Io, Biagio Carrubba, esprimo il seguente giudizio critico sul libro. “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Il libro è un racconto – testimonianza molto bello, come è riconosciuto dalla maggioranza dei critici letterari. È molto bello per diversi motivi: il primo motivo è dato dalla scrittura chiara, lucida, razionale, quella che Levi stesso definisce una scrittura da chimico analitica, concreta, limpida. Questa lexis raggiunge una letterarietà alta e coerente, armoniosa e uniforme in tutto il libro, senza alti né bassi. Il secondo motivo è dato dalla capacità di Levi di seguire un percorso cronologico che va dalla cattura fino alla liberazione senza mai perdere la lucidità e la coerenza di ciò che fa e di dove si trova. Levi ha pochissimi momenti di pessimismo e lotta continuamente per sopravvivere. Levi dice che il suo corpo era debole e fragile e poco resistente al lavoro forzato del lager; eppure è riuscito a resistere per più di un anno. Ha trovato dentro di sé la forza di reagire all’assurdità della vita forzata del lager. Molti hanno trovato questa forza e volontà di sopravvivere, ma molti non la hanno trovato e sono morti nel giro di pochi giorni o mesi e io sarei morto tra i primi, per depressione e per debolezza fisica. Levi dice che lui è sopravvissuto per tanti motivi, ma soprattutto per la fortuna e per il caso, e ciò è vero, ma è sopravvissuto soprattutto perché aveva la forza di vivere e perché aveva la volontà, al massimo grado, di non voler morire. Il terzo motivo è dato dalla testimonianza del suo libro, che ancora a tanti anni di distanza è una prova certa dello sterminio prodotto dalla ideologia nazista. Esso rende giustizia ai tanti ebrei morti per la determinazione della follia di Hitler, come scrive Levi: “Il fenomeno fu condotto al parossismo da Hitler, dittatore maniaco” (pagina 174). Io, Biagio Carrubba, ho capito la crudeltà e la disumanità della distruzione degli ebrei e dell’olocausto, leggendo questo libro perché sono state realtà e cose vere che Levi ha visto con i propri occhi. Sono sicuro che Levi, in questo libro, non ha mai mentito o scritto cose false. Levi ha descritto il lager, come un inferno, ed inferno era; il lager era una industria che aveva il solo scopo di eliminare tutti gli ebrei, soltanto per mettere in pratica la follia del nazismo. Il quarto motivo è dovuto dal fatto che Levi ha dato voce ai sommersi, ai musulmani, agli inetti, agli sfortunati della terra. La sua voce è obiettiva e sincera, non ha omesso nulla. Se Dio ascolta la sua voce allora il suo libro ha valore metafisico, se Dio non ascolta la sua voce al libro rimane il valore etico e terrestre; e rimane, per noi uomini, un libro-testimonianza, che a distanza di tanti anni, possiamo leggerlo e renderci conto della disumanità che gli ebrei subirono dentro i lager. Il quinto motivo è dovuto al fatto che Levi benché, ancora non avesse in testa tutti gli strumenti dell’alta narrativa, è stato in grado di scrivere un testo avvincente intrecciando nel corso della narrazione emozioni personali, fatti storici esterni, drammi interiori dei suoi amici, dandoci una magnifica rappresentazione realistica dei fatti, senza retorica e senza reticenza. Bellissimi sono alcuni capitoli come quello dell’ottobre ’44, quando Levi passa e descrive la selezione come tutti gli altri. Il vecchio Khun ringrazia Dio perché non era stato scelto. Levi già in questo primo libro ha scritto un’opera letteraria altissima sia perché descrive e contiene la disumanità dei nazisti sia perché descrive e contiene l’umanità dei sommersi, sia perché descrive la ferocia degli aguzzini sia perché descrive l’amicizia dei deboli, sia perché descrive l’ideologia aberrante dei carnefici, sia perché descrive la solidarietà dei inetti, i votati alla selezione. Levi parla pochissimo di Dio e io, B. C., credo che lo abbia fatto in quanto Il motto dei nazisti era “Dio è con noi”; dunque se Dio stava con i nazisti non poteva stare con i sommersi. Ora è logico che Dio sta con i sommersi, i deboli e non con gli assassini e non con i carnefici. Dunque nel libro c’è un paradosso apparente e Levi lo spiega solo nel libro I sommersi e i salvati, nel quale appunto afferma il paradosso in quella incredibile pagina quando spiega che non ha voluto pregare Dio per non sentirsi né ipocrita né falso con sé stesso. Il suo agnosticismo o ateismo integerrimo e integrale è davvero allucinate e rigoroso, ancor di più di quello del Leopardi, il quale nella sua ultima lettera si è raccomandato a Dio per liberarlo dai suoi mali fisici. Ma io, B. C., credo e affermo che i sommersi abbiano, non solo il desiderio di salvarsi, ma anche il diritto di inseguire, trovare e provare la felicità, almeno per un solo giorno come tutti al mondo. Come afferma il grande poeta S. Quasimodo: Ognuno è solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole:/ ed è subito sera. Io, B. C., non so se Levi era agnostico o ateo; nella pagina degli Intellettuale ad Auschwitz si definisce “non-credente”; e penso che questa definizione è più vicina all’ateismo che all’agnosticismo. Ma per passare al mio giudizio conclusivo sul libro concordo con il giudizio di Italo Calvino che lo ha definito: “Un magnifico libro che non è solo una testimonianza efficacissima, ma ha delle pagine di autentica potenza narrativa”. Giudizio ineccepibile perché il libro è pieno di espressioni letterarie belle, riflessioni molto intelligenti, considerazioni molte acute, spunti poetici notevoli, riferimenti letterari precisi e poi perché il libro è costruito su un messaggio positivo per i lettori. Come lui è riuscito a sopravvivere e uscire vivo dall’inferno del lager così l’umanità potrà sopravvivere dall’inferno della terra, con l’aiuto di Dio o forse anche senza l’aiuto di Dio. Sta a Lui decidere se scendere ad aiutarci o rimanere nel gran silenzio. Levi non ha chiesto né invocato il suo aiuto, è riuscito da solo a salvarsi. Io l’avrei richiesto, ma non sono forte e coerente come Levi. Il libro contiene anche un grido di protesta contro la malvagità e la ferocia dei nazisti, i quali si credevano i padroni del mondo, mentre in realtà erano soltanto gli aguzzini degli ebrei, perché credo che non è giusto uccidere milioni di bambini senza motivo solo perché di razza diversa, quando al mondo ci sono molte razze tutte con gli stessi diritti e doveri naturali, che devono vivere e convivere pacificamente e democraticamente fra di loro. La tolleranza è il primo gradino della pace mondiale. Concludo riportando i due versi, per me bellissimi, della poesia dell’amico di Levi, che danzavano nel capo di Levi:
“…infine che un giorno
senso non avrà più dire: domani”.
Dal libro. Primo Levi. SE QUESTO È UN UOMO. ET Einaudi. (Pag.119).
Modica, 04 giugno 2019 Prof. Biagio Carrubba
Modica, 27/01/2024
Prof. Biagio Carrubba
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