IO E DANTE GUARDIAMO IL CUMULO DEI MAFIOSI SICILIANI E SETTENTRIONALI.

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PARAGRAFO N. 29

Io e Dante, dopo aver percorso e superato qualche curva, a destra e a sinistra, della strada principale, ampia e grigia, arrivammo, così, davanti al cancello della sesta baracca che portava la seguente scritta: MAFIOSI SICILIANI E SETTENDRIONALI. BARACCA N. 6. L’aria era fredda e frizzante e si vedeva un cielo grigio chiaro. Per fortuna, io e Dante, avevamo le torce elettriche che ci illuminavano la strada principale, ampia e grigia, che ci portava davanti al cancello della baracca. L’ingresso del cancello era sorvegliato da un diavolo cornuto dalla livrea a strisce orizzontali verdi – blu (livrea n. 10), appoggiato sui suoi arpioni. Poco dopo, però, io e Dante, vedemmo, sulla nostra destra, il nuovo cumulo, davanti alla baracca. Io, B. C., guardai e lessi, più attentamente, il cartello, dal momento che il chiarore del cielo luciferino lasciava intravedere le parole esposte. Io e Dante, inoltre, udimmo, chiaramente, dei suoni e dei lamenti, come dei guaiti di cani che ululavano nella notte; poi riuscimmo ad intravvedere, nel cumulo adiacente alla baracca, dei peccatori stretti e stipati come sarde in un barattolo alimentare, e mescolati tra di loro. Io e Dante ci accorgemmo che un’anima, persa e dannata, si aggrappava all’altra, cercando di rubarle qualcosa dalla sua ombra, tenendola stretta e piegata sul fondo del mucchio. Poi vedemmo che ognuno di questi pericolosi peccatori portava sulla testa un berretto messo di traverso. Allora, io B. C., capii, perfettamente, che questi dannati erano tutti affiliati di Cosa Nostra, che aspettavano in una fila disordinata il loro turno per entrare nella loro baracca di appartenenza. Il trasporto dal cumulo alla baracca dei mafiosi, persi e dannati, veniva effettuato dai diavoli del cumulo, dalla livrea verde – gialla (livrea N. 11), con pazienza e con ordine per evitare disordine davanti alla baracca. Le anime, perse e dannate, appena entrate nella baracca venivano, di nuovo, messe in fila dai diavoli cornuti, custodi della baracca, dalla livrea con strisce verticali rosse – azzurre (livrea n. 12). I diavoli della baracca, poi, comodamente, trasportavano le nuove anime, perse e dannate, dei mafiosi, arrivate per ultime, le dividevano e le sistemavano in varie zone della baracca. Io e Dante, allora, entrammo, in punta di piedi, dentro la baracca per vedere da vicino come le anime, perse e dannate, dei mafiosi espiavano la loro pena. Poi, io e Dante, vedemmo che le anime, perse e dannate, dei mafiosi, venivano portate davanti ai diavoli luogotenenti di Satana, dalla livrea gialla – rossa (livrea n. 16), per essere stritolate e mangiate dai diavoli, situati in fondo alla baracca numero 6. Anche qui, io e Dante, scoprimmo che le anime, perse e dannate, dei mafiosi dovevano attendere il loro turno prima di patire la propria pena. L’attesa era lunga e noiosa cosicché le anime, perse e dannate, dei mafiosi si afflosciavano a terra; ma, subito, un diavolo cornuto della baracca, lo arpionava e lo rialzava da terra. E così accadeva per le altre anime, perse e dannate, dei mafiosi che cadevano a terra, ma tutte le volte venivano rialzate dal diavolo cornuto, il quale, così, predisponeva la loro salita fin davanti alla bocca dei diavoli luogotenenti di Satana. Io e Dante, inoltre, vedemmo che un gruppo di queste anime, perse e dannate, aveva una sagoma di forma allungata e sottile verso l’alto, soprannominati, per scherzo, “Spilungoni”, e rappresentavano la nuova mafia lombarda. Poi, io e Dante, avvistammo un’altra schiera di questi spiriti dannati che aveva, invece, una sagoma di forma tozza e tarchiata, soprannominati, per beffa, “terroni”, ed erano i vecchi caporioni siciliani, con la coppola storta posata sulla testa. Poi, io e Dante, ci accorgemmo che altri dannati mafiosi, erano in mezzo alla baracca, tutti detrusi a terra in un piccolo spazio oscuro, ma assordante, ristretto come un bugio di culo, dove c’era un buglione di cose confuse.  Quindi sentimmo che le anime dei mafiosi, perse e dannate, invece, imprecavano, urlavano e si minacciavano a vicenda, l’un con l’altro armati, puntandosi contro delle finte pistole. Alcune anime, perse e dannate, intimavano e minacciavano le altre anime, perse e dannate, a menare il can per l’aia. Ad un certo punto nella baracca, io e Dante, vedemmo che apparve il capo dei capi dei mafiosi siciliani, l’imprendibile e l’introvabile mafioso che la polizia italiana cerca da molti anni, ma che, ancora, non riesce a catturarlo. Allora, tutti gli altri dannati mafiosi, attoniti e impauriti, fecero silenzio, guardandolo e aspettando da lui il segnale per dare inizio alla confusione rumorosa e canagliesca. Io e Dante, allora, sentimmo un suono strano e rimbombante, un boato, forte e crudo, che ci spinse a guardare il capo dei capi, il quale dimenò il bacino di giù e di su, poi scacazzò di qui e di là, per cui, io e Dante, ci stupimmo, ci sorprendemmo e ci sconcertammo per questo comportamento volgare e scurrile. Infine, io e Dante, ci accorgemmo che il capo dei capi “elli aveva del cul fatto trombetta”. (Inferno. Canto XXI. Verso 139). Dopo la scoreggia del capo dei capi, il buglione e il trambusto ricominciarono, come prima, fra tutte le anime, perse e dannate, dei mafiosi. Io e Dante guardammo, attentamente, queste anime, perse e dannate, che si minacciavano l’una con l’altra, e capimmo che esse litigavano fra di loro e incutevano timore, paura e terrore alle altre anime dannate. Questo minacciarsi a vicenda era la pena del contrappasso che esse subivano in questa baracca. Questa pena somigliava all’atteggiamento dei mafiosi, quando loro, come mafiosi, imponevano il ricatto e il pizzo ai commercianti e alla povera gente che era costretta a sottomettersi alle loro minacce di morte e alle loro prepotenze. Infatti il metodo mafioso consisteva nel mettere in fila e in ordine tutti i malcapitati che dovevano pagare il pizzo. In questo modo i mafiosi rispettavano ed eseguivano le loro prepotenze e le loro minacce seguendo l’ordine cronologico trascritto nelle loro agende e nei loro quaderni. I mafiosi segnavano chi doveva pagare prima e chi doveva pagare dopo e sottolineavano, anche, chi doveva pagare di più e chi doveva pagare di meno. Quindi le vittime erano costrette, così, a pagare il pizzo per non subire altri atti di violenza e di prepotenza. Chi, fra le vittime, non pagava o si ribellava ai mafiosi: o veniva uccisa o le bruciavano il negozio o l’auto. Il caso più emblematico della violenza e delle minacce di morte ad un imprenditore fu quello del vile omicidio di Libero Grassi, che fu ucciso il 29 agosto 1991, a Palermo. Libero Grassi, uomo di carattere indipendente ed autonomo, – libero di nome e di fatto – non volendo pagare il pizzo si rivolse alle forze dell’ordine le quali, però, non riuscirono a impedire l’efferato omicidio mafioso. Ora, i mafiosi, nell’Inferno subivano lo stesso trattamento, dal momento che le anime, perse e dannate, dei mafiosi siciliani dovevano mettersi in fila per patire e soffrire la stessa pena e la stessa paura che essi avevano inflitto alle loro vittime ricattate e minacciate. Infatti le anime dei mafiosi venivano maciullate e mangiate, dai luogotenenti di Satana, i quali seguivano un ordine di tempo: prima i mafiosi siciliani più violenti e poi i mafiosi settentrionali più nascosti. Così si compiva la legge del contrappasso infernale. I diavoli, cornuti e luogotenenti di Satana, dalla livrea gialla – rossa (livrea n. 16), aspettavano queste anime, perse e dannate, le stritolavano, le mangiavano e le rovesciavano fuori dalla loro bocca facendole cadere a terra. Quindi le anime dei mafiosi, perse e dannate, cadute a terra, si rialzavano di nuovo e venivano rimesse in fila dai diavoli cornuti delle baracche. Poi i diavoli cornuti delle baracche riportavano le anime, perse e dannante, dei mafiosi siciliani e settentrionali, le sistemavano ognuna nella loro zona di appartenenza: siciliani con siciliani e settentrionali con settentrionali e nei loro posti di partenza. Subito dopo, io e Dante, ci accorgemmo che i diavoli, cornuti e custodi, delle baracche rimettevano, un’altra volta in fila, le anime, perse e dannate, dei mafiosi, siciliani e settentrionali, e così le riportavano, un’altra volta, davanti ai diavoli luogotenenti di Satana, che, nuovamente, cominciavano a mangiarle, stritolarle e a vomitarle. Così ricominciava e si compiva la legge del contrappasso per queste anime, perse e dannate, che espiavano la loro pena. Inoltre, io e Dante, vedemmo altre anime, perse e dannate, di mafiosi che, mentre si preparavano a fare la fila per essere mangiate e stritolate dai diavoli cornuti, luogotenenti di Satana, strattonavano e cercavano di espilare qualcosa alle anime, perse e dannate, che le stavano accanto, minacciandole e intimidendole. Subito dopo, io e Dante, per soddisfare la nostra curiosità ci avvicinammo ai diavoli, cornuti e luogotenenti di Satana, in fondo alla baracca. Poi, io e Dante, davanti a questo spettacolo spregevole, monotono e noioso, vedemmo, anche, che i diavoli, luogotenenti di Satana, imitavano Lucifero in persona, mentre era intento a maciullare e a mangiare Hitler e gli altri gerarchi nazisti della Gestapo. A questo punto, io e Dante, nauseati e turbati da questo ennesimo spettacolo infernale, riattraversammo la baracca, andando verso l’entrata, e sotto gli occhi dei diavoli, cornuti e custodi, della baracca, varcammo la porta centrale della baracca. Quindi uscimmo fuori dalla baracca ed entrammo nel sentiero che ci portava dalla baracca al cancello. Qui, io e Dante, guardammo negli occhi il diavolo, cornuto e custode del cancello, il quale, con un mezzo sorriso di complicità, ci fece uscire dal cancello. Io e Dante, quindi, rientrammo nella strada principale, ampia e grigia, che ci conduceva, direttamente, verso Lucifero. Subito dopo, io e Dante, cominciammo a percorrerla con le torce alzate.

MODICA 26 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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