IO E DANTE ENTRIAMO NELL’EMPORIO INFERNALE E COMPRIAMO L’EQUIPAGGIAMENTO PER SCENDERE GIU’ NELL’INFERNO.

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PARAGRAFO N. 2

All’inizio, io e Dante, eravamo incuriositi e pieni di stupore, sia per la grande e ampia entrata della porta infernale e sia per il sole che riusciva a filtrare fra le chiome dei grandi alberi della selva oscura e ad illuminare la soglia della porta.  Io e Dante avevamo l’animo, saldo e spavaldo, così entrammo nella porta luciferina, sempre aperta per accogliere le nuove anime, perse e dannate. Attraversammo la porta dell’Inferno, ampia e alta, con l’animo calmo e fermo e con passo lesto e deciso, ed entrammo, così, “dentro a le segrete cose” (Inferno. Canto III. Verso 21). Io e Dante vedemmo la soglia, davanti a noi, che era illuminata dalla luce del sole, che filtrava tra le chiome degli alberi. La luce, che penetrava dall’alto, schiariva l’entrata della porta luciferina con una luce viva e calda che ci permetteva di vedere e di osservare l’interno della profonda porta luciferina. Questa luce traspariva nel traforo e lo rendeva chiaro e visibile così che io e Dante potemmo arrivare facilmente nel vestibolo. Subito dopo, io e Dante vedemmo che questo vestibolo finiva con un bordo dove iniziava una larga scala, ampia e regale, che scendeva verso il primo cerchio concentrico dell’Inferno. Quindi, arrivammo, subito, nel vestibolo, ovvero l’ampio spazio di terra, ampio, chiaro e largo, dove vedemmo il grande negozio di souvenir dell’Inferno. Il vestibolo separava la porta dell’Inferno dal primo cerchio dell’Inferno. Sopra la porta del negozio c’era un’insegna fiammeggiante con la scritta.

Abbigliamento, arnesi e oggetti per scendere nell’Inferno.

Era un emporio, multicolore e multifunzionale, gestito

dai diavoli cornuti, dalla livrea gialla – arancione (livrea

n. 1), per servire, per rifornire sia gli altri diavoli cornuti,

che lavoravano all’interno dell’Inferno e sia per esaudire

i visitatori speciali, come noi, autorizzati a visitare, ad

attraversare e a discendere nell’Inferno che si estendeva

dal primo cerchio, color rosso fuoco, fino al lago ghiacciato

di Cocito di color bianco grigio, in fondo all’imbuto infer-

nale. Io e Dante, ci accorgemmo subito che l’emporio era

fornito di oggetti e arnesi nuovi e moderni, necessari e

utili per scendere giù nell’Inferno. Questi oggetti funzio-

navano, oltre che a pile, anche con l’elettricità dei nostri

tempi. Infatti trovammo tutto l’occorrente necessario

costruito con materiali e fibre dei nostri tempi, come

gli impermeabili e i mantelli antipioggia. Anche gli altri

oggetti erano costruiti con materiali speciali comprati

direttamente nelle nostre attuali fabbriche di tessuti

e di materiali sintetici che sono usati e venduti nei no-

stri negozi. Inoltre vedemmo che i diavoli, cornuti e

custodi, dell’emporio gestivano il commercio e la com-

prevendita di tutti questi oggetti attraverso mezzi

di pagamento moderni, carte di credito e bancomat.

Io e Dante entrammo nell’emporio e comprammo,

in primis, tutto l’equipaggiamento necessario per

attrezzarci e scendere laggiù, al centro dell’imbuto

infernale. Dante si comprò il suo nuovo abbiglia-

mento; poi si spogliò del suo lucco tradizionale, un

indumento comune nella Firenze del ‘300. Dante si

rivestì con un nuovo look laico, moderno, civico, mul-

ticolore e postcontemporaneo. Io, B. C., guardai con

attenzione Dante; mi sembrava che fosse in carne e

ossa, ma in realtà Dante era, ormai, uno spirito legge-

rissimo ed aveva una snella conformazione umana

eterea ed evanescente. Poi vidi che lui indossava una

giacca, rosso papavero, e una cravatta sopra una camicia

con disegni di fiori, intonati e combinati ad un bel paio

di pantaloni, formando così un bel completo casual dei

nostri tempi. Sulla camicia di Dante c’era scritto, a

caratteri corsivi e con diversi colori: “Sono ritornato all’

inferno, ma presto, ne sarò fuori, vivo”.

Dante si comprò, anche, un paio di scarponcini caldi e

comodi per camminare sulla strada, per non scivolare

per terra e per calpestare il ghiaccio del lago di Cocito.

Dante sul capo, non aveva nemmeno più la corona di

alloro sul suo lucco. Invece aveva i capelli grigio neri,

puliti e sistemati all’indietro. Mi accorsi, anche, che

la sua altezza era all’incirca tra 1 metro e 80 e 1 e 85.

Io mi comprai, invece, un abbinato azzurrino, compo-

sto di un giubbotto, foderato internamente, e di un

pantalone imbottito, chiaro e pesante, per resistere

al freddo e al ghiaccio del lago ghiacciato di Cocito.

Infine comprai anch’io una maglietta simile alla cami-

Cia di Dante sulla quale c’era scritto a caratteri tondi

e a colori: “Sono all’inferno ma presto ne uscirò, per

mia fortuna, vivo”. Sotto la maglietta indossai una

bella maglia di lana per tenere caldo il busto e il tora-

ce e resistere così al freddo e all’umidità del lago di

Cocito. Sopra la maglietta indossai un cappotto di

materiale, leggero e caldo, per tenere tiepido tutto

il mio corpo, fino alle gambe. Poi comprai una sciarpa

per tenere al caldo il collo e un bel paio di calzettoni

per tenere caldi i piedi. Comprai, anche, un paio di

guanti per tenere al caldo le mani e ripararle dalla

pioggia e infine comprai un bel paio di scarponcini,

comodi e caldi, per camminare comodamente dentro

la scarpata e calpestare, senza sprofondare, la distesa

ghiacciata del lago Cocito. Comprammo, anche, due

paia di occhiali, grandi e trasparenti, per riparare gli

occhi dal freddo, dal vento e dalla grandine, e per

rafforzare e aumentare la vista e guardare così, con

più acutezza, i particolari e i dettagli dei gironi infer-

nali. Poi, io e Dante, comprammo, anche, due lam-

pade, grandi e luminose, caricate a pile; una per

ciascuno di noi, che ci illuminavano il cammino e il

passaggio della scarpata e della stretta e umida calle

infernale. Comprammo, anche, un mantello imper-

meabile con il cappuccio, per ripararci dalla pioggia

e dall’umidità che scendevano dall’alto della scarpata

nella gola, semibuia e umida. Io e Dante, scegliemmo

e prendemmo tutto questo abbigliamento, più le scar-

pe e tutti gli altri oggetti, direttamente dagli scaffali

esposti e predisposti per invogliare, facilitare e far

desiderare alle anime, perse e dannate, di discendere

giù, a prendere il proprio posto, prima nel cumulo e

poi nella baracca assegnatole da Minosse. Subito dopo,

io e Dante, uscimmo dall’emporio vestiti di tutto punto

per affrontare e scendere l’ampia scala, sontuosa e

regale, che ci portò nel primo cerchio dove vedemmo,

per la prima volta, i falò e Minosse che stava a guardia dell’ampia scarpata che si era formata dopo il terremoto.

MODICA 19 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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