e sia nei campi di concentramento. Primo Levi ci ha testimoniato, così, la cruda e nuda realtà dei campi di concentramento. Ad introdurre queste opere storiche e letterarie, Primo Levi ha scritto la seguente bellissima poesia, SHEMA’.

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo,

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro ruolo

Stando in casa andando per via,

coricandovi alzandovi:

ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

10 gennaio 1946

MODICA 22 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

Share Button

Replica

Puoi usare questi tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>