IL MIO CONGEDO DA DANTE E IL MIO RITORNO A CASA.

Share Button

PARAGRAFO N. 59

Io e Dante, quando ci fermammo sopra la spiaggia

Giallo – oro del Purgatorio, guardammo davanti a

noi e vedemmo il nuovo e stupendo paesaggio del

Purgatorio. Io e Dante contemplammo, con ammi-

razione e stupore, il nuovo e magnifico paesaggio

del Purgatorio. Ciò che osservammo era un nuovo

spettacolo che si apriva davanti ai nostri occhi.

Io e Dante avvistammo l’immenso oceano che, con

le sue acque ondose, mosse e variopinte, si smor-

zava sulla spiaggia dorata giallo – oro, oppure si

frangeva sugli scogli umidi che delimitavano e

circondavano l’incantevole isola del Purgatorio.

Io e Dante, mentre sostavamo sulla linda spiaggia,

ampia e dorata, del Purgatorio, ci accorgemmo

che eravamo ancora appesantiti dagli arnesi e

dagli strumenti dell’equipaggiamento che aveva-

mo comprato nell’emporio del primo cerchio del-

l’Inferno virtuale di Dante. Allora, per prima cosa,

noi due, io e Dante, ci liberammo degli occhiali,

delle lampade di luce, del mantello impermeabile

antipioggia, del mio giubbotto e degli scarponcini.

Io, B. C., abbandonai pure quasi tutto il vestiario e

gli accessori che avevano protetto il mio corpo dal-

le intemperie e che avevano agevolato tutto il per-

corso nell’Inferno virtuale di Dante: dalla scarpata

iniziale al lago ghiacciato di Cocito, fino all’attraver-

samento della natural burella, che era rischiarata

dalla luce, pervasiva e diffusiva, che proveniva dalla

porta del Purgatorio. Quindi, io e Dante lasciammo

sulla spiaggia dorata del Purgatorio, l’equipaggia-

mento che noi due, io e Dante, avevamo saputo

usare opportunamente a seconda del clima, delle

intemperie e dei luoghi che avevamo incontrato

durante il percorso impervio del virtuale Inferno

di Dante. Però tenemmo, ovviamente, i vestiti e

le magliette che avevamo indossato durante il tra-

gitto infernale. Così, dopo esserci alleggeriti degli

oggetti dell’equipaggiamento, io e Dante, ci senti-

vamo più leggeri e più soddisfatti e contenti per

aver superato gli ostacoli incontrati durante la

discesa dell’Inferno. Io, B. C., guardai, allora,

Dante, che mi appariva, ansioso, nervoso e tre

pidante e mi guardava con attenzione e appren-

sione, perché lui già sapeva che, da lì, a poco sa-

rebbe scomparso nel nulla, lasciandomi solo.

Io, allora, gli dissi: <<Signor Dante, insigne poeta,

si goda la nuova giornata, che promette bene>>.

Dante, un poco infastidito e stranito, mi rispose:

<<Tra poco, non ci sarò più. Il mio viaggio finisce

qui. Ti auguro un buon e proficuo proseguimento

di viaggio reale, nella tua vita di tutti i giorni, men-

tre il nostro viaggio nell’Inferno è stato, soltanto,

virtuale ed immaginario. Addio>>.

Io, B. C., allora non capii, sul momento, quello che

Dante voleva dire, ma lo ringraziai per tutto l’aiuto

morale e psicologico che mi aveva dato, profuso e

sostenuto durante tutto il viaggio infernale, virtuale

e immaginario. Poi Dante mi rispose con un gesto di

compiacimento, alzando la mano destra e mi mostrò

il segno di OK fatto con le dita, ripetuto diverse volte

in segno di giubilo e di approvazione. Inoltre, Dante

mi fece un ultimo cenno di saluto, alzando le palme

delle due mani. Infine Dante aprì e chiuse le dita del-

le mani, continuamente, in segno di saluto, dicendo-

mi “ciao ciao”. Infine, Dante mi fece un bel sorriso,

ampio e sincero. Io, B. C., quando rimasi solo, mi guar-

dai attorno, ma non vidi anima viva. Subito dopo pro-

vai un sentimento di solitudine e di mestizia, perché

avevo perso la buona e bella compagnia del sommo

poeta. Poi guardai in alto e scorsi la maestosa e incan-

tevole montagna del Purgatorio, che si innalzava ver-

so i cieli del Paradiso. Osservai i gironi esterni del Pur-

gatorio e vidi, in lontananza, le anime purganti, ma

ormai salve agli occhi di Dio, così come Dante le de-

scrive, nel suo viaggio, quando attraversa il Purgato-

rio. Dopo questa allucinante e illusoria visione, io B.

C., non vidi più niente; tutto era scomparso. Su-

bito dopo, io B. C., aprii gli occhi, mi risvegliai e

mi ritrovai, all’improvviso, solo soletto, triste e

pensoso, nella stanza della mia casa di Modica.

Ero solo; guardai con tanto stupore; ero proprio

solo. Dante Alighieri non c’era più; era scomparso,

si era volatilizzato e si era evaporizzato così come

mi era apparso, reale e vero, accanto a me, quando

io, per mia scelta e decisione, lo vidi, con stupore e

con gioia, per la prima volta, davanti alla porta dell’

Inferno. E allora, io B. C., riaprii gli occhi, con mestizia

e melanconia; poi mi feci forza e coraggio per conti-

nuare a vivere la mia cruda, triste, mesta, noiosa e

vera realtà di tutti i giorni. Quella realtà, che il più

delle volte rende la vita triste, malata, sofferente,

vetusta e insopportabile, per cui molti uomini, infe-

lici e sfortunati, desiderano morire presto piuttosto

di vivere a lungo. Per queste persone, tristi e ma-

late, si può tranquillamente dire che il vero Infer-

no, quello materiale e corporale, è quello che, ogni

giorno, questi infelici, vivono, vedono e subisco-

no il male che incombe sul nostro disagiato pia-

neta Terra. Ma, per fortuna, la vita, qualche volta,

regala, anche, qualche sprazzo di felicità, per cui

vale la pena viverla fino al sopraggiungere della

nece. Io, B. C., allora affermo che, il più delle volte,

nella nostra vita, basta qualche sprazzo di felicità

per resistere alla malinconica realtà e continuare,

con resilienza e con forza, a sopportarla e a viverla.

Allora, per affermare questa forza e questa resilien-

za, ancora una volta, una breve poesia, mi venne

in soccorso, nella memoria e nella mente. Poesia

che, per l’appunto, esprime il concetto e l’idea della

aridità e della avarizia della vita. Infatti, la vita, il più

delle volte, è avara e arida, ma, per fortuna, altre

volte, capita che essa regali e conceda una occasio-

ne o un evento peculiare, capace di renderla più

accettabile, più lieve, più dolce e più amorevole.

Altre volte, la vita, inoltre, può donare, perfino, a

qualche sparuto e fortunato uomo o donna, una

rara e preziosa felicità. Infatti la bellissima poesia,

esprime l’aridità e l’avidità della vita con delle im-

magini tratte dall’Odissea di Omero, quando descri-

vono l’incontro, fortuito e fortunato, tra il naufrago

Ulisse con la bella e generosa principessa Nausica.

Ecco il testo della breve, intensa e profonda lirica.

Risarcimento

La vita non sempre fa male,

può stracciarti le vele, rubarti il timone,

ammazzarti i compagni a uno a uno,

giocare ai quattro venti con la tua zattera,

salarti, seccarti il cuore

come la magra galletta che ti rimane,

per regalarti nell’ora

dell’ultimo naufragio

sulle tue vergogne di vecchio

i grandi occhi, il radioso

innamorato stupore

di Nausicaa.

(Dall’opera poetica

L’AMARO MIELE di Gesualdo Bufalino.

Pagina 180. Ed. Einaudi).

MODICA 29 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

Share Button

Replica

Puoi usare questi tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>