INTRODUZIONE AL CANTO “IL SABATO DEL VILLAGGIO” (CANTO N. XXV) DI G. LEOPARDI.

Share Button

INTRODUZIONE AL CANTO “IL SABATO DEL VILLAGGIO”
(CANTO N. XXV) DI G. LEOPARDI.

Questo canto fu scritto dal Leopardi subito dopo “LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA”, nei giorni tra il 20 e il 29 settembre del 1829. Riprende e sviluppa lo stesso tema, tanto che si possono considerare due poesie gemelle, sia per la tesi, sia per la forma, sia per il linguaggio poetico con le quali furono scritte. Ugo Dotti così presenta i due canti: “Ciascuno dei due canti, insomma, così profondamente congiunti anche tra loro da formare un vero e proprio dittico, costituisce, nonostante l’apparente scissione formale, un vero e proprio unicum, come tale pensato e realizzato”. Esse dopo una descrizione naturalistica dell’ambiente naturale nella “Quiete” e dopo la descrizione dei personaggi del “SABATO DEL VILLAGGIO” il Leopardi passa subito alla sua riflessione personale, concludendosi entrambe con un commiato di ammonimento a non farsi illusioni sulla natura. Ora mentre nella “Quiete” il piacere della vita si riferisce agli elementi della natura stessa; nel “SABATO DEL VILLAGGIO” il piacere della vita si riferisce alla società, agli sui e alle tradizioni sociali. Come non c’è tregua nel dolore nella natura, così non c’è piacere nella società, perché la natura arriva presto a stroncare ogni forma di piacere e di illusione. Ma una grande differenza c’è tra i due finali: il finale della “LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA” è drammatico e pessimistico, mentre il finale del “SABATO DEL VILLAGGIO” è dolce e gradevole, anzi è un invito a godere i possibili piaceri della fanciullezza, prima che arrivi la giovinezza che darà dolori e a cui seguirà la terribile vecchiaia.

Testo del canto.
Il sabato del villaggio.

La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo
quando ai dì della festa ella si ornava,
ed ancora sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch’ebbe compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornar l’ombre
giù dai colli e dai tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene:
ed a quel suono diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto rumore:
e intanto lieve alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dì del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra pace,
e tutto l’altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affrretta, e s’adopra
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d’allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirvi non vo’; ma la tua festa
ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

Parafrasi e costruzione diretta della poesia

“IL SABATO DEL VILLAGGIO”

La fanciulla viene dalla campagna
mentre il sole tramonta
con un fascio di erba; e reca nella mano
un mazzolino di rose e di viole
con il quale, come è solita fare,
si prepara ad ornarsi per il domani,
nel giorno di festa, il seno e i capelli.
La vecchietta siede con le vicine
presso la scala esterna alla casa
e rivolta verso il giorno che svanisce,
racconta fatti della sua giovinezza,
quando si faceva bella nel giorno della festa
ed ancora agile e snella
era solita danzare la sera insieme a coloro
che erano i suoi compagni di giovinezza.
L’aria intanto si fa più scura,
il cielo torna a colorarsi di un azzurro intenso,
le ombre tornano giù dai colli e dai tetti
mentre la luna appena spuntata
rende bianca la luce della sera.
Ora la campana dà inizio
alla festa che incomincia
e si direbbe che a quel suono
il cuore si riconforta.
I fanciulli fanno un rumore allegro
gridando in gruppo sulla piazzetta e
saltando qua e là.
Intanto il contadino torna fischiettando
alla sua povera mensa e pensa
fra sé e sé al giorno del riposo.

Poi, quando intorno ogni lume è spento
E ogni cosa tace,
si sente il martello battere, si sente la sega
del falegname che è ancora sveglio
nella sua bottega chiusa, che
s’affretta e si sbriga
per finire il lavoro prima il chiarore dell’alba.

Il sabato è il giorno più piacevole fra tutti i sette,
pieno di gioie e di speranze,
domani le ore porteranno tristezza e noia
e ognuno penserà al lavoro abituale.

O fanciullo scherzoso,
questa tua età felice
è come un giorno pieno di allegria,
un giorno luminoso e sereno.
Essa precede la giovinezza della tua vita.
Godi, o fanciullo mio, la tua è una condizione felice,
un’età piena di gioia.
Non voglio dirti altro; ma non ti dispiaccia
se la tua giovinezza ritarda ancora a venire.

 

DSCN3421

Modica 24 agosto 2018                                                            Prof. Biagio Carrubba

Share Button

Replica

Puoi usare questi tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>